Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 29 dicembre 2017, n. 31227. Le deliberazioni con le quali il Consiglio nazionale forense procede alla determinazione dei principi di deontologia professionale e delle ipotesi di violazione degli stessi costituiscono regolamenti adottati da un’autorita’ non statuale

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Anche nel nuovo codice deontologico, fondato sulla tendenziale tipizzazione degli illeciti deontologici degli avvocati, tali principi trovano applicazione, in quanto attraverso il sintagma “per quanto possibile”, previsto dalla L. n. 247 del 2012, articolo 3, comma 3, e’ possibile contestare l’illecito anche sulla base della norma di chiusura che prevede che ” la professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealta’, probita’, dignita’, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza”.
Il nuovo codice deontologico ha previsto, degli articoli 9 e 12 i doveri fondamentali sanciti dalla L. n. 247 del 2012 legittimando la trasposizione delle vecchie regole nel nuovo codice deontologico.
Anche con riferimento all’apparato sanzionatorio, ispirato alla tendenziale tipizzazione delle sanzioni, e’ prevista nel nuovo codice deontologico, entrato in vigore il 16 dicembre 2014, una disciplina analiticamente strutturata negli articolo 20 e 21 che consente di rapportare la sanzione alle condizioni soggettive dell’incolpato e alle circostanze in cui si sono realizzati i fatti contestati.
Il CNF, con riferimento al quarto motivo, ha graduato la pena, in applicazione del criterio previsto dal citato articolo 21 cit., con valutazione non soggetta a sindacato di legittimita’, non rivestendo certamente la valutazione del CNF i caratteri di abnormita’.
Le deliberazioni con le quali il Consiglio nazionale forense procede alla determinazione dei principi di deontologia professionale e delle ipotesi di violazione degli stessi costituiscono regolamenti adottati da un’autorita’ non statuale in forza di autonomo potere in materia che ripete la sua disciplina da leggi speciali, in conformita’ dell’articolo 3 disp. gen., comma 2, onde, trattandosi di legittima fonte secondaria di produzione giuridica, va esclusa qualsiasi lesione del principio di legalita’, considerando altresi’ non tanto le tipologie delle pene disciplinari quanto l’entita’ delle stesse tra un minimo ed un massimo che ove graduabili, siano prestabilite dalla normativa statuale (R.Decreto Legge 27 novembre 1933, n. 1578) (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9097 del 03/05/2005).
Va conseguentemente rigettato il ricorso.
Nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di attivita’ difensiva degli intimati.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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