Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 8 febbraio 2016, n. 2490

Svolgimento del processo

l. – Con la sentenza impugnata il Tribunale di Milano ha accolto parzialmente l’opposizione proposta dalla A. S.r.l., ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., avverso l’ordinanza di assegnazione pronunciata del giudice dell’esecuzione nel processo di espropriazione presso terzi promosso dalla stessa società contro la Tessiture P. R. S.p.A.
Il ricorso di quest’ultima società è affidato a due motivi. L’A. S.r.l. si difende con controricorso.
L’altra intimata, Banca Popolare di Bergamo s.p.a., terza pignorata, non si difende.
A seguito di deposito in cancelleria di relazione predisposta ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata fissata l’adunanza del 15 luglio 2015, per la quale entrambe le parti hanno depositato memoria.
In esito alla camera di consiglio tenuta nella data anzidetta, la causa è stata rinviata per la trattazione in pubblica udienza. Entrambe le parti hanno depositato altre memorie ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
La causa è stata quindi trattata alla pubblica udienza del 10 dicembre 2015.

Motivi della decisione

2.- Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 617 e falsa applicazione dell’art. 39 cod. proc. civ.
Il motivo è basato, in via principale, sul fatto che il giudice avrebbe erroneamente ritenuto che il giudizio di opposizione si sarebbe dovuto introdurre con citazione, piuttosto che con ricorso, e, conseguentemente, avrebbe reputato tempestiva l’opposizione agli atti esecutivi avendo riguardo alla data di notificazione dell’atto di citazione piuttosto che alla data di deposito della stessa in cancelleria. Precisa che l’ordinanza impugnata è stata comunicata il 9 giugno 2008 e l’atto di citazione è stato depositato in cancelleria il 4 luglio 2008, quindi ben oltre il termine dell’art. 617 cod. proc. civ. Il Tribunale avrebbe perciò dovuto dichiarare inammissibile l’opposizione. 2.1.- Il motivo è fondato.
Contrariamente a quanto ritenuto con la relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., il presente giudizio non costituisce la “prosecuzione” in sede di merito di un’opposizione già introdotta dinanzi al giudice dell’esecuzione, per la quale questi aveva assegnato il termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito disponendo che fosse fatta con citazione.
Nel caso di specie, si è avuto che il giudice dell’esecuzione, con l’unica ordinanza qui impugnata, datata 29 maggio 2008, depositata in cancelleria il 4 giugno 2008 e comunicata alle parti il 9 giugno 2008, ha adottato due differenti decisioni:
per un verso, ha assegnato il credito oggetto di pignoramento presso terzi in favore del creditore intervenuto A. S.r.l.;
– per altro verso, ha rigettato l’istanza di sospensione avanzata dalla debitrice esecutata, Tessiture P. R. s.p.a., ed ha fissato il termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito riguardante l’opposizione all’esecuzione che era stata proposta dalla società debitrice.
Quest’ultima non ha insistito nell’opposizione all’esecuzione.
2.2.- La società creditrice, a sua volta, ha autonomamente impugnato l’ordinanza di assegnazione per motivi diversi da quelli oggetto della già pendente opposizione, in quanto ha lamentato il mancato riconoscimento, da parte del giudice dell’esecuzione, degli accessori di legge sul capitale assegnato di € 23.796,32 (specificamente IVA e CPA).
Nel proporre questa impugnazione la A. S.r.l. non ha seguito il procedimento prescritto dall’art. 617, comma secondo, cod. proc. civ., proponendo ricorso, come avrebbe dovuto, davanti al giudice dell’esecuzione. Piuttosto, ha notificato un atto di citazione, “approfittando” del termine concesso per l’introduzione del giudizio di merito sull’opposizione all’esecuzione ed impiegando la forma della citazione prescritta per quest’ultima (ma quale atto introduttivo della seconda fase).
3.- Questo comportamento processuale non tiene conto dell’orientamento di legittimità in merito al necessario collegamento tra le due fasi in cui si articola il processo di opposizione agli atti esecutivi e di opposizione all’esecuzione ed in merito al carattere tendenzialmente unitario del processo oppositivo (cfr. Cass. n. 20532/09, n. 13928/10, n. 15630/10, n. 22767/10, n. 22033/11, n. 17860/11, n. 9984/12, tra le tante).
Va, in proposito, qui ribadito che la riforma attuata con la legge n. 52 del 2006, innovando rispetto al passato, ha rimodulato il giudizio di opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi introdotto dopo l’inizio dell’esecuzione configurandone una struttura bifasica. Si prevede una fase dinanzi al giudice dell’esecuzione, che si svolge col rito camerale richiamato dall’art. 185 disp. att. cod. proc. civ. (anche questo sostituito dalla legge n. 52 del 2006, art. 13) e si conclude con l’ordinanza che, ai sensi dei novellati artt. 616 e 618 cod. proc. civ., decide sulla sospensione, comunque non idonea al giudicato. Si prevede quindi una fase di merito che si svolge secondo il rito di cognizione ordinario, è esterna al processo esecutivo e si conclude con una sentenza idonea al giudicato.
Orbene, la fase dinanzi al giudice dell’esecuzione è delineata dal legislatore della riforma del 2006 come fase necessaria, per quanto previsto dagli artt. 615, comma secondo, e 617, comma secondo, cod. proc. civ. e, comunque, è il giudice dell’esecuzione che, fissando un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, realizza il collegamento tra le due fasi.
3.1.- Ne segue che in tanto questo termine è utilizzabile in quanto si riferisca all’opposizione la cui prima fase si sia già svolta dinanzi al giudice dell’esecuzione.
Nel caso di specie, pertanto, va escluso che A. S.r.l., per promuovere ex novo l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione, potesse avvalersi del termine e delle modalità fissati dal giudice dell’esecuzione per la seconda fase di un’opposizione all’esecuzione già pendente.
4.- In merito all’opposizione autonomamente promossa dalla creditrice procedente, va richiamato l’orientamento per il quale, in tema di espropriazione presso terzi, il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi è l’unico esperibile contro l’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 cod. proc. civ., non solo quando si contestino vizi formali suoi, o degli atti che l’hanno preceduta, ma pure quando si intenda confutare l’interpretazione che il giudice dell’esecuzione ha dato alla dichiarazione del terzo, anche quanto alla entità ed alla esigibilità del credito (cfr. Cass. n. 4578/08, nonché, tra le altre, Cass. n. 5529/11, n. 20310/12, n. 11642/14), nonché quando si contesti la misura del credito assegnato, assumendosi che l’ordinanza sia stata emessa per un importo inferiore al dovuto (cfr. Cass. n. 5510/03). Va perciò disatteso l’assunto della resistente secondo cui l’opposizione proposta contro l’ordinanza di assegnazione dovesse essere qualificata come opposizione all’esecuzione.
Si è trattato invece di opposizione agli atti esecutivi, così qualificabile alla stregua del principio di cui sopra.
4.1.- Da siffatta qualificazione discendono due conseguenze rilevanti. La prima attiene all’ammissibilità del presente ricorso, contestata dalla resistente.
L’eccezione di inammissibilità va disattesa, poiché, avendo il Tribunale di Milano deciso ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., la sentenza, non appellabile, è impugnabile soltanto con ricorso straordinario.
4.2.- La seconda conseguenza attiene al merito della doglianza della ricorrente.
Non vi è dubbio infatti che A. S.r.l. avrebbe potuto contestare l’ordinanza di assegnazione proponendo opposizione agli atti esecutivi nel termine di venti giorni dalla conoscenza o dalla conoscibilità del provvedimento (cfr. Cass. n. 27533/14 ed altre), mediante deposito di ricorso dinanzi al giudice dell’esecuzione (cfr. Cass. n. 21081/15). Anche a voler trascurare la questione concernente l’individuazione del giudice cui rivolgere il ricorso, il Collegio ritiene che l’atto introduttivo del giudizio dovesse comunque rivestire la forma del ricorso. La relativa prescrizione contenuta nel citato art. 617 cod. proc. civ. è inequivoca e si spiega tenuto conto della natura e dello scopo dell’atto, che tende a costituire un immediato contatto tra giudice e parte per consentire al primo la sollecita conoscenza della materia del contendere (così già Cass. n. 6637/82 e n. 11251/96; cfr. anche n. 24809/08).
5.- La parte si è invece avvalsa di un atto di citazione.
Quando i giudizi debbono essere introdotti con ricorso, la pendenza è determinata dal deposito del ricorso in cancelleria; pertanto, onde rispettare il termine perentorio per proporre opposizione agli atti, l’opponente entro questo termine avrebbe dovuto effettuare il deposito dell’atto introduttivo dell’opposizione. L’inammissibilità per la scelta errata della forma dell’atto introduttivo (citazione anziché ricorso) sarebbe stata evitata nel caso in cui la citazione fosse stata depositata in cancelleria entro il termine di legge, essendo in tal modo ugualmente conseguita la finalità della legge, che é quella di manifestare direttamente al giudice, nel termine perentorio di venti giorni, le censure che si intendono rivolgere all’atto esecutivo. Si tratta di un’applicazione del principio di conservazione degli atti, che questa Corte ha affermato con riferimento ad altre situazioni processuali (cfr. Cass. n. 8947/06, relativa all’ipotesi in cui dovendosi proporre appello con ricorso ed essendo stata invece proposto con citazione, l’inammissibilità si è ritenuta evitata soltanto dal tempestivo deposito della citazione; nello stesso senso anche Cass. n. 9530/10; nonché, nel caso speculare, in cui, dovendosi proporre l’appello con citazione e sia stato proposto con ricorso, la sanatoria si ha se l’atto sia stato non soltanto depositato nella cancelleria del giudice competente, ma anche notificato alla controparte nel termine perentorio: cfr., tra le altre. Cass. n. 23412/08, n. 4498/09, n. 9530/10; ed, in tema di rito camerale, Cass. n. 17645/07; ancora, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo: Cass. n. 8014/09, n. 797/13). Il principio, invocato dalla ricorrente, si presta a regolare anche il caso di specie, per il quale va affermato che ai sensi dell’articolo 617, comma secondo, cod. proc. civ., l’opposizione avverso gli atti del giudice dell’esecuzione si propone con ricorso, che deve essere depositato in cancelleria nel termine perentorio di venti giorni, con la conseguenza che l’opposizione, che sia proposta con citazione, anziché con ricorso, può considerarsi tempestiva, in applicazione del principio di conservazione degli atti processuali, solo se il relativo atto risulti depositato nel rispetto di tale termine.
In applicazione di questo principio, il primo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata.
5.1.- Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto, questa Corte può decidere nel merito. L’ordinanza impugnata è stata comunicata alle parti il 9 giugno 2008; avrebbe dovuto essere opposta nel termine di venti giorni, quindi entro il 29 giugno 2008; l’atto di citazione è stato depositato in cancelleria il 4 luglio 2008. L’opposizione agli atti esecutivi proposta da A. S.r.l. è perciò inammissibile e così va dichiarata.
Resta evidentemente assorbito il secondo motivo di ricorso, riguardante il merito delle contestazioni mosse dall’opponente avverso l’ordinanza di assegnazione.
La peculiarità della vicenda processuale consente di compensare per giusti motivi le spese della fase di merito e di quella di legittimità, ai sensi dell’art. 92, comma secondo, cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis (che, essendo stato il giudizio introdotto prima del 4 luglio 2009, e quello risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 263 del 2005).

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta da A. S.r.l. nei confronti di TESSITURE P. R. S.P.A. avverso l’ordinanza di assegnazione pronunciata in favore della prima in data 29 maggio 2008, pubblicata il 4 giugno 2008.
Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

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