Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 26 gennaio 2015, n. 3553

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRUA Giuliana – Presidente
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 641/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del 08/05/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, Dr. Pinelli Mario, conclude chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
Per il ricorrente e’ presente l’Avvocato (OMISSIS), il quale chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di (OMISSIS) propone ricorso per cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano, in data 8 maggio 2013, di conferma della decisione con la quale il Tribunale di Monza, in data 25 giugno 2012, aveva dichiarato (OMISSIS), nella qualita’ di legale rappresentante della omonima impresa, fino alla data di fallimento, intervenuto il 10 ottobre 2007, colpevole del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione e preferenziale (capo 1) limitatamente, quanto alla bancarotta preferenziale, all’importo di euro 138.583,99 e, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante della pluralita’ dei fatti di bancarotta, lo aveva condannato alla pena di anni 2 di reclusione, con la sospensione condizionale. Con la medesima sentenza l’imputato era stato assolto dall’imputazione di cui al capo 3) relativa al delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione di azienda, perche’ il fatto non sussiste e, nei suoi confronti, era stato dichiarato non doversi procedere in ordine alla reato di truffa (capo 4), cosi’ derubricata l’imputazione originaria di ricorso abusivo al credito, per difetto di querela.
2. Con riferimento all’imputazione di bancarotta per distrazione, la decisione di primo grado aveva evidenziato l’esistenza, rilevata dal curatore, attraverso l’esame del conto corrente presso la (OMISSIS), di prelevamenti per l’importo di euro 128.863,03, registrati in contabilita’ come crediti verso i soci (OMISSIS), mentre tale destinazione delle somme e’ stata smentita dai creditori sentiti sul punto. Quanto alla bancarotta preferenziale, le scritture contabili indicavano la restituzione, in favore dei soci, dell’importo di euro 245.000 nel quale soltanto la minor somma di euro 138.538,99, restituita in data 21 aprile 2007, veniva considerata bancarotta preferenziale, poiche’ in tale periodo non erano stati pagati i debiti ordinari contratti nel corso della gestione aziendale.
3. Avverso la decisione di primo grado aveva proposto appello l’imputato chiedendo l’assoluzione dal reato di bancarotta preferenziale per assenza dell’elemento soggettivo, e l’assoluzione dal reato di bancarotta per distrazione, per l’insussistenza dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo.
4. La Corte d’Appello ha ritenuto infondati i motivi, attesa la non contestazione del dato documentale della bancarotta preferenziale e, con riferimento a quella per distrazione, l’assenza di prova che le somme prelevate sarebbero state corrisposte in favore di tal (OMISSIS), dal quale l’imputato avrebbe ricevuto un prestito di euro 200.000.
5. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), lamentando:
– con riferimento al reato di bancarotta preferenziale, vizio di motivazione riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico;
– quanto al reato di bancarotta per distrazione, vizio di motivazione riguardo alla sussistenza della materialita’ del reato, trattandosi di un questione formale di errata contabilizzazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura.
1. Con il primo motivo di ricorso la difesa lamenta mancanza o insufficienza della motivazione riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato previsto dall’articolo 216, terzo comma, legge fallimentare. I giudici di merito hanno ritenuto sussistente l’ipotesi di bancarotta preferenziale, limitatamente all’importo di euro 138.583,99, prelevato a partire dalla data del 20 aprile 2007, rilevando che successivamente a tale operazione non erano stati pagati debiti ordinari, cosi’ rendendo la restituzione di tale importo in favore dell’imputato violazione della par condicio creditorum. Tale dato oggettivo non prende in esame l’anomalia costituita dal fatto che l’imputato abbia versato in data 19 aprile 2007 importo di euro 65.300 e successivamente abbia prelevato le maggiori somme indicate. Tale condotta sarebbe incompatibile con la sussistenza del dolo specifico e con l’intenzione di nuocere ai creditori.
2. La censura e’ infondata. Per quanto attiene alla materialita’ del reato, si rileva che integrano il delitto di bancarotta preferenziale le restituzioni – effettuate in periodo di insolvenza – ai soci, dei finanziamenti concessi alla societa’, che costituiscono crediti liquidi ed esigibili, considerato; quanto alla sussistenza del dolo si osserva che non sussistono motivi che giustifichino in termini di interesse societario la soddisfazione, prima degli altri creditori, del socio, il quale, a differenza della restante massa creditoria, non ha alcun interesse ad avanzare, in caso di inadempimento, istanza di fallimento verso la societa’ (Sez. 5, n. 14908 del 07/03/2008 – dep. 09/04/2008, Frigerio, Rv. 239487). Unica ragione, quindi, e’ il volontario e specifico perseguimento dell’interesse del creditore privilegiato, a danno della restante massa creditoria.
3. L’orientamento rappresenta una inversione di tendenza rispetto alla giurisprudenza fino a qualche anno prima dominante per la quale le restituzioni ai soci dei conferimenti o delle anticipazioni effettuate poco prima del fallimento della societa’, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale, integrano una condotta in contrasto con gli interessi della societa’ fallita e della intera massa dei creditori, consistendo nella appropriazione di parte delle risorse sociali, distolte dalla loro naturale destinazione a garanzia dei creditori. La fattispecie era inquadrata nel reato di bancarotta per distrazione, previsto dalla L.F., articolo 223, comma 2, n. 1 e non in quello di bancarotta preferenziale (Sez. 5, n. 23672, 15.4.2004-20.5.2004, ric. Ribatti, Rv 229032). Cio’ evidentemente sul presupposto che la condotta del socio che “restituisce a se’ stesso” e’ finalisticamente equivalente a quella dell’imprenditore che si impadronisce di un bene della azienda destinata al fallimento, in quanto il socio non e’ un qualsiasi creditore della societa’; conseguentemente l’accaparramento dei beni non e’ semplicemente violativo della par condicio, ma rappresenta un atto di sostanziale indebita appropriazione da parte di chi si trova in una condizione di possesso qualificato dei beni.
4. Quanto alla contestata sussistenza del dolo, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei consolidati principi in materia secondo cui l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta preferenziale e’ costituito dal dolo specifico, che e’ ravvisabile ogni qualvolta l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore, riflettendosi contemporaneamente, anche secondo lo schema tipico del dolo eventuale, nel pregiudizio per altri. (Sez. 5, n. 592 del 04/10/2013 – dep. 09/01/2014, De Florio, Rv. 258713). Pertanto, richiamando una precedente pronuncia (cfr. Cass. 31894/2009) va ribadito che “… la bancarotta preferenziale e’ un reato a dolo specifico, richiedendo che l’imputato agisca al fine di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi. Il pregiudizio degli altri creditori, pero’, non e’ collegato alla finalita’ dell’agire, per cui non costituisce oggetto del dolo specifico tale risultato, essendo sufficiente che il fallito si rappresenti la possibilita’ di ledere i creditori non favoriti, secondo i principi del dolo eventuale. In tal senso l’elemento soggettivo e’ ravvisabile ogni qual volta l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore secondo lo schema tipico del dolo eventuale”. Tali considerazioni consentono di superare le doglianze oggetto del primo motivo di ricorso.
5. Con il secondo motivo, con riferimento al reato di bancarotta per distrazione, il difensore lamenta mancanza o insufficienza della motivazione nella parte in cui i giudici di merito attribuiscono all’imputato la condotta distrattiva, sebbene il curatore abbia riconosciuto l’esistenza di un credito nei confronti del socio (OMISSIS) per l’importo di euro 320.000, a fronte di una asserita distrazione relativa alla somma di euro 7.903, non rinvenuta in cassa e all’importo di euro 128.863, documentato dalle scritture contabili.
Il ricorrente sostiene che le somme sarebbero state utilizzate per restituire un prestito effettuato da un terzo, (OMISSIS), alla societa’ ed erroneamente contabilizzato come versamento soci.
Inoltre, la somma complessiva di euro 320.000 versata dall’imputato nelle casse sociali, costituiva il corrispettivo della vendita della propria casa al predetto (OMISSIS), decurtato quanto dall’imputato dovuto al (OMISSIS) per lavori che lo stesso (OMISSIS) si era impegnato ad eseguire presso l’abitazione del primo.
6. La doglianza e’ inammissibile poiche’ meramente ripetitiva di quanto gia’ sostenuto in appello senza confrontarsi in alcun modo con le puntuali argomentazioni poste a sostegno della decisione di secondo grado. La Corte territoriale ha correttamente evidenziato l’incongruenza della tesi sostenuta dall’imputato, poiche’ le risultanze processuali non hanno confermato, in alcun modo, la circostanza che (OMISSIS) avrebbe eseguito in favore di (OMISSIS), a titolo di restituzioni per un prestito ricevuto, importanti lavori edili, difettando del tutto la prova documentale riguardante le opere che sarebbero state realizzate per il significativo importo di euro 120.000. In ogni caso, la tesi del prelievo di somme per sostenere i costi delle opere da eseguire presso l’immobile di (OMISSIS), come correttamente evidenziato dalla Corte d’Appello, non spiegherebbe la sottrazione di euro 128.863 che, conseguentemente, va correttamente qualificata in termini di distrazione.
7. Alla pronuncia di rigetto consegue ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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