Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 15 marzo 2017, n. 12589

Anche il liquidatore ha una posizione di garanzia ed è penalmente responsabile delle condotte di chi ha agito per conto di un ente poi fallito se non vigila perché non vengano messi in atto atti in pregiudizio di soci e creditori

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 15 marzo 2017, n. 12589

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo A. – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. RICCARDI Giusepp – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 05/06/2015 della Corte di Appello di Salerno;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Giuseppe Riccardi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;

udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 05/06/2015 la Corte di Appello di Salerno confermava la sentenza di condanna alle pene ritenute di giustizia emessa il 25/06/2009 dal Tribunale di Salerno nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), imputati del reato di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 216, comma 1, nn. 1 e 2, articolo 219, comma 1 e comma 2, n. 1, per avere, in qualita’, rispettivamente, di Presidente ( (OMISSIS)) e membri del C.d.A. ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), e di liquidatore ( (OMISSIS)) della societa’ cooperativa ” (OMISSIS) s.c. a.r.l.”, commesso fatti di bancarotta fraudolenta documentale (tenendo i libri contabili in modo che non fosse possibile ricostruire il patrimonio sociale, omettendo di depositare il bilancio fallimentare e l’elenco nominativo dei creditori, nonche’ l’annotazione di tutte le attivita’ commerciali compiute nel 1994) e patrimoniale, mediante distrazione di beni sociali ammortizzabili, alienati a prezzi prossimi al valore residuo fiscale, e dissipazione delle somme che la cooperativa avrebbe dovuto versare a titolo di contributi previdenziali e assistenziali e a titolo di retribuzioni e TFR a circa 90 dipendenti; fallimento dichiarato con sentenza del 09/11/2001.

2. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione: lamenta che l’imputato aveva rassegnato le proprie dimissioni all’assemblea del 30/04/1994, e non aveva partecipato ad alcuna attivita’ gestoria della societa’, che era in mano esclusivamente all’amministratore delegato; illogica e’ la motivazione nella parte in cui attribuisce alla responsabilita’ dell’imputato la manifestazione del trend di produttivita’ negativo nel periodo in cui egli partecipava all’amministrazione della societa’; non e’ stata ravvisata alcuna condotta di bancarotta, ed anche la tenuta delle scritture contabili relativamente al 1993 non puo’ essere addebitata al componente del C.d.A..

Con memoria pervenuta il 27/10/2016 ha ribadito l’estraneita’ alle condotte distrattive, essendosi l’imputato dimesso nel 1994, allorquando l’unico debito societario era quello previdenziale.

3. Ricorre per cassazione personalmente (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo: deduce che l’attivita’ societaria veniva svolta esclusivamente negli anni 1993-1994, e che la chiusura di fatto della cooperativa risaliva al 09/08/1994; la massa creditoria si componeva, essenzialmente, di crediti da lavoro per differenze retributive e TFR; le condotte distrattive del patrimonio, riconducibili agli amministratori dell’epoca, si collocano nel periodo in cui era evidente lo stato di dissesto della cooperativa; pertanto, la Corte di Appello attribuisce agli amministratori, tra cui (OMISSIS), le condotte distrattive che si concretizzano nella sottrazione di beni e cespiti del patrimonio aziendale e nell’accumulo di una rilevante debitoria previdenziale; tuttavia, la cooperativa ha operato solo per due anni, dopo e’ stata messa in liquidazione, ed il liquidatore aveva ottenuto anche la cancellazione dal registro delle imprese; la dichiarazione di fallimento e’ arrivata solo in seguito alle pretese creditorie degli operai; tanto premesso, non si comprende in che modo (OMISSIS) avrebbe potuto distrarre le trattenute contributive degli operai, atteso che lo stesso curatore fallimentare aveva riferito di non sapere se le trattenute fossero state realmente effettuate e se gli stessi lavoratori fossero mai esistiti; quanto al dolo, non e’ stata fatta alcuna indagine per stabilire se l’amministratore avesse la consapevolezza di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalita’ dell’impresa.

3.2. Vizio di motivazione in relazione al diniego del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate: lamenta che a due degli amministratori, che hanno operato durante il periodo di attivita’ della societa’, sia stato invece riconosciuto il giudizio di prevalenza.

3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante di cui all’articolo 219, comma 1, L. Fall.: lamenta che l’aggravante contestata non sia applicabile, in quanto l’articolo 219 e’ circoscritto solo agli articoli 216, 217 e 218 L. Fall..

3.4. Violazione di legge: lamenta che non sia stata dichiarata l’estinzione per prescrizione dei reati; risalendo la sentenza di fallimento al 09/11/2001, il termine massimo di 12 anni e 6 mesi sarebbe decorso il 09/05/2014.

4. Ricorre per cassazione personalmente (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo: deduce che l’attivita’ societaria veniva svolta esclusivamente negli anni 1993-1994, e che la chiusura di fatto della cooperativa risaliva al 09/08/1994; la massa creditoria si componeva, essenzialmente, di crediti da lavoro per differenze retributive e TFR; le condotte distrattive del patrimonio, riconducibili agli amministratori dell’epoca, si collocano nel periodo in cui era evidente lo stato di dissesto della cooperativa; pertanto, la Corte di Appello attribuisce agli amministratori, tra cui (OMISSIS), le condotte distrattive che si concretizzano nella sottrazione di beni e cespiti del patrimonio aziendale e nell’accumulo di una rilevante debitoria previdenziale; tuttavia, la cooperativa ha operato solo per due anni, dopo e’ stata messa in liquidazione, ed il liquidatore aveva ottenuto anche la cancellazione dal registro delle imprese; la dichiarazione di fallimento e’ arrivata solo in seguito alle pretese creditorie degli operai; tanto premesso, non si comprende in che modo (OMISSIS) avrebbe potuto distrarre le trattenute contributive degli operai, atteso che lo stesso curatore fallimentare aveva riferito di non sapere se le trattenute fossero state realmente effettuate e se gli stessi lavoratori fossero mai esistiti; quanto al dolo, non e’ stata fatta alcuna indagine per stabilire se l’amministratore avesse la consapevolezza di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalita’ dell’impresa. Quanto alla bancarotta documentale, la tenuta dei registri e’ un’attivita’ che non e’ stata mai svolta dall’imputato, ne’ sono emersi elementi di una partecipazione attiva del (OMISSIS) alla gestione aziendale; viene attribuito un generico trend negativo.

4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante di cui all’articolo 219, comma 1, L. Fall.: lamenta che l’aggravante contestata non sia applicabile, in quanto l’articolo 219 e’ circoscritto solo agli articoli 216, 217 e 218 L. Fall..

4.3. Violazione di legge: lamenta che non sia stata dichiarata l’estinzione per prescrizione dei reati; risalendo la sentenza di fallimento al 09/11/2001, il termine massimo di 12 anni e 6 mesi sarebbe decorso il 09/05/2014.

5. Ricorre per cassazione personalmente (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

5.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo: deduce che l’attivita’ societaria veniva svolta esclusivamente negli anni 1993-1994, e che la chiusura di fatto della cooperativa risaliva al 09/08/1994; la massa creditoria si componeva, essenzialmente, di crediti da lavoro per differenze retributive e TFR; le condotte distrattive del patrimonio, riconducibili agli amministratori dell’epoca, si collocano nel periodo in cui era evidente lo stato di dissesto della cooperativa.

Lamenta che la Corte di Appello abbia attribuito la responsabilita’ penale anche al liquidatore, (OMISSIS), nominato solo nel 1996, perche’, in qualita’ di amministratore della (OMISSIS), aveva acquistato beni ammortizzabili per circa 90 milioni di lire pagate in contanti; inoltre, le ultime operazioni economiche della cooperativa risalgono al 30/11/1005, mentre la nomina del liquidatore e’ dell’aprile 1996; gli atti pregiudizievoli erano gia’ stati compiuti dagli amministratori, ed al liquidatore viene contestato di non averli impediti; quanto al dolo, non e’ stata fatta alcuna indagine per stabilire se l’amministratore avesse la consapevolezza di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalita’ dell’impresa.

Quanto alle scritture contabili, le stesse sono state depositate dal (OMISSIS) non appena rimessosi dall’incidente subito.

5.2. Vizio di motivazione in relazione al diniego del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate: lamenta che a due degli amministratori, che hanno operato durante il periodo di attivita’ della societa’, sia stato invece riconosciuto il giudizio di prevalenza; viceversa, al liquidatore, nominato solo successivamente, non e’ stato riconosciuto il medesimo giudizio di prevalenza.

5.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante di cui all’articolo 219, comma 1, L. Fall.: lamenta che l’aggravante contestata non sia applicabile, in quanto l’articolo 219 e’ circoscritto solo agli articoli 216, 217 e 218 L. Fall..

5.4. Violazione di legge: lamenta che non sia stata dichiarata l’estinzione per prescrizione dei reati; risalendo la sentenza di fallimento al 09/11/2001, il termine massimo di 12 anni e 6 mesi sarebbe decorso il 09/05/2014.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile, non soltanto perche’ ripropone i medesimi motivi proposti con l’atto di appello, e motivatamente respinti dalla Corte territoriale, senza alcun confronto argomentativo con la sentenza impugnata (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, rv. 259456), ma anche perche’ propone doglianze eminentemente di fatto, riservate al merito della decisione.

Va infatti evidenziata l’inammissibilita’ delle doglianze relative alla valutazione del ruolo e della compartecipazione dell’imputato nelle condotte distrattive e di bancarotta documentale, in quanto sollecitano, in realta’, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita’; infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., sono in realta’ dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794.

In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e) -, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata.

Tuttavia, nel rammentare che la Corte di Cassazione e’ giudice della motivazione, non gia’ della decisione, ed esclusa l’ammissibilita’ di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita’ (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta’.

La Corte territoriale, infatti, ha affermato, con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimita’, che la responsabilita’ di (OMISSIS) per le condotte distrattive e per la tenuta delle scritture contabili era fondata sul proprio ruolo di amministratore, unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), della societa’; e le dimissioni rassegnate nell’aprile del 2004 non avrebbero assunto rilievo, nella valutazione della Corte territoriale, in quanto all’epoca era gia’ stata causata la situazione di grave dissesto, connotata soprattutto dall’accumulo dell’enorme debito previdenziale e retributivo, che avrebbe condotto al dissesto; peraltro, l’attivita’ sociale risultava cessata dopo pochissimi mesi, il 9 agosto 2004.

Sul ruolo di amministratore della societa’ ed sulla corrispondente attivita’ gestoria e’, pertanto, fondata l’affermazione della responsabilita’ penale per le condotte distrattive e di bancarotta documentale accertate.

2. I ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che meritano una valutazione congiunta, avendo proposto motivi parzialmente identici, sono inammissibili.

2.1. Il primo motivo dei ricorsi e’ inammissibile, non soltanto perche’ vengono riproposti i medesimi motivi proposti con gli atti di appello, e motivatamente respinti dalla Corte territoriale, senza alcun confronto argomentativo con la sentenza impugnata (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, rv. 259456), ma anche perche’ propongono doglianze eminentemente di fatto, riservate al merito della decisione.

2.1.1. Le doglianze con le quali (OMISSIS) e (OMISSIS) lamentano che non sarebbe emersa la prova della distrazione delle trattenute contributive, in quanto non era certa neppure l’esistenza di lavoratori, ne’ la prova del dolo, e che l’unico profilo contestato sarebbe un trend economico negativo, sono inammissibili, in quanto propongono esclusivamente censure attinenti al merito della decisione impugnata, non concernenti i profili di legittimita’ della motivazione.

Nel rinviare a quanto gia’ evidenziato infra § 1, va osservato che la sentenza impugnata appare del tutto immune da censure, avendo evidenziato, con apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimita’, che, oltre alle condotte distrattive concernenti i beni strumentali (in ordine alle quali non sono state proposte censure), la distrazione delle somme che la cooperativa avrebbe dovuto versare a titolo di retribuzioni, T.F.R. ed accessori per 90 dipendenti, era dimostrata dal corrispondente numero di domande di insinuazione al passivo; in tal senso, dunque, il mancato versamento delle ritenute operate e’ stato correttamente valutato quale forma di distrazione, essendo state le somme distolte dalla loro destinazione giuridicamente rilevante.

Va, inoltre, chiarito che a (OMISSIS) e (OMISSIS) non e’ stato contestato un generico trend economico negativo, come sostenuto nei ricorsi, bensi’ specifiche condotte distrattive di beni (strumentali all’attivita’ sociale) ed operazioni dolose di protratto, esteso e sistematico inadempimento delle obbligazioni contributive, che, aumentando ingiustificatamente l’esposizione nei confronti degli enti previdenziali, rendeva prevedibile il conseguente dissesto della societa’ (Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, Prandini, Rv. 261684).

Oltre ad essere generica, la doglianza proposta da (OMISSIS), secondo cui egli non avrebbe partecipato alla tenuta delle scritture contabili, e’ inammissibile, in quanto si limita a proporre una lettura alternativa, peraltro del tutto priva di fondamento fattuale, del compendio probatorio, nonostante la carica di amministratore da costui rivestita (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, Falbo, Rv. 264441: “e’ inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicita’ della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacita’ dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito”).

La doglianza sulla pretesa assenza di un’indagine sul dolo, proposta anche da (OMISSIS), infine, e’ inammissibile per assoluto difetto di specificita’.

2.1.2. Anche le ulteriori doglianze proposte da (OMISSIS), con le quali si contesta l’affermazione di responsabilita’ per condotte distrattive commesse prima dell’assunzione del ruolo di liquidatore, nel 1996, sono inammissibili, concernendo il merito della decisione, non gia’ la legittimita’ della motivazione.

Al riguardo, la sentenza impugnata ha individuato la responsabilita’ concorsuale di (OMISSIS) nella condotta distrattiva attiva dei beni strumentali, in quanto, oltre ad essere socio della cooperativa, era amministratore della (OMISSIS) (anch’essa socia della (OMISSIS) s.c.a.r.l.), alla quale, nel 1994, erano stati alienati tutti i beni sociali per un valore nominale prossimo al valore fiscale, e senza il riscontro dell’effettivo pagamento (che risulta formalmente eseguito in contanti) o dell’indicazione specifica e dimostrata della destinazione, al fine di sottrarli alle pretese dei creditori; in tal senso, e’ stato chiarito che sussiste il concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale, ex articolo 216, comma 1 e articolo 223, comma 1, L. Fall., e non la cosiddetta ricettazione prefallimentare (articolo 232, comma 2, n. 3) quando la distrazione di beni sociali prima del fallimento sia operata dall’estraneo in accordo con l’amministratore della societa’ fallita (Sez. 5, n. 12824 del 09/03/2005, Martino, Rv. 231699).

In veste di liquidatore, inoltre, e’ stata enucleata un’ulteriore responsabilita’ del (OMISSIS), per l’omesso impedimento delle attivita’ distrattive e di occultamento delle scritture contabili, quest’ultimo posto in essere mediante l’omesso controllo sull’esistenza e sulla loro regolare tenuta (Sez. 5, n. 36435 del 14/06/2011, Scuoppo, Rv. 250939: “In tema di reati fallimentari, la responsabilita’ del liquidatore deriva non solo dall’articolo 223 L.F. ma anche dall’articolo 2489 cod. civ., che rinvia alle norme in tema di responsabilita’ degli amministratori e, quindi, anche all’articolo 2932, il quale fissa un principio di ordine generale – per il quale l’amministratore deve vigilare sulla gestione ed impedire il compimento di atti pregiudizievoli, oltre che attenuarne le conseguenze dannose – di guisa che sussiste anche per i liquidatori una posizione di garanzia del bene giuridico penalmente tutelato, con conseguente ineludibile responsabilita’, ex articolo 40 cpv. c.p., ove i detti obblighi siano disattesi; inoltre i liquidatori hanno l’obbligo di ricevere in consegna i libri sociali (articolo 2487 bis c.c., comma 3) che si estende al liquidatore nominato successivamente in sostituzione del precedente; pertanto non puo’ ritenersi esente da responsabilita’ il liquidatore che non riceve i libri contabili e che omette ogni controllo sulla loro esistenza e sulla loro regolare tenuta”; Sez. 5, n. 8260 del 08/11/2007, dep. 2008, Pirro, Rv. 241749: “Il liquidatore (come l’amministratore) e’ penalmente responsabile delle condotte di tutti coloro che abbiano agito – in via di diritto o di fatto – per conto di un ente successivamente fallito in tutti i casi nei quali, pur essendone inconsapevole, non abbia fatto tutto quanto in sua possibilita’ per attuare una efficace vigilanza ed un rigoroso controllo, ovvero non si sia dato un’organizzazione idonea non soltanto al raggiungimento degli scopi sociali, ma anche ad impedire che vengano posti in essere atti pregiudizievoli nei confronti dei soci, dei creditori e dei terzi”), ed il deposito di una documentazione comunque carente (p. 25-26 della sentenza impugnata).

2.2. Il secondo motivo proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ manifestamente infondato.

Secondo quanto ribadito anche dalle Sezioni Unite di questa Corte, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita’ qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la piu’ idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931).

In tema di giudizio di comparazione tra circostanze concorrenti, quando vi sia stata espressa e motivata richiesta degli imputati, il giudice e’ tenuto a dar conto del proprio giudizio in ordine alla valutazione delle circostanze stesse e, sebbene non sia tenuto anche a formulare una analitica esposizione dei criteri di valutazione, deve tuttavia esporre le proprie argomentazioni ai fini della dimostrazione del corretto uso del potere discrezionale e del fondamento delle sue conclusioni. A tale scopo e’ insufficiente il richiamo ad un principio astratto, svincolato dalla personalita’ degli imputati e dal ruolo da ciascuno di essi rivestito (Sez. 6, n. 6616 del 28/02/1994, Nisi, Rv. 198524, in una fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di merito che era pervenuta al diniego della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti, soltanto “per non svilire la sanzione nei confronti di una condotta grave e connotata da valenze criminologiche”, senza neppure, in alcun modo, distinguere la posizione di ogni singolo imputato).

Tanto premesso, con apprezzamento di fatto immune da illogicita’, e dunque insindacabile in sede di legittimita’, la sentenza impugnata ha motivato il diniego del giudizio di prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche sulle contestate aggravanti sulla base del ruolo non certo marginale di entrambi nelle vicende societarie, con una differenziazione rispetto agli altri due coimputati (ai quali, al contrario, e’ stato riconosciuto il giudizio di prevalenza) fondata sul maggior coinvolgimento nelle condotte criminose accertate.

2.3. Il terzo motivo proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), ed il secondo motivo proposto da (OMISSIS), sono manifestamente infondati.

Invero, l’interpretazione richiamata nei ricorsi (peraltro mediante richiamo del tutto parziale, riferito al solo numero della sentenza, e non dell’anno), secondo cui, in tema di reati fallimentari, non e’ applicabile la circostanza aggravante ad effetto speciale del danno patrimoniale di rilevante gravita’ di cui all’articolo 219, comma 1, L.F. all’ipotesi di bancarotta documentale fraudolenta impropria, stante il richiamo letterale dell’articolo 219, comma 1 L.F. circoscritto agli articolo 216, 217 e 218 L.F. e determinato dalla diversita’ strutturale ed ontologica sussistente tra la bancarotta fraudolenta impropria e quella ordinaria che ne preclude l’estensione in via analogica, la quale si risolverebbe, peraltro, nell’applicazione in “malam partem” del criterio analogico, vietato in materia penale (Sez. 5, n. 8829 del 18/12/2009, dep. 2010, Truzzi, Rv. 246154), e’ un orientamento rimasto isolato, non condiviso dalla successiva giurisprudenza di questa Corte.

Al riguardo, con interpretazione ormai consolidata, e’ stato ribadito che la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravita’ di cui all’articolo 219, comma 1, L.F. e’ applicabile, con interpretazione estensiva, anche ai fatti di bancarotta “impropria”, considerata l’integralita’ del richiamo contenuto nell’articolo 223 L.F. alla fattispecie di cui all’articolo 216 L. Fall., da intendersi implicitamente riferito anche all’elemento accidentale della circostanza aggravante della rilevanza del danno, introdotto in detta fattispecie dal rinvio operato dall’articolo 219, comma primo, L.F. (Sez. 5, n. 2903 del 22/03/2013, dep. 2014, Venturato, Rv. 258446, che, in motivazione, ha precisato che la sostanziale equiparazione normativa tra le ipotesi di bancarotta propria e impropria rende irragionevole la limitazione alle prime dell’operativita’ dell’aggravante in parola; Sez. 5, n. 18695 del 21/01/2013, Liori, Rv. 255839; Sez. 5, n. 38978 del 16/07/2013, Fregnan, Rv. 257762).

Del resto, il riferimento contenuto nell’articolo 223, comma 1, L.F. alla commissione di alcuno dei “fatti preveduti nel suddetto articolo” (l’articolo 216 L. Fall.) chiarisce che il rinvio e’ operato alle fattispecie incriminatrici “proprie”, sia nella dimensione del precetto, che in quella della sanzione, la cui determinazione legale e’ affidata altresi’ alla previsione delle circostanze descritte nell’articolo 219 L. Fall.; inoltre, l’opposta interpretazione condurrebbe ad un trattamento irragionevole per le ipotesi di bancarotta “impropria” (articolo 223, comma 2, L. Fall.), in quanto l’imprenditore individuale sarebbe passibile di pena ben piu’ severa dell’imprenditore societario (in tal senso, in motivazione, Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Cassa Di Risparmio Di Rieti S.p.a., Rv. 247320: “In tema di reati fallimentari, la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravita’ di cui all’articolo 219, comma 1, L. Fall., e’ applicabile alle ipotesi di bancarotta impropria previste dall’articolo 223, commi 1 e 2, L. Fall.”).

2.4. L’ultimo motivo, con il quale si deduce l’intervenuta estinzione dei reati per prescrizione, e’ manifestamente infondato.

Invero, pur considerando i termini di prescrizione attualmente vigenti, alla stregua dei ricorsi proposti, in considerazione della natura piu’ favorevole della disciplina, e della dichiarazione di illegittimita’ costituzionale della L. n. 251 del 2005, articolo 10, comma 3, va rammentato che, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, il danno patrimoniale di rilevante gravita’, cagionato dai fatti di bancarotta, previsto dall’articolo 219 L. fall., ha natura di circostanza aggravante speciale e ad effetto speciale, con la conseguenza che – alla luce dell’articolo 157 c.p. nel testo novellato dalla L. n. 251 del 2005 – si deve tenere conto dell’aumento massimo di pena previsto per la stessa, mentre non assume rilievo la diminuzione di pena per le circostanze attenuanti eventualmente applicabili (Sez. 1, n. 34530 del 09/07/2015, Conti, Rv. 264297); sicche’ il termine ordinario di prescrizione non e’ pari a 10 anni, bensi’ a 15 anni; ed il termine massimo, in seguito all’aumento di un quarto, e’ pari a 18 anni e 9 mesi.

Entrambi i termini, considerando la sospensione per una durata di 181 giorni (Sez. 5, n. 12453 del 23/02/2005, Princiotta, Rv. 231694: “Il rinvio del dibattimento disposto per impedimento dell’imputato o del difensore e su loro richiesta non necessita di un formale provvedimento di sospensione della prescrizione; infatti, la sospensione del corso della prescrizione e’ normativamente ancorata all’ipotesi di sospensione del procedimento penale, equiparabile, a tal fine, al rinvio, con la conseguenza che essa e’ produttiva di effetti per tutti coloro che hanno commesso il reato, ex articolo 161 c.p., comma 1, e quando si procede congiuntamente per reati connessi, per tutti gli imputati, ex articolo 161 c.p., comma 2, non necessita di un formale provvedimento di sospensione e comprende tutto il periodo durante il quale il dibattimento e’ rinviato per impedimento o su richiesta dell’imputato o del difensore”), non risultano decorsi.

3. Alla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00: infatti, l’articolo 616 c.p.p. non distingue tra le varie cause di inammissibilita’, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilita’ dichiarata ex articolo 606 c.p.p., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilita’ pronunciata ex articolo 591 c.p.p..

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

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