Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 15 marzo 2017, n. 12590

In tema dell’impossessamento di cose ai danni del viaggiatore, soggetto particolarmente vulnerabile per le esigenze di carico e di spostamento che ne caratterizzano il movimento

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 15 marzo 2017, n. 12590

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. S – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. RICCARDI Giusep – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza del 21/01/2015 della Corte di Appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Giuseppe Riccardi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Corasaniti Giuseppe, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 21/01/2015 la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa il 26/05/2009 dal Gip del Tribunale di Firenze, rideterminava la pena inflitta in anni uno di reclusione ed Euro 200,00 di multa, confermando nel resto la decisione di primo grado, in relazione al reato di furto aggravato (articolo 624 c.p. e articolo 625 c.p., nn. 2, 4 e 6), per essersi impossessato del portafogli di (OMISSIS), sottratto dallo zaino mentre saliva sul treno (OMISSIS), con le aggravanti di aver commesso il fatto sul bagaglio di una persona in viaggio, con mezzo fraudolento, ed approfittando del fatto che la vittima portasse un bambino in braccio, oltre a bagagli e ad uno zaino in spalla.

2. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante del mezzo fraudolento: lamenta che nella condotta tenuta dall’imputato, che si e’ limitato a parlare con la vittima rivolgendo dei complimenti al figlio che portava in braccio, non ricorra la marcata insidiosita’, l’astuzia o scaltrezza tale da soverchiare o sorprendere la contraria volonta’ della persona offesa.

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante della destrezza: lamenta che la sentenza abbia riconosciuto la destrezza nella manovra con la quale l’imputato ha abilmente aperto la cerniera dello zaino ed estratto il portafogli; la condotta, tuttavia, non evidenzia una particolare abilita’, limitandosi alla semplice apertura di una cerniera, quale modalita’ di accesso al luogo ove era custodito il bene per sottrarlo.

2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante dell’aver commesso il fatto sul bagaglio della persona offesa: deduce che tale aggravante assorbe completamente il disvalore della condotta, anche con riferimento alla destrezza.

2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 89 c.p.: lamenta che la sentenza non abbia riconosciuto il vizio parziale di mente, pur essendo emerso che l’imputato e’ affetto da disturbo bipolare tipo 2 e disturbo borderline di personalita’; nel censurare le considerazioni sociologiche espressa dalla sentenza, lamenta la contraddittorieta’ della motivazione, che non ha ritenuto tali patologie incidenti sulla imputabilita’ dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.

2. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.

Al riguardo, premesso che, nel reato di furto, l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosita’, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volonta’ del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilita’ (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255974), la sentenza impugnata ha correttamente affermato la sussistenza dell’aggravante contestata, sul rilievo che il mezzo fraudolento consistesse nell’aggirare l’attenzione della persona offesa, rivolgendo frasi di complimento al bambino portato in braccio, in modo da “giustificare” la sua pressante vicinanza e da indurre la donna ad abbassare la guardia nel momento in cui si apprestava a salire sul convoglio ferroviario; la condotta posta in essere in concreto era dunque caratterizzata da indubbia astuzia, scaltrezza ed insidiosita’ (a proposito di una fattispecie analoga, Sez. 2, n. 582 del 03/03/1971, Scinisco, Rv. 119649: “ricorre la circostanza aggravante dell’uso del mezzo fraudolento nel fatto di distrarre l’attenzione di un negoziante, facendo finta di voler acquistare della merce, in modo di consentire ai correi d’impossessarsi invito domino di qualche oggetto esposto nel negozio”).

3. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.

Premesso che, in tema di furto, sono pienamente compatibili le circostanze aggravanti del mezzo fraudolento e della destrezza che, pur descrivendo modelli di agente prossimi ma non pienamente sovrapponibili, si caratterizzano, rispettivamente, la prima per la particolare scaltrezza idonea ad eludere la vigilanza del soggetto passivo e la seconda per la spiccata rapidita’ di azione nell’impossessamento della cosa mobile altrui (Sez. 4, n. 21299 del 12/04/2013, Haldares, Rv. 255294; Sez. 5, n. 10144 del 02/12/2010, dep. 2011, Bobovicz, Rv. 249831), la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza dell’aggravante della destrezza, individuandola nella manovra repentina con la quale l’imputato e’ riuscito abilmente ad aprire la cerniera dello zaino e ad estrarre il portafoglio.

Non e’ possibile, infatti, elidere il disvalore ulteriore insito nella destrezza con la quale e’ stato commesso il furto, rendendolo possibile, sostenendo, alla stregua del ricorso, che l’apertura della cerniera del bagaglio e’ semplicemente il modo con il quale l’imputato ha avuto accesso al luogo ove era custodito il bene per sottrarlo; al contrario, la condotta ha rivelato una spiccata rapidita’ di azione, che integra la destrezza, quale connotato aggravante dell’azione di sottrazione, ed ulteriore rispetto ad essa, in quanto consente l’impossessamento della cosa mobile altrui impiegando una abilita’ esecutiva suscettibile di rendere inefficaci anche le precauzioni adottate nella custodia della stessa (Sez. 4, n. 31973 del 20/05/2009, Bodoj, Rv. 244862: “La circostanza aggravante della destrezza si configura quando, pur senza impiegare un’eccezionale abilita’ che impedisca al soggetto passivo di accorgersi del furto, l’agente approfitti di una qualsiasi situazione oggettiva o soggettiva favorevole idonea a consentirgli di eludere la normale vigilanza dell’uomo medio, a nulla rilevando che il soggetto passivo si accorga della manovra furtiva durante la sua esecuzione”).

4. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.

La doglianza con la quale si lamenta che l’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., n. 7 (recte, n. 6) assorba completamente l’aggravante della destrezza non considera, infatti, che il furto sul bagaglio di un viaggiatore puo’ essere commesso anche senza la rapidita’ di azione o l’abilita’ nella sottrazione del bene, come nel caso di sottrazione di un bagaglio lasciato incustodito.

Del resto, le due aggravanti hanno un differente ambito di operativita’, in quanto, per la stessa struttura della tipicita’ aggravante, la destrezza attiene al quomodo, alla modalita’ della condotta di sottrazione, mentre la commissione del fatto sul bagaglio di un viaggiatore attiene ad una species di res, all’oggetto della sottrazione, per la scelta legislativa di ritenere le cose trasportate nei viaggi maggiormente “vulnerabili”, ed assimilabili alle cose esposte per necessita’ o consuetudine alla pubblica fede (articolo 625 c.p., n. 7).

5. Il quarto motivo e’ manifestamente infondato.

Al riguardo, premesso che, ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, anche i “disturbi della personalita’”, che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di “infermita’”, purche’ siano di consistenza, intensita’ e gravita’ tali da incidere concretamente sulla capacita’ di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale (Sez. U, n. 9163 del 25/01/2005, Raso, Rv. 230317; Sez. 3, n. 1161 del 20/11/2013, dep. 2014, D, Rv. 257923), la sentenza impugnata appare del tutto immune da censure, avendo escluso, con apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimita’, che lo status di apolide potesse integrare un disturbo della personalita’, e che il “disturbo borderline di personalita’”, pur non accertato nel presente procedimento, non avesse alcun nesso di causalita’ con il furto commesso, che, anche per le modalita’ con le quali e’ stato eseguito, appariva frutto di un lucido progetto criminoso e di un’attenta ed abile esecuzione dello stesso, e non gia’ di un discontrollo degli impulsi.

6. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00: infatti, l’articolo 616 c.p.p. non distingue tra le varie cause di inammissibilita’, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilita’ dichiarata ex articolo 606 c.p.p., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilita’ pronunciata ex articolo 591 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

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