Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 5 gennaio 2018, n. 118. Per la configurabilita’ del delitto associativo non e’ richiesta la conoscenza reciproca fra tutti gli associati, essendo sufficiente la consapevolezza e la volonta’ di partecipare

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1.1.1. Quanto al delitto di riciclaggio, si era ricavata la consapevolezza della provenienza illecita del denaro trasferito all’estero dalla mera esistenza di contatti diretti con il co-indagato (OMISSIS), ipotesi corroborata dal contenuto di altra intercettazione intervenuta tra quest’ultimo ed una dipendente della societa’ nel corso della quale il primo avrebbe confidato alla seconda di trasferire all’estero un po’ di nero e che per effettuare tale operazione avrebbe parlato con “coso” (identificato nel ricorrente). Invece, dal compendio intercettivo risultava come il (OMISSIS) non ostentasse alcun rapporto di condivisione dei propri affari illeciti con l’indagato, cosi’ come confermato dall’assenza di contatti anche con i collaboratori del primo, anche quelli piu’ fidati, ai quali era anche sconosciuto (si cita l’episodio che riguarda la signora (OMISSIS), la quale richiesta dal (OMISSIS) di rintracciare l’indagato non ne ricordava il nome di battesimo).
La circostanza che terze persone si sarebbero rivolte al ricorrente per il trasferimento di denaro all’estero era spiegabile con l’attivita’ di promotore finanziario dipendente di una societa’ svizzera da costui svolta e, dunque, a carattere “neutro” ai fini della valutazione in termini di gravita’ indiziaria degli elementi raccolti.
1.1.2. Ad analoghe conclusioni doveva giungersi riguardo la fattispecie associativa, avendo il Tribunale del riesame omesso di indicare quali fossero gli elementi di indagine specifici da cui poteva trarsi che il ricorrente curasse gli investimenti finanziari del (OMISSIS) in (OMISSIS), fornendogli costante e professionale supporto nel perfezionamento delle operazioni di ripulitura del denaro e, dunque, partecipasse, anche soggettivamente, al sodalizio criminoso. Meramente assertiva era poi l’affermazione che la partecipazione del ricorrente nell’attivita’ delittuosa dell’associazione trovasse conferma nel suo diretto coinvolgimento nel corso di alcuni momenti strategici e funzionali dell’operativita’ del sodalizio investigato.
Peraltro, il Tribunale aveva omesso di apprezzare la circostanza che alcuni dipendenti della (OMISSIS) s.r.l. – ai quali viene contestato il reato associativo con un ruolo tale da non poter non comportare la consapevolezza di quello ricoperto dal ricorrente – nel corso degli interrogatori di garanzia avevano negato di conoscere il ricorrente.
Ne’ a tali fini era sufficiente ad escludere la valenza a discarico di tali propalazioni, la ritenuta inattendibilita’ di uno dei testi sentiti (tale (OMISSIS)) solo perche’ in sede di interrogatorio di garanzia aveva omesso di fornire un contributo alla ricostruzione del fatto limitandosi a riferire di non ricordare nulla.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge in ordine all’attualita’, all’adeguatezza e proporzionalita’ della misura applicata, nonche’ il vizio di motivazione anche in relazione all’omessa replica di specifiche argomentazioni difensive. Del tutto apodittica e priva di autonomo vaglio critico era la motivazione spesa dal Tribunale in punto di adeguatezza del provvedimento impugnato; analogamente in relazione al parametro dell’attualita’, trattandosi di fatti ormai datati risalenti al 2013, in assenza, peraltro, di occasioni prossime favorevoli alla commissione di reati, omettendo di apprezzare il fatto che il ricorrente non e’ piu’ impiegato, ne’ intrattiene alcun rapporto professionale con la societa’ svizzera la cui organizzazione dovrebbe rappresentare una delle specifiche fonti di rischio di reiterazione del reato di riciclaggio (l’indagato e’ occupato presso altra societa’ e si occupa del settore vendite di aeromobili ad uso privato); l’assenza di funzioni lavorative analoghe, correlate o solo assimilabili a quelle ricoperte all’epoca dei fatti in contestazione rendeva del tutto assertiva e non continente la motivazione del Tribunale in punto di pericula di reiterazione, ravvisati nel fatto che l’indagato potrebbe prestarsi a condotte analoghe pur inserendosi in altri contesti aziendali in ragione dell’esperienza illecita acquisita.
3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione – anche sotto il profilo della mancata replica ad argomentazioni sollevate con l’atto di gravame – in ordine alla ritenuta sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio, difettando l’indicazione da parte del Tribunale di specifici elementi indicativi della concretezza di tale esigenza cautelare.

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