Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 4 dicembre 2017, n. 54521. Non integra il delitto di appropriazione indebita, ma un mero inadempimento di natura civilistica, la condotta del promittente venditore che non restituisce l’acconto a seguito di risoluzione del contratto

Non integra il delitto di appropriazione indebita, ma un mero inadempimento di natura civilistica, la condotta del promittente venditore che, a seguito della risoluzione del contratto, non restituisca al promissario acquirente l’acconto sul prezzo del bene promesso in vendita.

Sentenza 4 dicembre 2017, n. 54521
Data udienza 14 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DAVIGO Piercamillo – Presidente

Dott. IASILLO Adriano – Consigliere

Dott. RAGO Geppino – rel. Consigliere

Dott. PARDO Ignazio – Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
contro la sentenza del 25/03/2016 della Corte di Appello di Ancona pronunciata nei confronti di:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. G. Rago;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Di Nardo Marilia, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi i difensori, avv.ti (OMISSIS) (per (OMISSIS)) e (OMISSIS) (per (OMISSIS)), che hanno concluso chiedendo rispettivamente il rigetto e l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS), veniva tratto a giudizio per i seguenti reati:
a) “del reato p. p. previsto e punito dall’articolo 646 c.p. (appropriazione indebita) e articolo 61 c.p., n. 7 e n. 11 perche’, in qualita’ di rappresentante legale della (OMISSIS) S.r.l. (….), per procurarsi un ingiusto profitto, si appropriava di somme di denaro di Euro 270.730,00 della denunciante signora (OMISSIS) (….), somme ricevute dalla stessa a titolo di acconti in relazione alla scrittura privata di “promessa di vendita” stipulata in data 17 luglio 2006, per la cessione di un immobile sito in (OMISSIS), in realta’ mai trasferito o consegnato alla denunciante (….) In relazione al suddetto immobile, la (OMISSIS) in data 22.4.2008 conferiva all’ (OMISSIS) incarico a vendere, che annullava gli effetti della precedente promessa di vendita, con il vincolo di restituzione degli acconti versati ed indicati in precedenza; la vendita avveniva in data 18/06/2008, con atto notaio (OMISSIS) rep n. 6576 dalla (OMISSIS) S.R.L. alla Signora (OMISSIS) (….), per un importo di Euro 200.000,00 ma L’ (OMISSIS) ometteva la restituzione delle somme alla (OMISSIS). Con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso delle relazione inerenti il suo status di venditore e prestatore di opera che avrebbe dovuto ristrutturare l’immobile prima dell’atto definitivo e della consegna e per aver cagionato alla (OMISSIS) un danno patrimoniale di rilevante gravita’. Commesso in (OMISSIS)”;
b) “del reato di cui all’articolo 56, 81 cpv e 629 c.p. perche’, in data 14.7.2008 e 29.7.2008, con piu’ atti esecutivi del medesimo disegno criminoso compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere (OMISSIS) a non presentare denuncia per i fatti di cui al capo che precede; in particolare minacciava (OMISSIS) di non restituirle le somme dovute, ove avesse presentato la denuncia in relazione ai fatti di cui al capo che precede alla Guardia di Finanza di San Benedetto del Tronto da cui si era gia’ recata cio’ al fine di evitare eventuali accertamenti fiscali, ed in specie proferiva le seguenti frasi (….) non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla propria volonta’ perche’ la (OMISSIS) sporgeva denunce presso la Guardia di Finanza in data 28.10.2008 e 17.12.2008 e 20.1.2009; Commesso in (OMISSIS)”.
Condannato in primo grado, all’esito del giudizio di appello, la Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 25/03/2016, assolveva (OMISSIS) dal reato di appropriazione indebita (capo sub a) perche’ il fatto non sussiste e, derubricato il reato di estorsione (capo sub b) in danno di (OMISSIS), in quello di tentata violenza privata, dichiarava il suddetto reato prescritto.
2. Contro la suddetta sentenza, la parte civile (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo:
2.1. La violazione dell’articolo 646 c.p.: secondo la difesa, “l’ (OMISSIS) era entrato in possesso del denaro con un vincolo preciso e attuale di destinazione a uno scopo cui la (OMISSIS) aveva un interesse giuridicamente tutelato, cioe’ lo scambio del denaro con la proprieta’ dell’appartamento. Ed e’ chiaro che, essendo venuto meno tale scopo per essere stato l’ (OMISSIS) inadempiente alla consegna del bene egli non aveva piu’ titolo per trattenere i cospicui acconti versatigli”: da qui la configurabilita’ del reato di appropriazione indebita, tanto piu’ che, con la scrittura del 22/04/2008 – da qualificarsi non come un mandato a vendere ma come un mandato a ricercare un nuovo compratore con la finalita’ di sostituire il precedente promissario acquirente (ossia la (OMISSIS)), l’ (OMISSIS) si era espressamente obbligato a restituire le somme che la (OMISSIS) gli aveva versato. Infatti, “egli come incaricato non aveva titolo per trattenere l’intero prezzo riscosso da (OMISSIS), ma avrebbe dovuto rimettere alla (OMISSIS) la parte di prezzo non di sua spettanza corrispondente agli acconti ricevuti”;
2.2. La violazione dell’articolo 629 c.p. in quanto l’ingiusto profitto puo’ essere individuato in qualsiasi vantaggio, non solo di tipo economico. Di conseguenza, secondo la difesa, bisognerebbe “ammettere che il tentativo dell’ (OMISSIS) di impedire alla (OMISSIS) attraverso la denuncia e il correlativo procedimento penale che ne sarebbe derivato di attivare tutte quelle misure anche di natura cautelare (….) avrebbe potuto realizzare un danno (….)”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La violazione dell’articolo 646 c.p..
La censura e’ infondata per le ragioni di seguito indicate.
Questa Corte, con la sentenza n. 15815/2017, ha di recente affermato il seguente principio di diritto “Non integra il delitto di appropriazione indebita, ma un mero inadempimento di natura civilistica, la condotta del promittente venditore che, a seguito della risoluzione del contratto, non restituisca al promissario acquirente l’acconto sul prezzo del bene promesso in vendita”.
Il suddetto principio di diritto e’ stato motivato nei seguenti termini: “L’essenza ed il fondamento del reato di appropriazione indebita consiste nella lesione del diritto di proprieta’ o di altro diritto reale mediante l’abuso di cosa o denaro altrui: infatti, come hanno precisato le SS.UU. con la sentenza n 1327/2005 (Li Calzi), nell’appropriazione indebita “il denaro o la cosa mobile di cui l’agente si appropria, non fanno mai parte ab origine del “patrimonio” del possessore, ma si tratta sempre di denaro o di cose di “proprieta’” diretta od indiretta di altri, che pur confluendo per una determinata ragione nel “patrimonio” dell’agente, non divengono, proprio per il vincolo di destinazione che le caratterizza, di sua proprieta’, in deroga – come espressamente previsto dall’articolo 646 c.p. ai principi del diritto civile in tema di acquisto della proprieta’ delle cose fungibili (cfr. Cass., sez. 2, 17 giugno 1977, n. 2445, Pomar, RV. 137092). Di conseguenza, ove l’agente dia alla cosa una destinazione diversa da quella consentita dal titolo per cui la possiede, ovvero a richiesta o alla scadenza non restituisca la cosa o il denaro, commette il reato di appropriazione indebita, tutti casi, tradizionalmente individuati dalla giurisprudenza di legittimita’, in cui la somma entra ab extrinseco a far parte del patrimonio del possessore e con questo non si confonde proprio perche’ connotata da una vincolo specifico di destinazione”.

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