Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 29 novembre 2017, n. 28632. La costituzione di una servitu’ pubblica per effetto della c.d. “dicatio ad patriam”

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La sussistenza di una servitu’ di uso pubblico non esclude certo la proprieta’ privata del terreno su cui essa grava, anzi presuppone il carattere privato del fondo servente. E’ per tale ragione, d’altra parte, che questa Corte ha statuito che l’assoggettamento di una strada privata a servitu’ di uso pubblico, in relazione all’interesse della collettivita’ di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta la facolta’ dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi, implicando cio’ un’utilizzazione di essa piu’ intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa (Cass., Sez. 2, n. 21953 del 25/09/2013).
Se, dunque, il terreno su cui insiste la stradella e’ rimasto di proprieta’ privata, ha errato la Corte territoriale a ritenere che l’interesse degli attori ad ottenere il rispetto della servitu’ prediale, costituita convenzionalmente tra le parti in forza della scrittura stipulata 16/2/1982, fosse venuto meno.
Non si verte qui in materia di distanze legali e non rileva l’esonero dal rispetto di tali distanze previsto dall’articolo 879, secondo comma, cod. civ. per le costruzioni poste a confine con piazze e vie pubbliche; si verte qui in materia di servitu’ prediali costituite per contratto.
Orbene, la sussistenza di una servitu’ di uso pubblico sulla stradella (qualora fosse accertata) non escluderebbe certo, di per se’, la coesistenza di una servitu’ di natura privata insistente sulla medesima stradella, ove tale ultima servitu’ – la cui sussistenza e il cui contenuto spetta al giudice di merito accertare – avesse un contenuto non incompatibile con quello della pretesa servitu’ di uso pubblico.
Vanno pertanto accolti il terzo e il quinto motivo di ricorso; la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari, che si conformera’ ai seguenti principi di diritto:
– “Una strada privata puo’ essere ritenuta soggetta a servitu’ di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l’ente pubblico ovvero per l’avvenuta maturazione dell’usucapione”;
– “Perche’ si costituisca per usucapione una servitu’ pubblica di passaggio su una strada privata, e’ necessario che concorrano contemporaneamente le seguenti condizioni: 1) l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettivita’ indeterminata di individui, considerati uti cives in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un’utilizzazione uti singuli, cioe’ finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il piu’ agevole accesso ad un determinato immobile di proprieta’ privata; 2) l’oggettiva idoneita’ del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitu’; 3) il protrarsi dell’uso per il tempo necessario all’usucapione”;
– “La sussistenza di una servitu’ di uso pubblico su una strada privata non esclude la coesistenza di una servitu’ privata prediale sulla medesima strada ove non incompatibile con la prima”.
3. – Gli altri motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale condizionato (col quale si deduce l’omessa pronuncia sul motivo di appello col quale la societa’ (OMISSIS) aveva lamentato l’erroneo accertamento del contenuto della servitu’ dal parte del giudice di primo grado) rimangono assorbiti.
4. – In definitiva, vanno rigettati il primo e il secondo motivo di ricorso; vanno accolti il terzo e il quinto e vanno dichiarati assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonche’ il ricorso incidentale.
La sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.
Il giudice di rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo e il quinto, dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonche’ il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.

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