Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 19 dicembre 2017, n. 30528. Le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale soltanto se compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l’applicazione di quest’ultima non sia in contrasto con le prime

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La Corte d’Appello ha affermato che l’articolo 25 del Regolamento condominiale rimettesse ogni opera, che potesse variare le caratteristiche delle facciate, al “preventivo ed insindacabile benestare scritto” dell’architetto (OMISSIS), progettista dell’edificio (ovvero in futuro ad altro architetto da nominare). Cio’, secondo la Corte di Milano, significava rimettere, mediante scelta condivisa con l’accettazione del regolamento all’atto dell’acquisto delle singole unita’, ad un “soggetto qualificato” la verifica “del rispetto del requisito che la legge impone”. I giudici di appello definivano la serra realizzata “funzionale ad accrescere la vivibilita’ dell’appartamento e ad assicurare la fruibilita’ per qualsiasi occasione anche di svago e di tempo libero”, ed escludevano l’applicabilita’ dell’articolo 907 c.c. in tema di distanze dalle vedute, come anche la violazione dell’articolo 1102 c.c., trattandosi di opera realizzata a piano terra, nel giardino di proprieta’ esclusiva, in aderenza alla facciata condominiale e non preclusiva del pari uso del bene comune.
Su proposta del relatore, che aveva ritenuto il giudizio definibile nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in riferimento all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), era stata dapprima fissata l’adunanza della camera di consiglio. Il Collegio, con ordinanza del 27 marzo 2017, ritenne tuttavia che non ricorresse l’ipotesi di cui all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), e rimise la causa alla pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1138, 907 e 1120 c.c., alla luce dell’interpretazione delle norme del regolamento condominiale. La censura sostiene che, per come interpretati dalla Corte d’Appello, gli articoli 4, 21, 23, 25 e 26 del Regolamento conterrebbero un’invalida deroga agli articoli 1120 e 907 c.c., rimettendo qualsiasi modifica dell’immobile al benestare di un professionista, laddove, per contro, l’articolo 25 del Regolamento si limiterebbe a richiedere all’architetto indicato una valutazione preventiva circa la rispondenza delle modifiche della facciata all’estetica complessiva dello stabile.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e 23 del Regolamento di condominio.
Il terzo ed il quarto motivo di ricorso affermano l’esistenza di violazioni e false applicazione degli articoli 907 e 1120 c.c. anche in considerazione dell’articolo 21 del Regolamento condominiale e dell’articolo 27 del Regolamento Edilizio del Comune di Milano, in quanto la serra costituiva nuova costruzione sottoposta alla distanza prevista da quest’ultima norma.
Le quattro censure possono essere esaminate congiuntamente, perche’ connesse tra loro.
Il secondo motivo di ricorso, esaminato peraltro in via pregiudiziale, presenta profili di inammissibilita’, atteso che le disposizioni contenute in un regolamento di condominio hanno natura regolamentare, organizzativa o contrattuale, sicche’ l’interpretazione o l’applicazione di esse fatta dal giudice del merito non puo’ essere denunciata in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, come se si trattasse di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per tali intendendosi soltanto quelle risultanti dal sistema delle fonti dell’ordinamento giuridico. L’omesso o errato esame di una disposizione del regolamento di condominio da parte del giudice di merito e’, piuttosto, sindacabile in sede di legittimita’ soltanto per inosservanza dei canoni di ermeneutica oppure per vizi logici sub specie del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, (Cass. Sez. 2, 23/01/2007, n. 1406; Cass. Sez. 2, 14/07/2000, n. 9355).
D’altra parte, l’interpretazione di un regolamento “contrattuale” di condominio da parte del giudice del merito e’ comunque insindacabile in sede di legittimita’ quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici (Cass. Sez. 2, 31/07/2009, n. 17893).
A pagina 3, la sentenza impugnata ha spiegato di intendere l’articolo 25 del Regolamento di condominio non come “deroga alla norma civilistica”, quanto come “scelta condivisa con l’accettazione del regolamento condominiale”, diretta a “rimettere ad un soggetto particolarmente qualificato” la constatazione della non alterazione del decoro architettonico riferibile agli interventi sulla facciata dell’edificio.
Questa Corte ha gia’ spiegato in passato come la disposizione di cui all’articolo 1138 c.c., comma 4 secondo cui le norme del regolamento di condominio (anche in ipotesi di cosiddetto regolamento contrattuale) non possono in nessun caso derogare, tra l’altro, a quanto stabilito nell’articolo 1120 c.c., impedisce comunque l’esecuzione di opere e lavori lesivi del decoro dell’edificio condominiale o di parte di esso (Cass. Sez. 2, 26/05/1990, n. 4905; Cass. Sez. 2, 15/01/1986, n. 175).

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