Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 9 ottobre 2017, n. 46430. La disciplina dell’impugnazione della sentenza di non luogo a procedere

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3. Con il terzo motivo si prospetta il vizio di violazione di legge, in relazione all’articolo 52 c.p., sul rilievo che il giudice della sentenza impugnata, abbracciata una ricostruzione del tutto unilaterale e congetturale dei fatti di causa, avrebbe obliterato i dicta di questa Corte di legittimita’ piu’ volte intervenuta per ribadire che la causa di giustificazione prevista dall’articolo 52 c.p., comma 2, cosi’ come inserito dalla L. 13 febbraio 2006, n. 59, articolo 1, non consente un’indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui ma presuppone un pericolo attuale per l’incolumita’ fisica dell’aggredito o di altri e l’inevitabilita’ dell’uso dell’arma come mezzo di difesa della propria o dell’altrui incolumita’; requisiti della cui sussistenza era fondatamente da dubitare alla luce di un’obiettiva lettura dei dati investigativi.
3. Con il ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS), proposto nell’interesse della parte offesa costituita (OMISSIS), si articolano due ragioni di censura.
1. Con la prima si deduce il vizio di violazione di legge da inosservanza della norma processuale di cui all’articolo 425 c.p.p., per avere il Giudice dell’udienza preliminare travalicato il perimetro del giudizio affidatogli in tale sede, non essendosi limitato a controllare la fondatezza dell’ipotesi accusatoria sulla base degli elementi investigativi raccolti dal Pubblico Ministero, ma avendo operato una valutazione nel merito di questi ultimi, senza, peraltro, indicare le ragioni per le quali doveva ritenersi la loro non decisivita’ in vista di una proficua celebrazione del dibattimento.
2. Con la seconda si prospettano promiscuamente il vizio di violazione di legge da inosservanza dell’articolo 52 c.p. ed il vizio di motivazione in relazione ai requisiti di sussistenza della scriminante della legittima difesa nei luoghi di privata dimora.
Segnatamente il ricorrente, dopo avere richiamato le massime di orientamento enunciate da questa Corte di legittimita’ in ordine alla necessita’, ai fini del riconoscimento della evocata causa di giustificazione, che ricorrano l’attualita’ del pericolo per l’incolumita’ delle persone e l’inevitabilita’ della reazione difensiva mediante l’uso dell’arma, ha illustrato una serie di evidenze fattuali – le circostanze che il giubbotto indossato dalla vittima non recasse traccia dell’ultimo fendente, quello mortale, assestatole; che il coltello da cinghiale fatto ritrovare molto tempo dopo i fatti da (OMISSIS) fosse incompatibile con la morfologia delle lesioni da taglio riscontrate sul cadavere del (OMISSIS) e che non recasse traccia di materiale organico riferibile al deceduto; che la badante degli anziani nonni dell’imputato avesse riferito che vi era stata una zuffa tra questi e la vittima e che la medesima si fosse data alla fuga inseguita dallo (OMISSIS) – dimostrative di una dinamica degli avvenimenti verisimilmente diversa da quella accreditata dalla difesa dello (OMISSIS) e apoditticamente trasfusa nel provvedimento impugnato, il quale, anche per questa ragione, aveva tradito la ratio essendi dell’udienza preliminare, quale momento di verifica dell’ipotesi accusatoria diretta a evitare la celebrazione di giudizi superflui a cagione della palese inconsistenza dell’imputazione e non del fronteggiarsi di ricostruzioni alternative della vicenda, suscettibili, invero, di prevalere l’una sull’altra soltanto all’esito del confronto dibattimentale.
3. Con memoria in data 29 agosto 2017, il difensore dell’imputato, Avv. (OMISSIS), ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso, per essere il mezzo di impugnazione attivato dalle ricorrenti non piu’ consentito: e tanto perche’, per effetto dell’intervento novellatore sull’articolo 428 c.p., operato con la L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, commi 38, 39 e 40, entrata in vigore il 3 agosto 2017, la sentenza di non luogo a procedere pronunciata ai sensi dell’articolo 425 c.p.p. e’ impugnabile con l’appello, cui la parte offesa e’ legittimata nei soli casi in cui intenda eccepire il vizio del contraddittorio. Nondimeno, anche sotto il vigore della precedente disciplina, le parti ricorrenti non avrebbero potuto utilmente esperire il ricorso per cassazione, non potendosi considerare persone offese dal reato ma soltanto persone danneggiate, le stesse, pur se costituite parti civili, non essendo, infatti, legittimate a proporre l’impugnazione di cui all’articolo 428 c.p.p., comma 2, per essere questa destinata alla tutela esclusiva degli interessi penalistici della persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO

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