Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 5 marzo 2018, n. 9951. Nelle ipotesi di distrazione di cespiti aziendali, non può, nei confronti del soggetto investito solo formalmente di una carica gestoria

Nelle ipotesi di distrazione di cespiti aziendali, non può, nei confronti del soggetto investito solo formalmente di una carica gestoria della società, trovare automatica applicazione la massima di orientamento secondo cui, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione a essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

Sentenza 5 marzo 2018, n. 9951
Data udienza 15 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo A. – Presidente

Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere

Dott. SCOTTI Umberto L. – Consigliere

Dott. MORELLI Francesca – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/03/2016 della CORTE APPELLO di POTENZA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. IRENE SCORDAMAGLIA;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. TOCCI STEFANO che ha concluso per l’inammissibilita’.
Udito il difensore degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), avv (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), e il difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), avv. (Ndr: testo originale non comprensibile), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS).
I difensori presenti si riportano integralmente ai motivi.
RITENUTO IN FATTO
1. E’ impugnata la sentenza con la quale la Corte di appello di Potenza, in data 17 marzo 2016, in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale di Potenza, in data 18 marzo 2013, confermata la responsabilita’ degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per il delitto di bancarotta patrimoniale, fraudolenta e preferenziale, e per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, riconosciuto soltanto in capo ai primi tre imputati, ha ridotto le pene loro rispettivamente inflitte.
2. Il ricorso per cassazione presentato nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) dal difensore, Avv. (OMISSIS), articola due motivi di impugnazione.
2.1. Il primo motivo denuncia vizio argomentativo da assenza di motivazione riguardo ad una ragione di gravame specificamente dedotta. Si assume che, a fronte della censura con la quale era stato rappresentato il ruolo dei ricorrenti meramente subalterno rispetto a quello di (OMISSIS), effettivo dominus della fallita (OMISSIS) S.r.l. e, comunque, esecutivo degli ordini da questi impartiti, la Corte territoriale si era limitata a rispondere che la posizione di garanzia su di essi gravante in virtu’ della funzione espletata all’interno dell’organigramma societario – di Presidente, il primo, e di componente, la seconda, del consiglio di amministrazione – imponeva loro di attivarsi onde impedire la commissione di atti depauperativi del patrimonio aziendale; e tanto ancorche’ lo stesso decidente avesse evidenziato la significativita’ e il peso dell’operare del (OMISSIS) nella gestione della compagine imprenditoriale. D’altronde numerose erano le evidenze rivenienti dal procedimento probatorio (l’essere, (OMISSIS), esclusivamente un dipendente posto a capo di una sede periferica della societa’ fallita, tanto da risultare, in virtu’ di tale qualita’, anche creditore della (OMISSIS) S.r.l., cosi’ come l’avere rimesso il mandato di Presidente del CdA dopo soli cinque mesi dall’investitura ricevuta e l’essersi, comunque, limitato ad effettuare i trasferimenti di denaro nelle mani dei soci (OMISSIS) e (OMISSIS); l’essere, (OMISSIS), del tutto ignara delle dinamiche organizzative e decisionali della societa’ per avere rivestito solo formalmente il ruolo di componente del consiglio di amministrazione) che, se fossero state effettivamente riesaminate dal Collegio dell’appello, avrebbero condotto ad un esito decisionale liberatorio per gli impugnanti.
2.2. Il secondo motivo eccepisce il vizio di motivazione derivante dalla giustapposizione di argomentazioni di segno opposto, non potendosi sostenere, al contempo, che il (OMISSIS) avesse svolto un preponderante ruolo gestionale all’interno della fallita, dirottando le risorse economiche di queste su societa’ rientranti nella propria orbita di interesse, e che i ricorrenti, in virtu’ della sola carica rivestita, avessero il potere di opporsi a tali manovre depauperatorie. Si evidenzia, al riguardo, che il ragionamento decisorio sviluppato quanto alla fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione (cosi’ al terzo capoverso della pagina 14 dell’atto di impugnativa) sarebbe caratterizzato dalla cifra dell’astrattezza, in nessun modo risultando dal testo del provvedimento impugnato il benche’ minimo riferimento al contesto situazionale in cui si sarebbero dispiegate le condotte ascritte ai (OMISSIS); cosi’ come difetterebbe qualsivoglia attenzione al profilo della effettiva capacita’ impeditiva dell’agire doveroso omesso da parte degli imputati e ogni indagine circa la concreta esigibilita’ del comportamento dovuto.
3. Il ricorso proposto, in data 21 dicembre 2016, nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) Michele dal difensore, Avv. (OMISSIS), sviluppa due motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia il vizio argomentativo. Quanto al (OMISSIS), deduce la manifesta illogicita’ della motivazione, per essersi fatta discendere la responsabilita’ per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e preferenziale dalle condotte di irregolare tenuta della contabilita’ societaria, ancorche’ questi fosse stato mandato assolto, all’esito del giudizio di primo grado, dal delitto di bancarotta documentale; quanto al (OMISSIS), quale componente del consiglio di amministrazione della (OMISSIS) S.r.l., stigmatizza la carenza di motivazione, essendosi omessa, pur a fronte di specifici rilievi sul punto, l’illustrazione degli elementi dimostrativi del ruolo concretamente dispiegato dal detto imputato nella determinazione dei singoli fatti di bancarotta fraudolenta e preferenziale.
3.2. Il secondo motivo eccepisce il vizio di violazione di legge, in relazione alla L. Fall., articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, per non essere stata raggiunta la prova dei fatti di cui alle imputazioni.
Segnatamente, per essersi, la Corte territoriale, sottratta all’obbligo di motivazione rafforzata, imposto allorche’ l’imputato abbia dismesso la delega ad operare prima del compimento delle operazioni distrattive – come accaduto nel caso di specie, avendo il (OMISSIS) perduto ogni potere gestionale della (OMISSIS) S.r.l. nel gennaio 2004 -, e a quello di giustificare la valenza pregiudizievole delle condotte contestate rispetto agli interessi della massa dei creditori, posto che dalle testimonianze raccolte non era emerso che i pagamenti dovuti a titolo di corrispettivo delle cessioni di cespiti aziendali non fossero stati eseguiti a favore della fallita. Nondimeno, il giudice distrettuale avrebbe tratto la prova della responsabilita’ del (OMISSIS) per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale dal solo dato attinente alla tenuta delle scritture contabili, trascurando una messe di altri elementi in fatto che sarebbero stati tali da evidenziare, piu’ correttamente, la mera negligenza dell’imputato nell’adempimento dei doveri riguardanti queste ultime, si’ da orientare la decisione verso una derubricazione nel delitto di bancarotta semplice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Le doglianze avverso la sentenza impugnata articolate nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) sono solo in parte fondate.
1.1. I rilievi che si riferiscono alla loro responsabilita’ per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale e che si appuntano sul ruolo meramente formale di amministratori di diritto della societa’ fallita – l’uno quale presidente, l’altra quale membro, del consiglio di amministrazione della (OMISSIS) S.r.l. -, mostrano di non tener conto del pluriennale ed incontrastato insegnamento impartito da questa Corte, a mente del quale l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili, anche laddove sia investito solo formalmente dell’amministrazione della societa’ fallita (cosiddetta “testa di legno”), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture (Sez. 5, n. 642 del 30/10/2013 – dep. 10/01/2014, Demajo, Rv. 257950; Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010, Succi e altro, Rv. 247251).
Alla stregua di tale canone ermeneutico, non vi e’, dunque, ragione di sanzionare la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui convalida l’assunto accusatorio della addebitabilita’ della bancarotta fraudolenta documentale ai detti ricorrenti, posto che le condotte riconducibili a tale fattispecie si sono protratte dal 31 dicembre 2002 alla data del fallimento e, quindi, per un arco temporale nel quale si collocano i periodi di svolgimento dei loro rispettivi mandati. Nondimeno, la radicale assenza di qualsivoglia attivita’ di aggiornamento delle scritture contabili (ferme, infatti, al 31 dicembre 2002) e di predisposizione e di approvazione dei bilanci depone inequivocabilmente per la volontarieta’ della omissione del dovere giuridico loro imposto e per la consapevolezza che una situazione siffatta potesse ripercuotersi in danno dei creditori
1.2. Colgono, invece, nel segno le censure che si riferiscono alla responsabilita’ (OMISSIS) e (OMISSIS) per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ove si raffronti la sentenza impugnata con il principio di diritto per il quale, in ipotesi di distrazione di cespiti aziendali, non puo’, nei confronti del soggetto investito solo formalmente di una carica gestoria della societa’, trovare automatica applicazione la massima di orientamento secondo cui, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilita’ dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto (Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010, Succi e altri, Rv. 247251; Sez. 5, n. 28007 del 04/06/2004, Squillante, Rv. 228713).
In adesione a tale linea interpretativa, deve evidenziarsi come la motivazione resa sul punto dal giudice censurato sia del tutto inappagante, non essendo sufficiente invocare la posizione di garanzia rivestita dai componenti del consiglio di amministrazione di una societa’ per giustificare la loro responsabilita’ per ogni atto depauperatorio del patrimonio aziendale. Infatti, premesso che non si puo’ automaticamente ritenere che ogni accettazione della carica di amministratore formale celi un disegno criminoso dell’amministratore di fatto, occorre, comunque, che, anche quando tale dissimulazione si verifichi, le conseguenze della condotta dell’amministratore di fatto, che l’amministratore di diritto, in virtu’ della carica, aveva l’obbligo giuridico di impedire, possano a lui ricollegarsi dal punto di vista psicologico, per averne egli avuto, quantomeno, generica consapevolezza, non potendosi questa presumere in base al semplice dato di avere il soggetto acconsentito a ricoprire formalmente la carica predetta (Sez. 5, n. 3328 del 05/02/1998, Riccieri, Rv. 209949).
Donde, in applicazione dei richiamati principi, il giudice distrettuale avrebbe dovuto dar conto, in maniera puntuale, delle ragioni che consentivano di ritenere, ogni oltre ragionevole dubbio, che i ricorrenti (OMISSIS) avessero piegato il loro ruolo di garanti dell’integrita’ del patrimonio aziendale a quello di schermo delle manovre occulte dell’amministratore di fatto e che di tali operazioni in frode ai creditori sociali costoro avessero avuto sia pure generica contezza, cosi’ da accettare il rischio delle loro conseguenze. In questa prospettiva, peraltro, le plurime evidenze fattuali segnalate con l’atto di gravame, significative di una sostanziale estromissione degli amministratori di diritto dalla concreta dinamica decisionale delle strategie imprenditoriali, anche sul versante economico-finanziario, avrebbero meritato una esaustiva disamina critica da parte della Corte territoriale. Ne consegue che, in parte qua, il ricorso deve essere accolto.
2. Le doglianze articolate nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) non possono, invece, essere accolte.
2.1. A parte il rilievo di intempestivita’ dell’atto di impugnativa, perche’ presentato dopo la scadenza del termine utile per proporlo, da fissare – ai sensi del combinato disposto di cui all’articolo 585 c.p.p., comma 2, lettera c) e articolo 544 c.p.p., comma 3, – alla data del 31 luglio 2016, posto che, come attestato nel verbale di udienza del 18 settembre 2015, la Corte territoriale, stante la presenza di entrambi i ricorrenti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), aveva revocato la dichiarazione di loro contumacia, e’ da sottolineare che le censure sviluppate con il primo motivo sono aspecifiche o, comunque, generiche.
Deve, infatti, darsi atto che la responsabilita’ del (OMISSIS) e’ stata affermata esclusivamente con riguardo al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e preferenziale, in riferimento alle quattro ipotesi partitamente indicate nell’imputazione di cui al capo A) della rubrica, con la conseguenza che ogni diversa lettura della motivazione della decisione impugnata si appalesa come frutto di travisamento del suo significato oggettivo. Invero il giudice censurato ha ben evidenziato come, anche dopo la cessione delle proprie quote (nel 2001) e la dismissione della procura speciale conferitagli (nel gennaio 2004), l’imputato avesse continuato ad ingerirsi nell’amministrazione della (OMISSIS) S.r.l., sia provvedendo a finanziarla per il tramite della ” (OMISSIS)” S.r.l., posta sotto il suo controllo, sia attraverso l’esercizio degli ampi poteri associati alla procura speciale conferitagli il 6 marzo 2002, di cui aveva continuato a valersi anche dopo la revoca di essa, posto che tale atto non era mai stato annotato nel registro delle imprese.
I rilievi diretti a screditare la tenuta della motivazione che correda l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) per il delitto di bancarotta patrimoniale sono del pari generiche perche’ puramente assertive. In effetti, avendo egli commesso le condotte distrattive e preferenziali ascrittegli nell’editto di accusa nella veste di componente dell’organo collegiale titolare del potere di deliberare le scelte strategiche dell’ente, le deduzioni difensive sviluppate nel suo interesse, per essere efficaci, avrebbero dovuto mettere in luce che egli aveva esercitato compiutamente i doveri di vigilanza e controllo connessi alla carica rivestita e che, avuto sentore degli eventi pregiudizievoli per i creditori conseguenti alle deliberazioni da assumere da parte del consiglio di amministrazione, si era attivato per scongiurarli, esprimendo il proprio dissenso e dissociandosi apertamente da esse (Sez. 5, n. 4791 del 29/10/2015, Lamanda, Rv. 265802).
2.2. Prive di pregio sono, infine, le eccezioni che sollevano il difetto di prova quanto ai fatti contestati.
Premesso che, con riguardo al rimando operato in ricorso a stralci delle dichiarazioni dibattimentali del curatore fallimentare (pag. 6), sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericita’, quei motivi che, deducendo il vizio di manifesta illogicita’ o di contraddittorieta’ della motivazione, non contengano l’integrale trascrizione o allegazione degli atti probatori richiamati (Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053), occorre puntualizzare che, nella sentenza impugnata, si sottolinea, con argomentazione completa e congrua, che le scritture contabili, ancorche’ poste sotto sequestro nell’ambito di altro procedimento penale, non erano state comunque correttamente tenute, perche’ non istituite o perche’ non corredate dalla documentazione di supporto, a nulla rilevando in proposito che la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari fosse stata, comunque, compiuta dal curatore, posto che e’ jus receptum che sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficolta’ superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, Faragona e altro, Rv. 265682). Ne’ d’altra parte risulta che il (OMISSIS) avesse specificamente dedotto con l’atto del gravame che il difetto di vigilanza sulla tenuta delle scritture contabili fosse dovuto a sua colpa, avendo egli, piuttosto, denunciato di non avere visto le scritture contabili perche’ sequestrate; donde il motivo di ricorso che eccepisce tale profilo deve considerarsi inammissibile ex articolo 606 c.p.p., comma 3.
Palesemente destituito di fondamento e’, altresi’, il rilievo che si riferisce alla mancanza di prova dell’assenza di corrispettivo delle cessioni di cespiti aziendali. Il giudice censurato ha evidenziato il dato, mai contraddetto, del difetto di dimostrazione della percezione del corrispettivo dovuto da parte della societa’ fallita, ricordando, peraltro, come, alla stregua di consolidata interpretazione di questa Corte regolatrice, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della societa’ dichiarata fallita puo’ essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti, posto che la responsabilita’ dell’imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verita’, penalmente sanzionato, gravante ex L. Fall., articolo 87 sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico dell’amministratore della societa’ fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato (Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015 – dep. 29/02/2016, Aucello, Rv. 267710).
3. Per le ragioni anzidette la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Salerno. I ricorsi dei (OMISSIS) devono essere nel resto rigettati. I ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) vanno, invece, dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati, separatamente, al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2000,00 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Salerno. Rigetta nel resto i ricorsi dei (OMISSIS). Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna, separatamente, al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2000,00 a favore della Cassa delle ammende.
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Quotidiano del Diritto, 2018

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