Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 24 ottobre 2017, n. 48765. Bancarotta documentale per chi annoti fatture non rispondenti al vero rispetto ai reali soggetti tra cui sono effettivamente intervenute le operazioni commerciali documentate.

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2.1 Con il primo motivo, nell’interesse del (OMISSIS) si deducono carenze, illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione in ordine alla ritenuta ravvisabilita’ dei reati tributari in rubrica, per quanto dichiarati prescritti. Se infatti il presupposto delle contestazioni de quibus e’ che l’utilizzo o l’emissione di fatture per operazioni inesistenti mirava a consentire l’evasione dell’IVA, i giudici di merito non avrebbero considerato che la quasi totalita’ delle fatture in questione riguardavano comunque operazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto. In particolare, le fatture esenti IVA di cui al capo d’imputazione sub 1) recavano importi per la complessiva entita’ di oltre 17 milioni di Euro, mentre quelle che riguardavano acquisti da soggetti italiani ammontavano a meno di 2 milioni. Inoltre, le argomentazioni della Corte territoriale appaiono illogiche laddove si sostiene che la prima parte di quegli addebiti si riferivano a merci che la societa’ fallita risultava aver ricevuto nella veste di distributore da “pseudo-importatori”, per poi evidenziare che “quando operava come distributore ed acquistava dall’interposto italiano (…) la “(OMISSIS)” emetteva fatture che necessariamente indicavano l’IVA, in quanto si trattava di operazioni imponibili”. In ogni caso, con riguardo alle fatture in questione si legge nel ricorso che “la Corte di appello si limita ad affermare che le stesse provenivano da societa’ “cartiere” fittiziamente interposte tra il cedente estero e la “(OMISSIS)”, senza pero’ indicare i motivi per cui tutte le societa’ indicate nel capo 1) di imputazione siano state ritenute tali”, anche perche’ “non puo’ certamente affermarsi che nel caso di specie si sia accertata la falsita’ di uno o entrambi i soggetti del rapporto documentato o la mancata effettuazione della prestazione”; al contrario, il carteggio processuale – come rimarcato da una consulenza tecnica di parte – faceva emergere l’esistenza di fatture regolarmente pagate attraverso strumenti tracciabili, nonche’ di atti afferenti trasporti e noleggi di mezzi per le relative consegne dei beni.
Lo stesso perito del giudice, del resto, aveva ridotto le dimensioni della presunta distrazione di cui al capo 3), concernente le somme ricevute a titolo di incassi per IVA non versata e poi non rinvenute presso la fallita: l’importo indicato in rubrica (poco meno di 5 milioni di Euro) era risultato invece pari a circa 562.000,00 Euro.
In ordine alle fatture emesse dalla “(OMISSIS)”, in ipotesi rilevanti ai fini dell’addebito sub 2), sanzionato dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, “i giudici di secondo grado partono dalla premessa che il (OMISSIS) fosse un semplice intermediario fra i reali soggetti dell’operazione, ovvero fornitore estero e cliente finale. Il (OMISSIS), emettendo fatture con addebito IVA, avrebbe consentito al cliente di acquisire un indebito diritto alla detrazione di imposta. Ma il fatto di applicare l’IVA sulle fatture relative a scambi intercorsi tra soggetti economici italiani e’ previsto ed imposto dalla legge (…). Pertanto non puo’ in automatico desumersi l’esistenza del dolo specifico richiesto dalla norma in esame”. Nella relazione curata dal consulente tecnico del P.M., a tale riguardo, era stato financo evidenziato che buona parte dell’evasione conseguente al “carosello IVA” era stata destinata a finanziare vendite di merci sottocosto rispetto ai prezzi di acquisto, ad ulteriore conferma dell’effettivita’ delle transazioni.
2.2 A proposito della bancarotta patrimoniale, le cause del dissesto della “(OMISSIS)” sarebbero state individuate nel sistematico inadempimento degli obblighi fiscali e nell’altrettanto costante ricorso alle vendite sottocosto, senza tuttavia che i giudici di merito abbiano posto in risalto in alcun modo i primi due anni di vita della societa’, chiusi con bilanci in positivo. Inoltre, deve ritenersi contraddittorio rilevare, da un lato, che lo scopo dell’imputato sarebbe stato quello di pervenire necessariamente al fallimento e, dall’altro, che le vendite anzidette erano strumentali ad aumentare la competitivita’ dell’impresa.
2.3 Con il terzo motivo di doglianza, la difesa del (OMISSIS) evidenzia la incompatibilita’, gia’ sul piano logico, degli addebiti Decreto Legislativo n. 74 del 2000, ex articolo 8, e L. Fall., articolo 216, comma 1, n. 1: infatti, “nel caso in cui la condotta contestata integri il reato di emissione o rilascio di fatture per operazioni inesistenti, dette operazioni (…) non potranno essere considerate quali operazioni imponibili ai fini dell’IVA; l’immediata conseguenza e’ che il soggetto agente non vedra’ maturare il rispettivo debito con l’Erario”, giacche’ “l’imposta sul valore aggiunto e, quindi, il debito a favore dell’Erario si costituiscono a fronte di effettive operazioni commerciali”. Verrebbero cosi’ meno i presupposti sia della violazione tributaria che della presunta distrazione, sia sul piano materiale (in difetto di una obiettiva condizione di insolvenza) che su quello psicologico (il (OMISSIS), non avendo posto in essere operazioni reali, non pote’ agire dolosamente in danno dei creditori, non potendosi rappresentare che l’Erario rientrasse fra questi ultimi).
2.4 Le carenze motivazionali della pronuncia riguarderebbero parimenti la declaratoria di penale responsabilita’ in ordine alla bancarotta documentale, affermata sul solo presupposto che la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della societa’ si rese possibile soltanto grazie all’ausilio di esperti: tuttavia, se a fondamento del giudizio di colpevolezza relativo alle violazioni fiscali ed alla distrazione vengono poste le piu’ volte ricordate fatture (utilizzate od emesse) per operazioni inesistenti, cio’ comporta che tali documenti debbono intendersi attendibili. Analogamente, in punto di dolo, l’imputato “annotava regolarmente nelle scritture contabili le fatture di acquisto e di vendita, non per far apparire qualcosa di diverso dal vero, ma perche’ si trattava di operazioni commerciali effettivamente avvenute”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non puo’ trovare accoglimento.

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