Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 22 settembre 2017, n. 43904. Eccesso di difesa e l’attenuante della provocazione

[….segue pagina antecedente]

1.4 Come pure corretti in fatto e in diritto sono gli argomenti spesi per negare la sussistenza dell’invocata esimente, anche putativa, potendosi solo aggiungere che le modifiche apportate dalla L. 13 febbraio 2006, n. 59 all’articolo 52 c.p. hanno riguardato solo il concetto di proporzionalita’, al dichiarato scopo di rafforzare il diritto di autotutela in un privato domicilio o in un luogo ad esso equiparato, fermi restando i presupposti dell’attualita’ dell’offesa e della inevitabilita’ dell’uso dell’arma come mezzo di difesa della propria o dell’altrui incolumita’ (Sez. 1 n. 23221 del 27/05/2010, Grande, Rv. 247571). Dall’esame del testo normativo risulta chiaramente, essendo la nuova disposizione inserita dopo l’articolo 52, comma 1, l’ineludibilita’ dei requisiti strutturali da tale norma stabiliti e cioe’: pericolo attuale di offesa ingiusta, da un lato, costrizione e necessita’ della difesa, dall’altro, ed anche la reazione a difesa dei beni (articolo 52 c.p., comma 2, lettera b), e’ legittima solo quando non vi sia desistenza ed anzi sussista un pericolo attuale per l’incolumita’ fisica dell’aggredito.
Nel caso di specie, del tutto corretta e’ la motivazione della Corte di appello che ha ribadito la impossibilita’ di applicare la scriminante, facendo difetto i requisiti del pericolo attuale di un’offesa ingiusta e della inevitabilita’ della difesa;
come gia’ osservato, (OMISSIS) si trovava a debita distanza dall’abitazione vera e propria, impegnato nell’effrazione della serratura del deposito degli attrezzi; non
ha in alcun modo posto in essere, e nemmeno l’imputato lo afferma, un qualche atteggiamento minaccioso che potesse rappresentare pericolo per l’incolumita’ dello stesso; (OMISSIS) si sarebbe potuto limitare ad urlare per mettere in fuga l’intruso ne’ risulta, per come ricostruito, che (OMISSIS) abbia mostrato, pur dopo la scoperta della sua presenza da parte del proprietario dell’immobile, di perseverare nell’azione predatoria.
Ne’, a fronte di tali pacifiche evidenze, c’e’ lo spazio per l’esimente putativa, giacche’ essa – diversamente da come sembra erroneamente ritenere il ricorrente stante il tenore delle osservazioni svolte – non puo’ valutarsi al lume di un criterio esclusivamente soggettivo e desumersi, quindi, dal solo stato d’animo dell’agente, dal solo timore, prescindendo dalla situazione obiettiva e concreta che abbia determinato l’erronea opinione della necessita’ di difendersi; in altri termini occorrono dati di fatto concreti idonei a giustificare la ragionevole persuasione di trovarsi in una situazione di pericolo; indicatori fattuali che, nel caso in verifica, non esistevano con riferimento alla situazione concreta in cui si era trovato l’imputato.
2. I primi tre motivi di ricorso, in disparte la confusa esposizione delle relative doglianze, sono manifestamente infondati.
2.1 Dall’esame degli atti, allegati per il principio di autosufficienza, emerge con chiarezza che all’udienza del 21.12.2011, il difensore di (OMISSIS), tra le altre, articolava la richiesta, cosi’ verbalizzata, “di permettere ai consulenti di parte di poter operare sui reperti”; dal verbale di udienza del 19.01.2012, risulta che il Tribunale pronunciava ritualmente ordinanza sulle richieste istruttorie delle parti (risultano interlineate solo le parole “che viene allegata al verbale”). E’ da escludersi, dunque, che il primo giudice abbia omesso di pronunciarsi sulle richieste probatorie; lo dimostra lo stesso ricorrente che nell’istanza, recante la data di deposito del 20.2.2012 (allegato n. 4 del ricorso) ribadiva l’oggetto della richiesta istruttoria formulata all’udienza del 19.1.2012, consistente nell’autorizzazione a “visionare e esaminare tutti i reperti che formano parte integrante del fascicolo” e dava atto espressamente dell’autorizzazione gia’ ricevuta in udienza. Dunque, al di la’ dei toni polemici, della confusione tra ordinanza ex articolo 495 c.p.p. e autorizzazione rinnovata con il provvedimento, a firma di tutti i componenti del Collegio, reso in data 21.2.2012, le doglianze non colgono nel segno ed anzi sono smentite dagli stessi atti posti a corredo del ricorso.
2.2 Quanto poi alla richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale (genericamente formulata), correttamente la Corte di appello ha ritenuto non necessari gli approfondimenti istruttori sollecitati e sulla loro decisivita’ poco o nulla il ricorso argomenta, se non riproponendo tesi e prospettazioni di merito gia’ ampiamente vagliate. Per conseguenza, la denunzia di mancata assunzione di prova “decisiva” ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d) e’ anzitutto generica, priva cioe’ di qualsivoglia reale argomentazione a sostegno della decisivita’ richiesta dalla disposizione evocata. E la censura, alla luce della completo iter giustificativo della sentenza impugnata, che plausibilmente motiva in ordine alla evidente responsabilita’ dell’imputato, richiamando la congerie di elementi prima ricordati, appare in ogni caso anche manifestamente infondata, e percio’ sotto ogni aspetto inammissibile.
3. Va dichiarata inammissibile anche la richiesta di sospensione della esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale liquidata, proposta contestualmente al ricorso, ormai deciso; la sentenza impugnata ha autorita’ di cosa giudicata in relazione all’accertamento di responsabilita’.
4. Meritevole di accoglimento e’, invece, la censura difensiva che attiene alla non corretta valutazione dell’attenuante della provocazione ai sensi dell’articolo 62 c.p., n. 2. La provocazione, com’e’ noto e come delineato dal consolidato orientamento di questa Corte, si configura solo qualora si sia in presenza di tre elementi: a) un fatto ingiusto altrui, realmente verificatosi; b) lo stato d’ira suscitato in relazione al tempo e al luogo in cui e’ avvenuto il fatto e alla persona in cui insorge: c) l’esistenza di un nesso di causalita’ psicologica tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzione tra esse. Ne consegue che, se manca uno di questi presupposti, la predetta attenuante non puo’ essere concessa.

[…segue pagina successiva]

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *