Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 22 settembre 2017, n. 43904. Eccesso di difesa e l’attenuante della provocazione

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– la presenza al momento del fatto di una terza persona, complice del (OMISSIS) nel tentativo di furto, era da ritenersi ragionevolmente probabile se non certa, alla luce della deposizione del teste (OMISSIS) che aveva riferito di un furgone che si sarebbe allontanato, accelerando, dal luogo del fatto; i due complici, dopo essere stati scoperti si erano, dunque, separati come dimostrato anche dal rinvenimento, lungo il percorso seguito dal (OMISSIS), l’unico ad essere rimasto ferito, della maglietta e del guanto anti-taglio sporchi di sangue;
– nessuna minaccia all’incolumita’ del (OMISSIS) era stata portata dal (OMISSIS): il primo era all’interno della casa, protetto da essa; il secondo, una volta colto nell’atto di manomettere la serratura del deposito, disarmato, non avrebbe avuto ragione ne’ occasione di aggredire fisicamente il derubato, se non “forzando la piu’ tenace porta dell’abitazione” per raggiungere l’occupante di essa;
– l’azione del (OMISSIS) si era dunque sviluppata in totale carenza di elementi obiettivi indicativi di un reale pericolo o che legittimassero a ritenere esistente un pericolo per la sua incolumita’ e per la sua intimita’ domestica;
– l’uso dell’arma da fuoco non era, dunque, inevitabile; l’imputato, sicuro e al riparo all’interno della sua abitazione, ben avrebbe potuto allertare le forze dell’ordine e, nell’attesa, monitorare l’attivita’ dell’intruso e far uso dell’arma solo nell’ipotesi, peraltro “irrealistica”, in cui questi avesse tentato di penetrare anche nell’abitazione;
– implausibile era la versione dell’imputato di aver “messo a riposo” a fianco a se’ i fucili prima di addormentarsi sul divano, dovendo trasferirli presso l’abitazione cittadina; se l’obiettivo era quello di trasportare l’indomani le ridette armi presso il luogo di denunciata detenzione, non vi era necessita’ di predisporre con tanto anticipo detta operazione, ne’ di dotarsi del munizionamento;
– al contrario, l’imputato aveva gia’ predisposto i mezzi di reazione ad una temuta, ennesima intrusione predatoria; quando aveva avvertito i rumori, si era portato alla finestra armato, con il dito gia’ sul grilletto e non sulla guardia, e tale circostanza era chiaramente indicativa dell’intenzione, che animava il ricorrente sin dall’inizio della serata, di sparare a chi indebitamente avesse fatto accesso nell’area cortiliva;
– deliberatamente e preventivamente aveva caricato l’arma con una cartuccia a singola pallottola di piombo, scegliendo un munizionamento tipico per la caccia al cinghiale, di elevata potenzialita’ letifera;
– il suo stato d’animo era di irritazione e sofferenza per i furti gia’ subiti, non di timore per la propria incolumita’;
– l’urlo lanciato all’indirizzo dell’intruso (ammesso dallo stesso) era stato immediatamente seguito dall’esplosione del colpo, senza che vi fosse stata alcuna reazione della vittima da contrastare;
– la tesi dell’accidentalita’ dello sparo dovuto ad un inciampo era affidata alle sole affermazioni autoreferenziali dell’imputato, ma priva di ancoraggio fattuale;
– l’imputato aveva mirato al bersaglio grosso, cioe’ al corpo della vittima, tanto da colpirla all’addome;
– la tesi replicata dall’appellante, secondo cui il proiettile aveva impattato prima un oggetto metallico per poi fratturare la mano di (OMISSIS) e devastarne l’intestino non era riscontrata da alcun dato oggettivo e la sua ininfluenza probatoria era, di contro, corroborata dalle stesse deduzioni difensive; se, come sostenuto, il ladro stava utilizzando la tronchesi (indicata quale probabile superficie di impatto del proiettile) per scassinare il lucchetto del deposito, la mano che reggeva l’attrezzo non poteva che essere all’altezza del tronco e degli organi vitali;
– tale essendo il compendio fattuale, non potevano revocarsi in dubbio la sussistenza del dolo di omicidio e l’insussistenza dell’esimente della legittima difesa, anche putativa, stante l’accertata assenza di una situazione di pericolo sia per l’incolumita’ personale dell’imputato, sia di intrusione violenta nel suo domicilio, intendendo per tale la vera e propria abitazione.
1.2 A fronte delle articolate, puntuali e logiche giustificazioni che sorreggono tali conclusioni, le deduzioni sviluppate nel quarto motivo di ricorso appaiono largamente inammissibili, ripetendo ipotesi ricostruttive alternative gia’ esaminate dai giudici del merito e da questi, concordemente e piu’ che plausibilmente, per gli aspetti decisivi o anche solo dotati di una qualche astratta rilevanza, completamente smentite. Consistono dunque essenzialmente in argomenti in fatto, non riproponibili in questa sede e neppure intrinsecamente idonei a sostenere le assertive tesi interpretative qui inopinatamente ripetute.
Cosi’, in particolare, del tutto prive di fondamento sono le insistite osservazioni sulla traiettoria del proiettile e sul suo impatto contro una superficie che l’avrebbe deviata, sol se si consideri, come perspicuamente annotato dal Tribunale, che lo stesso consulente della difesa aveva ritenuto plausibile che al momento dello sparo la vittima si trovasse con la superficie del torace pressoche’ parallela rispetto alla finestra da cui era stato esploso il colpo, con il braccio destro atteggiato in flessione di gomito e con la mano (quella che in tesi avrebbe tenuto la tronchesi) posta in corrispondenza della sede ipocondriaca dell’addome.
1.3 Ineccepibili appaiono quindi le conclusioni concordemente raggiunte dai giudici del merito in ordine alla inconsistenza delle prospettazioni difensive, tutte -nessuna esclusa- debitamente scandagliate, e siffatte considerazioni non solo risultano articolate e coerenti con i dati fattuali esposti, ma consentono di ritenere, in diritto, del tutto corretta la conclusione della evidenza di un’azione offensiva sorretta da dolo diretto, quanto meno alternativo, volta ad interrompere l’azione furtiva, esplodendo all’indirizzo del suo autore un colpo di fucile, potenzialmente letale, all’altezza del busto.

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