Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 24 novembre 2017, n. 28152. Quand’è che si ha persecuzione, che legittima il riconoscimento dello status di rifugiato

Si ha persecuzione, che legittima il riconoscimento dello status di rifugiato, allorchè una donna, rifiutatasi di rispettare le regole consuetudinarie del proprio villaggio, che prevedono, in caso di morte del marito, di unirsi in matrimonio con il fratello del defunto, viene costretta ad allontanarsi dalla propria abitazione e viene privata di tutte le proprietà e della potestà genitoriale sui figli.

Sentenza 24 novembre 2017, n. 28152
Data udienza 23 giugno 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente

Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 18503/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 9/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 09/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/06/2017 dal cons. ACIERNO MARIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 04/02/2013 il Tribunale di Bologna ha accolto il ricorso proposto da (OMISSIS), cittadina nigeriana nata il (OMISSIS), avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale, riconoscendole per l’effetto il diritto alla protezione sussidiaria.
Con sentenza n. 9/2014 la Corte d’appello di Bologna ha accolto l’appello principale proposto dal Ministero dell’interno e rigettato l’appello incidentale della cittadina straniera volto al riconoscimento dello status di rifugiato, e, in riforma dell’ordinanza impugnata, le ha negato ogni forma di protezione.
La richiedente ha dedotto di essere stata costretta ad abbandonare il proprio Paese d’origine in quanto, in seguito alla morte del marito, si era rifiutata di sottoporsi alle pratiche funebri tradizionali imposte alle vedove e di unirsi in matrimonio con il cognato (fratello del defunto) secondo il diritto consuetudinario locale. In conseguenza del rifiuto, (OMISSIS) veniva allontanata dalla sua abitazione, privata della potesta’ genitoriale sui figli, spogliata dalle sue proprieta’ e perseguitata dal cognato, il quale reclamava il suo diritto ad averla in sposa.
La Corte territoriale, per quanto ancora interessa, ha ritenuto che tale situazione non fosse riconducibile ad alcuna forma di persecuzione Decreto Legislativo n. 251 del 2007, ex articolo 7, giacche’ la richiedente, appellatasi all’autorita’ del villaggio, aveva potuto sottrarsi all’applicazione delle norme consuetudinarie locali e aveva scelto volontariamente di andare via.
Avverso suddetta pronuncia propone ricorso per cassazione la cittadina straniera, sulla base di due motivi.
Non svolge difese l’Amministrazione intimata.
Con il primo motivo viene lamentata la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articoli 3 e 7, nonche’ difetto di motivazione in ordine alla mancata valutazione delle condotte subite dalla ricorrente quali atti di persecuzione basati sul genere. Gli atti subiti dalla richiedente hanno determinato la lesione di diritti fondamentali quali il diritto alla genitorialita’, alla proprieta’ privata, alla liberta’ di scegliere se e con chi contrarre nuovo matrimonio. Il diritto consuetudinario locale nega alle donne, in quanto tali, pari diritti di proprieta’ e genitorialita’ in caso di morte del marito, e le autorita’ tradizionali del villaggio hanno soltanto protetto la richiedente da un rischio immediato alla vita, ma non hanno posto fine alla violazione dei suoi diritti fondamentali.
Con il secondo motivo viene lamentata la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per non essersi la Corte d’appello pronunciata sul secondo motivo di appello incidentale relativo alla fondatezza dell’ordinanza del Tribunale nel punto in cui ha riconosciuto la protezione sussidiaria; nonche’ la violazione del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 14, per difetto di motivazione in ordine alla rilevanza della situazione personale della ricorrente rispetto alla situazione di conflitto esistente nel Paese d’origine.

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