Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 19 febbraio 2018, n. 3962. La dichiarazione di essere “operatore qualificato” non e’ una dichiarazione di scienza

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6.4.1. In particolare, all’odierna controversia deve applicarsi catione temporis, come si e’ gia’ accennato in precedenza, il regolamento Consob n. 11522 del 1998 (medio tempore abrogato, con decorrenza dal 2.11.2007 e sostituito dal Regolamento Consob n. 1690 del 2007), il cui articolo 31, comma 2, ricomprende(va) tra gli “operatori qualificati”, tra gli altri, ogni societa’ o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante, ricordandosi, inoltre, per quanto in questa sede di specifico interesse, che il comma 1 della medesima disposizione dispone(va) che agli “operatori qualificati” non si applica(va) – oltre alla previsione della forma scritta Decreto Legislativo n. 58 del 1998, ex articolo 23 – buona parte delle norme di comportamento degli intermediari finanziari risultanti dal suddetto regolamento, ed in particolare i suoi articoli 27 (sui conflitti di interessi), 28 (sulle informazioni fra gli intermediari e gli investitori) e 29 (sulle operazioni non adeguate), cioe’ le tre principali norme di comportamento cui sono tenuti gli intermediari finanziari.
6.5. Occorre, allora, interrogarsi sulla corretta qualificazione giuridica della dichiarazione di “operatore qualificato”, rilasciata dal rappresentante legale di una societa’. Si tratta, in particolare, di stabilire se essa sia una dichiarazione “di volonta’” oppure “di scienza” o di “giudizio”.
6.5.1. La prima soluzione va agevolmente esclusa atteso che, nel contesto di specie, la dichiarazione di volonta’ e’ qualcosa di diverso: e’ l’espressione dell’intenzione di concludere un contratto con un certo contenuto. La dichiarazione di possesso di competenze ed esperienze, invece, e’ preliminare rispetto alla conclusione del contratto; essa precede addirittura le negoziazioni fra i contraenti. La sua funzione e’ quella di determinare, prima che si giunga ad un contratto, il quantum dei doveri dell’intermediario finanziario nei confronti del cliente in relazione alle maggiori o minori competenze ed esperienze dell’investitore. La dichiarazione attesta uno stato di fatto (possesso di competenze ed esperienze) e, sotto questo profilo, non e’ mancato chi l’ha qualificata come dichiarazione “di scienza”, consistente nel sapere che la societa’ dispone di competenze (conoscenza teorica della materia) ed esperienze (avere gia’ compiuto operazioni in strumenti finanziari) in materia di operazioni in strumenti finanziari.
Una dichiarazione di scienza, pero’, puo’ corrispondere, o meno, al vero. Nel caso dell’articolo 31, comma 2 Reg. n. 11522 del 1998, la dichiarazione corrisponde al vero quando la societa’ dispone di competenze ed esperienze in materia di strumenti finanziari, non anche, al contrario, quando il cliente difetti di tali competenze ed esperienze. Il nucleo della questione puo’ essere, allora, espresso dall’interrogativo se un operatore qualificato “e'” tale in quanto e’ realmente in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di strumenti finanziari oppure “diventa” tale per il semplice fatto di sottoscrivere una corrispondente dichiarazione.
In realta’, si puo’ perfino arrivare a dubitare del fatto che la dichiarazione di possesso di competenze ed esperienze in materia di operazioni in strumenti finanziari sia una dichiarazione di scienza, atteso che le nozioni di “competenza” ed “esperienza” sono relative (si immagini che la societa’ Alfa disponga di una direzione finanziaria composta di numerose persone, fra cui professionisti che hanno precedentemente lavorato per diversi anni presso banche d’affari e sono specialisti in contratti derivati. Qui e’ ben difficile negare competenza in materia. Completamente diversa e’ la situazione della piccola societa’ Beta, nella cui direzione finanziaria si supponga lavori solo un giovane alla prima esperienza lavorativa).
Il vero problema e’ che mancano, nell’articolo 31 Reg. n. 11522 del 1998, i parametri oggettivi cui commisurare le competenze ed esperienze della societa’, per arrivare, cioe’, a stabilire quando si possa dire che una persona e’ competente ed esperta nelle operazioni in strumenti finanziari, oppure quale sia il livello minimo di competenze ed esperienze richiesto per far assurgere un determinato soggetto ad operatore qualificato. Proprio tale carenza normativa genera il rischio che la dichiarazione riguardante il possesso di competenze ed esperienze cessi di certificare un “fatto” (accertabile e provabile dalle parti) per scadere all’espressione di un semplice “giudizio” (o, con altra terminologia, “opinione”). E’ affatto non implausibile, quindi, l’assunto che la dichiarazione di essere operatore qualificato non sia una “dichiarazione di scienza”, trattandosi della mera esposizione di un giudizio personale, di una valutazione delle capacita’ della societa’ – espressa dal suo amministratore – del tutto arbitraria e discrezionale.
6.5.2. Questa Suprema Corte, nella sentenza n. 12138 del 2009 (i cui principi, benche’ affermati con riferimento al precedente Regolamento Consob n. 5387 del 1991, possono essere utilizzati anche in questa sede, atteso che i contenuti di esso – articolo 13 – in relazione alla nozione di operatore qualificato sono analoghi, per quanto qui di specifico interesse, a quelli – articolo 31 – del Regolamento n. 11522 del 1998), sostanzialmente aderendo a tale ultima opinione, ha affermato che la dichiarazione di essere “operatore qualificato” non e’ una dichiarazione di scienza, ma la mera formulazione di un giudizio, facendone derivare la conclusione che una siffatta dichiarazione non puo’ avere valore confessorio. Secondo il codice civile, invero, “la confessione e’ la dichiarazione che una parte fa della verita’ di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte” (articolo 2730 c.c., comma 1), sicche’ puo’ vertere solo su “fatti” e non su “giudizi”. Dal momento che, come si e’ visto, la dichiarazione di essere operatore qualificato non certifica un fatto, ma esprime un giudizio, essa non puo’ evidentemente essere oggetto di confessione.
Nella medesima sentenza si e’ inoltre statuito che la dichiarazione rilasciata dal legale rappresentante di una societa’ puo’ rilevare ai sensi dell’articolo 116 c.p.c.: essa puo’ costituire argomento di prova che il giudice puo’ porre a base della propria decisione, rimanendo, pero’, sempre possibile la sua prova contraria.
In tal modo, quella decisione ha chiaramente confermato l’impostazione secondo cui cio’ che conta e’ la realta’ dei fatti (presenza, o meno, di competenza ed esperienza) e non quanto dichiarato dal legale rappresentante, mentre, per il resto, ha inciso soprattutto sul requisito dell’onere della prova, addebitandolo – in presenza di dichiarazione di operatore qualificato – alla societa’ che ha rilasciato la dichiarazione.
Piu’ precisamente, i giudici di legittimita’ hanno ritenuto che, in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione gia’ in possesso dell’intermediario in valori mobiliari, la semplice dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante, che la societa’ disponga della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in valori mobiliari – pur non costituendo dichiarazione confessoria, in quanto volta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verita’ di un fatto obiettivo (articolo 2730 c.c.) – esonera l’intermediario stesso dall’obbligo di ulteriori verifiche sul punto e, in carenza di contrarie allegazioni specificamente dedotte e dimostrate dalla parte interessata, puo’ costituire argomento di prova che il giudice – nell’esercizio del suo discrezionale potere di valutazione del materiale probatorio a propria disposizione ed apprezzando il complessivo comportamento extraprocessuale e processuale delle parti (articolo 116 c.p.c.) – puo’ porre a base della propria decisione, anche come unica e sufficiente prova in difetto di ulteriori riscontri.

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