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5. I primi tre motivi sono inammissibili, essendo intervenuto il giudicato interno sulla questione del difetto di giurisdizione. Il Giudice di primo grado ebbe a pronunciare nel merito della domanda, cosi’ implicitamente (o espressamente, come sostenuto da parte controricorrente, in relazione al contenuto della sentenza di primo grado) rigettando l’eccezione sollevata dalla Comune di Roma. L’Ente avrebbe dovuto proporre appello incidentale per sottoporre nuovamente la questione alla Corte di appello; difatti, poiche’ ogni statuizione di merito comporta una pronuncia implicita sulla giurisdizione, il giudice dell’impugnazione non puo’ riesaminare d’ufficio quest’ultima, in assenza di specifico gravame sul punto, ne’ le parti possono limitarsi a sollecitare in tal senso il giudice (Cass. S.U. n. 9693 del 2013; S.U. n. 22097 del 2013; v. pure Cass. S.U. n. 12067 del 2007). Non risulta dalla sentenza impugnata ne’ dal ricorso per cassazione che l’appello incidentale fosse stato proposto da parte del Comune di Roma. E’ quindi coperta da giudicato interno l’affermata giurisdizione del giudice ordinario e la questione non puo’ essere riproposta in sede di ricorso per cassazione poiche’ preclusa.
6. Il quarto motivo e’ infondato.
6.1. L’istituto del c.d. “scorrimento della graduatoria”, che consente ai candidati semplicemente idonei di divenire vincitori effettivi, presuppone necessariamente una decisione della pubblica amministrazione di coprire un determinato numero di posti vacanti utilizzando la graduatoria rimasta efficace (si deve trattare di posti non solo vacanti, ma anche disponibili, e tali diventano sulla base di apposita determinazione); la decisione, una volta assunta, vincola l’amministrazione a darvi corso. In tale quadro e’ stato ripetutamente affermato che la domanda, avanzata dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo “scorrimento” della graduatoria del concorso espletato, verte sul “diritto all’assunzione” (v., da ultimo, Cass. S.U. n. 19595 del 2012).
6.2. Nel caso in esame, il Comune di Roma ha esercitato la suddetta facolta’, decidendo, con delibera immediatamente esecutiva, l’assunzione mediante scorrimento di n. 14 idonei, avendo previamente individuato le risorse finanziarie per la relativa copertura di spesa. Al pari dell’atto di approvazione della graduatoria (che costituisce, ad un tempo, il provvedimento terminale del procedimento concorsuale e l’atto, negoziale, di individuazione del futuro contraente), la Delib. n. 830 del 9 dicembre 2003 aveva costituito, in capo al Comune di Roma, l’obbligo di dare corso alle assunzioni ivi previste, salva la possibilita’ dell’ente pubblico di dimostrare (articolo 1218 c.c.) l’impossibilita’ della prestazione derivante da causa ad esso non imputabile (Cass. n. 1399 del 2009, v. pure Cass. n. 9807 del 2012).
7. Al riguardo, occorre precisare che il diritto dell’idoneo utilmente collocato nella graduatoria ad assumere l’inquadramento e’ subordinato alla permanenza, al momento dell’adozione del provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffici in forza del quale la delibera di scorrimento era stata emessa (cfr. Cass. n. 12679 del 2016 con riferimento a procedura concorsuale).
7.1. Non risulta dalla sentenza impugnata, ne’ l’Amministrazione comunale ha formulato motivi di impugnazione al riguardo, che, in ragione di eventi sopravvenuti, atti a giustificare una modifica dell’assetto preesistente, fosse venuta meno la necessita’ di incremento del personale o che, per altre specifiche ragioni, la precedente delibera fosse carente dei presupposti per essere legittimamente assunta; ne’ sono state prospettate modifiche normative, intervenute medio tempore, che vietassero di procedere alle ulteriori assunzioni.
7.2. L’attuale vicenda processuale non ha evidenziato la sopravvenienza di circostanze preclusive di natura normativa, organizzativa o finanziaria (salva ovviamente, anche in tale ipotesi, la possibilita’ del sindacato giurisdizionale sulla congruita’ e correttezza della scelte operate), atte a giustificare la sospensione della procedura in corso e la revoca della Delib. n. 830/2003.
7.3. Al contrario, e’ stata evidenziata dalla Corte territoriale – con ragionamento coerente e ispirato al riscontro dell’osservanza, da parte datoriale, del principio di buona fede e correttezza nella gestione del rapporto di lavoro (articoli 1175 e 1375 c.c.) – la palese illogicita’ della motivazione addotta a sostegno della delibera della Giunta comunale del 16 dicembre 2003 che aveva argomentato, a fondamento della revoca della precedente delibera, l’esigenza di valutare la possibilita’ di assumere un maggior numero di dipendenti nella qualifica superiore e non gia’ esigenze sopravvenute atte a giustificare il venir meno della necessita’ di copertura dei posti vacanti nella misura di 14 unita’, per le quali erano gia’ state individuate le occorrenti risorse finanziarie.
8. Il quinto motivo e’ infondato alla luce delle argomentazioni che precedono, atteso che la manifestazione di volonta’ della Pubblica Amministrazione, espressa dalla Giunta comunale, era vincolante per i dirigenti che dovevano attuarla con atti aventi rilevanza esterna e il mancato perfezionamento della procedura di assunzione e’ ascrivibile proprio alla sospensione disposta con la Delib. n. 832 del 2003.
9. Il sesto motivo resta assorbito nel rigetto dei precedenti.
10. L’onere delle spese del giudizio di legittimita’ resta a carico di parte ricorrente, in applicazione della regola generale della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
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