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Il ricorso principale e’ inammissibile per violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3.
Esso si sostanzia essenzialmente nelle allegazioni degli atti del primo grado del giudizio di merito, e contiene una confusa e rapsodica esposizione dei fatti, rappresentata da chiose ad atti e documenti processuali integralmente riprodotti, secondo la pratica dell’assemblaggio censurata da un costante e radicato orientamento di questa Corte (Cass. Sez Un. n.16228/2009; Cass. Sez Un. n.5698/2012).
Il ripudio dei ricorsi tramite “spillatura” o, in ogni caso, assemblati, trova il suo fondamento nell’articolo 366 c.p.c., comma 1, il quale, trattando dei requisiti di forma e di sostanza del ricorso prevede al n. 3 che lo stesso debba contenere, a pena d’inammissibilita’, “l’esposizione sommaria dei fatti di causa”, cosi’ come riferiti sia alle reciproche pretese delle parti (fatto sostanziale) che a quanto accaduto nel corso del giudizio (fatto processuale), e che l’esposizione sommaria debba rispondere ai requisiti di chiarezza e completezza. Questa ha la funzione di rendere alla Corte di Cassazione il fatto sostanziale “nella sua immediatezza”, e di fare acquisire al giudice di legittimita’ l’indispensabile conoscenza, pur sommaria, del processo per poter esaminare in motivi di ricorso avendo avuto un senso compiuto del suo svolgimento nei gradi di merito.
Ora, la prescrizione di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere a pena d’inammissibilita’ l’esposizione sommaria dei fatti di causa “…non puo’ ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, ne’ accenni all’oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare mediante “spillatura” o assemblaggio, l’intero ricorso di primo grado ed il testo integrale di tutti gli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura” (Cass. n.16628/2009, e, da ultimo Cass. n. 18962/2017).
Non vi e’ dubbio che una “tecnica espositiva” quale quella prescelta dall’attuale ricorrente, che impropriamente investe questa Corte della ricerca e della selezione dei fatti (anche processuali) rilevanti ai fini della decisione, contravviene ai dichiarati intenti dell’articolo 366, comma 1, n. 3, codice di rito.
Il ricorso principale, pertanto, e’ rigettato. Il ricorso incidentale condizionato e’ assorbito. Le spese seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30/1/2013), puo’ darsi atto dell’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17,).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale e condanna il ricorrente principale al pagamento dei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 200 per esborsi, in Euro 4.000 per competenze professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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