Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 19 dicembre 2017, n. 30425. La prescrizione di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere a pena d’inammissibilita’ l’esposizione sommaria dei fatti di causa

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Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il PG ha concluso per l’inammissibilita’ o in subordine per il rigetto del ricorso principale, e per l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Nella prima censura la parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 434 e 112 cod. proc. civ., la’ dove la Corte d’Appello, rigettando l’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso formulata dall’appellato al solo scopo di giungere a conclusioni opposte a quelle cui era giunto il Tribunale, ha fondato la sua decisione su argomenti e fatti nuovi rispetto a quelli presi in esame dal primo giudice, formulando il proprio diverso convincimento in base ad argomenti non sollevati dall’appellante.
La sentenza, pertanto, si sarebbe pronunciata su una causa petendi del tutto diversa da quella oggetto di contraddittorio in appello, e, pertanto, sarebbe affetta da vizio di ultrapetizione.
2. Nella seconda censura si contesta violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 ter e dell’articolo 12 disp gen..
La Corte d’Appello avrebbe acceduto a un’interpretazione erronea del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 ter attribuendo valore interruttivo della sospensione non gia’ a elementi emersi dal giudicato penale, come prevede la norma, ma al sopravvenire di prove ultronee, scaturite da accertamenti estranei all’esito del processo penale.
3. Nella terza censura la parte ricorrente prospetta una violazione e falsa applicazione dell’articolo 2119 cod. civ.; L. n. 66 del 604, articolo 5; articoli 115 e 116 cod. proc. civ.; articolo 2016 cod. civ. e Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55, comma 2, con riferimento all’articolo 3, comma 6, lettera c, d, i, comma 7, lettera e, i, j, comma 8, lettera f, del c.c.n.l. comparto Regione e autonomie locali dell’11/04/2008.
Il focus della doglianza e’ posto sull’assenza di proporzionalita’ tra addebiti e sanzione irrogata, ai sensi delle disposizioni in materia contenute nel contratto collettivo nazionale di comparto. In particolare, secondo il ricorrente, nel verificare l’adeguatezza della sanzione espulsiva sotto il profilo della proporzionalita’, il Giudice dell’appello non avrebbe chiarito se i mandati di pagamento richiamati nella contestazione abbiano realizzato solo mere irregolarita’ o veri e propri illeciti disciplinari.
4. Quanto al Ricorso incidentale condizionato, il Comune di Alife deduce la totale diversita’ degli addebiti contenuti nelle due contestazioni: la prima del 2010, sospesa nell’attea dell’esito del giudizio penale non ancora conclusosi, e la seconda del 2012, non sospesa per una diversa valutazione dell’U.D.P. concernente la sussistenza di fatti gravissimi, piu’ che sufficienti per condurre legittimamente a termine il procedimento disciplinare con l’irrogazione della sanzione espulsiva. Il Comune resistente domanda che sia dichiarata erronea la statuizione della Corte territoriale per la quale la seconda contestazione costituiva una riapertura del vecchio procedimento, sospeso per il sopraggiungere di nuove prove a carico di (OMISSIS), in violazione del disposto dell’articolo 55 ter. Il Comune avrebbe agito legittimamente, attivando un nuovo procedimento disciplinare, in seguito all’accertamento della commissione di nuove infrazioni in capo al dipendente, diverse da quelle oggetto della prima contestazione, sebbene integranti la medesima fattispecie illecita penalmente rilevante.

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