cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 16 marzo 2015, n. 5180

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19273-2008 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

  • ricorrente –

contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

  • controricorrente –

avverso la sentenza n. 1632/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 10/07/2007 r.g.n. 3010/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/01/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 10 luglio 2007, la Corte d’appello di Lecce rigettava l’appello di (OMISSIS), dipendente per nove anni fino al (OMISSIS), quando venne licenziata oralmente “in tronco”, dell’ (OMISSIS) con mansioni di addetta alla segreteria e contabilita’ (il cui licenziamento, tempestivamente impugnato, era stato dichiarato inefficace con sentenza della stessa Corte d’appello 4 aprile 2002 nei confronti della curatela del fallimento della datrice, nelle more dichiarato ed al cui stato passivo insinuate le pretese retributive originariamente avanzate nei confronti della societa’ in bonis), avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva respinto le domande di “ricostituzione” del rapporto di lavoro e di condanna al pagamento della somma di euro 167.454,00 per retribuzioni arretrate nei confronti di (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)) s.p.a., cessionaria di ramo di azienda dal commissario liquidatore dell’ (OMISSIS) in concordato preventivo, seguito da fallimento. A motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva corretta l’inapplicabilita’ degli accordi sindacali sottoscritti, nell’ambito della cessione del ramo d’azienda dal liquidatore del concordato preventivo, relativi al “numero chiuso” dei dipendenti iscritti nel libro matricola, tra i quali non figurante (OMISSIS), in quanto licenziata, ne’ avendo la propria citata sentenza 4 aprile 2002 pronunciato, con l’accertamento di inefficacia del licenziamento del 13 marzo 1996, condanna di reintegrazione nel posto di lavoro (per mancanza di elementi di sussistenza della tutela reale), con sua conseguente inidoneita’ a fondare la prosecuzione del rapporto di lavoro e pure inopponibile la sua efficacia di giudicato a (OMISSIS) s.p.a., non avente causa dal fallimento, successivo alla suddetta dichiarazione di inefficacia.
Con atto notificato il 9 luglio 2008, (OMISSIS) ricorre per cassazione con tre motivi, cui resiste (OMISSIS) s.p.a. con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della Legge n. 604 del 1966, articolo 2 e Legge n. 108 del 1990, articolo 2 e vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per erroneita’ dell’assunto di inidoneita’ della sentenza di accertamento di inefficacia del licenziamento orale al ripristino del rapporto di lavoro, in mancanza di una pronuncia reintegratoria nel posto di lavoro: essa comportando la ricostituzione di diritto del rapporto, senza necessita’ di altra, indipendentemente dal requisito dimensionale del datore di lavoro e dalla natura del recesso.
Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c. e articolo 112 c.p.c., in riferimento alla Legge n. 108 del 1990, articolo 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inesistenza di un giudicato, neppure implicito, della sentenza della Corte d’appello di Lecce 4 aprile 2002 sulla non stabilita’ del proprio rapporto di lavoro, nel ravvisato difetto del requisito dimensionale datoriale, con esclusione, a seguito dell’accertamento di inefficacia del licenziamento orale intimato, di una pronuncia reintegratoria nel posto di lavoro, in quanto estraneo all’ambito della domanda proposta, delimitante il potere decisorio del giudice. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 2909 e 2112 c.c., articolo 111 c.p.c., Legge n. 604 del 1966 e Legge n. 108 del 1990, articolo 2 e vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per opponibilita’ della sentenza della Corte d’appello di Lecce 4 aprile 2002 (di accertamento dell’inefficacia del licenziamento orale intimato dall’ (OMISSIS) poi fallito a (OMISSIS) e di conseguente ricostituzione ex lune del suo rapporto di lavoro) a (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)) s.p.a., cessionaria di ramo di azienda dal commissario liquidatore dell’Istituto predetto (prima del fallimento) in concordato preventivo, in quanto successore a titolo particolare a norma dell’articolo 111 c.p.c.: pertanto tenuto all’adempimento degli obblighi in essa statuiti.
Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione della Legge n. 604 del 1966, articolo 2 e Legge n. 108 del 1990, articolo 2 e vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per idoneita’ ex se della sentenza di accertamento di inefficacia del licenziamento orale alla ricostituzione del rapporto di lavoro di diritto, senza necessita’ di una pronuncia reintegratoria, e’ fondato.
Ed infatti, il licenziamento intimato oralmente e’ radicalmente inefficace per inosservanza dell’onere della forma scritta imposto dalla Legge n. 604 del 1966, articolo 2, novellato dalla Legge n. 108 del 1990, articolo 2 e come tale inidoneo a risolvere il rapporto di lavoro, non rilevando, ai fini di escludere la continuita’ del rapporto stesso, ne’ la qualita’ di imprenditore del datore di lavoro, ne’ il tipo di regime causale applicabile (reale od obbligatorio), giacche’ la sanzione prevista dal citato articolo 2 non opera soltanto nei confronti dei lavoratori domestici e di quelli ultrasessantenni (salvo che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto), conseguendone, quindi, che la radicale inefficacia del licenziamento orale prescinde dalla natura stessa del recesso (Cass. 10 settembre 2012, n. 15106; Cass. 1 agosto 2007, n. 16955).
Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c. e articolo 112 c.p.c., in riferimento alla Legge n. 108 del 1990, articolo 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inesistenza di un giudicato, neppure implicito, nella sentenza della Corte d’appello di Lecce 4 aprile 2002 sulla non stabilita’ del rapporto di lavoro di (OMISSIS), e’ parimenti fondato.
Il valore di giudicato compete, infatti, alla sola pronuncia di inefficacia con i conseguenti effetti ripristinatori ex lune per la natura di accertamento della sentenza e non ad altri profili non trattati, quale quello oggetto del mezzo.
Ma l’accoglimento dei primi due mezzi e’ tuttavia irrilevante, siccome limitato ad una correzione delle statuizioni in diritto censurate, rispetto all’assorbente infondatezza del terzo, relativo a violazione e falsa applicazione degli articoli 2909 e 2112 c.c., articolo 111 c.p.c., Legge n. 604 del 1966 e Legge n. 108 del 1990, articolo 2 e vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per opponibilita’ della sentenza della Corte d’appello di Lecce 4 aprile 2002, di accertamento dell’inefficacia del licenziamento orale intimato dall’ (OMISSIS) a (OMISSIS) e di conseguente ricostituzione ex (une del suo rapporto di lavoro, a (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)) s.p.a..
E cio’ perche’ (OMISSIS) s.p.a. si e’ resa cessionaria di ramo di azienda dal commissario liquidatore dell’Istituto predetto in concordato preventivo omologato e ha sottoscritto un accordo sindacale nell’ambito della cessione, a norma della Legge n. 428 del 1990, articolo 47, comma 5: pertanto in deroga al regime di continuita’ di tutti i rapporti di lavoro stabilito dall’articolo 2112 c.c..
La questione appartiene al dibattito processuale ed attiene al suo merito, non investendo certamente questione pregiudiziale tale da esigere dalla parte vittoriosa la proposizione di ricorso incidentale (Cass. 25 marzo 2013, n. 7381; Cass. 21 gennaio 2008, n. 1161), come infondatamente assunto da (OMISSIS) in memoria si sensi dell’articolo 378 c.p.c..
Come noto, la deroga all’applicazione dell’articolo 2112 c.c. e’ giustificata, quando venga trasferita l’azienda di un’impresa insolvente, dallo scopo di conservazione dei livelli occupazionali ed e’ legittimata dalla garanzia della conclusione di un accordo collettivo idoneo a costituire norma derogatoria della fattispecie (Cass. 4 novembre 2014, n. 23473; Cass. 22 settembre 2011, n. 19282; Cass. 5 marzo 2008, n. 5929): sicche’ l’accordo sindacale del 24 luglio 1997 limita, nel rispetto delle condizioni e delle garanzie prescritte dalla legge, il passaggio alla societa’ cessionaria dei dipendenti della cedente in concordato preventivo risultanti a tale data, con i quali vennero sottoscritti singoli accordi con l’assistenza delle oo.ss.. Tra questi non figura(va) (OMISSIS), in quanto licenziata ed impugnante il licenziamento, poi annullato dalla Corte d’appello di Lecce con la sentenza in questione, con ricorso proposto in data 8 luglio 1998. La verificata deroga al regime di continuita’ dei rapporti di lavoro stabilito dall’articolo 2112 c.c. (in base al quale l’effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento medesimo, in quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dalla sentenza di annullamento, avrebbe comportato il trasferimento al cessionario del rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie: Cass. 26 dicembre 2014, n. 26401; Cass. 12 aprile 2010, n. 8641) esclude pertanto la configurabilita’ di un obbligo legale della cessionaria al ripristino del rapporto nei confronti di (OMISSIS) e alle conseguenti obbligazioni retributive maturate.
Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente la reiezione del ricorso e la regolazione delle spese di giudizio, secondo il regime di soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna (OMISSIS) alla rifusione, in favore di (OMISSIS) s.p.a., delle spese del giudizio, liquidate in euro 100,00 per esborsi e euro 2.500,00 per compenso professionale, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *