cassazione 9

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 16 marzo 2015, n. 5162

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Presidente
Dott. MATERA Lina – Consigliere
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15632-2009 proposto da:
(OMISSIS) – (OMISSIS), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, come da procura speciale a margine del ricorso;

  • ricorrente –

contro
LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA (OMISSIS) (OMISSIS), in persona dei Commissari liquidatori, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, come da procura speciale a margine del controricorso;

  • controricorrente –

avverso la sentenza n. 1925/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2014 dal Consigliere Ippolisto Parziale;
uditi gli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), che si riportano agli atti e alle conclusioni assunte;
udito il sostituto procuratore generale, Carmelo Sgroi, che conclude per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 13 novembre 1998 le (OMISSIS) aggiudicavano al (OMISSIS) (d’ora innanzi (OMISSIS)), per l’importo di lire 5.212.492.770, l’esecuzione dei lavori di prolungamento e meccanizzazione del sottopassaggio Air Terminal nell’area della stazione di (OMISSIS). Il 14 dicembre 1998 il (OMISSIS), subappaltava i lavori alla (OMISSIS), dandone comunicazione alla committente. I lavori venivano ancora subappaltati alla (OMISSIS) S.r.l. ed alla (OMISSIS) S.n.c. (OMISSIS) S.p.A. certificavano che, alla data del 31 dicembre 1999, l’importo dei lavori e delle opere eseguite ammontava a lire 4.721.853.954. Il 28 febbraio 2000, il (OMISSIS), e la (OMISSIS) conferivano congiuntamente all’Ing. (OMISSIS) l’incarico di verificare lo stato di consistenza dei lavori e delle opere eseguite da quest’ultima a tale data. All’esito emergeva che, successivamente al 31 dicembre 1999, la (OMISSIS) aveva realizzato opere aggiuntive per un importo di lire 497.000.000. Con perizia giurata di stima del 7 aprile 2000, l’ing. (OMISSIS) accertava che, alla data del 29 febbraio 2000, l’importo dei lavori e delle opere eseguite dalla (OMISSIS) ammontava complessivamente a lire 5.054.853.954, al lordo dell’importo delle eventuali penali per ritardata ultimazione dei lavori, stimato in lire 116.000.000. Il 19 aprile 2000 la (OMISSIS) era posta in liquidazione coatta amministrativa. Il (OMISSIS), disponeva, ai sensi dell’articolo 4, lettera c), del regolamento consortile, la revoca dei lavori, assegnandone il completamento ad altra impresa. Sino alla data di revoca dei lavori, la (OMISSIS) S.p.A. aveva emesso, in relazione ai rispettivi stati di avanzamento dei lavori, n. 3 ordini di pagamento in favore del (OMISSIS), per un importo complessivo, al netto dell’IVA, di lire 3.752.215.634, e precisamente: lire 1.186.213.679, in data 28 giugno 1999; lire 705.461.477, in data 3 agosto 1999; lire 1.860.540.478, in data 27 ottobre 1999. La (OMISSIS), quale assegnataria ed esecutrice dei lavori (da essa subappaltati alla (OMISSIS) S.r.l. ed alla (OMISSIS) S.n.c.) aveva emesso nei confronti del (OMISSIS), n. 3 fatture di pari complessivo importo (precisamente: fattura n. (OMISSIS), del 9 luglio 1999 di lire 1.186.213.659; fattura n. (OMISSIS), del 6 agosto 1999, di lire 705.461.477; fattura n. (OMISSIS), dell’11 novembre 1999, di lire 1.860.540.478). Il (OMISSIS), aveva versato alla (OMISSIS), sino alla revoca dei lavori, la somma, al netto dell’IVA, di lire 2.030.261.652. Dopo la revoca dei lavori, il (OMISSIS) aveva trattenuto l’importo incassato dalle (OMISSIS) S.p.A. per i lavori e le opere eseguite dalla (OMISSIS), con credito residuo di quest’ultima, al netto delle penali per ritardata ultimazione dei lavori, di lire 1.500.793,40.
2. Il 12 luglio 2002 il Tribunale di Roma ingiungeva al (OMISSIS), di pagare in favore della (OMISSIS) la somma di euro 1.500.793,40, oltre interessi legali a decorrere dalla domanda.
3. Il (OMISSIS), si opponeva, eccependo l’avvenuta estinzione per compensazione del credito vantato in applicazione dell’articolo 56 L.F., fino alla concorrenza di euro 1.526.102,49. Affermava di essere cessionario del maggior credito per gli stessi lavori maturato dalle subappaltatrici, (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.n.c., credito da queste ultime ceduto al (OMISSIS), con atti entrambi notificati alla debitrice ceduta, il 10 aprile 2000, in data anteriore sia alla pronuncia del decreto ministeriale di apertura della procedura di Liquidazione Coatta Amministrativa (19 aprile 2000), sia alla successiva pubblicazione del medesimo sulla Gazzetta Ufficiale (18 maggio 2000).
La Liquidazione Coatta Amministrativa eccepiva che le cessioni di credito invocate non erano opponibili alla procedura concorsuale, in quanto relative a crediti non scaduti, e che, comunque, erano inefficaci, perche’ revocabili ai sensi dell’articolo 67 L.F..
Intervenivano nel giudizio le cedenti (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.n.c., che aderivano alle ragioni del Consorzio cessionario.
4. Il Tribunale di Roma revocava il decreto ingiuntivo e respingeva, per integrale compensazione del credito azionato, la domanda di pagamento della somma di euro 1.500.793,4.
5. La Corte territoriale di Roma accoglieva l’impugnazione della (OMISSIS), rigettando l’opposizione del (OMISSIS) e confermando il decreto ingiuntivo. La Corte capitolina, richiamando “quanto gia’ statuito nel procedimento similare definito con sentenza 201/08”, rilevava “l’inoperativita’ della richiesta compensazione”, posto che, ai sensi dell’articolo 56, u.p., L.F., la compensazione, se la cessione del credito e’ avvenuta, come nel caso in questione, nell’anno antecedente la liquidazione coatta amministrativa, e’ opponibile al fallimento solo quando i crediti risultino scaduti, e cioe’ esistenti e esigibili, circostanza questa non riscontrabile nella vicenda in questione nella quale non era intervenuta la necessaria preventiva accettazione da parte del committente ( (OMISSIS)). Secondo la Corte territoriale, in assenza di norme diverse applicabili rispetto a quelle previste (in mancanza della produzione del contratto principale e dei successivi contratti di subappalto), “vale il principio (anche nell’appalto privato, cfr. articolo 1665 cod. civ.) del diritto al corrispettivo soltanto all’esito della accettazione dell’opera”, anche in presenza di pagamenti di acconto in ragione degli stati di avanzamento dei lavori. Cio’ anche sulla base dell’articolo 5, u.p. del Regolamento dell’assegnazione ed esecuzione dei lavori tra Consorzio e Cooperative associate.
6. Impugna tale decisione il (OMISSIS), che formula cinque motivi. Resiste con controricorso la liquidazione coatta amministrativa della (OMISSIS). Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso e’ infondato e va rigettato per quanto di seguito si chiarisce con riguardo a ciascun motivo di ricorso. 1. Col primo motivo di ricorso si deduce: “Violazione e falsa applicazione, rispettivamente, degli articoli 56 e 96 L.F. (articolo 360 c.p.c., n. 3)”. La Cooperativa (OMISSIS) era committente dei lavori nei riguardi delle societa’ subappaltatrici, che avevano poi ceduto il credito, da loro vantato nei confronti della (OMISSIS), al (OMISSIS). Tra (OMISSIS) e il CCC era intervenuta, di comune accordo, una perizia tecnica (affidata all’ing. (OMISSIS)) sullo stato di consistenza dei lavori portati a termine fino alla data del febbraio 2000, con quantificazione degli importi degli stessi al lordo di eventuali penali. Da tale perizia era derivato “il riconoscimento di un credito con riferimento alle opere realizzate dalle societa’ (OMISSIS) S.r.L. e (OMISSIS) S.n.c., cui parte dei lavori erano stati subappaltati”, crediti poi riconosciuti dai Commissari liquidatori della (OMISSIS). La cessione del credito era stata effettuata non gia’ dall’appaltatore fallito, bensi’ dai subappaltatori in bonis, e oggetto della cessione era un “credito liquido ed esigibile, poiche’ maturato in conseguenza degli stati di avanzamento dei lavori contabilizzati e, comunque, non contestati, tanto d’aver trovato esso ammissione al passivo”. Osserva il Consorzio ricorrente che i crediti opposti in compensazione sono gli stessi che le imprese subappaltatrici cedenti vantavano nei confronti della Cooperativa assegnataria subcommittente, “sicche’ essi non potevano che ritenersi scaduti ed esigibili per il solo effetto della messa in Liquidazione Coatta Amministrativa della Cooperativa”, pacificamente ammessi al passivo e “relativi a opere gia’ sostanzialmente accettate all’epoca dell’instaurazione della procedura concorsuale nei confronti della … (OMISSIS) in forza della perizia contrattuale redatta, il 29 febbraio 2000, dal professionista congiuntamente nominato proprio dal Consorzio assegnante e dalla Cooperativa assegnatala”. Viene formulato il seguente quesito: “se nell’ipotesi di acquisto di crediti opposti in compensazione, nell’anno precedente all’apertura della procedura concorsuale, laddove i crediti stessi, oggetto di cessione, siano stati ammessi al passivo, possa operare la compensazione, dovendosi ritenere gli stessi scaduti e, quindi, esistenti ed esigibili”.
1.1 – Il primo motivo e’ infondato e va trattato congiuntamente col terzo, patimenti infondato, in ragione della continuita’ argomentativa che li caratterizza.
Premesso che la Corte di appello ha affermato che si tratta di distinti ed autonomi contratti di appalto (in mancanza di produzioni e prove al riguardo, vedi piu’ diffusamente il quarto motivo), la complessiva argomentazione svolta ed il contenuto del primo quesito operano all’interno dell’articolo 56, comma 1 della L.F.. Al riguardo, e’ affermazione ormai ampiamente condivisa (Cass. 2010 n. 10025; Cass. SU 1999 n. 775) che la “disposizione contenuta nell’articolo 56 legge fallimentare rappresenta una deroga al concorso, a favore dei soggetti che si trovino ad essere al contempo creditori e debitori del fallito, non rilevando il momento in cui l’effetto compensativo si produce e ferma restando l’esigenza dell’anteriorita’ del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte”. Di conseguenza, ulteriormente e condivisibilmente, si osserva che “le stesse esigenze poste a base della citata norma giustificano l’ammissibilita’ anche della compensazione giudiziale nel fallimento, perche’ operi la quale e’ necessario che i requisiti dell’articolo 1243 cod. civ. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia, quando la compensazione viene eccepita”. Ma nel caso in questione resta applicabile il secondo comma di tale norma, che funge da eccezione al primo e che fa rientrare nella “parita’ concorsuale” gli atti di cessione intervenuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, come nel caso in questione. La cessione dei crediti al terzo (OMISSIS), ebbe luogo il 10 aprile 2000, la procedura di liquidazione amministrativa fu aperta nove giorni dopo (il 19 aprile), e la sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale intervenne il 18 maggio successivo.
Il quesito avanzato pone invece la sola questione se tali crediti, acquistati dal cessionario, siano eccepibili in compensazione perche’ ammessi al passivo fallimentare, in quanto qualificabili come “scaduti” e dunque esistenti ed esigibili. Cosi’ impostata la censura risulta infondata perche’ pone a fondamento dell’argomentazione la circostanza (controversa) dell’essere o meno i crediti “scaduti”, qualificazione giuridica che, in tema di appalto (salvo eccezioni o diverse pattuizioni), richiede l'”accettazione dell’opera”, che certamente non e’ formalmente intervenuta, ma che, secondo la ricorrente, si dovrebbe considerare integrata per effetto della cosiddetta perizia di stima concordata. In tal senso e’ orientato il terzo motivo, pure infondato, che intende valorizzare l’intervenuta stima dei lavori tra le parti, stima concordata che, di per se’, in assenza di ulteriori e specifiche prove, non puo’ assumere il valore della “accettazione dell’opera”, restando soltanto un accertamento di quanto realizzato da utilizzare evidentemente nell’ambito del relativo rapporto. Tornando al primo motivo, quindi, viene meno il presupposto sulla base del quale sono costruiti la censura e il relativo quesito, dovendosi ulteriormente aggiungere che concorsualita’ e compensazione sono tra loro alternative e non si sovrappongono. Al riguardo, e’ opportuno richiamare i principi affermati tra l’altro da Cass. SU n. 16508 del 2010, e Cass. n. 5840 del 2013. Sotto tale profilo quindi, l’affermazione, che resta indimostrata, effettuata dal Consorzio ricorrente secondo cui se le imprese subappaltatrici avrebbero potuto operare la compensazione, parimenti avrebbe potuto farla la cessionaria, non puo’ essere condivisa, perche’ le due situazioni non sono omologabili. La prima, infatti, riguarda l’articolo 56, comma 1 legge fallimentare, mentre la seconda riguarda il comma 2 di detto articolo. In questa logica, si muove la sentenza impugnata della Corte d’appello, che, pur con stringata motivazione, afferma che l’avvenuta ammissione al passivo, produttiva di effetti all’interno della procedura, non puo’ essere “trasferita” ex se all’ipotesi del soggetto terzo cessionario che oppone la compensazione. Sotto tale profilo, anche il richiamo all’articolo 96 della legge fallimentare non appare decisivo, posto che tale norma valorizza l’attivita’ giudiziale, quanto all’ammissione del credito, proprio ai fini del concorso (vedi u.c. “il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudici di cui all’articolo 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso “). La ricorrente prospetta anche l’esigenza di parita’ di trattamento (cosi’ come il credito in monitorio di (OMISSIS) si fondava sullo stato di avanzamento dei lavori attestato dalla perizia giurata, parimenti il controcredito basato sul medesimo documento doveva rivestire lo stesso trattamento, vedi pagina 17 del ricorso). Su tale questione, pero’, la ricorrente non formula alcun quesito, sicche’ sotto tale profilo la censura e’ inammissibile. In ogni caso e’ carente una censura motivazionale specifica. Tale prospettazione si raccorda anche al terzo motivo, che deduce violazione dell’articolo 2697 c.c. quanto alla stima concordata, ma e’ del tutto avulsa dal tema in esame. La censura avrebbe potuto avere base in sede di opposizione all’ingiunzione, come questione di esigibilita’ “speculare”. Ma tale censura non risulta essere stata avanzata e sul punto non vi e’ stato contraddittorio, cosicche’ l’azionabilita’ del credito non puo’ essere ora messa in discussione.
2 – Col secondo motivo di ricorso si deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1665 cod. civ.; della Legge 20 novembre 1865, n. 2248, articoli 3, 50-3 59, allegato F) sai lavori pubblici; del Regio Decreto 25 maggio 1985, n. 350, articoli 57-59 (regolamento per la direzione, contabilita’ e collaudo dei lavori dello Stato che sono nell’attribuzione del Ministero dei “Lavori Pubblici; del Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2440, articolo 12 (modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 627, articolo 2) e articolo 12 bis (aggiunto dalla Legge 1 novembre 1973, n. 774), sulla contabilita’ generale dello Stato; del Decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, articoli 33-36, di approvazione del capitolato generale d’appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici; della Legge 11 febbraio 1994, n. 109, articolo 26, comma 1, (legge quadro in materia dei lavori pubblici); il Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, articoli 114, 116, 168 e 169 (regolamento di attuazione alla suddetta legge; articolo 114: “pagamento in acconto”, articolo 116: “ritardato pagamento”; articolo 168: “stato di avanzamento lavori”; articolo 169: “certificato per pagamento di rate”): il Decreto Ministeriale Lavori Pubblici 19 aprile 2000, n. 145, articoli 29 e 30 (regolamento recante il nuovo capitolato generale di appalto per i lavori pubblici; articolo 29: “termine di pagamento degli acconti e del saldo”; art30: “interessi per ritardato pagamento”)”. Secondo parte ricorrente la Corte territoriale, affermando l’esigibilita’ del credito soltanto in conseguenza dell’accettazione dell’opera da parte delle (OMISSIS), non ha considerato che il riconoscimento del credito delle subappaltatrici derivava dalla perizia contrattuale effettuata il 29 febbraio 2000 da un professionista nominato dal Consorzio dalla stessa (OMISSIS). Cio’ rendeva ininfluente l’esecuzione o meno del collaudo da parte della stazione appaltante. Rileva che le norme indicate nel motivo di ricorso come violate riconoscono che si possa provvedere al pagamento di acconti sul prezzo. La Corte territoriale ha errato nell’escludere l’esistenza del credito eccepito in compensazione sul presupposto che lo stesso non poteva essere considerato esigibile prima dell’accettazione dell’opera appaltata da parte del committente ( (OMISSIS) S.p.A.), quando identico principio avrebbe dovuto, allora, essere applicato anche al credito della stessa Cooperativa resistente, in assenza della denunciata, da parte di questa, accettazione dell’opera da essa commissionata alle societa’ subappaltatrici da parte della committente principale” (ricorso, pag. 26). In definitiva, la Corte locale ha errato nell’applicare l’articolo 1665 cod. civ. sul presupposto della assenza in atti di tutti i contratti, “dal momento che le parti, attraverso la perizia contrattuale, indipendentemente dall’accettazione delle opere da parte della stazione appaltante, avevano riconosciuto le rispettive poste attive e passive, sicche’, all’evidenza, la perita non poteva essere utilizzata dalla Cooperativa per la realizzarne del diritto di credito consacrato nell’elaborato peritale senza subire gli effetti compensativi derivanti dallo stesso credito accertato in quel documento … in favore delle societa’ subappaltatrici, e poi da esse ceduto al Consorzio” (ricorso, pag. 27).
Viene formulato il seguente quesito: “se le norme richiamate prevedono, in effetto, l’ordinaria concessione di acconto sul pretto contrattuale e consentono, quindi, di conseguire il pagamento degli acconti dovuti in conto d’opera, si’ da legittimare l’azione di riscossione degli stessi senza attendere la accettazione dell’opera, quante volte la determinazione del credito, derivante da lavori eseguiti, abbia trovato riconoscimento in una apposita perizia contrattuale e le opere che hanno determinato l’accertamento dei crediti dei subappaltatori siano state sostanzialmente accettate dalla Cooperativa committente indipendentemente dalla non avvenuta esecuzione del collaudo da parte della stazione appaltante”.
2.1 – Il secondo motivo e’ infondato. Si deduce la violazione dell’articolo 1665 c.c., nonche’ di altre norme, anche non di rango legislativo. Sotto quest’ultimo aspetto, l’applicazione di norme diverse non puo’ essere invocata in assenza di patti specifici, di capitolati ecc. che le richiamino, come appurato dalla Corte d’appello, che correttamente ha affermato che in tale situazione occorre far riferimento alla disciplina comune dell’appalto. Non puo’ invocarsi l’applicazione di norme non operanti, ne’ se ne puo’ tenere trarre argomentazione di “estensione” degli avanzamenti/SAL perche’ cio’ presupporrebbe la dimostrazione di una “incorporazione” negoziale tra i vari contratti, assente nel caso in esame. Resta quindi applicabile solo l’articolo 1665 cod. civ., la cui regola generale, applicata dalla Corte d’appello, impone di far riferimento all’accettazione come momento di insorgenza del diritto al compenso. Prima dell’accettazione il diritto al compenso non puo’ ritenersi esigibile, perche’ appunto condizionato all’esito favorevole del collaudo. In tal senso, vedi Cass. n. 21599 del 21/10/2010, Rv. 614723, condivisa dal Collegio, che ha affermato che “in tema di appalto, il diritto dell’appaltatore al corrispettivo sorge con l’accettazione dell’opera da parte del committente (articolo 1665 c.c., u.c.) e non gia’ al momento stesso della stipulazione del contratto. Ne consegue che, ove l’appaltatore abbia ceduto il proprio credito (futuro) e successivamente fallisca nel corso dell’esecuzione dell’opera, il cessionario non ha diritto al credito per il corrispettivo maturato per l’opera gia’ compiuta, nei limiti dell’utilita’ della stessa ed in proporzione all’intero pretto pattuito, ove l’appaltante ceduto non l’abbia in precedenza accettata nei confronti dell’imprenditore “in bonis”, non potendo neppure invocarsi gli effetti dello scioglimento del contratto di cui all’articolo 1672 cod. civ., operando essi in base ad un’impossibilita’ assoluta ed aggettiva della prestazione in se’, mentre nello scioglimento a seguito di fallimento dell’appaltatore (articolo 81 L.F.) rileva un evento di natura personale”. Da questo punto di vista il quesito avanzato fa riferimento a una questione irrilevante perche’ si conclude con riguardo alla sostanziale accettazione da parte della Cooperativa committente (cioe’ del subappaltante), senza pero’ sviluppare in modo argomentato le ragioni per le quali, in caso di contratto derivato, possa e debba derogarsi al principio dell’articolo 1665 c.c. nel senso che l’accettazione si trasferisce sull’appaltatore intermedio e senza che possa dedursi dal documento-perizia una “accettazione” piuttosto che una semplice verifica contabile. A quest’ultimo riguardo, occorre rilevare che la censura difetta di autosufficienza, anche quanto alla fonte e al contenuto di tale perizia.
3. Col terzo motivo di ricorso si deduce: “Violazione dell’articolo 2697 cod. civ. (articolo 360 c.p.c., n. 3)”.
Secondo parte ricorrente “dalla perizia contrattuale del 29 febbraio 2000, redatta da un professionista congiuntamente nominato dalle parti, non puo’ discendere l’effetto di ritenere provato il credito della Cooperativa resistente e, al tempo stesso, non ritenersi esigibile e liquido quello delle societa’ subappaltatrici, da esse cedute al Consorzio ricorrente, nel rispetto dell’articolo 56 L.F., si’ da legittimare la richiesta compensativa”.
Viene formulato il seguente quesito: “se non risulti violata la norma denunciata qualora si ritengano provati i fatti costitutivi della domanda proposta nell’ambito di un atto (perizia contrattuale) dal quale risulti dimostrata anche l’esistenza del diritto di credito sul quale l’eccezione si fonda”.
3.1 – Il terzo motivo e’ infondato e comunque resta assorbito dalle considerazioni svolte con riguardo al primo motivo, stante l’indimostrata valenza di accettazione dell’opera che si intende attribuire alla stima concordata.
4. Col quarto motivo di ricorso si deduce: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e segg. cod. civ., con riferimento, in particolare, dell’articolo 5 del Regolamento dell’assegnazione ed esecuzione dei lavori tra il Consorzio e le Cooperative associate (articolo 360 c.p.c., n. 3); omessa e/o insufficiente e, comunque, contraddittorieta’ della motivazione su un punto decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., n. 5)”.
Secondo parte ricorrente, la Corte territoriale ha errato nell’interpretare l’articolo 5 del Regolamento dell’assegnazione ed esecuzione dei lavori tra il Consorzio e le Cooperative associate, avendo considerato l’ultima parte del predetto articolo, senza considerare la presenza di un comma 2. La previsione contrattuale applicata dalla Corte territoriale riguardava “eventuali crediti della cooperativa e la impossibilita’ di poter essere considerati essi esigibili prima dell’approvazione del certificato di collaudo da parte del committente”, con la conseguenza che “anche il credito della Cooperativa, accertato dalla richiamata perizia contrattuale, non avrebbe potuto essere da questa azionato prima dell’approvazione del certificato di collaudo da parte del committente ( (OMISSIS))”.
Ma, aggiunge la ricorrente, “l’u.c., peraltro, precisa che nei rapporti interni tra Consorzio e Cooperativa “…e’ sempre salvo il diritto del consorzio di compensare gli eventuali crediti delle cooperative con il proprio credito evidenziatosi nel complesso rapporto intrattenuto con le cooperative””. Con l’ulteriore conseguenza che “non solo … la compensazione era possibile, per essere divenuto il Consorzio cessionario del credito accertato in favore delle societa’ subappaltatrici, ma, altresi’, per derivargli, invero, tale diritto dalla previsione contrattuale che riconosce, appunto, la compensazione nell’ambito del complessivo rapporto intrattenuto dal Consorzio con le Cooperative”. In definitiva, secondo parte ricorrente, “la Corte Territoriale ha errato nel ritenere sussistente il diritto sulla base della richiamata disposizione contrattuale, quando, al contrario, da essa discende esattamente l’opposto, e cioe’ la impossibilita’ che eventuali crediti della Cooperativa possano essere esigibili prima dell’approvazione del certificato di collaudo da parte del committente, laddove questa venga individuata nella Stazione appaltante: (OMISSIS) S.p.A”.
Viene formulato il seguente quesito: “se il fatto individuato della Corte Territoriale nell’articolo 5 u.p. del regolamento relativo alla inesigibilita’ di eventuali crediti della Cooperativa, prima dell’approvazione del certificato di collaudo da parte del committente, sia in contrasto con i criteri di ermeneutica contrattuale, di cui alle norme censurate, rendendo al tempo stesso la motivazione contraddittoria o, comunque, insufficiente in quanto inidonea a giustificare la decisione assunta nella parte in cui ha creduto di trarre dalla clausola contrattuale il convincimento che l’ammissione del credito al passivo fosse rispondente alle sole esigente della procedura concorsuale tanto da costituire “… fatto proprio delle societa’ subappaltatrici..”, tale da non incidere “…di per se’ sull’ammissibilita’ della invocata compensandone””.
4.1 – Il quarto motivo e’ infondato. Deduce la violazione degli articolo 1362 cod. civ. e dell’articolo 5 del regolamento di assegnazione dei lavori. Alla luce del rigetto del terzo motivo, la presente censura diviene conseguentemente anche priva di rilievo. Infatti, cio’ che implica tale norma e’ l’impossibilita’ di esigere crediti prima dell’approvazione del certificato di collaudo ovvero il diritto “salvo” del Consorzio di operare compensazioni nei rapporti interni con la Cooperativa. In effetti, il riferimento che la Corte d’appello opera in aggiunta serve al piu’ per ribadire il principio di cui all’articolo 1665 c.c., u.c.. Infatti, il regolamento non puo’, per la sua generica disposizione, costituire un’eccezione al limite della legge fallimentare, non potendo, inoltre, derivare alcun effetto sul punto centrale della “scadenza” e esigibilita’, che non e’ oggetto (e non puo’ esserlo) della previsione di regolamento.
5. Col quinto motivo di ricorso si deduce: “Inesistenza della motivazione in ordine ad un fatto non controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5)”. Secondo parte ricorrente la Corte territoriale non ha “spiegato la ragione per la quale i crediti riconosciuti nell’ambito della perizia contrattuale e che hanno dato luogo, poi, all’ammissione al passivo, per essere stati i lavori subappaltati accettati dalla stessa Cooperativa committente accettati … avrebbero necessitato anche dell’accettazione dell’opera da parte delle (OMISSIS)”. Si trattava di un subappalto (rapporto instaurato dalla (OMISSIS) con le societa’ (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.n.c.) e non gia’ del contratto intercorso tra (OMISSIS) e Consorzio.
Viene formulato il seguente quesito: “se i crediti opposti in compensazione dal cessionario Consorzio, per essere gli stessi vantati dalle imprese subappaltatrici cedenti nei confronti della Cooperativa assegnatala subcommittente, possano ritenersi scaduti ed esigibili quante volte le opere medesime realizzate dalle imprese subappaltatrici siano state sostanzialmente accettate dalla Cooperativa in forza della perizia contrattuale redatta il 29 febbraio 2000 e, comunque, perche’ non contestate in sede di ammissione al passivo”.
5.1 – Anche il quinto motivo e’ infondato alla luce delle complessive argomentazioni gia’ svolte con riguardo alla qualificazione della perizia contrattuale e degli effetti endoprocedimentali dell’ammissione al passivo.
6. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 10.000,00 (diecimila) euro per compensi e 200,00 (duecento) euro per spese, oltre accessori di legge.

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