cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 13 novembre 2015, n. 23209

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1710/2013 proposto da:

(OMISSIS) ((OMISSIS)), avvocato, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso (OMISSIS) S.R.L., rappresentata e difesa da se’ medesima;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 892/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 22/05/2012, R.G.N. 1339/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/09/2015 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. – Con atto di citazione del 17 febbraio 2009, l’avv. (OMISSIS) evoco’ in giudizio, innanzi al Tribunale di Torino, la (OMISSIS) S.p.A., affinche’ venisse accertato e dichiarato che, ai sensi dell’articolo 1917 c.c., e dell’articolo 3, comma 1, della polizza assicurativa stipulata tra essa attrice e la predetta Compagnia di assicurazione per la copertura dei rischi connessi all’esercizio dell’attivita’ professionale, la convenuta fosse obbligata a tenere indenne l’assicurata di quanto dalla stessa corrisposto in conseguenza della sentenza n. 4235 del 19 giugno 2007 del Tribunale di Torino, pronunciata durante il tempo dell’assicurazione.

A sostegno della domanda l’attrice dedusse: che, con la predetta sentenza, il Tribunale aveva rigettato le domande proposte da (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi da essa avv. (OMISSIS), nei confronti del debitore (OMISSIS) e dei terzi pignorati (OMISSIS), (OMISSIS) S.p.A. ed (OMISSIS) s.r.l., nell’ambito del giudizio per l’accertamento dell’obbligo di detti terzi, disposto a seguito delle contestazioni degli attori alle dichiarazioni negative da costoro provenienti; che la decisione di rigetto del Tribunale si fondava sulla mancanza di prova di cui era onerata la parte attrice, essendo la stessa decaduta dalla facolta’ di proporre istanze istruttorie, ne’ potendo essere l’esibizione disposta ex officio; che gli attori venivano, conseguentemente, condannati al pagamento delle spese di lite in favore dei convenuti per complessivi euro 12.568,63; che il 28 gennaio 2008 essa attrice, ritenendo sussistente l’errore professionale in cui era incorsa, denunciava il sinistro alla propria assicurazione, la quale inviava proposta di rimborso per un importo pari ad un terzo soltanto delle anzidetto spese legali; che, dunque, trattandosi di proposta contraria alla polizza assicurativa, essa (OMISSIS), fornita alla cliente la provvista per il pagamento delle spese legali, agiva in giudizio per essere integralmente indennizzata dalla (OMISSIS) S.p.A..

1.1. – Nel contraddittorio con la (OMISSIS) S.p.A., l’adito Tribunale, con sentenza dell’8 marzo 2011, rigetto’ la domanda attorea, compensando interamente le spese di lite. Cio’ sul presupposto che, nonostante l’errore professionale in cui probabilmente era incorso l’avv. (OMISSIS) per non aver tempestivamente formulato le istanze istruttorie, era mancata, per potersi affermare l’operativita’ della stipulata polizza assicurativa per la responsabilita’ civile, la dimostrazione che una diversa attivita’ del difensore avrebbe potuto dar luogo ad una differente e piu’ favorevole decisione per i clienti.

A tal riguardo, il giudice di primo grado precisava che “l’attrice non aveva neppure allegato che i suoi clienti, in ipotesi di corrette deduzioni istruttorie, avrebbero potuto ottenere un risultato positivo nella causa”, la’ dove avrebbe invece dovuto “dimostrare che era in condizioni di dedurre prove orali o produrre documenti” e che, soprattutto, “quei documenti e quelle prove sarebbero stati probabilmente determinanti per l’accoglimento della domanda”. Ne’, peraltro, la compagnia di assicurazioni – soggiungeva il Tribunale -poteva essere condannata al pagamento della somma offerta con la proposta di accordo transattivo, in quanto non perfezionatosi.

2. – Avverso tale sentenza interponeva gravame in via principale l’avv. (OMISSIS), nonche’ in via incidentale – sul capo della compensazione delle spese di lite – la (OMISSIS) S.p.A., che la Corte di appello di Torino, con sentenza resa pubblica il 22 maggio 2012, rigettava (entrambi), ponendo a carico dell’appellante principale i tre quarti delle spese del grado, compensando il restante quarto.

2.1. – Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte territoriale – ritenuta l’inammissibilita’ dell’appello in riferimento ai capi di sentenza che si riferivano alle posizioni dei terzi pignorati, (OMISSIS) e (OMISSIS), giacche’ non fatti oggetto di impugnazione, e ritenuta passata in giudicato la ratio decidendi della sentenza di primo grado in ordine alla necessita’ che l’avvocato desse prova non solo dell’errore professionale, ma anche della probabilita’ di una diversa e piu’ favorevole decisione, in forza di una differente attivita’ difensiva -osservava, quanto al capo di sentenza concernente la posizione dell’ (OMISSIS), che non era stato dimostrato alcun errore professionale che potesse consentire l’indennizzo assicurativo.

Difatti, l’istanza di ordine di esibizione “non avrebbe potuto essere accolta dal Giudice, per le ragioni esposte in sentenza”, ne’ aveva l’appellante spiegato quale fosse l’oggetto della richiesta di esibizione, la’ dove, in ogni caso, il pignoramento di quote di una s.r.l. andava eseguito, a decorrere dall’anno 2003, ex articolo 2471 c.c., mediante notificazione al debitore e alla societa’ e non con le forme del pignoramento presso terzi, cosi come realizzato nella specie.

La Corte di appello concludeva, pertanto, che, nel processo concluso con la sentenza del Tribunale di Torino n. 4235/2007, i clienti dell’avv. (OMISSIS) non avrebbero potuto ottenere nessun utile risultato nei confronti del debitore (OMISSIS).

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’avv. (OMISSIS), affidando le sorti dell’impugnazione ad un unico motivo.

Non ha svolto attivita’ difensiva, in questa sede, l’intimata (OMISSIS) S.p.A..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con. l’unico mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli articoli 543 e 258 c.p.c., nonche’ denunciato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di motivazione.

La ricorrente non contesta la statuizione di inammissibilita’ dell’appello in riferimento alle posizioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS), assumendo l’erroneita’ della sentenza impugnata unicamente in relazione alla posizione riconducibile all’ (OMISSIS).

A tale specifico riguardo si sostiene che, in presenza di mandato fiduciario, la proprieta’ dei beni intestati al mandatario spetta al mandante anche se la titolarita’ formale e’ in capo al fiduciario, con la conseguenza che i beni intestati a quest’ultimo possono essere aggrediti dai creditori dei fiducianti e cio’ mediante pignoramento presso terzi, utilizzabile ogniqualvolta il terzo e’ titolare di una situazione soggettiva avente ad oggetto la res, idonea a limitare la disponibilita’ di essa da parte del debitore.

Pertanto, atteso che la procedura di pignoramento presso terzi era stata correttamente instaurata nei confronti del terzo (OMISSIS), il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo avrebbe potuto avere un esito diverso e piu’ favorevole al cliente ove il difensore avesse richiesto tempestivamente l’ordine di esibizione della documentazione relativa alle quote di s.r.l. intestate fiduciariamente al terzo pignorato; istanza che, peraltro, era stata respinta proprio perche’ tardiva e non generica.

Del resto, la stessa compagnia di assicurazione convenuta, nell’offrire un importo pari al terzo delle spese legali, avrebbe riconosciuto che sulla posizione dell’ (OMISSIS) vi era stato l’errore professionale del difensore.

Infine, la liquidazione delle spese di giudizio di primo e secondo grado avrebbe dovuto seguire la soccombenza, anche alla luce della posizione assunta da essa avv. (OMISSIS), che, in sede di udienza ex articolo 185 c.p.c., aveva avanzato proposta di chiusura per l’importo di euro 4.730,00, a fronte della quale la (OMISSIS) aveva opposto netto rifiuto.

2. – Il motivo non puo’ trovare accoglimento.

2.1. – La sentenza impugnata, in armonia con la giurisprudenza di questa Corte in materia di responsabilita’ civile dell’avvocato (cfr., tra le altre, Cass., 7 agosto 2002, n. 11901; Cass., 5 febbraio 2013, n. 2638), muove dal presupposto che l’inadempimento non assuma rilievo di per se’ assorbente, giacche’ occorre dare invece evidenza al nesso eziologico tra condotta negligente/imperita e danno, tramite una valutazione positiva, compiuta ex ante (alla luce della regola causale “di funzione” del “piu’ probabile che non”), per cui, a fronte del comportamento dovuto, il cliente avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni o, comunque, effetti piu’ vantaggiosi.

Tanto premesso, il giudice di appello ha, quindi, valorizzato, anzitutto, la ratio decidendi della sentenza di primo grado, la’ dove questa ha posto in risalto la sostanziale carenza di allegazione in punto di deduzioni istruttorie volte a dimostrare il probabile raggiungimento di un risultato positivo nella causa di accertamento dell’obbligo del terzo, altresi’ precisando – la stessa Corte territoriale – che l’istanza di esibizione cui l’appellante faceva riferimento nei motivi di gravame (indicando la sentenza del Tribunale di Torino del 19 giugno 2007, che riportava “quanto dichiarato dall’ (OMISSIS) sul possesso di quote di una s.r.l.”, nonche’ una lettera della direzione sinistri della (OMISSIS) nella quale si ricordava che detto Istituto “aveva dichiarato di essere in possesso di quote di s.r.l. intestate al Sigr. (OMISSIS)”) era generica, mancando di “precisare l’oggetto della richiesta”.

La Corte piemontese ha, per altro verso, evidenziato che i clienti dell’avv. (OMISSIS) non avrebbero, comunque, conseguito alcun risultato positivo nella causa di accertamento dell’obbligo del terzo e cio’ anche perche’ il pignoramento era stato eseguito nelle forme del pignoramento presso terzi e non nelle forme di cui all’articolo 2471 bis c.c., come avrebbe dovuto essere a decorrere dall’anno 2003.

2.2. – La ricorrente, mentre si e’ soffermata a censurare (segnatamente, in diritto) questa seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, ha, invece, sviluppato doglianze del tutto generiche e non concludenti avverso la prima, e sopra illustrata, ragione giustificativa della decisione, mancando di precisare, anche in ossequio all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il tenore degli atti e delle difese nel giudizio di primo grado dai quali risulterebbero puntualizzate le richieste istruttorie e i contenuti propri dell’istanza di esibizione che avrebbe dovuto proporre tempestivamente nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo e quale decisivita’ avrebbero avuto ai fini del probabile esito positivo della causa.

Genericita’ della censura, questa, ancor piu’ significativa a fronte del fatto che la stessa Corte territoriale fa mostra, nella sentenza impugnata, di aver apprezzato i documenti su cui si sarebbe in ipotesi fondata l’istanza di esibizione e di averlo fatto concludendo comunque in termini di genericita’, quale apprezzamento in se’ non adeguatamente censurato.

Sicche’, una volta cadute le doglianze avverso la esaminata ratio decidendi, che autonomamente sorregge la decisione, le censure che attengono alla ragione decisoria inerente al rilievo attribuito alla disciplina di cui all’articolo 2471 c.c., sono inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ dell’altra ratio, alla cassazione della sentenza impugnata (tra le tante, Cass., 14 febbraio 2012, n. 2108).

2.3. – Di qui, pertanto, anche l’inammissibilita’ dell’ulteriore profilo di doglianza che fa leva sull’asserito riconoscimento dell’errore professionale da parte della compagnia di assicurazioni, non senza tener conto (anche a prescindere dalle circostanze del mancato raggiungimento dell’accordo transattivo e dell’effettivo atteggiamento di contrasto assunto dalla (OMISSIS) nel giudizio di merito), che con esso erroneamente si da rilievo al solo aspetto dell’inadempimento del professionista, senza investire quello del nesso eziologico con il danno, secondo la prospettiva innanzi rammentata.

2.3. – Quanto, infine, al profilo di censura che attiene alla liquidazione delle spese, e’ sufficiente osservare che, oltre a non essere dedotto sotto alcuno dei vizi denunciabili ex articolo 360 c.p.c., esso, comunque, e’ privo di concludenza, giacche’ la ricorrente invoca il principio della soccombenza a fronte, pero’, della sua stessa soccombenza in entrambi i gradi di merito.

Ne’, peraltro, puo’ a tal fine giovare il mero richiamo all’accordo conciliativo non perfezionatosi, posto, altresi’, che la (comunque non evocata) norma dell’articolo 91 c.p.c., novellata ad opera della Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 45, (e al di la’ del fatto che la stessa disposizione opera sul presupposto di un parziale accoglimento della domanda, nella specie insussistente), in ogni caso non poteva, ratione temporis, trovare applicazione nella presente controversia, poiche’, in base all’articolo 58 della stessa legge citata, resa operativa soltanto nei giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

3. – Il ricorso va, dunque, rigettato.

In assenza di attivita’ difensiva in questa sede da parte della intimata (OMISSIS) S.p.A., nulla e’ da disporsi in punto di regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *