Cassazione10

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 12 novembre 2015, n. 45270

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRANCO Amedeo – Presidente

Dott. AMORESANO Silvio – rel. Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza del 19/12/2014 del Tribunale di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. AMORESANO Silvio;

udito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. SPINACI Sante, che ha concluso, chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Torino, in composizione monocratica, con sentenza emessa in data 19/12/2014, dichiarava (OMISSIS) colpevole dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 133, comma 1 e articolo 159, comma 22, lettera c), (capo a), Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 129, comma 3 e articolo 159, comma 2, lettera c), unificati sotto il vincolo della continuazione, e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di euro 1.000,00 di ammenda.

Rilevava il Tribunale che, dall’istruttoria dibattimentale e dalla documentazione acquisita, fosse emersa la prova della penale responsabilita’ dell’imputato in ordine ai reati ascritti.

Nel corso del sopralluogo, eseguito dall’Ispettorato del Lavoro presso il cantiere di (OMISSIS), facente capo alla (OMISSIS) srl, era emersa la violazione della normativa antinfortunistica di cui alle imputazioni (mancata predisposizione del progetto per i ponteggi di altezza superiore a venti metri e non corretto posizionamento delle impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio).

Come emergeva dal successivo verbale di verifica del 28/10/2010 le violazioni riscontrate in precedenza erano state eliminate, ma l’imputato non aveva provveduto a pagare la sanzione amministrativa.

In considerazione dello stato di incensuratezza ed avendo l’imputato provveduto ad eliminare le violazioni riscontrate potevano essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche.

2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), denunciando la violazione dell’articolo 62 c.p., n. 6, articoli 62 bis, 132 e 133 c.p..

Lo stesso Tribunale, nel concedere le circostanze attenuanti generiche, ha riconosciuto (come del resto era emerso dall’istruttoria dibattimentale) che l’imputato, nel termine intimatogli, aveva provveduto ad eliminare le conseguenze dannose/pericolose dei reati contestatigli.

Ricorrevano, quindi, i presupposti per riconoscere la circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, avendo l’imputato provveduto, prima del dibattimento, ad eliminare spontaneamente ed efficacemente, tutte le conseguenze dannose e pericolose dei reati commessi.

Con il secondo e terzo motivo denuncia la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e di non menzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.

2. Risulta in punto di fatto, pacificamente (come da atto lo stesso Tribunale), che nel corso della verifica effettuata in data 28/10/2010, l’Ispettorato del Lavoro accertava l’eliminazione (secondo le prescrizioni impartite) di tutte le violazioni riscontrate in precedenza.

L’imputato, pur eliminando dette violazioni, non provvedeva, pero’, al pagamento, nei termini prescritti, della sanzione amministrativa (adducendo che la ditta era nel frattempo fallita).

2.1. A norma del Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, articolo 21, “quando risulta l’adempimento alla prescrizione, l’organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa” (comma 2).

L’articolo 24 Decreto Legislativo cit. stabilisce poi che “la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall’articolo 21, comma 2”.

Il disposto legislativo e’ quindi chiarissimo: per aversi l’effetto estintivo, e’ necessario che si verifichino entrambe le condizioni e cioe’ l’eliminazione delle violazioni ed il pagamento della sanzione nei termini prescritti.

Ne’ sono consentiti ritardi, essendo tassativo il rispetto dei termini imposti, tant’e’ che in caso di mancato rispetto va trasmessa al P.M. la notizia di reato (“Quando risulta l’inadempimento alla prescrizione, l’organo di vigilanza ne da comunicazione al pubblico ministero ed al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione” – articolo 21, comma 3).

La giurisprudenza di questa Corte e’, del resto, assolutamente pacifica, nel ritenere che “..il contravventore deve eliminare la violazione secondo le modalita’ prescritte dall’organo di vigilanza nel termine assegnatogli e poi provvedere al pagamento della sanzione amministrativa nel termine di trenta giorni. Il mancato rispetto anche di una sola delle due citate condizioni impedisce la realizzazione dell’effetto estintivo, a nulla rilevando che la previsione del termine per il pagamento non sia accompagnata da una esplicita sanzione di decadenza, atteso che la sua mancata previsione discende dalla natura della stessa di precondizione negativa dell’azione penale” (cfr.ex multis Cass. pen. sez. 3 , 31/03/2005 n. 12294; conf. Cass. sez. 3 n. 21696 del 05/04/2007).

2.2. Correttamente il Tribunale, avendo accertato che una delle condizioni (pagamento della sanzione) non si era verificata, ha escluso l’effetto estintivo.

Non ha pero’ verificato, pur dando atto della eliminazione delle violazioni riscontrate dall’Ispettorato del Lavoro, entro la data del 28/10/2010 (e quindi prima del dibattimento), se ricorressero le condizioni per il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6.

3. Quanto al secondo e terzo motivo, risulta dalle conclusioni, riportate nella intestazione della sentenza impugnata, che la difesa dell’imputato faceva richiesta, in via subordinata, di concessione dei “benefici di legge”.

Il Tribunale ha completamente ignorato siffatta richiesta, omettendo di motivare sul punto.

Non c’e’ dubbio che il giudice di merito, nel valutare la concedibilita’ della sospensione condizionale della pena o della non menzione, non abbia l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’articolo 133 c.p., ma possa limitarsi ad indicare quelli ritenuti prevalenti” (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 6641 del 17/11/2009).

Deve, pero’, sia pure sinteticamente, dare ragione del concreto esercizio, positivo o negativo, del potere dovere di applicazione della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, tanto piu’ quando una delle parti ne abbia fatto esplicita richiesta con riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all’accoglimento della richiesta stessa (Cass. pen. sez. 5 n. 2094 del 23/10/2009).

4. Ferma restando l’affermazione di responsabilita’ (stante le intervenute sospensioni non e’ maturata la prescrizione), la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla concedibilita’ della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6 e dei benefici di legge, con rinvio al medesimo Tribunale di Torino (trattandosi di sentenza non appellabile).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla concedibilita’ della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6 e dei benefici di legge, con rinvio al Tribunale di Torino.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *