Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 14 dicembre 2016, n. 52857

La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro.

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 14 dicembre 2016, n. 52857

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo – Presidente

Dott. GRILLO Renato – rel. Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 15/05/2015 del TRIB. LIBERTA’ di SANTA MARIA CAPUA VETERE;

senti a la relazione svolta dal Consigliere RENATO GRILLO;

sentite le conclusioni del PG ROBERTO ANIELLO annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 15 maggio 2015 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – in funzione di Giudice del Riesame – in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero presso quel Tribunale avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 8 ottobre 2014 con la quale era stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo per equivalente nei confronti di (OMISSIS) e della (OMISSIS) s.n.c. in persona del suo legale rappresentante in ordine al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, (omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per gli anni 2009/2011), ordinava il sequestro preventivo diretto nei confronti della societa’, quale beneficiaria del reato fiscale, della complessiva somma di Euro 765.485,16 pari alle imposte non versate per detto periodo e in alternativa e subordinatamente, nei confronti del legale rappresentante sotto forma di sequestro per equivalente, in caso di esito infruttuoso nei riguardi della societa’.

2. Avverso il detto provvedimento propone ricorso l’indagato (OMISSIS) tramite il proprio difensore di fiducia lamentando sotto molteplici profili violazione di legge per inosservanza del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, (con riferimento ai periodi di imposta 2010 – per i quali non erano applicabili le disposizioni di cui al Decreto Legge n. 138 del 2011 – e 2011 – per il quale non era ancora scaduto il termine di legge per la presentazione della dichiarazione dei redditi) e dell’articolo 321 c.p.p., in relazione all’articolo 322 ter c.p., (con riferimento al periodo di imposta 2009 per il quale era stata presentata richiesta di accertamento con adesione seguita dalla rateizzazione dell’intero debito fiscale per quell’anno, parzialmente pagato nella misura di Euro 67.109,02).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei termini di cui appresso.

2. Va premesso, per un corretto inquadramento della fattispecie sottoposta alla valutazione del Tribunale del Riesame, che il reato provvisoriamente ascritto all’odierno ricorrente (OMISSIS) riguarda la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, (omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi anche ai fini IVA). Il giudice del riesame, disattendendo le argomentazioni in base alle quali il G.I.P. aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo diretto avanzata dal Pubblico Ministero affermando l’assenza dei presupposti per emettere il provvedimento cautelare sia nella forma diretta (nei confronti della societa’) che nei confronti del legale rappresentante (nella forma per equivalente), riteneva sussistere le condizioni per il sequestro diretto sulla base dell’analisi compiuta dal Pubblico Ministero sullo stato economico finanziario della societa’, peraltro operativa sul mercato oltre che attiva dal punto di vista economico. Alla base del provvedimento cautelare il detto Tribunale faceva richiamo alla nota decisione delle S.U. di questa Corte Suprema n. 1056/14 ed ai principi in essa contenuti.

3. Cio’ doverosamente precisato e facendo riferimento specifico alla contestazione formulata in via provvisoria sulla base della quale e’ stato emesso il provvedimento impugnato, osserva il Collegio che, con riferimento all’anno di imposta 2011, e’ certamente inesatto quanto rilevato dal Tribunale posto che il reato di omessa dichiarazione dei redditi si ritiene consumato non gia’ alla data di scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione (30 settembre 2011) cosi’ come figura nel capo di incolpazione provvisoria, ma alla scadenza dell’ulteriore termine dei 90 giorni successivi al termine stabilito dalla legge (v. oltre a Sez. 3 20.1.2015 n. 17120, Nicosi, Rv. 263251 con riferimento, in particolare, al termine iniziale di decorrenza della prescrizione, di questa stessa Sezione, in senso analogo per quanto attiene il periodo di consumazione del reato, 18.6.2015 n. 33026, Falco, Rv. 264250).

4. Con riguardo all’anno di imposta 2010, rileva il Collegio l’erronea applicazione della norma di cui al menzionato Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, in quanto la somma oggetto di contestazione – pari ad Euro 42.967,86 – era inferiore alla soglia di punibilita’ per fatti commessi prima della conversione del Decreto Legge n. 138 del 2011, nella L. n. 148 del 2011, (pari, in concreto, ad Euro 77.468,55): la punibilita’ per importi inferiori, pari ad Euro 30.000,00 e’ stata, infatti, introdotta per condotte poste in essere dopo il 19 settembre 2011, epoca di entrata in vigore della menzionata legge di conversione.

5. Residua il periodo di imposta riguardante l’anno 2009 per il quale, pero’ – sulla base di quanto documentato dal ricorrente – era stata presentata all’Amministrazione Finanziaria istanza di accertamento con adesione cui era seguita istanza di rateizzazione in 12 soluzioni accolta dall’Amministrazione con versamento – nelle more – di Euro 67.109,02.

5.1 In proposito la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha piu’ volte affermato il principio secondo il quale, fermo restando che il raggiungimento di un accordo tra contribuente e Amministrazione Finanziaria per la rateizzazione del debito tributario non esplica i suoi effetti soltanto in ambito tributario-amministrativo ma anche in ambito penale (nel senso che un accordo siffatto incide sul quantum della somma sequestrata in relazione al profitto derivato dal mancato pagamento dell’imposta evasa), l’effetto solutorio parziale che si verifica nella ipotesi di versamento non integrale del dovuto attraverso il piano di rateizzazione, implica una corrispondente proporzionale riduzione del debito cui deve corrispondere la riduzione del sequestro per l’importo sino a quel momento. Si e’ cosi’ precisato che in evenienze siffatte il mantenimento del sequestro preventivo in vista della confisca nel suo quantum iniziale, nonostante il pagamento – sia pure parziale – del debito erariale, “darebbe luogo ad una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto col principio che l’espropriazione definitiva di un bene non puo’ mai essere superiore al profitto derivato” (v., oltre a Sez. 3 4.4.2012 n. 3260, P.M. in proc. Curro, Rv. 254679, Sez. 3 8.1.2014 n. 6635, Rv. 258903 e piu’ recentemente Sez. 3 15.4.2015 n. 20887, Aumenta, Rv. 263409 in cui si sottolinea, oltre al profilo sopra enunciato, anche irrilevanza ai fini della revoca della misura ablativa della mera rateizzazione del pagamento che invece spiega pieni effetti sul piano amministrativo – tributario determinando la sospensione della procedura esecutiva di recupero, in quanto la rateizzazione non equivale all’adempimento).

5.2 Ritiene tuttavia il Collegio di dover dare conto di un indirizzo ulteriore formatosi all’indomani dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 158 del 2015, non ancora entrate in vigore al momento della decisione impugnata, in virtu’ del quale la previsione contenuta nel Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, come introdotte dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, secondo la quale la confisca (sia diretta che per equivalente) “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, si riferisce ad assunzioni di impegno formale da parte del contribuente nei termini ammessi dalla speciale legislazione tributaria (tra i quali appunto la rateizzazione e l’accertamento con adesione (v. Sez. 3 14.1.2016 n. 5728, Orsetto, poi massimata – Rv. 266037 – nelle more del deposito della presente decisione con la quale si e’ anche precisato che e’ comunque legittimo il sequestro per gli importi non ancora corrisposti in linea di continuita’ con le precedenti pronunce di questa sezione dianzi citate).

5.3 Da quanto sin qui osservato consegue che in riferimento al sequestro operato nell’intero per l’anno 2009, questo avrebbe dovuto quanto meno essere ridotto proporzionalmente all’importo gia’ versato attraverso la rateizzazione.

5.4 Nulla ha statuito sul punto il Tribunale del Riesame che non ha oltretutto svolto alcuna argomentazione in proposito cosi’ come non nemmeno preso posizione in riferimento ai limiti al sequestro derivanti dalla legislazione del 2011 (L. 148/2011) tanto con riferimento all’anno di imposta 2010 quanto con riferimento allo stesso anno di imposta 2011 nei termini in cui risultava contestato il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5.

6. Da qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che in quella sede dovra’ uniformarsi ai principi enunciati da questa Corte.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere

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