Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 7 ottobre 2016, n. 20205

Non costituisce una produzione “nuova” il deposito in originale di un documento la cui copia e’ stata gia’ in precedenza depositata, trattandosi della regolarizzazione formale del precedente deposito tempestivamente avvenuto

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

sentenza 7 ottobre 2016, n. 20205

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27900-2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA;
– intimato –
avverso l’ordinanza n. 3322/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/05/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 2008 la societa’ (OMISSIS) s.p.a. chiese ed ottenne dal Tribunale di Milano un decreto ingiuntivo nei confronti di (OMISSIS), fideiussore della (OMISSIS) s.p.a., a sua volta debitrice della (OMISSIS). L’opposizione al decreto proposta da (OMISSIS) venne rigettata dal Tribunale di Milano con sentenza 4.2.2013 n. 1583.
2. Proposto appello dal soccombente, il gravame venne dichiarato dalla Corte d’appello di Milano inammissibile ex articolo 348 ter c.p.c., con ordinanza 3.10.2013 n. 3322.
3. La sentenza di primo grado e’ stata impugnata per cassazione, ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., da (OMISSIS), con ricorso fondato su tre motivi. La (OMISSIS) non si e’ difesa in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Questioni preliminari.
1.1. Sebbene il ricorrente non abbia indicato nel ricorso quando gli sia stata comunicata l’ordinanza ex articolo 348 ter c.p.c. (momento dal quale decorre sempre e comunque il termine di cui all’articolo 325 c.p.c. per impugnare la sentenza di primo grado: cosi’ Sez. 6 Ordinanza n. 25115 del 14/12/2015, Rv. 638297), il ricorso e’ comunque tempestivo, in quanto notificato il 29.11.2013, ovvero entro i 60 giorni dalla data di pronuncia dell’ordinanza ex articolo 348 ter c.p.c. (avvenuta il 3.10.2013).
2. Il primo motivo di ricorso.
2.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3. Lamenta, in particolare, la violazione degli articoli 1198, 1267 e 2697 c.c..
Deduce, al riguardo, che il debitore principale (la (OMISSIS), poi fallita) aveva ceduto alla (OMISSIS) vari crediti a titolo di garanzia della propria esposizione, per oltre 2,3 milioni di Euro. Attraverso tale cessione la banca dunque era stata soddisfatta del proprio credito verso la (OMISSIS) per Io scoperto di conto, e non poteva escutere la fideiussione.
Soggiunge che spetta al cessionario, il quale non abbia potuto incassare il credito cedutogli, dimostrare questa infruttuosa escussione, e nella specie la banca non aveva dato questa prova.
2.2. Il motivo e’ infondato.
E’ lo stessa ricorrente ad allegare che la cessione di credito dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS) avvenne a scopo di garanzia, e non solutionis causa. Dunque la banca, per effetto della cessione, venne ad avere due “garanti”: i debitori della (OMISSIS) “ceduti” ad essa, e il fideiussore. E non essendo mai stato allegato che quest’ultimo potesse vantare un beneficium excussionis, la banca poteva avvalersi tanto dell’una, quanto dell’altra garanzia.
V’e’ solo da aggiungere che la giurisprudenza invocata dal ricorrente sull’onere della prova non e’ pertinente.
Il ricorrente infatti invoca la giurisprudenza formatasi sul problema del riparto dell’onere della prova tra cessionario e cedente, per l’ipotesi in cui il primo non abbia potuto realizzare il credito cedutogli: ipotesi in cui e’ ovvio che spetta al cessionario dimostrare l’infruttuosa escussione, quale fatto costitutivo della pretesa verso il cedente.
Nel nostro caso, invece, la lite non verte tra cedente e cessionario, ma tra creditore garantito (la banca) e fideiussore.
Pertanto, anche ad ammettere che la banca avesse l’onere di escutere per primi i debitori cedutigli dalla ” (OMISSIS)”, la mancata escussione di essi costituiva un fatto impeditivo della domanda verso il fideiussore, che come tale andava provato da quest’ultimo.
3. Il secondo motivo di ricorso.
3.1. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Lamenta, in particolare, la violazione degli articoli 1939 c.c.; Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 117.
Deduce, al riguardo, che il rapporto di conto corrente tra la banca e la debitrice principale (OMISSIS) prevedeva un affidamento massimo complessivo di 800.000 Euro a favore della correntista.
La banca, tuttavia, aveva erogato finanziamenti alla (OMISSIS) ben oltre tale limite, per oltre due milioni di euro, ed in assenza di un patto scritto. Di conseguenza il rapporto principale tra creditore e debitore era nullo ai sensi del Decreto Legislativo 1 setytembre 1993, n. 385, articolo 117 per vizio di forma, e conseguentemente anche la fideiussione doveva ritenersi nulla in via derivata, ex articolo 1939 c.c..
Affermando invece la validita’ del rapporto, il Tribunale avrebbe violato le due suddette norme.
3.2. Il motivo e’ infondato.
Il Tribunale ha accertato che un contratto scritto di conto corrente tra la banca e la (OMISSIS) esisteva ed era stato stipulato per iscritto (il Tribunale lo ravvisa nell’allegato sub 1 al fascicolo della banca per la fase monitoria), ne’ tale affermazione e’ stata validamente censurata. Il rapporto di conto corrente dunque non era nullo per difetto di forma, e nulla non poteva dichiararsi conseguentemente la fideiussione stipulata a garanzia di esso.
L’allegazione del ricorrente secondo cui il contratto di conto corrente di cui all’articolo 1852 c.c. “e’ una mera modalita’ di regolazione di operazioni bancarie”, sicche’ la prova di esso non basta a dimostrare l’esistenza d’un affidamento o d’una apertura di credito tra banca e correntista, trascura di considerare che il contratto comunemente detto di “conto corrente bancario”, quale palesemente quello stipulato tra la banca e la (OMISSIS), non ha nulla a che vedere con l’istituto di cui all’articolo 1852 c.c., e costituisce un contratto atipico la cui causa e’ composto dalla fusione della causa del deposito, del mandato e del conto corrente (principio ribadito da questa Corte da quarant’anni, a partire da Sez. 1, Sentenza n. 4043 del 06/12/1974, Rv. 372648).
Un contratto scritto dunque esisteva, e nulla rileva ai fini della nullita’ di esso che la banca abbia in tesi erogato credito oltre il limite ivi pattuito, giacche’ la legge richiede a pena di nullita’ la forma scritta del contratto, non dei negozi esecutivi di esso.
In ogni caso, sarebbe stato onere del fideiussore, nel giudizio di merito, dedurre e dimostrare che c’era un limite insuperabile all’affidamento, ovvero l’esistenza di altre clausole contrattuali che esoneravano, oltre certi limiti, il fideiussore da responsabilita’: deduzione che non risulta compiuta ovvero il che, ai nostri fini, e’ lo stesso – la cui corretta formulazione non e’ stata debitamente indicata nel ricorso, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 6.
4. Il terzo motivo di ricorso.
4.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente, pur formalmente invocando il vizio di violazione di legge, denuncia nella sostanza un vizio di nullita’ processuale, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4.
Deduce, al riguardo, che la (OMISSIS) nella fase di merito produsse il contratto di fideiussione in copia. Di tale copia l’opponente contesto’ la conformita’ all’originale. Pertanto la (OMISSIS), se avesse inteso avvalersi di quel contratto, aveva l’onere di produrre l’originale.
L’originale tuttavia e’ stato prodotto tardivamente, addirittura dopo la scadenza dei termini di cui all’articolo 183 c.p.c., ed all’udienza di “ammissione mezzi istruttori”.
Il Tribunale pertanto non poteva ritenere validamente proposta l’istanza di verificazione di scrittura privata, ne’ poteva disporre una consulenza tecnica d’ufficio per accertare l’autenticita’ della sottoscrizione del contratto di fideiussione, perche’ la produzione dell’originale del documento era inammissibile.
4.2. Il motivo e’ infondato.
Questa Corte ha gia’ piu’ volte stabilito che non costituisce una produzione “nuova” il deposito in originale di un documento la cui copia e’ stata gia’ in precedenza depositata, trattandosi della regolarizzazione formale del precedente deposito tempestivamente avvenuto. (Sez. 1, Sentenza n. 1366 del 26/01/2016, Rv. 638327; sostanzialmente nello stesso senso Sez. 1, Sentenza n. 2125 del 31/01/2014, Rv. 629674).
Pertanto, poiche’ e’ lo stesso ricorrente ad ammettere che la fotocopia del contratto di fideiussione era stata tempestivamente depositata, irrilevante fu la circostanza che l’originale venne depositato alla prima udienza successiva alla scadenza dei termini di cui all’articolo 183 c.p.c..
5. Le spese.
5.1. Non e’ luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della societa’ intimata.
5.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di cassazione, visto l’articolo 380 c.p.c.:
(-) rigetta il ricorso;
(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

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