cassazione 5

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 27 marzo 2015, n. 13017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente

Dott. IANNELLI Enzo – Consigliere

Dott. FIANDANESE Franco – Consigliere

Dott. VERGA Giovanna – rel. Consigliere

Dott. ALMA Marco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) S.R.L.;

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) S.R.L.;

(OMISSIS) S.R.L.;

avverso la sentenza n. 595/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del 02/12/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/01/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fodaroni Maria Giuseppina, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio sulla confisca rigetto nel resto per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); inammissibile per (OMISSIS); rigetto per (OMISSIS) ed (OMISSIS) srl; annullamento senza rinvio sulla determinazione della sanzione con rideterminazione della pena per (OMISSIS) srl.

Udito l’avv. (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS) che si riporta al ricorso; avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che chiede accoglimento dei ricorsi; avv. (OMISSIS) in sost. avv. (OMISSIS) che chiede accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2.3.2011 il Tribunale di Palermo, fra l’altro, dichiarava (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) responsabili del delitto di associazione per delinquere (capo A), nonche’ (OMISSIS) responsabile dei reati di associazione per delinquere (capo A) e di quelli cui all’articolo 640 bis c.p. (capi B, G) L), M, N) e condannava:

(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena di anni 2 mesi 6 di reclusione ciascuno;

(OMISSIS) alla pena di anni 8 di reclusione;

disponeva la confisca di quanto in sequestro;

dichiarava (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) S.r.l. responsabili dell’illecito amministrativo di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 24 e condannava ciascuna al versamento della sanzione pecuniaria di euro 150.000,00, con confisca delle quote sociali e dei beni delle societa’ (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) srl fino alla concorrenza dei finanziamenti erogati in loro favore per i reati di cui ai capi B), G), L) e M) della rubrica.

2. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 2.12.2013, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha dichiarato fra l’altro:

non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al reato di cui al capo A) perche’ estinto per prescrizione;

non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in ordine ai reati di cui ai capi B, G, L, M, N, esclusa la circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 perche’ estinti per prescrizione e gli ha rideterminato la pena in anni 3 mesi 6 di reclusione, con interdizione temporanea dai pubblici uffici;

ha confermato la responsabilita’ per illecito amministrativo delle societa’ (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.r.l e (OMISSIS) srl e ha ordinato che la confisca disposta anche per equivalente nei confronti delle societa’ (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.r.l; sia limitata al patrimonio sociale fino a concorrenza dell’importo delle quote di finanziamento erogate in loro favore in epoca successiva al 4.7.2001, data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 231 del 2001;

ha confermato la sentenza di primo grado anche nella parte relativa alla disposta confisca ex articolo 240 c.p. di quanto in giudiziale sequestro, non soltanto perche’ non risultando formulati specifici motivi di appello al riguardo, ma anche perche’ in caso di estinzione del reato il giudice dispone di poteri di accertamento sul fatto reato per ordinare la confisca non solo delle cose oggettivamente criminose per la loro intrinseca natura ma anche di quelle che sono considerati tali dal legislatore per il loro collegamento con uno specifico fatto reato.

3. Ricorrono per cassazione gli imputati, le curatele sopra indicate e la societa’ (OMISSIS).

3.1. (OMISSIS) e (OMISSIS) tramite il difensore, presentano distinti ricorsi aventi identico contenuto.

In particolare deducono:

3.1.1. violazione di legge in relazione alla conferma della confisca disposta in primo grado, nonostante la declaratoria di prescrizione del reato (citando S.U. 38834/2008 ed altre). Rilevano inoltre che la corte territoriale, che ha aderito ad un orientamento giurisprudenziale minoritario che ammette la confisca dei beni anche in presenza di reati estinti per dichiarata prescrizione, non ha dato il giusto rilievo alla circostanza che nella specie la confisca adottata in pregiudizio della ricorrente fosse stata quella per equivalente o di valore prevista dagli articoli 322 ter e 640 quater c.p., considerato che il reato di cui all’articolo 416 c.p. non e’ tra quelli che, secondo quanto prevede la norma medesima, consentono l’applicazione della confisca e dunque del sequestro per equivalente.

A tal fine viene allegato il decreto di sequestro preventivo adottato in via d’urgenza del pubblico ministero in data 21 luglio 2004.

Viene sottolineato che nel caso di confisca per equivalente la natura sanzionatorio della stessa impedisce una declaratoria in tal senso in assenza di pronuncia di condanna.

3.1.2. violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata declaratoria di prescrizione del reato associativo maturata prima della sentenza di primo grado, anche considerando i periodi di sospensione (il reato si sarebbe prescritto il 16.1.2011); il programma del sodalizio si era arrestato al 4.6.2002, data in cui era avvenuta l’ultima erogazione; non avrebbe pertanto potuto essere disposta la confisca, anche richiamando la minoritaria giurisprudenza; la corte territoriale ha ritenuto che il sodalizio criminoso doveva ritenersi operativo fino al momento dell’arresto del (OMISSIS) avvenuto nel (OMISSIS); la ricorrente non ritiene condivisibile tale argomentare richiamando il fatto che l’ordinanza custodiale era stata emessa sul presupposto che sussistessero gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di truffa in relazione alle agevolazioni ottenute esclusivamente dalla societa’ (OMISSIS) srl con l’aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 1991, articolo 7 e alle connesse ipotesi di fatturazione per operazioni oggettivamente inesistenti.

3.2. (OMISSIS), tramite il difensore, deduce:

3.2.1. violazione di legge in relazione alla conferma della confisca per equivalente disposta in assenza di sentenza di condanna, che e’ invece necessaria per quel tipo di confisca, assimilata ad una sanzione;

3.2.2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato associativo intervenuta prima della sentenza di primo grado per le stesse motivazioni evidenziate dalle ricorrenti (OMISSIS) ed (OMISSIS).

3.3. (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l., tramite il difensore, con un unico atto, deducono:

3.3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilita’ per il reato associativo; premesso che con l’appello si era segnalato che: si versava – se mai – in presenza di concorso di persone nel reato, essendo l’accordo limitato alle richieste di finanziamenti e non alla commissione di una serie indeterminata di delitti; che il Tribunale aveva confuso gli artifizi e i raggiri con la predisposizione di mezzi, ravvisati nella documentazione ed aveva confuso l’elemento soggettivo relativo ai reati fine con quello del reato associativo; che era stato dato rilievo ai rapporti di parentela viene contestato che la Corte territoriale ha confermato l’affermazione di responsabilita’, individuando il vincolo associativo in un accordo criminoso sulle singole truffe;

3.3.2. violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato associativo, maturata il 10.8.2013, in quanto la consumazione si sarebbe arrestata al 4.6.2002, data dell’ultima erogazione; la Corte territoriale ha ritenuto operativa l’associazione fino all’arresto del ricorrente e dei suoi coimputati intervenuto nel novembre 2003 sull’assunto che la domanda inoltrata nell’ottobre 2000 dalla societa’ (OMISSIS) sarebbe rimasta valida fino alla revoca del contributo avviata nel febbraio 2003; la custodia cautelare era stata disposta solo in relazione ad agevolazioni ottenute dalla societa’ (OMISSIS) aggravate ai sensi della Legge n. 203 del 1991, articolo 7, aggravante esclusa sia dal riesame che dalla Corte territoriale; quanto alla domanda rimasta valida e’ stato erroneamente individuato il momento consumativo del tentativo e cioe’ quello del compimento dell’ultimo atto; anche considerando i periodi di sospensione di mesi 8 e giorni 6 la prescrizione sarebbe quindi maturata al 10.8.2013;

3.3.3. violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 24 e 26 in relazione alla sanzione pecuniaria inflitta in ammontare superiore al massimo edittale in quanto, in relazione al delitto tentato presupposto il limite era di 333 quote, mentre il riferimento al reato associativo e’ stato introdotto solo successivamente ai fatti contestati.

3.4. La Curatela della (OMISSIS) S.r.l. e la Curatela della (OMISSIS) S.r.l., con distinti atti di identico contenuto deducono:

3.4.1. vizio di motivazione in relazione ai presupposti per la responsabilita’ dell’ente per l’illecito amministrativo conseguente al reato commesso dai suoi amministratori; sostengono che la motivazione, unica per tutte le societa’, sostanzialmente assente non e’ stata integrata dalla Corte d’appello;

3.4.2. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto l’affermazione di responsabilita’ della societa’ poteva apparire riferita non al solo illecito conseguente al capo m) (OMISSIS) S.r.l. e b) per la (OMISSIS) S.r.l, ma a tutti i capi di imputazione da a) a p), sicche’ era stata richiesta l’assoluzione in relazione ai capi diversi, ma la Corte territoriale non ha risposto sul punto;

3.4.3. vizio di motivazione in relazione al motivo di appello in cui era stato evidenziato che poteva apparire che la confisca fosse stata disposta fino a concorrenza del profitto di tutti i reati anziche’ dei soli capi alle stesse ascritti;

3.4.5. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 19 laddove e’ stata disposta la confisca per equivalente in danno delle societa’, senza precisare che la stessa era limitata all’importo del finanziamento illecito percepito dalla societa’ dopo il 4 luglio 2001 eventualmente eccedente rispetto al profitto del reato che e’ gia’ stato oggetto di confisca diretta, ovvero rispetto al valore dei beni gia’ sequestrati e confiscati agli imputati del reato presupposto. E’ stato evidenziato che e’ stato violato l’articolo 19, comma 2, secondo il quale e’ possibile procedere alla confisca per equivalente in danno dell’impresa responsabile dell’illecito amministrativo del reato solo quando non e’ possibile eseguire la confisca a norma del comma uno. In ogni caso anche in assenza di una confisca diretta del profitto la corte territoriale non avrebbe potuto procedere a quella per equivalente in danno della societa’ dal momento che ingenti somme di denaro erano gia’ stati sequestrate e confiscate agli imputati del reato presupposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Ricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Si ritiene di trattare congiuntamente i ricorsi perche’ vertono su identici motivi.

Il motivo sub 3.1.1. (ricorso (OMISSIS) – (OMISSIS)) e il motivo sub 3.2.1. (ricorso (OMISSIS)) sono fondati.

La Corte d’appello ha confermato la sentenza del primo giudice anche nella parte relativa alla disposta confisca di quanto in giudiziale sequestro, nonostante l’intervenuta prescrizione del reato, richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in caso di estinzione del reato, il giudice dispone di poteri di accertamento sul fatto-reato, sicche’ puo’ ordinare la confisca non solo delle cose oggettivamente criminose per loro intrinseca natura, ma anche di quelle che sono considerate tali dal legislatore per il loro collegamento con uno specifico fatto-reato.

La decisione sicuramente sintetica sul punto, anche con riguardo al tipo di confisca, si richiama all’orientamento giurisprudenziale che ammette la confiscabilita’ di beni anche in presenza di reati estinti per dichiarata prescrizione, senza pero’ tenere conto che nella specie si e’ trattato di una confisca per equivalente.

Come noto la confisca per equivalente opera, ove sia impossibile agire direttamente sui beni costituenti il profitto o il prezzo del reato, su utilita’ patrimoniali di cui il reo abbia comunque la disponibilita’ per un valore corrispondente. Si tratta di misura svincolata dal nesso di funzionalita’ tra cosa e reato tipico della confisca quale misura di sicurezza patrimoniale e connotata, quindi, da una ratio spiccatamente afflittiva.

Proprio la natura sanzionatoria, riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (per tutte Cass SS.UU. n. 18374 del 2013 Rv. 255037), impedisce che la confisca per equivalente possa trovare applicazione anche in relazione al prezzo o al profitto derivante da un reato estinto per prescrizione. (sul punto si veda anche sentenza Corte EDU 30 ottobre 2013, Varvara c. Italia).

Cio’ detto, pur condividendosi l’affermazione che la sentenza di estinzione del reato per prescrizione non e’ una pronuncia “muta” in ordine alla responsabilita’ dell’imputato, attesa l’operativita’ nel processo penale della declaratoria immediata di non colpevolezza (articolo 129 c.p.p.), non puo’ che ribadirsi, sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale richiamato, che nell’irrogazione di qualsiasi misura di carattere afflittivo connessa alla commissione di un fatto di reato non puo’ prescindersi dall’accertamento pieno della responsabilita’ penale dell’imputato.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente alla disposta confisca che viene revocata.

Il secondo motivo di ricorso avanzato dalle difese (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) risulta assorbito dalla decisione in ordine al primo motivo e comunque in fatto infondato.

Ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) srl.

Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.

La sentenza impugnata, letta in uno con la sentenza di primo grado, non si presta ad alcuna censura avendo entrambi i giudici di merito dato atto della sussistenza del contestato delitto di associazione sulla scorta dei principi elaborati da questa Corte (pagg. da 75 a 78 sentenza di primo grado, richiamata e fatta propria dai giudici d’appello) sottolineando come gli imputati lungi dal limitarsi a fornire un apporto meramente occasionale, rimanessero costantemente a disposizione dell’organizzazione coordinata dal (OMISSIS).

A fronte di tutto quanto esposto dai giudici di merito il ricorrente contrappone, quindi, unicamente generiche contestazioni in fatto, con le quali, in realta’, si propone solo una non consentita – in questa sede di legittimita’ – diversa lettura degli elementi valutati dai giudici di merito. Inoltre, le censure del ricorrente non tengono conto delle argomentazioni della Corte di appello. In proposito questa Corte Suprema ha piu’ volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non puo’ ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificita’, che conduce, ex articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all’inammissibilita’ del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004-rv 230634).

Reiterato e aspecifico e’ anche il secondo motivo di ricorso, considerato che i giudici di merito, hanno dato atto, con motivazione in fatto incensurabile in questa sede che alla data dell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del (OMISSIS) eseguita il 7.11.2003 l’associazione era ancora operativa (si veda vicenda (OMISSIS) riportata a pag. 20 sentenza impugnata) e che quindi il reato, considerate anche le sospensioni, alla data della sentenza impugnata non era prescritto.

Manifestamente infondato e’ anche il terzo motivo di ricorso con il quale viene contestato l’ammontare della sanzione pecuniaria inflitta a (OMISSIS) srl che si sostiene applicata in misura superiore al massimo edittale, considerato che la responsabilita’ dell’ente, come emerge dal capo di imputazione relativo al Progetto (OMISSIS) che fa riferimento all’articolo 81 cpv, e’ indicata come relativa a pluralita’ di illeciti (Legge n. 231 del 2001, articolo 21 che consente un aumento fino al triplo) e che tale circostanza non e’ stata oggetto di impugnazione in appello dove e’ stata contestata genericamente la pena.

Ricorsi Curatela (OMISSIS) S.r.l. e la Curatela della (OMISSIS) S.r.l..

Il primo motivo di ricorso e’ infondato.

Il fatto – reato commesso dal soggetto inserito nella compagine della societas, in vista del perseguimento dell’interesse o del vantaggio di questa, e’ sicuramente qualificabile come “proprio” anche della persona giuridica, e cio’ in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega il primo alla seconda: la persona fisica che opera nell’ambito delle sue competenze societarie, nell’interesse dell’ente, agisce come organo e non come soggetto da questo distinto; ne’ la degenerazione di tale attivita’ funzionale in illecito penale e’ di ostacolo all’immedesimazione. Il Decreto Legislativo n. 231 del 2001 ha introdotto un tertium genus di responsabilita’ rispetto ai sistemi tradizionali di responsabilita’ penale e di responsabilita’ amministrativa, prevedendo un’autonoma responsabilita’ amministrativa dell’ente in caso di commissione, nel suo interesse o a suo vantaggio, di uno dei reati espressamente elencati nella sezione 3A del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 da parte un soggetto che riveste una posizione apicale, sul presupposto che il fatto-reato “e’ fatto della societa’, di cui essa deve rispondere”. Grava sull’Accusa l’onere di dimostrare l’esistenza e l’accertamento dell’illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa della societas e che abbia agito nell’interesse di questa; tale accertata responsabilita’ si estende “per rimbalzo” dall’individuo all’ente collettivo in assenza di elementi probatorie di segno contrario di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 6 che prevede l’onere per l’ente di provare, per contrastare gli elementi di accusa a suo carico, “che l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”.

I giudici di merito si sono attenuti a detti principi avendo dato atto nel corso della motivazione delle sentenze di primo e secondo grado che le truffe erano commesse dai vari amministratori in un unico illecito disegno unitario attraverso l’uso criminoso ed incrociato di tutte le societa’ “coinvolte nel giro”.

I motivi sub 2 e 3 sono manifestamente infondati considerato che la dichiarata responsabile dell’illecito amministrativo, cosi’ come le confische sono state disposte con riguardo ai reati a ciascuna societa’ ascritti.

Il motivo sub 4 con il quale e’ contestata la disposta confisca per equivalente in danno delle societa’, senza precisare che la stessa era limitata all’importo del finanziamento illecito percepito dalla societa’ dopo il 4 luglio 2001 eventualmente eccedente rispetto al profitto del reato che e’ gia’ stato oggetto di confisca diretta, ovvero rispetto al valore dei beni gia’ sequestrati e confiscati agli imputati del reato presupposto, ha perso interesse a seguito della intervenuta revoca delle confische disposte nei confronti degli imputati.

Alla stregua di quanto indicato deve essere dichiarato inammissibile il ricorso di (OMISSIS) con condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

L’inammissibilita’ del ricorso preclude l’accesso al rapporto di impugnazione ed impedisce la declaratoria di prescrizione maturata dopo la pronuncia impugnata (Sez. un., 27 giugno 2001, Cavalera, Cass. Sez. un. 23428/05 Bracale).

Devono essere rigettati i ricorsi di (OMISSIS) srl, di (OMISSIS) srl e di (OMISSIS) srl con condanna pagamento delle spese processuali.

Deve invece essere annullata senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente alla disposta confisca che viene revocata con rigetto nel resto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) con condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Rigetta i ricorsi di (OMISSIS) srl, di (OMISSIS) srl e di (OMISSIS) srl che condanna pagamento delle spese processuali.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente alla disposta confisca che revoca; rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *