cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 27 aprile 2015, n. 17454

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi G – rel. Consigliere

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 42/2014 TRIB. LIBERTA’ di MACERATA, del 31/10/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

sentite le conclusioni del PG Dott.ssa Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con ordinanza del 5.11.2012, il Tribunale di Macerata, in accoglimento delle richieste di riesame presentate da (OMISSIS) ed (OMISSIS) (in proprio e quali legali rappresentanti delle societa’ (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l.), annullo’ i decreti di sequestro preventivo emessi dal G.I.P. dello stesso Tribunale il 1 ottobre 2012, il 10 ottobre 2012 e il 18 ottobre 2012, ai sensi del Decreto Legge n. 306 del 1992, articoli 12 quinquies e 12 sexies, e articolo 321 c.p.p..

2. Con sentenza del 12.6.2013, questa Sezione della Corte suprema, accogliendo il ricorso del pubblico ministero, annullo’ la detta ordinanza relativamente alla ritenuta insussistenza del fumus commissi delicti per il reato di cui al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies, e rinvio’ al Tribunale di Macerata per nuovo esame sul punto.

3. Con ordinanza del 21.10.2013, il Tribunale di Macerata, decidendo in sede di rinvio, accolse parzialmente la richiesta di riesame proposta da (OMISSIS) ed (OMISSIS), annullando il sequestro preventivo in data 18 ottobre 2012 limitatamente agli assegni bancari, dei quali dispose la restituzione a (OMISSIS); confermo’ nel resto il detto decreto di sequestro; dichiaro’ infine precluso il giudizio relativamente ai decreti di sequestro preventivo emessi nelle date 1 e 10 ottobre 2012 per intervenuta formazione del giudicato cautelare.

4. Avverso tale ordinanza propose ricorso per cassazione (OMISSIS) (in proprio e quale legale rappresentante della societa’ (OMISSIS) s.r.l.) e la Sesta Sezione di questa Corte, con sentenza del 22.5.2014, annullo’ l’ordinanza impugnata relativamente alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti per il reato di cui all’articolo 12 quinquies Decreto Legge n. 306 del 1992 fondata sulla asserita esistenza di un giudicato cautelare sul punto e rinvio’ al Tribunale di Macerata per un ulteriore esame, da svolgersi osservando il principio di diritto per cui il giudicato cautelare in materia di misure coercitive reali presuppone l’assoluta coincidenza oggettive e soggettiva tra piu’ provvedimenti inoppugnabili o non piu’ impugnabili, non potendosi – al contrario – ritenere l’esistenza del giudicato cautelare su questioni dedotte a seguito dell’impugnazione proposta da altro coindagato.

5. Con ordinanza del 31.10.2014, il Tribunale di Macerata rigetto’ le richieste di riesame presentate dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. e confermo’ il disposto sequestro preventivo.

6. Avverso tale ordinanza, (OMISSIS) – in proprio e quale legale rappresentante della societa’ (OMISSIS) s.r.l. – propone nuovo ricorso per cassazione. Formula due motivi di ricorso.

6.1. Col primo motivo, deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge con riferimento alla ritenuta sproporzione – ai sensi del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies, – tra il reddito e le attivita’ economiche di (OMISSIS) e il valore degli immobili nella sua disponibilita’ al momento del loro acquisto. Deduce che, in ordine alla sussistenza di tale sproporzione, il Tribunale avrebbe motivato con argomenti del tutto diversi da quelli posti a base del provvedimento del G.I.P., il quale aveva considerato la sussistenza della sproporzione con riferimento al momento attuale, e non a quello dell’acquisto dei singoli beni; cio’ non sarebbe stato consentito al giudice del riesame, il quale non potrebbe integrare la motivazione del provvedimento di sequestro quando essa e’ del tutto carente.

La censura non e’ fondata.

Osserva il Collegio che il Tribunale del riesame, sebbene non possa mutare la natura del provvedimento sottoposto al suo sindacato e confermare cosi’ una misura cautelare reale per finalita’ diverse da quelle per le quali e’ stata disposta (trasformando, ad es., un sequestro preventivo in un sequestro probatorio, o in un sequestro conservativo) (sul punto, Sez. 6, n. 30109 del 12/07/2012 Rv. 252998), puo’ invece integrare e correggere la motivazione del provvedimento impugnato non solo in punto di diritto (mutando, ad es., la qualificazione giuridica del fatto), ma anche relativamente alle questioni di fatto e agli apprezzamenti di merito, purche’ sulla scorta delle risultanze degli atti che sono ad esso sottoposti (Sez. 2, n. 3103 del 18/12/2007 – dep. 21/01/2008 – Rv. 239267), essendo precluso al Tribunale del riesame l’esercizio di potere istruttorio volto all’acquisizione di nuovi elementi di prova.

Il potere di integrare e correggere la motivazione, con le relative valutazioni in fatto, discende dalla natura di giudice di merito che e’ propria del Tribunale del riesame, natura – che lo distingue essenzialmente dalla Corte di cassazione quale giudice del mero diritto – dalla quale discende non solo il “potere”, ma anche il “dovere” del detto Tribunale di compiere un riesame pieno della vicenda ad esso sottoposta, in modo da poter sostituire le proprie valutazioni a quelle del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato – ove non condivise – e i propri argomenti giustificativi a quelli contenuti nel detto provvedimento.

In questo senso, la integrazione o la sostituzione della erronea o non condivisa motivazione del provvedimento impugnato costituisce per il Tribunale del riesame un vero e proprio “potere-dovere”, dimodoche’ l’annullamento dell’ordinanza impositiva della misura cautelare costituisce la “extrema ratio” delle determinazioni adottabili: tale annullamento puo’ essere disposto solo ove il provvedimento impugnato sia mancante di motivazione in senso grafico ovvero, pur esistendo una motivazione, essa si risolva in clausole di stile e quindi in una motivazione apparente (cfr. Sez. 2, n. 39383 del 08/10/2008 Rv. 241868). Negli altri casi, il Tribunale del riesame non puo’ annullare l’ordinanza impugnata della quale non condivida o ritenga erronee le valutazioni in fatto, senza prima aver verificato la possibilita’ che il provvedimento cautelare adottato possa trovare idoneo fondamento giuridico e fattuale negli altri elementi – diversi da quelli indicati dal G.I.P. – comunque emergenti dagli atti ad esso sottoposti.

Puo’ affermarsi, pertanto, il seguente principio di diritto:

“Il Tribunale del riesame e’ un giudice di merito e, come tale, ha il potere-dovere di correggere o integrare la motivazione, non solo in diritto, ma anche in fatto del provvedimento cautelare impugnato, confermando quest’ultimo – ove ne ricorrano le condizioni – con diversa motivazione; esso puo’ annullare il provvedimento impugnato solo nel caso in cui la motivazione sia graficamente inesistente o apparente ovvero nel caso in cui, sulla base di una completa rivalutazione del materiale probatorio ad esso sottoposto, ritenga che siano insussistenti i presupposti richiesti dalla legge per la emanazione della misura”.

Orbene, il Tribunale del riesame si e’ attenuto a tale principi, in quanto, una volta verificata l’erroneita’ della motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilita’ di (OMISSIS) e il reddito e le disponibilita’ economiche dello stesso, ha sostituito alla errata motivazione del G.I.P. (che faceva riferimento al reddito e alle disponibilita’ economiche dell’ (OMISSIS) al momento attuale) la propria motivazione, che fa correttamente riferimento al momento dell’acquisto dei singoli beni.

Con cio’, il Tribunale del riesame ha correttamente esercitato i propri poteri di correzione della motivazione del provvedimento impugnato, fornendo una corretta giustificazione del disposto sequestro.

6.2. Col secondo motivo di ricorso, deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge con riferimento alla ritenuta sussistenza dei presupposti legittimanti il sequestro preventivo. Deduce, in particolare, che il Tribunale avrebbe omesso, a tal fine, di esaminare le prove documentali prodotte dalla difesa, le quali attesterebbero la sussistenza in capo ad (OMISSIS) di disponibilita’ economiche lecite al momento degli acquisti degli immobili ed escluderebbero la sussistenza di alcuna sproporzione tra i beni sottoposti a sequestro e le disponibilita’ economiche dell’indagato al momento del loro acquisto.

La censura e’ inammissibile.

Va premesso che, ai sensi dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale in sede di appello o di riesame in materia di misure cautelari reali, il ricorso per cassazione e’ ammesso solo per violazione di legge, potendo in tale error iuris comprendersi solo la mancanza assoluta di motivazione o la motivazione meramente apparente, ma non l’illogicita’ manifesta della motivazione, la quale puo’ denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606 stesso codice, lettera e), (Cass., Sez. Un., n. 5876 del 28/01/2004 Rv. 226710).

Nella specie, il ricorrente muove al provvedimento impugnato censure che attaccano la sua motivazione, la quale, non essendo meramente apparente, non e’ sindacabile in sede di legittimita’.

In ogni caso, la censura e’ inammissibile anche perche’ generica e perche’ sul punto non osserva il principio di autosufficienza del ricorso (in ordine a tale principio, da ultimo, Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013 Rv. 256723). Infatti, il ricorrente menziona documenti da lui asseritamente prodotti nelle precedenti fasi del giudizio (che si pretende essere stati trascurati dal Tribunale), dei quali non solo non spiega la decisivita’, ma neppure riporta il contenuto o allega copia al ricorso, non consentendo cosi’ in ogni caso alla Corte l’esercizio di alcun sindacato.

7. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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