Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 23 febbraio 2016, n. 3482

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) in liquidazione, in persona del liquidatore e l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), come da procura a margine dell’atto;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.p.a., in persona del curatore fallimentare p.t., rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elett. dom. presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), come da procura a margine dell’atto;

– controricorrente –

(OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e rappr. e dif. altresi’ dall’avv. (OMISSIS), con elez. di dom. presso lo studio di questi in (OMISSIS), come da procura a margine dell’atto;

– controricorrenti –

(OMISSIS) societa’ cooperative per azioni, in persona del l.r.p.t.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Brescia del 8.5.2013 n. 585/2013, nella procedura n. 50 R.G. 2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 19 gennaio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

sentito l’avvocato (OMISSIS) per i controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

IL PROCESSO

(OMISSIS) in liquidazione ( (OMISSIS)) impugna la sentenza App. Brescia 8.5.2013 n. 585/2013, che respinse il suo reclamo avverso la sentenza Trib. Brescia 18.12.2012 n.333 che, ai sensi degli articoli 162 e 18 L.F., aveva dichiarato il relativo fallimento, dopo la pronuncia di inammissibilita’ del 14.12.2012 della proposta di concordato preventivo gia’ avanzata dalla stessa societa’.

Ritenne la corte d’appello, apprezzata l’ammissibilita’ del reclamo avverso il decreto di inammissibilita’ della proposta di concordato (in quanto seguito da immediato fallimento e relativo a circostanze assurte a presupposto della seconda pronuncia) e considerato che nessuna contestazione verteva sulla soglia di fallibilita’, l’insolvenza e la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 1 L.F., che andasse in primo luogo rigettato il motivo attinente al contraddittorio, posto che il debitore era stato sentito in camera di consiglio avanti al tribunale e non aveva, all’esito, avanzato nessuna richiesta di termine per integrare la propria proposta. Il tribunale non era pertanto tenuto a tale adempimento, negandosi in ogni caso che il termine potesse servire per costituire per la prima volta il corredo indispensabile dell’istanza ovvero per la sua radicale modifica, in particolare – come nel caso – trasformando una proposta senza classi in una con classi di creditori. Anche l’ulteriore doglianza, sulla pretesa non collaborazione dell’organo giudiziale, era da respingersi, un conto essendo la facolta’ di chiedere chiarimenti al debitore ed un altro conto l’anticipazione di giudizio, evidentemente vietata.

Ravviso’ poi la sentenza impugnata l’inammissibilita’ di una proposta di posticipazione quadriennale del pagamento ai creditori privilegiati configurata, per un verso, in un concordato che non era per cessione dei beni, bensi’ di c.d. garanzia e, per altro verso, tale per cui in essa il debitore faceva dipendere la tempistica di tali pagamenti, senza individuazione di classi e pur promettendoli per intero ai privilegiati e nel 18,65% ai chirografari, dagli eventi realizzativi di un credito verso terzi e di vendita di partecipazioni societarie che avrebbero scandito non solo l’an ed il quantum, ma altresi’ il quando dei pagamenti promessi, senza infine che ricorresse alcun accordo preventivo con quei creditori. Ne derivava, per il ceto privilegiato ed in particolare una banca che, da sola, era creditrice di oltre la meta’ dell’intera esposizione debitoria, una dilazione confliggente, perche’ incerta ed eccessiva, oltre che contraria alla stessa previsione eccezionale della moratoria, meramente annuale, riservata dall’articolo 186 bis L.F. ai diversi concordati con continuita’ aziendale, posto che la (OMISSIS) era oramai, tra l’altro, in liquidazione. Concludeva la corte d’appello che il sistema di voto limitato assicurato ai privilegiati dall’articolo 177 L.F. era volto a bilanciare la non soddisfazione integrale del credito, con equiparazione per la corrispondente parte residua ai chirografari e la falcidia organizzata in previsione di un piano coerente con il meccanismo di cui all’articolo 160 L.F., la corresponsione degli interessi e la formazione di un’apposita classe. Da cio’ conseguiva l’insufficienza dei meri interessi, pur ipotizzati, per poter salvaguardare il modello di concordato proposto – senza continuita’ aziendale, con pagamento dilazionato incerto e prospettato quadriennale dei privilegiati, al di fuori di classi, non introdotte – che non poteva percio’ piu’ dirsi con pagamento integrale ai creditori privilegiati stessi, restando irrilevante – nel concreto – il confronto ipotetico con la soddisfazione endofallimentare.

Il ricorso e’ affidato ad un unico motivo, ad esso resistono con controricorso il Fallimento della (OMISSIS), nonche’ gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge quanto agli articoli 160, 162 e 177 L.F., avendo la corte d’appello erroneamente trascurato che le nozioni di “pagamento” e “soddisfazione” integrale sono in realta’ identiche, per cui non risulta alcun diritto di voto da attribuire ai creditori privilegiati che siano pagati in piu’ anni e pero’ con gli interessi.

1. L’impugnazione verte sulla inammissibilita’ della proposta di concordato preventivo a causa dei limiti alla previsione di soddisfacimento, non immediato ne’ certo, dei creditori privilegiati. Per questi ultimi, il debitore aveva solo indicato il pagamento dilazionato, con corresponsione degli interessi (legali o convenzionali), rinviando alla realizzazione di altri fatti liquidatori interni – incasso di crediti e vendita di partecipazioni societarie – il momento di pagamento finale, dunque ad una data “stimata” di un quadriennio.

2. Il ricorso e’ inammissibile, per plurime ragioni. Nel motivo non sono riportate, almeno nei punti essenziali, l’intera e complessa proposta di concordato, unitamente ad una descrizione sia del meccanismo formativo della scadenza di pagamento (che il giudice di merito, con apprezzamento non assoggettato a censura, ha qualificato come del tutto incerta e generica), sia del funzionamento della dilazione (non risultando se generale, riferita ad alcuni creditori privilegiati ovvero anche chirografi e in quali rispettive proporzioni), sia del rapporto tra la natura dell’attivo necessario alla provvista e le cause dei diritti di prelazione assoggettati a trattamento di possibile novazione oggettiva del credito. Il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve infatti contenere in se’ tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresi’, a permettere la valutazione della fondatezza di esse, senza la necessita’ di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicche’ il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente, a pena di inammissibilita’, oltre al luogo in cui ne e’ avvenuta la produzione, gli atti processuali e i documenti su cui il ricorso e’ fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (Cass. 14784/2015).

3. Il ricorso e’ altresi’ inammissibile laddove prospetta una disattesa distinzione concettuale tra “pagamento integrale” e “soddisfazione integrale”, alla quale comunque perverrebbero i creditori privilegiati nonostante il pagamento non immediato e solo per effetto della corresponsione in se’ degli interessi, che sarebbe idonea in quanto tale a scongiurare la necessita’ di formazione di una classe. L’impugnazione, per tale parte, omette di censurare idoneamente il principio di diritto cui la pronuncia si e’ esplicitamente ispirata, ne’ – si aggiunge – affronta la questione della perdita economica conseguente al ritardo, rispetto ai “tempi normali” con cui quei creditori avrebbero ragionevolmente conseguito la disponibilita’ di quanto ad essi spettante. La motivazione, sul punto, va peraltro parzialmente rettificata, apparendo essa eccedente le necessita’ del voto dei privilegiati a pagamento differito ove essa pone in modo diretto (o comunque lascia intendere) la previsione obbligatoria di una classe di tali creditori, per la parte non immediatamente soddisfatta. Sotto tale secondo aspetto l’impostazione seguita dalla corte territoriale non puo’ essere condivisa, anche se l’inesattezza concerne la mera motivazione in diritto e, risultando il dispositivo conforme a diritto, non si traduce in un vizio idoneo a giustificare la cassazione della sentenza impugnata (Cass. 2940/1990; 3665/1993, 4593/2000, 5595/2003, Cass. s.u. 28054/2008), la cui motivazione, pero’, deve essere corretta nei sensi piu’ avanti spiegati, come imposto dall’articolo 384 c.p.c., u.c..

4. Con il richiamo alla necessita’ di ricorrere al congegno della qualificazione estimativa (e di comparazione con la liquidazione) dell’oggetto della garanzia, ai sensi dell’articolo 160, comma 2 L.F. e della previsione di una classe, per il credito residuo, la corte d’appello ha indicato quegli accorgimenti, assenti nella proposta, per sopperire al non soddisfacimento integrale, nel presupposto (qui assorbente) che la dilazione, a cause delle riscontrate caratteristiche, finisse inammissibilmente con il coincidere con tale evento negativo. Si osserva cosi’ che la parte non ha offerto, pur proponendone l’aggiramento, alcuna ragione nuova o insufficientemente considerata dall’applicato indirizzo di legittimita’ – che qui ci si limita a riportare, ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., comma 1, vigente ratione temporis – per il quale in materia di concordato preventivo, la regola generale e’ quella del pagamento non dilazionato dei creditori privilegiati: sicche’ l’adempimento con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della liquidazione, in caso di concordato cosiddetto liquidativo, quale non e’ nella fattispecie) equivale a soddisfazione non integrale degli stessi in ragione della perdita economica conseguente al ritardo, rispetto ai tempi normali, con il quale i creditori conseguono la disponibilita’ delle somme ad essi spettanti. La determinazione in concreto di tale perdita, rilevante ai fini del computo del voto ex articolo 177, comma 3 L.F., costituisce un accertamento in fatto che il giudice di merito deve compiere alla luce della relazione giurata ex articolo 160, comma 2 L.F. (cui nel caso la parte non e’ nemmeno ricorsa), tenendo conto degli eventuali interessi offerti ai creditori e dei tempi tecnici di realizzo dei beni gravati in ipotesi di soluzione alternativa al concordato, oltre che del contenuto concreto della proposta, nonche’ del regime legale degli interessi di cui agli articoli 54 e 55 L.F. (richiamato dall’articolo 169 L.F.) (Cass. 10112/2014, 20388/2014).

Appare allora precluso a questo Collegio, nella vicenda e per i limiti del ricorso, riaffrontare il tema, posto che anche la nozione di “tempi tecnici” necessari al soddisfacimento dei privilegiati non e’ chiaro a quali modalita’ organizzative solutorie si potesse riferire nella proposta, se ad essi nel piano di concordato la parte abbia dato rilievo e quale sia in definitiva il congegno adempitivo (oltre al mero pagamento dilazionato in se’ di capitale ed interessi) diverso dalla vera e propria liquidazione di beni. Era invero onere del creditore allegare e dimostrare che la dilazione di pagamento proposta determinava in capo a quei creditori privilegiati una perdita economica pienamente controbilanciata dalla entita’ degli interessi corrisposti, oltre che in equilibrio con la citata tempistica organizzativa del meccanismo del pagamento. Ne’ il primo ne’ il secondo punto hanno invece trovato alcuna illustrazione o prova. Il debitore non ha dimostrato che la misura e il tempo di corresponsione degli interessi da ritardo (solo calcolati secondo le previsioni contrattuali originarie o la sussidiaria fonte legale) di per se’ neutralizzassero ogni perdita economica che ciascun creditore pagato in ritardo comunque subisce. Ne’ identica dimostrazione ha riguardato il congegno organizzativo del pagamento, determinante per comprenderne e giustificarne la “normalita’”, alla stregua dei precedenti citati.

5. Il giudice di merito ha invero decisivamente accertato che la realizzazione degli attivi sopra citati – oltre tutto in un concordato non liquidatorio, ne’ di continuita’ aziendale ai sensi dell’articolo 186bis L.F. – era incerta, poiche’ essi nemmeno figuravano per intero e con definitiva disponibilita’ nel patrimonio della societa’. Si tratta di circostanza che consente di discorrere, in luogo di “tempi tecnici”, di una ben piu’ radicale alea, giudicata rilevante gia’ nella composizione patrimoniale. Essa integra un’obiettiva lacuna nella struttura del ricorso, impedendo di riconoscere – stando alla stessa prospettazione del debitore – un concordato con soddisfazione integrale: la dilazione di pagamento, in quanto riferita a tempi tecnici evanescenti e nonostante gli interessi compensativi, vulnerava la prevedibilita’ dello statuto economico proprio della aspettativa di certezza del creditore privilegiato, conseguendone l’obbligatoria verifica giudiziale della variante della falcidia. Quest’ultima presupponeva tuttavia il ricorso alla relazione giurata dell’articolo 160, comma 2 L.F. (assente) e il voto (almeno) per la parte residua non soddisfatta ex articolo 177, comma 3 L.F. (non previsto), quali condizioni di misurazione del sacrificio imposto pro parte ai creditori privilegiati, pur senza che la loro necessaria aggregazione qualitativa refluisse nella obbligatoria formazione di una classe, posto che l’equiparazione normativa ai chirografari restituiva ad essi una qualita’ omogenea a questi ultimi ai fini del voto.

Al rigetto del ricorso si accompagna la condanna alle spese del procedimento di legittimita’, liquidate secondo le regole della soccombenza e meglio indicate nel dispositivo, dandosi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna parte ricorrente alle spese del procedimento, liquidate – in favore di ciascuna parte costituita – in euro 7.200 (di cui euro 200 per esborsi), nonche’ al rimborso forfettario del 15% sui compensi e gli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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