Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 19 maggio 2016, n. 10329

Il rigetto dell’azione volta ad ottenere l’annullamento di un contratto di compravendita «per incapacità di intendere e di volere» dell’alienante non esclude la successiva azione, mirante questa volta alla nullità dell’atto, per «circonvenzione» del venditore.

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Il contratto di compravendita

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 19 maggio 2016, n. 10329

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2170-2013 proposto da:
(OMISSIS), (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso e procura speciale per Notaio dott. (OMISSIS) di TREVISO – Rep.n. (OMISSIS);
– controricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
nonche’ da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso e procura speciale per Notaio dott. (OMISSIS) di TREVISO – Rep.n. (OMISSIS);
– controricorrenti al ricorso incidentale –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 03/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/02/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;
udito, per il ricorrente TOMASONI e i controricorrenti e ricorrenti incidentali (OMISSIS) + 1, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso ed inammissibile la memoria avversa;
udito, per i controricorrenti, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) aveva venduto con atto notarile del 9/6/81 a (OMISSIS) ed ai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) la propria casa di abitazione e il terreno circostante. Il (OMISSIS) la (OMISSIS) era deceduta. Soltanto il figlio (OMISSIS) aveva accettato l’eredita’ con beneficio d’inventario ed aveva intrapreso un’azione rivolta a richiedere l’annullamento del predetto atto ex articolo 428 cod. civ. che si concludeva con la conferma del rigetto, gia’ affermato nei due gradi di merito, da parte della sentenza di questa Corte n. 2210 del 2004.
(OMISSIS) proponeva ulteriore azione volta a far dichiarare la nullita’ del predetto atto di cessione in quanto frutto della circonvenzione della venditrice da parte del figlio (OMISSIS).
Il giudice di primo grado riteneva inammissibile la domanda proposta accogliendo l’eccezione di giudicato proposta dalle parti convenute. In particolare, il Tribunale riteneva che presupposto necessario per il reato di circonvenzione d’incapace fosse “lo stato d’infermita’ e deficienza psichica della persona ovvero incapacita’ di provvedere ai propri interessi”. Ne conseguiva che tale presupposto fosse del tutto corrispondente all’incapacita’ naturale considerata nell’articolo 428 cod. civ., essendo sufficiente in entrambe la menomazione delle facolta’ intellettive e volitive in modo tale da impedire la formazione di una volonta’ cosciente. Nella specie era stato accertato con pronuncia passata in giudicato che non vi era prova dell’incapacita’ d’intendere e volere della venditrice al momento della stipula del contratto. Pertanto un elemento costitutivo della fattispecie di nullita’ posta a base del nuovo giudizio non era piu’ controvertibile.
Avverso tale pronuncia ha proposto appello (OMISSIS).
Il giudice di secondo grado ha riformato la pronuncia di primo grado dichiarando la nullita’ della compravendita immobiliare per circonvenzione d’incapace sulla base delle seguenti argomentazioni.
Sull’inopponibilita’ del giudicato:
l’articolo 428 cod. civ. richiede che le facolta’ intellettive e volitive del soggetto siano diminuite in modo tale da impedire od ostacolare una seria valutazione dell’atto e la formazione di una volonta’ cosciente. Nella circonvenzione d’incapace e’ invece sufficiente una diminuzione della capacita’ intellettiva ed un indebolimento di quella volitiva tali da rendere possibile l’altrui opera di suggestione o di agevolare l’attivita’ d’induzione svolta dal soggetto attivo per raggiungere il suo fine illecito. La valutazione giudiziale dell’infermita’ o deficienza psichica non deve, pertanto, essere condotta in termini assoluti ma tenendo conto del rapporto interattivo tra “incube” e “succube”.
Il giudice di primo grado ha, conseguentemente errato nel ritenere che anche per la fattispecie di circonvenzione d’incapace fosse presupposto ineludibile la totale mancanza della capacita’ d’intendere e volere ovvero che tale presupposto fosse un elemento costitutivo ed essenziale della fattispecie perche’, al contrario, e’ sufficiente uno stato di deficienza idoneo a consentire l’induzione approfittatrice.
Sulla fondatezza dell’azione:
1.La condotta d’induzione deve concretarsi in un’apprezzabile attivita’ di suggestione idonea a indurre a compiere un atto che comporti un effetto dannoso per chi lo compie o per altri. Si deve abusare dello stato di minorazione del soggetto passivo mediante una condotta di approfittamento o strumentalizzazione dello stato di debolezza della vittima.
Nella specie, la condizione psichica della (OMISSIS) risulta emergere gia’ nel 1978 nel corso di un procedimento d’inabilitazione laddove il consulente d’ufficio nel primo grado di giudizio aveva rilevato un discreto deficit di critica ed una netta situazione di dipendenza psicologica dal figlio (OMISSIS) tale da impedire una scelta libera e consapevole in ordine alla vendita della casa.
Proprio la determinazione a vendere l’unica casa di abitazione di cui la (OMISSIS) era proprietaria evidenzia, secondo il consulente, come la stessa fosse succube del figlio. Del resto dalla venditrice era stato dichiarato di essere stata convinta dal figlio a compiere tale cessione.
La sentenza d’inabilitazione, peraltro, e’ stata riformata dalla Corte d’Appello con sentenza del 25/5/81, ma soltanto sul rilievo che la (OMISSIS) non fosse affetta da malattia mentale senza che fosse esclusa la condizione di dipendenza psicologica evidenziata nell’indagine peritale.
Peraltro tale minorata condizione e’ stata confermata nell’agosto del 1981, due mesi dopo la stipula dell’atto di cessione immobiliare, quando all’esito di un ricovero ospedaliero venne riscontrato uno stato confusionale persistente in encefolapatia arteriosclerotica, condizione che si era aggravata rispetto al precedente ricovero del 1979.
Peraltro nel corso del successivo giudizio d’interdizione instaurato nell’ottobre del 1981 e’ emerso, nell’indagine peritale svolta nel 1982, circa un anno dopo l’atto, che la (OMISSIS) era affetta da demenza arteriosclerotica avanzata e percio’ si trovava in uno stato di abituale infermita’ mentale.
Pertanto, se nel maggio del 1982 la (OMISSIS) presentava un quadro avanzato di demenza e la patologia di cui soffriva era progressiva, doveva ritenersi verosimile che al momento della stipula fosse in una condizione di minorita’ tale da subire l’induzione del figlio (OMISSIS).
2. Premessa la condizione di minorazione psichica determinata anche dalla condizione di dipendenza psicologica dal figlio (OMISSIS) sussistente fin dal 1978, risulta provato anche l’abuso di tale stato di minorazione da parte del figlio e l’induzione a compiere l’atto di vendita per la venditrice che si e’ rivelato dannoso sia con riguardo alle modalita’ che agli esiti.
La condotta relativa alla circonvenzione d’incapace puo’ realizzarsi anche mediante l’uso di violenza morale cioe’ con comportamenti che si estrinsechino in atteggiamenti d’intimidazione del soggetto passivo, in grado di eliminare o ridurre la sua capacita’ di determinarsi, cosi’ condizionando la sua gia’ ridotta capacita’ di determinarsi.
La (OMISSIS) scrisse una lettera al curatore provvisorio nel 1979 nella quale lo pregava di tenere presente che non desiderava vendere al sua casa ma non voleva che il figlio lo sapesse perche’ temeva per la sua incolumita’.
Il 6/10/80 la (OMISSIS) in un’altra lettera rivolta dal figlio (OMISSIS) al curatore aggiungeva di suo pugno di proporre una soluzione che veniva incontro alle esigenze economiche del figlio (OMISSIS) che, tuttavia, non doveva sapere di questo progetto, dimostrando cosi’ di temerne le reazioni.
Tale condotta di pressione e violenza morale era confermata anche dai testimoni escussi.
Molteplici elementi sia documentali che testimoniali, evidenziavano l’attivita’ di suggestione, condizionamento ed addirittura intimidazione posta in essere da (OMISSIS) al fine di raggiungere lo scopo perseguito di ottenere la vendita dei beni immobili della madre.
3. In ordine alla dannosita’ della cessione e’ emerso che all’atto della stipula vennero consegnati davanti al notaio sei assegni circolari per l’importo di L. 140.000, tre assegni bancari per l’importo di 83.360.000 emessi a favore del figlio della (OMISSIS) (OMISSIS) ed un assegno di L. 6.640.000 a favore del notaio. A parte l’assegno intestato al notaio tutti gli altri assegni furono o emessi in favore di (OMISSIS) (assegni bancari) o a lui consegnati (assegni circolari) dal momento che da quest’ultimo vennero tutti posti all’incasso. La (OMISSIS) non ha riscosso alcun assegno, neanche quelli circolari. Pertanto quest’ultima nulla ottenne dalla vendita della casa ed anzi dopo qualche mese fu trasferita presso un istituto, con retta di L. 1.600.000 al mese a carico di (OMISSIS).
Tale soluzione non era quella voluta dalla (OMISSIS) ed anzi contribuira’ al suo definitivo deterioramento psichico.
4. In conclusione:
al momento della stipula del contratto la (OMISSIS) versava in uno stato di deficienza psichica ovvero di minorazione della sfera intellettiva e volitiva;
il figlio, abusando di tale stato, e facendo ricorso anche alla violenza morale, condiziono’ la sua capacita’ di agire inducendola a privarsi di tutte le sue proprieta’ immobiliari cedendole agli attuali acquirenti;
da tale attivita’ derivo’ ad essa un danno consistente nella privazione dell’ abitazione e nella mancata riscossione del ricavato della vendita.
Gli acquirenti concorsero a produrre il danno dal momento che girarono a (OMISSIS) gli assegni circolari e gli intestarono quelli bancari.
Il contratto, pertanto, deve essere dichiarato nullo per violazione della norma penale imperativa che incrimina la circonvenzione d’incapace il cui scopo va ravvisato proprio nella tutela dell’autonomia privata e della libera esplicazione dell’attivita’ negoziale delle persone in stato di menomazione psichica.
5. La Corte d’Appello ha accolto anche la domanda risarcitoria proposta nei confronti degli acquirenti in qualita’ di concorrenti, in quanto questi ultimi non potevano ignorare la condizione soggettiva della (OMISSIS) ove si consideri che si attivarono per la ricerca di un altro notaio dopo il rifiuto del primo professionista contattato per l’atto di cessione, rifiuto dovuto alla situazione poco chiara e soprattutto perche’ intestarono o girarono gli assegni relativi al corrispettivo al (OMISSIS).
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) nonche’ ricorso incidentale adesivo (OMISSIS) e (OMISSIS). Hanno resistito con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) in qualita’ di eredi di (OMISSIS). Hanno depositato memoria (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS) (nato nel (OMISSIS)) in qualita’ di eredi di (OMISSIS)
Non hanno proposto difese gli eredi di (OMISSIS) ovvero (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Nel primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 428 cod. civ. e dell’articolo 643 cod. pen. nonche’ la violazione dell’articolo 2909 cod. civ. e articolo 324 cod. proc. civ. per non avere la Corte d’Appello ritenuto coperto da giudicato l’accertamento relativo all’insussistenza dell’incapacita’ d’intendere e volere della (OMISSIS) al momento della stipula dell’atto. La censura e’ prospettata anche ex articolo 360 c.p.c., n. 5.
Secondo la parte ricorrente e’ errata l’affermazione secondo la quale ai fini dell’accertamento dell’incapacita’ naturale ex articolo 428 cod. civ. sarebbe necessaria una menomazione della sfera volitiva ed intellettiva di pari grado a quella richiesta per l’interdizione, pur se momentanea e transitoria, mentre nella circonvenzione d’incapace e’ richiesta solo una diminuzione della capacita’ d’intendere e volere che non consiste nella completa assenza delle facolta’ mentali.
Al contrario, secondo la giurisprudenza di legittimita’, ai fini dell’accertamento dell’incapacita’ naturale, e’ sufficiente uno stato di perturbamento psichico anche non dipendente da una precisa forma patologica purche’ tale da menomare pur senza escluderle le facolta’ intellettive e volitive del soggetto. (Cass. 12931 del 2009). E’ stata abbandonata una nozione assoluta dell’incapacita’ naturale per sostituirla con un accertamento che verifichi se si e’ determinata una condizione d’impedimento alla formazione di una volonta’ cosciente tale da far venire meno la capacita’ di autodeterminazione del soggetto e la consapevolezza in ordine all’atto che sta per compiere.
Anche in ordine alla fattispecie di cui all’articolo 643 cod. pen. e’ stato affermato che la deficienza psichica della vittima pur non dovendo consistere in una vera e propria malattia deve essere idonea a provocare un’incisiva menomazione delle facolta’ di discernimento e determinazione volitiva. Si deve comunque trattare di uno stato d’incapacita’ persistente, oggettivamente percepibile, desunto da fatti obiettivi e non solo in concomitanza con l’induzione. Quest’ultimo elemento costituisce un quid pluris ma non modifica il presupposto dell’incapacita’.
In entrambe le fattispecie la menomazione accertata non deve essere causata esclusivamente da una malattia mentale. Non e’ invece necessario, ai fini dell’incapacita’ naturale, una completa incapacita’ di autodeterminarsi derivante da uno stato patologico accertato. Infine tale elemento ha un rilievo autonomo anche nella circonvenzione d’incapace e non puo’ essere valutato in collegamento causale con l’induzione.
Pertanto l’accertamento di fatto compiuto sul possesso delle facolta’ intellettive e volitive in capo alla (OMISSIS) in sede di azione ex articolo 428 c.c., fa stato nel successivo giudizio, costituendo tale accertamento il presupposto per il riscontro degli altri elementi materiali del reato.
Ai fini della sussistenza del vizio di motivazione il ricorrente evidenzia che il giudice di merito non ha ricostruito il contenuto sostanziale del giudicato esterno che aveva riconosciuto la piena capacita’ della (OMISSIS) di provvedere ai propri interessi. Pertanto la sentenza impugnata ha violato il decisum e la ratio decidendi contenute nel giudicato avendo valutato gli stessi fatti costitutivi e disconosciuto il bene della vita irretrattabilmente riconosciuto al ricorrente.
Poiche’ il giudice di legittimita’ puo’ direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con esame diretto degli atti, in virtu’ del suo rilievo pubblicistico, si impone una nuova indagine sui limiti oggettivi del giudicato esterno, non essendo il sindacato di legittimita’ in questa ipotesi vincolato dall’interpretazione del giudice di merito.
La Corte d’Appello ha omesso di considerare la reiezione della domanda d’inabilitazione fondata sul possesso delle facolta’ intellettive e volitive della (OMISSIS) all’epoca dell’atto e le ragioni della vendita esplicitate fin dal 1977 con la volonta’ di estinguere i debiti e vivere una vecchiaia tranquilla, senza ansieta’ economiche, nonche’ la piena congruita’ del prezzo di vendita corrispondente a quello dell’asta giudiziaria in precedenza indetta dal curatore. Inoltre sono state ritenute rilevanti premesse di fatto la cui incidenza era stata esclusa con valore di giudicato nel precedente giudizio quali la pronuncia di primo grado del procedimento d’inabilitazione e talune deposizioni testimoniali ritenute superate da altri elementi di fatto.
In conclusione, gli elementi sui quali si sono fondate le complessive valutazioni della sentenza impugnata (incapacita’ psichica, induzione, abuso delle condizioni della vittima e condotta di cooperazione dei soggetti terzi), si fondano su premesse di fatto gia’ esaminate e poste a fondamento della pronuncia passata in giudicato.
Nel secondo motivo viene dedotta l’omessa, insufficiente contraddittoria e illogica motivazione circa un fatto decisivo e controverso consistente nell’avere, la Corte d’Appello, affermato, da un lato, che lo stato d’infermita’ mentale o di deficienza psichica ex articolo 643 c.p., non e’ riconducibile ad una malattia mentale, e dall’altro che dalla documentazione medica sarebbe emerso un quadro di rilevante deficienza psichica patologica come poteva desumersi dal fatto che nel maggio 1982 la (OMISSIS) presentava un quadro di demenza arteriosclerotica avanzata che ne determinava l’interdizione.
Tali affermazioni sono contraddittorie e incompatibili tra di loro in quanto tendono a far risalire lo stato di minorita’ psichica non patologico al 1978 e a dimostrare una condizione di cosi grave patologia tale da indurre all’interdizione due anni prima che l’interdizione fosse dichiarata.
Nel terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 643 c.p., nonche’ degli articoli 2727 e 2729 c.c., anche in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ il vizio di motivazione per avere la Corte d’Appello omesso di considerare che la volonta’ libera e consapevole della (OMISSIS) di dismettere il proprio patrimonio immobiliare era stata accertata attraverso il rilievo di plurimi e convergenti elementi di fatto del tutto omessi nella sentenza impugnata.
La (OMISSIS) aveva nel 1977 gia’ alienato alcuni campi circostanti la propria abitazione; nel 1978 aveva richiesto il rilascio dell’unita’ immobiliare goduta da (OMISSIS); aveva reso dichiarazioni nel 1978 nel corso del giudizio d’inabilitazione nelle quali ribadiva la propria volonta’ di vendere per mettere fine al disaccordo tra i figli e smettere di sostenere gli elevati costi di manutenzione; il p.m. aveva concluso per il rigetto dell’inabilitazione; l’istanza di alienazione del proprio compendio immobiliare formulata nel giudizio d’inabilitazione aveva ottenuto l’assenso del curatore e la valutazione positiva del giudice tutelare e la predisposizione dell’asta (non realizzata a causa della revoca dello stato d’inabilitazione); l’assenza di una malattia mentale era stata riconosciuta con la sentenza passata in giudicato di rigetto dell’inabilitazione. In questa pronuncia e’ stato negato anche lo stato di presunta dipendenza psichica dal figlio (OMISSIS), tale da poter condizionare la libera autodeterminazione della (OMISSIS), non ravvisandosi nella vecchiaia di per se’ una condizione di patologia mentale.
E’ risultato dall’esame globale dell’istruzione probatoria ed in particolare dalle relazioni dei consulenti tecnici d’ufficio espletate, che la (OMISSIS) avesse una capacita’ di libera e cosciente autodeterminazione. Non si erano riscontrate evidenze neurologiche o psichiatriche immediatamente prima e dopo la stipula dell’atto. I testi che hanno sottolineato la capacita’ della (OMISSIS) non sono stati considerati dalla sentenza impugnata.
Nel quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 643 c.p. e degli articoli 2727 e 2729 c.c., anche in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ il vizio di motivazione in ordine al requisito dell’induzione. Tale requisito si sostanzia in un’attivita’ di pressione morale, suggestione e persuasione.
La Corte d’Appello, pur avendo cosi’ configurato l’induzione e l’abuso, ha tuttavia desunto l’esistenza del requisito da condotte di violenza fisica e minacce riferite dai testi, ovvero elementi oggettivi caratterizzanti il diverso reato di estorsione, cosi’ confondendo il requisito dell’induzione con quello della costrizione, peraltro ignorando tutti gli elementi contrari gia’ illustrati ed in particolare la reiterata volonta’ di vendere manifestata dalla (OMISSIS) sia prima che nel corso del giudizio di inabilitazione.
Peraltro la Corte ha omesso di valutare l’assenza di pregiudizi per la (OMISSIS) dovuti alla vendita attesa la congruita’ del corrispettivo, la causa giustificatrice dell’alienazione (necessita’ di vita e pagamento dei propri debiti) e la non univocita’ della circostanza relativa alla consegna e intestazione dei titoli al figlio (OMISSIS) dal momento che la consegna era giustificata dall’esigenza che lo stesso si occupasse delle esigenze di vita della madre e del pagamento delle esposizioni debitorie.
Nel quinto motivo di ricorso viene dedotta la violazione dell’articolo 643 c.p., degli articoli 2727 e 2729 c.c., nonche’ il vizio di motivazione in ordine all’errato riconoscimento del pregiudizio patrimoniale per la (OMISSIS). Come gia’ rilevato, era del tutto giustificata sia la vendita che la consegna e l’intestazione dei titoli di pagamento al figlio (OMISSIS).
Nel sesto motivo viene dedotta la violazione dell’articolo 643 c.p., degli articoli 2727 e 2729 c.c., nonche’ il vizio di motivazione in ordine alla responsabilita’ concorsuale del ricorrente (OMISSIS). Tale responsabilita’ deve essere esclusa sia in ordine all’assoluta congruita’ del prezzo sia in ordine all’accertata non conoscenza delle condizioni psichiche della (OMISSIS) in particolare attestate dal rigetto della domanda d’inabilitazione, di poco tempo anteriore alla stipula, sia all’irrilevanza delle dichiarazioni di alcuni testimoni palesemente smentite da altre in ordine alla consegna degli assegni alla (OMISSIS) e alla logicita’ della successiva consegna al figlio per il deposito in banca e l’utilizzo per le esigenze evidenziate, atteso che la (OMISSIS) aveva 90 anni.
Il ricorso incidentale di (OMISSIS) e (OMISSIS) riproduce le medesime censure.
Preliminarmente deve essere affrontata l’eccezione d’inammissibilita’ del controricorso con ricorso incidentale delle parti (OMISSIS) e (OMISSIS). In primo luogo e’ necessario qualificare correttamente tale atto, dal contenuto del tutto adesivo e privo di autonomia rispetto al ricorso principale. E’ indubitabile la natura di litisconsorti necessari delle parti in questione, in quanto contraenti del contratto in ordine al quale si formula la censura di nullita’, in qualita’ di acquirenti del compendio immobiliare. Peraltro tale qualificazione e’ stata incontestatamente posta a base della loro partecipazione, ancorche’ in veste di parti non costituite, del giudizio di merito.
Da tale premessa consegue l’applicazione dell’orientamento di questa Corte, secondo il quale, in tema di giudizio di cassazione,quando “con il controricorso il litisconsorte si sia limitato ad aderire alla richiesta del ricorrente principale senza formulare una propria domanda di annullamento, totale e parziale della decisione sfavorevole, si e’ in presenza di una semplice costituzione in giudizio processualmente valida, anche se subordinata alla sorte dell’impugnazione principale, non essendo al riguardo necessaria la proposizione di un ricorso incidentale” (Cass. 7564 del 2006, conf. da S.U. 24627 del 2007 che estende il principio – solo questo posto in dubbio dalla giurisprudenza successiva – anche alle cause scindibili).
Deve, in conclusione, disattendersi l’eccezione preliminare esaminata.
I primi tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente perche’ logicamente connessi, avendo la comune finalita’ di censurare l’inopponibilita’ del giudicato costituito dall’accertamento dell’insussistenza dell’incapacita’ naturale della (OMISSIS) posta a base del rigetto della domanda di annullamento del contratto di cessione del complesso immobiliare in contestazione, all’azione rivolta a dichiarare la nullita’ del medesimo contratto ma per circonvenzione d’incapace.
I profili di censura sono i seguenti:
l’accertamento della condizione psichica nelle due fattispecie (incapacita’ naturale e circonvenzione d’incapace) e’ identico e del tutto sovrapponibile;
non sono stati considerati i numerosi riscontri fattuali coperti da giudicato che hanno indotto all’accertamento negativo di tale deficienza sotto il profilo dell’incapacita’ naturale anche in ordine alla congruita’ del prezzo della cessione;
la sentenza impugnata presenta una radicale incompatibilita’ argomentativa nella parte in cui fa discendere l’accertamento della deficienza psichica della (OMISSIS) al momento della stipula dall’accertamento svolto nel primo grado del giudizio d’inabilitazione ed infine dall’accertamento successivo, quello che ha condotto alla pronuncia d’interdizione senza considerare le risultanze di fatto e i diversi esiti dei giudizi in tale intervallo di tempo.
In primo luogo si ritiene necessaria una sintetica descrizione del quadro normativa delle due fattispecie in comparazione nel presente giudizio, alla luce dell’intervento ermeneutico svolto dalla giurisprudenza di legittimita’.
L’articolo 428 c.c., stabilisce che l’atto negoziale compiuto da persona incapace d’intendere e volere al momento della sua conclusione, puo’ essere annullato se ne risulta un grave pregiudizio per il suo autore. Ulteriore requisito e’ la malafede dell’altro contraente.
La fattispecie incriminatrice contenuta nell’articolo 643 c.p., e’ la seguente; “chiunque per procurare a se’ od ad altri un profitto, (…)abusando dello stato d’infermita’ o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso e’ punito (…)”.
Dalla mera comparazione testuale delle due fattispecie risulta gia’ enucleabile una prima rilevante differenza in ordine al requisito relativo all’anomala condizione soggettiva dell’autore dell’atto negoziale.
L’articolo 428 c.c., richiede l’accertamento di una condizione espressamente qualificata d’incapacita’ d’intendere e volere, ovvero uno stato patologico psichico che non consente ne’ di comprendere sul piano intellettivo e cognitivo la natura e gli effetti dell’atto che si compie ne’ d’impegnare liberamente la volonta’ personale nel regolamento d’interessi contenuto nell’atto predetto. Dal punto di vista dei requisiti del soggetto agente in condizione di minorita’ psichica la norma non richiede alcun altro accertamento. Il “grave pregiudizio” costituisce un requisito obiettivo e del tutto autonomo rispetto alla condizione dell’autore. Allo stesso modo opera la malafede dell’altro contraente, per integrare la quale non e’ affatto richiesto di concorrere nella realizzazione della condizione d’incapacita’ soggettiva dell’altro autore dell’atto, essendo sufficiente essere a conoscenza di tale condizione.
Nell’articolo 643 c.p., l’accertamento della situazione soggettiva di deficienza od infermita’ psichica e’ indissolubilmente legato a quello riguardante l’induzione a compiere l’atto. Ne consegue che non e’ necessario che si sia determinata una condizione d’incapacita’ d’intendere e volere ancorche’ transitoria, come richiesto ai fini dell’incapacita’ naturale, ovvero un sostanziale azzeramento della capacita’ cognitivo-intellettiva e di quella volitiva. E’ invece sufficiente che l’autore dell’atto versi in una situazione soggettiva di “fragilita’” psichica, derivante dall’eta’, dall’insorgenza o dall’aggravamento di una patologia nEurologica o psichiatrica anche connessa ai fattori sopra evidenziati o, come efficacemente indica la giurisprudenza penale di questa corte, “dovuta ad anomale dinamiche relazionali” (Cass. pen. 36424 del 2015) che consenta all’altrui opera di suggestione ed induzione di deprivare il personale potere di autodeterminazione, di critica e di giudizio.
rilievo della “anomala dinamica relazionale” nell’accertamento dell’elemento materiale del reato costituisce l’elemento di maggiore differenziazione tra le due fattispecie. Il grado di menomazione delle facolta’ intellettive e volitive e’ valutato all’interno del rapporto incube-succube. Se la “fragilita’” del soggetto passivo e’ idonea a determinare un condizionamento effettivo nella liberta’ di autodeterminazione di chi la esegue puo’ consumarsi il reato di circonvenzione d’incapace. Non e’ necessario un accertamento diagnostico di piena incapacita’ d’intendere e volere. E’ compatibile con il perfezionamento della fattispecie incriminatrice che il soggetto passivo possa rappresentarsi cognitivamente gli effetti (anche pregiudizievoli dell’atto) e che non li desideri per se’ ma se non riesce a sottrarsi per i fattori soggettivi sopra individuati alla sua commissione a causa dell’altrui induzione, puo’ integrarsi il complesso degli elementi costitutivi del reato.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza penale di legittimita’, “per la sussistenza dell’elemento dell'”induzione”, non e’ richiesto l’uso di mezzi coattivi o di artifici o raggiri, ma e’ pur sempre necessaria un’attivita’ apprezzabile di pressione morale, di suggestione o di persuasione, cioe’ di spinta psicologica” (Cass. pen. 28080 del 2015). L’accertamento della minorata condizione di autodeterminazione del soggetto passivo (Cass. pen. 39144 del 2013) e’ indefettibile (Cass. 17762 del 2014) ma non e’ diretto alla verifica di un’integrale incapacita’ d’intendere e volere, o di una condizione di grave compromissione di tale capacita’, ancorche’ non assoluta, come per la causa di annullamento del contratto prevista nell’articolo 428 c.c., essendo sufficiente che il complessivo indebolimento psichico consenta l’esercizio della pressione e dell’induzione necessaria a far compiere l’atto dannoso per la propria sfera giuridico-patrimoniale al soggetto passivo.
Anche gli orientamenti della giurisprudenza civile di legittimita’ confermano tale rilevante linea di demarcazione nell’accertamento di fatto posto a base delle due fattispecie. Con la pronuncia n. 8948 del 1994 (alla quale sono seguite le conformi 1427 del 2004; 12126 del 2006 e 2860 del 2008), e’ stato affermato il principio secondo il quale: “L’incriminazione della circonvenzione d’incapace, prevista dall’articolo 643 c.p. – il cui scopo va ravvisato, piu’ che nella tutela dell’incapacita’ in se’ e per se’ considerata, nella tutela dell’autonomia privata e della libera esplicazione dell’attivita’ negoziale delle persone in stato di menomazione psichica -, deve annoverarsi tra le norme imperative la cui violazione comporta, ai sensi dell’articolo 1418 c.c., oltre la sanzione penale, la nullita’ del contratto concluso in spregio della norma medesima”. La differenza con l’articolo 428 c.c., emerge gia’ dalla massima ufficiale, nella quale si sottolinea il differente bene giuridico che caratterizza la fattispecie incriminatrice rispetto al sistema civilistico di tutela dell’incapacita’. La differenza si coglie nella maggiore ampiezza dell’offensivita’ del delitto di circonvenzione d’incapace, in quanto lesivo, non in forma statica ma dinamica, del libero esercizio dell’autodeterminazione nella cura dei propri interessi e nella conseguente corretta ed affidabile circolazione dei beni. Nella motivazione della sentenza citata la differenza viene esplicitata in modo efficace nella parte in cui viene sottolineato “che non sussiste neppure omogeneita’ – dal lato passivo – tra la fattispecie dell’articolo 643 c.p. e quella dell’articolo 428 c.c., posto che il concetto di deficienza psichica, nella prima ipotesi, e’ stato, dalla giurisprudenza della S.C. esteso fino a ricomprendere qualsiasi menomazione del potere di critica, qualsiasi indebolimento della funzione volitiva o affettiva che agevolino la suggestionabilita’ e diminuiscano i poteri di difesa del soggetto passivo (situazioni che sono state ricollegate ai piu’ diversi fattori, quali il sesso, l’eta’, la debolezza di carattere, la carenza di cultura e di rapporti interpersonali: cfr. Cass. n. 439 del 1970; n. 64 del 1972; n. 4824 del 1979), mentre per l’incapacita’ naturale di cui all’articolo 428 c.c., si e’ richiesto una menomazione della sfera intellettiva e volitiva di particolare gravita’. (…) pari a quella necessaria per l’interdizione pur se momentanea e transitoria”.
Non si ignora la critica sollevata dalla dottrina alla configurazione del rapporto tra le due fattispecie, derivante dagli orientamenti soprarichiamati. Viene, in particolare, evidenziato che ad uno stadio di deficienza psichica meno grave consegue la sanzione della nullita’ radicale dell’atto mentre per l’incapacita’ naturale, che richiede un grado di compromissione elevato o una condizione analoga a quella che determina l’interdizione o l’inabilitazione, la conseguenza e’ soltanto quella dell’annullabilita’ dell’atto.
Deve rilevarsi che tale obiezione non considera la complessita’ delle condotte che integrano la fattispecie delittuosa. L’accertamento della menomazione della facolta’ di autodeterminarsi liberamente non esaurisce la pluralita’ degli elementi costitutivi del reato. Ad essa, deve accompagnarsi una “anomala dinamica relazionale” quale quella che si determina tra l’incute ed il succube. La creazione, il potenziamento o anche il solo approfittamento della relazione di superiorita’ costituisce il quid pluris del delitto di circonvenzione d’incapace perche’ ne sottolinea e ne stigmatizza la potenzialita’ offensiva non limitata al singolo atto. Nella fattispecie civilistica della causa di annullamento del contratto per incapacita’ naturale, invece, la finalita’ della norma e’ la salvaguardia del processo autodeterminativo in ordine ad un solo atto. Ne consegue un accertamento rigidamente determinato nel tempo e nell’oggetto che deve coincidere con l’incapacita’ d’intendere e volere. Come gia’ rilevato, la malafede dell’altro contraente non e’ dettata necessariamente da una condotta attiva rivolta verso l’autore dell’atto, ben potendo concretarsi nella mera conoscenza della condizione d’incapacita’ dell’altra parte contrattuale. La previsione
civilistica, in conclusione, si rivolge alla valutazione della corretta determinazione di volonta’ rivolta verso uno specifico atto. La fattispecie incriminatrice tende a reprimere una condotta illecita ad alta potenzialita’ offensiva. Il fatto che le conseguenze civilistiche dell’accertamento della condotta penalmente rilevante si rivolgono ad un singolo od a singoli atti non scalfisce la diversita’ delle due fattispecie, sotto il profilo dell’accertamento degli elementi oggettivi e soggettivi che le integrano. Il regime giuridico dell’invalidita’ degli atti negoziali si rivolge ai singoli atti anche quando la nullita’ deriva ex articolo 1418 c.c., dall’aver concluso un negozio in violazione di norme imperative, quali quelle penali.
Non si ravvisa alcuna contraddittorieta’, pertanto, nella nullita’ (Cass. 1427 del 2004; 12126 del 2006 e 2860 del 2008) conseguente all’accertamento della circonvenzione d’incapace del soggetto che pone in essere un atto con effetti dannosi per la propria sfera giuridico patrimoniale e nell’annullabilita’ ex articolo 428 c.c..
L’inopponibilita’ del giudicato intervenuto sull’insussistenza dell’incapacita’ naturale risulta peraltro confermato da una recente sentenza di questa Corte che ha escluso, ai fini dell’applicazione della sospensione del processo civile ex articolo 295 c.p.c., la sussistenza di un rapporto di pregiudizialita’ tra il giudizio civile rivolto all’accertamento dell’incapacita’ naturale del testatore e quello penale di circonvenzione d’incapace, ritenendo diverso l’oggetto dell’accertamento giudiziale, sotto il profilo dell’assolutezza del primo accertamento e della relativita’ dinamica del secondo.
Nella pronuncia si indica per l’incapacita’ naturale la necessita’ di un accertamento rivolto a verificare se i testatore sia “assolutamente privo della coscienza dei propri atti” ancorche’ temporaneamente; nella seconda “l’accertamento dello stato d’infermita’ fisica o deficienza psichica della vittima e’ necessariamente finalizzato alla dimostrazione di una specifica incapacita’ naturale di cui avrebbe profittato l’imputato in maniera da indurlo a compiere un determinato atto giuridico pregiudizievole per se’ o per altri” (Cass. 19767 del 2015).
In conclusione i primi tre motivi devono essere rigettati.
I rimanenti tre motivi possono ugualmente essere trattati in modo congiunto in quanto logicamente connessi. Essi sono diretti a contestare l’accertamento di fatto, svolto dalla Corte d’Appello, incensurabilmente in quanto adeguatamente ed esaurientemente motivato, in ordine all’accertamento degli elementi costitutivi del reato di circonvenzione d’incapace.
Le censure mosse sono, di conseguenza, inammissibili anche sotto il profilo dell’incompletezza, dal momento che la Corte territoriale ha estratto dalle risultanze istruttorie sia la condizione di deficienza psichica che la dipendenza psicologica dalla personalita’ del figlio (OMISSIS) (pag. 11, con riferimento all’accertamento peritale svolto del giudizio d’inabilitazione; sentenza di primo grado del giudizio d’inabilitazione, sentenza d’appello che pur escludendo l’inabilitazione non nega la condizione di dipendenza; l’aggravamento significativo dell’agosto 1981, due mesi dopo l’atto, oltre che irreversibile progressione successiva) nonche’ la condotta d’induzione (pag. 15 – 16 con riferimento alle lettere inviate al curatore provvisorio del procedimento d’inabilitazione e alle deposizioni testimoniali). Peraltro la Corte non ha trascurato le deposizioni testimoniali e le emergenze istruttorie contrastanti, dandone puntuale giustificazione (pag. 12 con riferimento alla sentenza d’appello del giudizio d’inabilitazione; pag. 14 con riferimento ai testi).
Quanto al danno subito dalla (OMISSIS) a causa della cessione del suo patrimonio immobiliare, la Corte d’Appello ha sottolineato che essa non ha ricevuto il corrispettivo e che ha dovuto lasciare la sua casa per andare in istituto dove e’ morta.
Ha pertanto ritenuto con valutazione comparativa insindacabile perche’ adeguatamente motivata, che la dedotta congruita’ del prezzo, non corrisposto alla (OMISSIS), fosse elemento di fatto recessivo rispetto al quadro probatorio contrario.
In conclusione il ricorso principale e quello incidentale, del tutto adesivo a quello principale, devono essere respinti. La natura della controversia e i complessivi rapporti tra le parti inducono alla compensazione integrale delle spese processuali di questo procedimento.

P.Q.M.

La Corte:
rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa le spese processuali del presente procedimento.

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