Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 7 dicembre 2016, n. 52181

In tema di sospensione dell’ordine di esecuzione di pene detentive, la condanna per il reato previsto dall’articolo 572 comma 2 del codice penalecostituisce causa ostativa alla sospensione dell’ordine di esecuzione, nonostante l’abrogazione di detta norma operata dal Dl 93/2013, convertito nella legge 119/2013, attesa la natura mobile del rinvio contenuto nell’articolo 656 comma 9 del Cppall’articolo 572 del Cpe la continuità normativa tra l’ipotesi formalmente abrogata e l’analoga previsione di cui al combinato disposto degli articoli 572 comma 1 e 61 comma 1 n. 11-quinquies

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale
sentenza 7 dicembre 2016, n. 52181

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Maria Stefani – Presidente

Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – rel. Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) (OMISSIS), nato il (OMISSIS);

Avverso l’ordinanza n. 1660/2015 emessa il 20/01/2016 dalla Corte di appello di Napoli;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del Dott. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20/01/2016 la Corte di appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza presentata da (OMISSIS) in riferimento all’ordine di esecuzione n. 1103/15 SIEP emesso dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli, in relazione al quale venivano richieste congiuntamente la revoca dell’ordine di esecuzione, la sua declaratoria di inefficacia e la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva, ai sensi dell’articolo 656 c.p.p., comma 5.

Il provvedimento di rigetto in esame veniva giustificato dal Giudice dell’esecuzione sul presupposto che il titolo esecutivo per il quale il (OMISSIS) era stato condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione riguardava il reato ostativo di maltrattamenti in danno di figli minori previsto dall’articolo 572 c.p., comma 2.

2. Avverso tale ordinanza il (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti per i provvedimenti richiesti, che erano stati valutati dalla Corte di appello di Napoli con un percorso motivazionale incongruo, che non teneva conto che il titolo esecutivo per il quale si procedeva non rientrava tra i reati ostativi, inerendo alla fattispecie dell’articolo 572 c.p., comma 1.

Si evidenziava, in proposito, che, al contrario di quando indicato nel titolo esecutivo presupposto, al (OMISSIS) il reato di cui all’articolo 572 c.p. non risultava contestato in forma aggravata ma in forma semplice; mentre, la circostanza di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies, pur indicata nello stesso titolo, non risultava contestata nel processo di cognizione.

La Corte di appello di Napoli, infine, non aveva tenuto conto del fatto che, nel giudizio di appello, erano state concesse al (OMISSIS) le attenuanti generiche con conseguente riduzione della pena, di cui il giudice dell’esecuzione non aveva tenuto conto ai fini dell’inquadramento della fattispecie di reato presupposta e della concessione dei provvedimenti richiesti dal condannato.

Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.

Deve, innanzitutto, rilevarsi che l’articolo 656 c.p.p., comma 9, lettera a), stabilisce che la sospensione dell’esecuzione di cui al comma 5 del predetto articolo non puo’ essere disposta nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’articolo 4-bis Ord. Pen. e negli altri casi indicati nello stesso comma, tra i quali e’ compresa la fattispecie contestata in fatto al (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 572 c.p., comma 2, consistente nei maltrattamenti in famiglia in danno di minori, risultando le condotte illecite ascrittegli commesse nei confronti dei propri figli di eta’ inferiore ai quattordici anni.

Questa fattispecie risulta formalmente abrogata dal Decreto Legge 14 agosto 2013, n. 93, articolo 1, comma 1 bis, convertito, con modificazioni, nella L. 15 ottobre 2013, n. 119.

Deve, tuttavia, rilevarsi che, nel caso di specie, come correttamente evidenziato nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 2 del provvedimento impugnato, l’aboliti criminis e’ solo apparente perche’ il medesimo provvedimento legislativo che ha eliminato formalmente l’articolo 572 c.p., comma 2 – mediante la previsione dell’articolo 1, comma 1 – ha introdotto la previsione nell’articolo 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies, aggiungendo l’ipotesi del minore ultraquattordicenne a quella del minore infraquattordicenne, rilevante nel caso in esame, per la quale vi e’ continuita’ normativa, come gia’ affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 22530 del 18/03/2015, B.T., non mass.).

Ribadita, pertanto, l’applicabilita’ al caso di specie dell’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies, si tratta di verificare se l’abrogazione formale dell’articolo 572 c.p., comma 2 possa incidere o meno sull’applicazione della disciplina della sospensione dell’ordine dell’esecuzione invocato in favore del (OMISSIS), tenuto conto dell’inclusione nel catalogo dei reati ostativi di cui all’articolo 656 c.p.p., comma 9, lettera a), della fattispecie di cui all’articolo 572, comma 2, non piu’ esistente ma sostituita da quella prevista dall’articolo 572 c.p., e articolo 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies.

In altri termini, occorre verificare se, nel caso in esame, e’ applicabile la disciplina della successione di leggi penali in senso sfavorevole al reo, cosi’ come disciplinata dall’articolo 2 c.p., comma 4, alla sospensione dell’esecuzione della pena detentiva invocata in favore del (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 656 c.p.p., comma 9, dovendosi intendere il riferimento all’articolo 572 c.p., comma 2, quale rinvio materiale (o fisso), anziche’ quale rinvio mobile (o formale).

A questo problema occorre fornire risposta negativa, discendendo cio’ all’evidenza dalla ratio dell’intervento legislativo che ha portato a sostituire l’aggravante dell’articolo 572 c.p., comma 2 con quella ora prevista dall’articolo 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies, in funzione di maggiore rigore punitivo e della natura e dello scopo della disposizione processuale in esame (articolo 656 c.p.p., comma 9) che, richiamando talune fattispecie incriminatrici, prescinde all’evidenza dalla formulazione linguistica delle stesse e consente alla norma richiamante di incorporarne le evoluzioni: cfr., mutatis e tra molte, Sez. 3, n. 14409 del 12/12/2012, dep. 2013, S.A., Rv. 254851, laddove si ricorda che una simile conclusione, non solo e’ “pienamente coerente con il criterio dell’interpretazione letterale di cui all’articolo 12 preleggi”, ma “nel settore penale e’ la tecnica del rinvio “mobile” o “formale” quella che appare piu’ coerente con il carattere permanente del potere del legislatore di compiere le scelte punitive (sez. 1, 28 gennaio 2005, n. 6775)”.

Non rileva, infine, la concessione delle attenuanti generiche in favore del (OMISSIS), atteso che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo affermato che ai fini della concessione delle misure alternative alla detenzione e’ causa ostativa all’applicazione del beneficio penitenziario richiesto la condanna irrevocabile per uno dei delitti indicati nell’articolo 4-bis Ord. Pen., a nulla rilevando, in senso contrario, il riconoscimento dell’equivalenza o della prevalenza di circostanze attenuanti sulle aggravanti, riguardando tale profilo esclusivamente il trattamento sanzionatorio (cfr. Sez. 1, n. 27557 del 27/05/2010, Mikovic, Rv. 247723).

2. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) deve essere rigettato, con la sua condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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