Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 26 aprile 2017, n. 19636

La Corte d’Appello non può avallare l’ordine di carcerazione sulla base di sentenze straniere non riconosciute in Italia sulla base del Dlgs 161/2010

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 26 aprile 2017, n. 19636

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORTESE Arturo – Presidente

Dott. BONITO Francesco – rel. Consigliere

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 471/2015 CORTE APPELLO di ANCONA, del 21/12/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO;

lette le conclusioni del PG Dott. TOCCI Stefano, il quale ha chiesto dichiararsi la inammissibilita’ del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza emessa il 30.6.2015, nell’ambito della procedura di cui alla L. n. 69 del 2005, la Corte di Appello di Ancona dichiarava, ai sensi della L. n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera r), l’insussistenza delle condizioni per la consegna del cittadino italiano (OMISSIS) all’Autorita’ Giudiziaria della Repubblica Romena in relazione al mandato di arresto Europeo n. 18/2015 emesso il 18.5.2015, per l’esecuzione della condanna, inflitta con sentenza penale del 25.11.2014 Sezione Penale Tribunale di Bacau, definitiva il 21.4.2015, a seguito della decisione della Corte di Appello di Bacau, alla pena di anni tre di reclusione e pena accessoria di anni uno per i reati di evasione fiscale ed associazione a delinquere previsti dalla L. n. 241 del 2005, articolo 9, comma 1, lettera c), articolo 41 c.p., comma 2, L. n. 39 del 2003, articolo 8, articolo 323 c.p. romeno, con revoca della sospensione condizionale della pena di mesi sei di reclusione inflitta con sentenza n. 583/3.12.2010 Pretura di Moinesti, definitiva a seguito di decisione n. A92/24.3.2011 Corte di Appello di Bacau, disponendo l’esecuzione in Italia della pena di cui alla citata sentenza, detratto il presofferto, secondo il diritto interno.

In data 16.7.2015 la Procura Generale presso la Corte di Appello di Ancona emetteva ordine di esecuzione per la carcerazione, con contestuale provvedimento di sospensione, in relazione alla sentenza della Corte di Appello di Ancona in data 30.6.2015 – definitiva il 12.7.2015 – avente ad oggetto la sentenza del Tribunale di Bacau in data 25.11.2014, definitiva il 21.4.2015, a carico di (OMISSIS), per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 e all’articolo 416 c.p., in ordine ai quali risultava condannato alla pena di anni tre di reclusione (pena principale) e alla pena accessoria di anni uno di interdizione dai pubblici uffici.

Con ordinanza in data 15.10.2015, la Corte di Appello di Ancona, ai sensi e per gli effetti del Decreto Legislativo n. 161 del 2010, procedeva al riconoscimento della sentenza emessa nei confronti di (OMISSIS) dal Tribunale di Bacau in data 25.11.2014 (irrevocabile il 21.4.2015) e conseguentemente revocava il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso con la sentenza pronunciata nei confronti del (OMISSIS) dalla Corte di Appello di Ancona in data 29.4.2010 (irrevocabile il 25.6.2010).

Il Procuratore Generale, con istanza del 29.10.2015, chiedeva che la Corte di Appello adita, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, volesse suddividere la pena in espiazione tra i reati oggetto di condanna, non sembrando tale suddivisione evincibile dalla sentenza dell’Autorita’ Giudiziaria della Romania.

Con istanza depositata il 20.10.2015, il difensore del (OMISSIS) chiedeva, ai sensi dell’articolo 666 c.p.p., comma 7, la sospensione dell’efficacia dell’ordinanza della Corte di Appello del 15.10.2015, avverso la quale aveva proposto ricorso per Cassazione, e tale istanza veniva rigettata dalla Corte di Appello con ordinanza del 3.11.2015.

Il difensore del (OMISSIS), premesso che avverso l’ordinanza del 15.10.2015 della Corte di Appello di Ancona era stato depositato ricorso per Cassazione, proponeva preliminarmente istanza ex articolo 666 c.p.p. affinche’ fosse dichiarata l’illegittimita’ dell’ordine di carcerazione emesso il 16.7.2015, poiche’ messo in esecuzione di sentenze straniere non riconosciute in Italia ex Decreto Legislativo n. 161 del 2010, e, per l’effetto, fosse disposto l’annullamento del predetto ordine di carcerazione, evidenziava l’opportunita’ di sospensione del procedimento sino alla definitiva pronuncia della Corte di Cassazione; chiedeva, quindi, in via principale, dichiarare l’illegittimita’ dell’ordine di carcerazione emesso il 16.7.2015 e, per l’effetto, disporne l’annullamento; in via subordinata, dichiarare l’illegittimita’ del predetto ordine di carcerazione nella parte in cui dava esecuzione alla sentenza emessa dalla Pretura di Moinesti, non riconosciuta in Italia e, di conseguenza, rideterminare la pena da espiare in anni due mesi sei di reclusione (anziche’ anni tre); quanto alla richiesta del P.G., chiedeva, in via principale, la sospensione del giudizio in attesa della definitiva pronuncia della Cassazione relativamente all’impugnazione dell’ordinanza della Corte di Appello del 15.10.2015; in subordine, dato atto dell’impossibilita’ di ricostruire il percorso motivazionale di calcolo della pena come inflitta dai Tribunale Romeno, procedere a verificare i criteri di computo della pena e di compatibilita’ delle pene ex Decreto Legislativo n. 161 del 2010, rideterminando la pena da espiare alla luce della corrispondente normativa italiana, partendo dai relativi minimi edittali e, di conseguenza, concedere al (OMISSIS) il beneficio dell’indulto in relazione alla sentenza della Corte di Appello di Ancona del 29.4.2010.

A fronte di tanto la Corte di appello di Ancona, con ordinanza del 21.12.2015, premesso in primo luogo che, allo stato, non risultava l’applicazione della invocata sentenza della Corte Costituzionale rumena n. 363/2015 in relazione alla decisione di condanna nei confronti del (OMISSIS), reputava non meritevoli di accoglimento e, pertanto, rigettava le richieste della difesa del (OMISSIS) di dichiarare l’illegittimita’ dell’ordine di carcerazione del 16.7.2015 e conseguentemente disporne l’annullamento, nonche’ di sospendere il procedimento in attesa della pronuncia definitiva della Corte di Cassazione in ordine all’impugnazione avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Ancona del 15. 10.2015, e cio’ in quanto:

– l’ordine di esecuzione del 16.7.2015 non era affetto da nullita’, essendo stato emesso dalla Procura Generale a seguito della sentenza della Corte di Appello di Ancona del 30.6.2015, divenuta definitiva per mancata impugnazione, che aveva disposto l’esecuzione in Italia, secondo il diritto interno, della pena di anni tre di reclusione (pena principale) e alla pena accessoria di anni uno, di cui alla sentenza del Tribunale di Bacau in data 25.11.2014, definitiva ii 21.4.2015, a carico di (OMISSIS), per i reati di evasione fiscale e associazione per delinquere, con revoca della sospensione condizionale della pena di mesi sei di reclusione inflitta con sentenza penale n. 585/3.12.2010 Pretura di Moinesti, definitiva con la decisione A92/24.3.2011 Corte di Appello di Bacau;

– in ogni caso, nella fattispecie doveva necessariamente tenersi conto del fatto che il cittadino italiano gravato dal M.A.E. ed arrestato aveva dedotto e dimostrato di trovarsi nelle condizioni previste dalla L. n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera r) ostative alla consegna ed aveva espressamente richiesto di eseguire la pena in Italia: condotta implicante il sostanziale riconoscimento della sentenza straniera e la perdita di interesse a dedurre le cause di rifiuto opponibili nella procedura direttamente regolata dal Decreto Legislativo n. 161 del 2010;

– peraltro, la Corte di Appello, con ordinanza del 15.10.2015, allo stato pienamente efficace, in sede di revoca della sospensione condizionale della pena di cui alla sentenza della Corte di Appello di Ancona del 29.4.2010, aveva anche provveduto al formale riconoscimento della sentenza rumena che comportava la revoca del predetto beneficio.

2. Propone ricorso il (OMISSIS), deducendo:

– violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 161 del 2010, articoli 9, 10, 13, 16, 17, 18 e 24 in relazione ai principi enunciati dalla decisione-quadro 2008/909/GAI omessa verifica della sussistenza delle condizioni generali per il riconoscimento della sentenza straniera, posto che:

– la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Ancona in sede di MAE si era limitata a statuire il rifiuto di consegna del condannato ex L. n. 69 del 2005, articolo 18, lettera r) e, di conseguenza, a disporre l’esecuzione in Italia delle sentenze straniere portate da suddetto MAE secondo le norme dell’ordinamento interno;

– detta sentenza, pur divenuta definitiva, non costituiva, da sola, titolo idoneo a fondare un legittimo ordine di carcerazione, ai fini della esecuzione delle sentenze straniere fra Stati che abbiano recepito la decisione-quadro 2008/909/GAI, mancando dei necessari requisiti, richiesti dalla normativa attualmente vigente (Decreto Legislativo n. 161 del 2010), richiedente, come da ormai uniforme giurisprudenza di legittimita’, “una complessiva operazione di “rilettura”, anche, se del caso, attraverso il ricorso alla procedura di consultazione con l’autorita’ competente dello Stato di emissione, si’ come espressamente introdotta e regolata dal cit. D.Lgs., articolo 73, comma 2″ (ex plurimis Cass. Pen, Sez. 6, n. 20527/t4): operazione non certo meramente formale, dovendosi “sempre precisare i reati per i quali il riconoscimento viene effettuato. tenuto conto, in particolare, della eventualita’ di un riconoscimento parziale (ex articolo 70, comma 3) ovvero delle possibili conseguenze legate, ad es., alle preclusioni a benefici penitenziari di cui all’articolo 4 bis Ord. Pen.”;

– nel caso in esame, tale operazione ermeneutica era stata totalmente omessa nella sentenza emessa dalla Corte territoriale in sede di MAE, tanto che la Procura Generale aveva ritenuto di poter compensare tale carenza indicando essa stessa e per la prima volta in sede di ordine per la carcerazione, i presunti reati violati dal condannato in base alla normativa italiana (articolo 416 c.p. e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 con riferimento alla sola sentenza del Tribunale di Bacau), con cio’ di fatto arrogandosi una prerogativa che la normativa riserva all’organo giudicante;

– un valido riconoscimento nei sensi di cui sopra della sentenza straniera non aveva neppure fatto la Corte di Appello con la successiva ordinanza del 15.10.2015, impugnata con autonomo ricorso per cassazione, essendosi la stessa ivi limitata a formulare un apodittico e non motivato riconoscimento, relativo peraltro alla sola sentenza del Tribunale di Bacau, omettendo la suddetta articolata operazione di `rilettura’;

– l’assenza del detto riconoscimento non poteva considerarsi sanato dal fatto che il (OMISSIS) avesse chiesto di scontare la pena in Italia, l’efficacia di una tale richiesta essendo comunque subordinata alla doverosa effettuazione del riconoscimento nei sensi sopra precisati (come da sentenza Cass. Pen. n. 53 del 5.1.2015), specificamente finalizzato a consentire la corretta esecuzione della pena in applicazione della normativa interna (indipendentemente dalla correttezza e/o equita’ del procedimento presupposto, posto in essere dall’autorita’ straniera).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso e’ fondato.

Preliminarmente occorre dare atto che in data 25.10.2016 questa Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza della Corte di appello di Ancona del 15.10.2015, ordinando l’immediata liberazione del (OMISSIS) se non detenuto per titoli diversi dalla sentenza 29.04.2010 della Corte di appello di Ancona e dalla sentenza del tribunale di Bacau (Romania) del 25.11.2014. In tal modo e’ venuto senz’altro meno uno dei presupposti invocati nel provvedimento impugnato a sostegno (sia pure postumo) della legittimita’ dell’ordine di carcerazione del 16.07.2015.

A sostegno di tale legittimita’ non possono poi certamente addursi la sentenza della Corte di Appello di Ancona del 30.6.2015, divenuta definitiva per mancata impugnazione, o il fatto che il cittadino italiano gravato dal M.A.E. ed arrestato aveva espressamente richiesto di eseguire la pena in Italia.

Com’e’ stato, infatti, ormai chiarito dalla giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 6, n. 53 del 30/12/2014 – dep. 05/01/2015, Petrescu, Rv. 26180301; conformi, fra le altre, sentt. N. 4413 del 2014 Rv. 258259, N. 20527 del 2014 Rv. 259785), in ordine al rapporto fra il Decreto Legislativo n. 161 del 2010 e la procedura di consegna basata sul mandato di arresto Europeo, occorre considerare il disposto di cui all’articolo 24 del detto D.Lgs., che estende l’applicazione del nuovo meccanismo procedurale ivi regolato alle ipotesi di esecuzione della pena o della misura di sicurezza previste dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, articolo 18, comma 1, lettera r) e articolo 19, comma 1, lettera c).

La nuova disciplina normativa, si propone di integrare il sistema di consegna del mandato d’arresto Europeo, con specifico riferimento alle evenienze della consegna in executivis (che e’ quella che viene in rilievo, giustappunto, nel caso in esame), limitatamente ai rapporti con quegli Stati membri (come la Romania) che hanno recepito nei loro ordinamenti la Decisione quadro 2008/909/GAI.

Le fattispecie previste dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, articolo 18, comma 1, lettera r) e articolo 19, comma 1, lettera c), attengono, come e’ noto, all’ipotesi in cui la procedura del mandato d’arresto Europeo riguarda un cittadino italiano, ovvero un residente o dimorante nel territorio italiano (cfr. Corte Costituzionale n. 227/2010), che dovrebbe essere consegnato ad un altro Stato membro per l’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, e della corrispondente ipotesi del mandato d’arresto Europeo emesso a soli fini processuali, ossia per l’esercizio dell’azione penale nei confronti di un nostro cittadino o di un residente nel territorio del nostro Stato.

Nelle evenienze dovranno, dunque, per regola, applicarsi le forme e i meccanismi procedimentali previsti dal Decreto Legislativo n. 161 del 2010, colmandosi in tal modo una lacuna normativa foriera di rilevanti problematiche interpretative, atteso che ne’ la legge sul mandato d’arresto Europeo, ne’ la correlativa decisione quadro, regolavano esplicitamente la procedura di riconoscimento e adattamento della sentenza straniera nel nostro ordinamento giuridico.

Vengono in rilievo, in particolare, non solo gli apprezzamenti in merito alla sussistenza delle condizioni generali per il riconoscimento della sentenza, ma anche le verifiche inerenti ai criteri di compatibilita’ della pena ed ai motivi di rifiuto specificamente indicati nelle disposizioni, in quanto ritenute compatibili, di cui al Decreto Legislativo n. 161 del 2010, articoli 10, 11 e 13, oltre al vaglio delle modalita’ di esecuzione successive al riconoscimento (articoli 16-17) ed alle implicazioni riconnesse all’eventuale applicazione del principio di specialita’ (articolo 18).

Valutazioni, queste, che la Corte anconitana non ha, nella sentenza del 30.06.2015, per nulla espresso nel caso in esame, e che il mutato quadro normativo impone di allargare all’ampio orizzonte delle condizioni, dei presupposti e dei motivi ostativi contemplati nelle su citate disposizioni del Decreto Legislativo n. 161 del 2010, attraverso, evidentemente, una complessiva operazione di “rilettura”, comportante fra l’altro la precisazione dei reati per cui il riconoscimento viene effettuato, con le connesse conseguenze, anche in tema di applicabilita’ dei benefici penitenziari di cui all’articolo 4 bis Ord. Pen..

Sulla sorte della ordinanza del 15.10.2015 si e’ gia’ detto.

Le esposte ragioni alla base del necessario rispetto della procedura di cui al Decreto Legislativo n. 161 del 2010 non possono all’evidenza essere neutralizzate dal fatto che il soggetto investito dalla richiesta di M.A.E. esecutivo abbia richiesto di scontare la pena in Italia. Se, invero, tale richiesta puo’ valere, in generale, come implicita rinuncia a far valere in un momento successivo eccezioni relative alla regolarita’ dello svolgimento del processo nel Paese richiedente (ipotesi a cui in effetti si riferisce la sentenza richiamata nel provvedimento impugnato Sez. 6, n. 46304 del 05/11/2014 – dep. 10/11/2014, Danila, Rv. 26082601), essa non puo’ in alcun modo tenere luogo e, quindi, comportare l’esclusione, delle complesse verifiche demandate al giudice del riconoscimento, che si pongono logicamente e istituzionalmente a valle della detta richiesta e non rientrano certamente nella competenza e nella disponibilita’ del soggetto privato attinti dal M.A.E..

Alla stregua di quanto sopra l’ordinanza impugnata e’ l’ordine di carcerazione del P.G. di Ancona del 16 luglio 2015 devono essere annullati senza rinvio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e l’ordine di carcerazione del P.G. di Ancona del 16 luglio 2015.

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