Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 28 settembre 2016, n. 19196

Sommario

In assenza di una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attivita’ negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo del diritti o delle aspettative dei creditori non e’, di per se’, illecito, sicche’ la sua conclusione non e’ nulla per illiceita’ della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alla parti, apprestando l’ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l’applicazione della sola sanzione dell’inefficacia.

Il motivo illecito che, se comune e determinante, determina la nullita’ del contratto, si identifica con una finalita’ vietata dall’ordinamento perche’ contraria a norma imperativa, ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiche’ diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa. Pertanto, l’intento delle parti di recare pregiudizio ad altri – quale quello di attuare una frode ai creditori, di vanificare un’aspettativa giuridica tutelata o di impedire l’esercizio di un diritto – non e’ illecito, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non rinvenendosi nell’ordinamento una norma che sancisca in via generale (come per il contratto in frode alla legge) l’invalidita’ del contratto in frode dei terzi, per il quale, invece, l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui attivita’ negoziale

Anche sotto il profilo della rilevanza, nella specie, della ipotesi di bancarotta preferenziale ai fini dell’accertamento della illiceita’ della Causa la decisione impugnata non appare condivisibile in quanto la violazione di una norma imperativa, nella specie la invocata disposizione della L. Fall., articolo 216, comma 3, non da’ luogo alla nullita’ del contratto ma costituisce il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della par condicio creditorum. L’articolo 1418 c.c., comma 1, con l’inciso “salvo che la legge disponga diversamente” impone infatti all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validita’ del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti dalla norma

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 28 settembre 2016, n. 19196

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere
Dott. FERRO Massimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) e per essa (OMISSIS) s.p.a., quale mandataria, giusta procura conferita per atto notaio (OMISSIS) di (OMISSIS), in persona del dirigente, (OMISSIS) che interviene in rappresentanza e con poteri di firma della (OMISSIS) s.p.a., per procura a rogito del notaio (OMISSIS) di (OMISSIS), elett.te dom.ta in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS) ( (OMISSIS), fax n. (OMISSIS)) che la rappresentata e difende, per procura speciale del 5 febbraio 2015;
– ricorrente –
nei confronti di:
Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persone dal curatore avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), per delega in calce al ricorso e giusta autorizzazione del G.D. in data 24 novembre 2010, che indica per le comunicazioni relative al processo il fax (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 285/2010 della Corte d’appello di Perugia emessa in data 18 marzo 2010 e depositata il 29 luglio 2010, R.G. n. 199/06;
sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore generale dott. Anna Maria Soldi che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:
1. Con ricorso L. Fall., ex articolo 101, del 28 novembre 1997 la Banca di Roma s.p.a. ha chiesto l’ammissione in via ipotecaria al passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l. del proprio credito di 1.459.313.026 Lire di cui 1.436.597.718 per saldo capitale del contratto di mutuo edilizio del 28 gennaio 1994, concesso da Banca di (OMISSIS) a (OMISSIS) s.r.l. e garantito da ipoteca iscritta, per 4.350.000.000 di Lire, il 29 gennaio 1994, e Lire 22.715.308 a titolo di interessi, maturati sino al 13 febbraio 1996, al tasso convenzionale dell’11.75%.
2. Il Fallimento costituendosi in giudizio ha negato la possibilita’ di ammettere il credito al passivo e comunque di ammetterlo in via ipotecaria. Ha infatti eccepito la nullita’ del contratto di mutuo perche’ stipulato al solo fine, comune a entrambe le parti, di precostituire una situazione di indebito vantaggio in favore della banca in vista della ritenuta prossima apertura di una procedura concorsuale, con ricorrenza di una causa illecita in quanto corrispondente alla volonta’ di alterare la par condicio creditorum e tale da realizzare, pur non essendo cio’ essenziale ai fini del riconoscimento della nullita’ del contratto, una ipotesi di bancarotta preferenziale in concorso con la banca. La curatela fallimentare ha inoltre prospettato: la nullita’ del contratto, in relazione alla sua natura di mutuo di scopo edilizio, perche’ all’epoca della stipula la costruzione dell’immobile oggetto del finanziamento era pressoche’ ultimata e la somma mutuata era stata in realta’ destinata al pagamento di crediti chirografari della (OMISSIS) verso la stessa Banca di (OMISSIS) e altri creditori; la simulazione del contratto in relazione alla sua natura di mutuo edilizio e alla iscrizione di ipoteca a fronte della reale volonta’ delle parti di estinguere le preesistenti obbligazioni e di sostituire crediti ipotecari a crediti altrimenti chirografari. Il Fallimento ha altresi’ contestato l’ammontare del credito rilevando l’incremento del capitale rispetto alla somma che la banca aveva dichiarato di erogare (1.150.000.000 Lire) e contestando la quantificazione degli interessi.
3. Il Tribunale di Terni, con sentenza n. 150/2006, ha dichiarato la nullita’ del contratto di mutuo e della iscrizione di ipoteca ex articoli 1345 e 1418 c.c., ritenendo la stipulazione del contratto avvenuta con il comune e illecito motivo di alterare la par condicio creditorum.
4. Ha proposto appello Banca di (OMISSIS) rilevando che non esisteva un motivo determinante comune, consistente nel voler alterare la par condicio creditorum, dato che il mutuo era stato utilizzato, oltre che per coprire l’esposizione verso Banca di (OMISSIS), anche per pagare tutti i creditori o per soddisfare esigenze imprenditoriali di (OMISSIS) consistenti nella ultimazione dell’immobile cui faceva riferimento il mutuo. Ha contestato in ogni caso la dichiarazione di nullita’ del contratto essendo in ipotesi esperibile l’azione revocatoria L. Fall., ex articolo 67.
5. La Corte di appello di Perugia, con sentenza n. 285/10, ha respinto l’appello ritenendo sussistenti le cause di nullita’ gia’ rilevate in primo grado e quella ulteriore di elusione di norme imperative di cui all’articolo 1344 c.c..
6. Ricorre per cassazione (OMISSIS) s.p.a. e, premesso che il credito ipotecario di Banca di (OMISSIS) e’ quindi da (OMISSIS) s.p.a. (incorporante per fusione di (OMISSIS)), che lo ha ceduto a (OMISSIS) s.p.a., e, propone due motivi di impugnazione, illustrati con memoria difensiva, con i quali deduce: a) violazione e falsa applicazione degli articoli 1343, 1345 e 1418 c.c., in ordine alla pretesa nullita’ del contratto di mutuo edilizio e della iscrizione di ipoteca per violazione della par corsatela credi tonni; b) violazione e falsa applicazione dell’articolo 1344 c.c., nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla presunta frode alla legge della costituzione di ipoteca e alla sua rilevanza penale.
1. Si difende con controricorso il Fallimento (OMISSIS).
Ritenuto che:
2. Il ricorso e’ fondato. La giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che in assenza di una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attivita’ negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo del diritti o delle aspettative dei creditori non e’, di per se’, illecito, sicche’ la sua conclusione non e’ nulla per illiceita’ della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alla parti, apprestando l’ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l’applicazione della sola sanzione dell’inefficacia (Cass. civ., sez. 3, n. 23158 del 31 ottobre 2014). Il motivo illecito che, se comune e determinante, determina la nullita’ del contratto, si identifica con una finalita’ vietata dall’ordinamento perche’ contraria a norma imperativa, ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiche’ diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa. Pertanto, l’intento delle parti di recare pregiudizio ad altri – quale quello di attuare una frode ai creditori, di vanificare un’aspettativa giuridica tutelata o di impedire l’esercizio di un diritto – non e’ illecito, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non rinvenendosi nell’ordinamento una norma che sancisca in via generale (come per il contratto in frode alla legge) l’invalidita’ del contratto in frode dei terzi, per il quale, invece, l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui attivita’ negoziale (Cass. civ. sez. 1, n. 20576 del 4 ottobre 2010, Cass. civ. S.U. n. 10603 del 25 ottobre 1993).
3. Anche sotto il profilo della rilevanza, nella specie, della ipotesi di bancarotta preferenziale ai fini dell’accertamento della illiceita’ della Causa la decisione impugnata non appare condivisibile in quanto la violazione di una norma imperativa, nella specie la invocata disposizione della L. Fall., articolo 216, comma 3, non da’ luogo alla nullita’ del contratto ma costituisce il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della par condicio creditorum. L’articolo 1418 c.c., comma 1, con l’inciso “salvo che la legge disponga diversamente” impone infatti all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validita’ del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti dalla norma (cfr. Caso. civ. sez. 3 del 12 ottobre 1982 n. 5270, n. 6668 del 1 agosto 1987).
4. Va pertanto accolto il ricorso e cassata, con rinvio alla Corte di appello di Perugia, la sentenza impugnata che ha dichiarato la nullita’, ex articoli 1344, 1345 e 1418 c.c., dei contratti su cui si e’ fondata l’istanza di ammissione per le ragioni sin qui esposte.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.

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