Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 9 gennaio 2018, n. 232. In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte


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Conclusivamente, si insta affinche’ questa Corte annulli l’impugnata ordinanza con trasmissione degli atti al tribunale di Vicenza.
4. Con requisitoria scritta depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 16.06.2017, il P.G. presso la S.C. di Cassazione ha chiesto annullarsi con rinvio l’impugnata ordinanza; in particolare, osserva il P.G. come, anche sulla scorta della giurisprudenza di legittimita’, in caso di scissione la configurabilita’ del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, non puo’ essere esclusa, in via generalizzata ed astratta, sulla base di quanto prevede l’articolo 2506 quater c.c., essendo invece richiesto al giudice penale di analizzare le concrete modalita’ con cui la scissione viene operata e la verifica degli eventuali effetti di pericolo per la riscossione delle imposte dovute dalla societa’ che si scinde, nella specie mancata.
5. Con memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 4.09.2017, la difesa degli indagati (OMISSIS) e (OMISSIS) ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso del P.M., argomentando in relazione a tutti e tre i motivi di ricorso del P.M.: a) quanto al primo, sostiene che il tribunale ha correttamente rilevato l’insussistenza del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, non avendo pregiudicato l’operazione di scissione la riscossione del credito tributario; b) quanto al secondo motivo, contesta che l’atto di scissione abbia avuto l’effetto concreto di rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, non avendo avuto la scissione l’effetto di sottrarre cespiti alle pretese tributarie, in quanto i beni di cui era titolare la societa’ scissa ed attribuiti alla societa’ beneficiaria nata dalla scissione, resterebbero soggetti all’aggressione dell’Erario in forza della disciplina normativa richiamata (articolo 2506 quater c.c.; Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 15, comma 2; articolo 173, comma 13, TUIR); si aggiunge che la sentenza di questa Corte richiamata in ricorso non sarebbe pertinente, in quanto le operazioni di scissione rappresentavano solo un tassello di un ben piu’ complesso disegno, laddove invece nel caso in esame viene contestata la violazione dell’articolo 11 citato solo per essere stata posta in essere un’unica operazione di scissione; c) quanto, infine, al terzo motivo, si evidenzia l’inammissibilita’ del motivo in quanto con esso viene ad essere dedotto un vizio di motivazione, non censurabile ai sensi dell’articolo 325 c.p.p., ne’ potendosi configurare nel caso in esame una delle ipotesi che consentirebbero a questa Corte di esercitare il sindacato di legittimita’, non versandosi in ipotesi di motivazione apparente od inesistente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
6. Il ricorso e’ fondato.
7. Ed invero, rileva il Collegio, e’ sicuramente ravvisabile nell’ordinanza impugnata (al di la’ della sindacabilita’ in questa sede del vizio di motivazione sotto il profilo della contraddittorieta’ e dell’illogicita’ manifesta, precluso in questa sede dalla previsione dettata dall’articolo 325 c.p.p., come correttamente dedotto nella memoria difensiva depositata in limine litis) il vizio di violazione di legge dedotto dal PM ricorrente anche sotto il profilo dell’omessa motivazione, deducibile in questa fase. Si e’ infatti affermato come, in tema di impugnazione di misure cautelari reali, l’omesso esame di punti decisivi per l’accertamento del fatto, sui quali e’ stata fondata l’emissione del provvedimento di sequestro, si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 325 c.p.p., comma 1 (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015 – dep. 03/07/2015, P.M. in proc. Baronio e altro, Rv. 264011).
L’ordinanza, infatti, dopo aver operato una sintetica descrizione della fattispecie penale oggetto di contestazione, giunge ad affermare, in cio’ mostrando di condividere quanto argomentato dal GIP nell’ordinanza di rigetto della richiesta di sequestro preventivo, che la disciplina dell’articolo 2506 quater c.c. in materia di scissione societaria, prevede all’u.c. che “Ciascuna societa’ e’ solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della societa’ scissa non soddisfatti dalla societa’ cui fanno carico”; si legge nell’ordinanza impugnata che Equitalia risulta aver inviato alla (OMISSIS) cartelle esattoriali inerenti debiti erariali a carico della (OMISSIS) in quanto responsabile in solido; difetterebbe per i giudici del riesame, l’elemento costitutivo del delitto ipotizzato, rappresentato dall’idoneita’ della condotta a rendere inefficace anche solo parzialmente la procedura di riscossione, con conseguente mancanza del fumus del delitto di cui all’articolo 11 citato.

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