Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 31 gennaio 2018, n. 2353. In tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalita’ telematiche, per soddisfare l’onere di deposito della copia autentica

segue pagina antecedente
[…]

la tesi difensiva dell’ente ricorrente secondo cui l’INPS non dispone di margini di discrezionalita’ nella determinazione del prezzo e nella qualificazione dell’immobile offerto in vendita, e’ del tutto indifferente allo schema di diritto civile, applicabile anche nella procedura di dismissione degli immobili degli enti pubblici previdenziali (articolo 1323 c.c.: in difetto di norme di legge derogative), della conclusione dell’accordo produttivo di effetti giuridici reali ed obbligatori mediante lo scambio del consenso delle parti (principio consensualistico: articoli 1321, 1326, 1372, 1376 c.c.), atteso che il dedotto vincolo imposto all’ente pubblico si colloca in un momento cronologicamente anteriore al perfezionamento del contratto, ed esattamente nella fase della formazione “procedimentale” della volonta’ del soggetto pubblico, destinata poi a manifestarsi all’esterno attraverso il compimento dell’atto preparatorio del contratto, costituito dalla proposta, la quale per il fatto di provenire dall’ente pubblico non per questo diverge per struttura, funzione e contenuto da quella che e’ una dichiarazione ricettizia diretta alla conclusione del negozio e produttiva dei limitati effetti previsti dal codice civile.

Ferma la distinzione evidenziata da Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 9692 del 22/04/2013, nell’ambito della disciplina normativa della dismissione degli immobili appartenenti al patrimonio degli ente pubblici previdenziali (ai sensi del Decreto Legislativo n. 104 del 1996, articolo 6 e del Decreto Legge n. 351 del 2001, articolo 3, commi 7 ed 8, conv. in L. n. 410 del 2001,) tra esercizio del diritto di opzione – parificata nel regime normativo, ex articoli 1331 e 1329, alla proposta irrevocabile – ed esercizio del diritto di prelazione, e considerato che nella specie alla offerta di promessa di vendita formulata dall’ente era seguita la conforme accettazione dell’opzionario-promissario, osserva il Collegio che la differente qualificazione “di pregio” attribuita all’immobile oggetto del preliminare, nelle more della stipula del rogito, dal Decreto Ministeriale 13 aprile 2007 (pubblicato in GU n. 108 dell’11.5.2007), non poteva comunque incidere, modificandola, sulla determinazione del prezzo indicato nella offerta, effettuata in base alla perizia estimativa della Agenzia del Territorio ed al Decreto Ministeriale 19 settembre 2004 (che aveva invece qualificato “non di pregio” detto immobile), con applicazione del doppio beneficio dello sconto del 30% sul valore corrente di mercato – in quanto immobile non di pregio – e della ulteriore riduzione percentuale prevista per la vendita tramite mandato collettivo all’acquisto.

Ed invero l’assunto difensivo secondo cui il Decreto Ministeriale del 2007 dovrebbe ricondursi alla categoria dei provvedimenti autoritativi, determinativi del contenuto di “clausole o prezzi”, che si impongono nei rapporti dei privati con effetto sostitutivo delle eventuali disposizioni negoziali difformi (articolo 1339 c.c.) non tiene conto:

a) che il decreto di qualificazione dell’immobile si inserisce nel procedimento “a monte” e non “a valle” della manifestazione di volonta’ negoziale dell’ente pubblico: il provvedimento amministrativo interviene “ab interno” a definire la sfera di azione del proponente, essendo rivolto a condizionare la determinazione del prezzo di vendita che verra’ ad integrare gli elementi essenziali diretti alla conclusione dell’accordo: una volta concluso l’accordo (e salvo che ricorrano vizi della volonta’ dell’ente – per errore essenziale riconoscibile – tali da determinare l’annullabilita’ dell’accordo) e’, quindi, irrilevante la successiva modifica dei criteri di determinazione del contenuto della proposta contrattuale;

b) della di(OMISSIS)lina della efficacia nel tempo dei provvedimenti amministrativi diretti ad incidere autoritativamente nella sfera giuridica dei privati ex articolo 1339 c.c.: il provvedimento sostitutivo della clausola negoziale o del prezzo pattuito, non puo’ che operare per l’avvenire (articolo 11 preleggi), salvo espressa previsione legislativa di retroattivita’ nella specie insussistente, non essendo derogato tale principio dall’effetto invalidante che il provvedimento sostitutivo produce sulla clausola sostituita che cessa di essere applicabile e produrre effetto in quanto da ritenersi invalida (si tratta di nullita’ circoscritta alla clausola che non si propaga al contratto – “vitiatur sed non vitiat”: articolo 1419 c.c., comma 2). Ed infatti nei casi di nullita’ sopravvenuta, anche di clausole da ritenersi essenziali nel contratto, la invalidita’ non va ad incidere sugli elementi della formazione del negozio che attengono al momento genetico, ormai esaurito, ma opera cronologicamente con effetto “ex nunc” determinando la nullita’ della clausola nei contratti in corso dal momento della sostituzione per la successiva durata del contratto (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. del 26/01/2006, con riferimento alla disposizione dell’articolo 1956 c.c., comma 2, introdotta dalla L. n. 154 del 1992, articolo 10, che sanzionava a pena di nullita’ la clausola di rinuncia del fidejussore ad avvalersi della eccezione liberatoria: la Corte ha statuito che la nullita’ sopravvenuta, con effetto da quel momento ed in forza dell’applicazione dell’articolo 1339 c.c., della clausola convenzionale, non si applica alle obbligazione sorte prima della modifica normativa, ma esclusivamente ad obbligazioni principali che siano sorte soltanto dopo quel momento. VEDI, analogamente, con riferimento alla nullita’ della fidejussione omnibus, senza determinazione del limite massimo di garanzia, Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2871 del 09/02/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 1580 del 20/01/2017; in relazione alla sopravvenuta nullita’ della L. 10 dicembre 1981, n. 741, ex articolo 4, dei patti in contrario o in deroga alla disaciplina degli interessi per ritardo nei pagamenti spettanti all’appaltatore di opere pubbliche: Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9747 del 10/05/200).

Nella specie il procedimento di formazione della volonta’ dell’ente pubblico si era correttamente svolto nel momento in cui era stato concluso il preliminare di vendita.

Ne’ in contrario puo’ obiettarsi che la causa del preliminare di vendita si caratterizza per la volonta’ delle parti di differire gli effetti reali ed obbligatori definitivi della compravendita in funzione della esigenza di “controllare” le sopravvenienze che possono incidere sulla concreta attuazione del negozio finale.

Se, infatti, non pare dubitabile anche per il contratto preliminare la esperibilita’, dalla parte promittente e promissaria, dei rimedi risolutori previsti per i contratti a prestazioni corrispettive in caso di sopravvenuta impossibilita’ od eccesiva onerosita’ della prestazione (cfr. Corte Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5690 del 20/06/1996; id. Sez. 2, Sentenza n. 4423 del 04/03/2004; id. Sez. 2, Sentenza n. 9314 del 11/04/2017 – tutte con riferimento alla eccessiva onerosita’ sopravvenuta), la vicenda in esame non si connota, tuttavia, per la ricorrenza dei presupposti individuati dai predetti rimedi contrattuali, atteso che alla successiva emanazione del Decreto Ministeriale 1 aprile 2007, non puo’ riconoscersi l’intervento del “factum principis” impeditivo della realizzazione del programma negoziale concordato con il preliminare, tenuto conto che il provvedimento amministrativo sopravvenuto, non immuta il regime giuridico della circolazione o della appartenenza del bene. Ed infatti il Decreto Ministeriale 1 aprile 2007, n. 108, non va ad incidere:

a) sul bene oggetto della compravendita, rendendolo illecito od impossibile ex articolo 1346 c.c., ovvero del tutto inidoneo all’uso o trasformandolo in un bene diverso ex articoli 1490 e 1497 c.c.: non interviene, infatti, a modificare la natura (immobile ad uso residenziale), la consistenza fisica, la destinazione urbanistica, ed in generale le qualita’ essenziali pattuite; ne’ a qualificare il bene come “res extra commercium”;

b) sul diritto che deve essere trasferito: non apponendo vincoli o limitazioni all’esercizio del diritto di proprieta’ sul bene che dovra’ essere acquistato dal promissario;

c) sugli effetti reali del contratto definitivo, cosi’ da rendere inattuabili le obbligazioni derivanti dal preliminare: non ponendo alcuna norma di divieto al trasferimento della proprieta’ dell’immobile e dunque non configurando illecita la cessione del bene.

In sostanza il decreto ministeriale in questione ha attribuito una “nuova” qualifica all’immobile sito in (OMISSIS) che prima non aveva (essendo stato qualificato “non di pregio” dal Decreto Ministeriale 19 settembre 2004). Essendo tale decreto funzionale esclusivamente al procedimento di determinazione del prezzo di vendita unilateralmente affidato all’ente pubblico proponente, giusta le disposizioni del Decreto Legge 25 settembre 2001, n. 351, articolo 3, commi 7, 8 e 9, conv. in L. 23 novembre 2001, n. 410, non puo’ evidentemente operare al di fuori del procedimento nel quale si inserisce quale atto presupposto, potendo una sua violazione eventualmente riverberare come vizio del consenso inerente alla formazione della volonta’ dell’ente pubblico, sicche’ se la proposta (offerta in opzione), che costituisce l’atto finale attraverso il quale si estrinseca la volonta’ negoziale dell’ente pubblico, va esente da vizi di invalidita’ in quanto non risultano violate le norme di legge che ne disciplinavano la formazione al tempo in cui l’atto e’ stato adottato ed ha prodotto – a seguito della accettazione dell’opzionario – gli effetti vincolanti dell’accordo preliminare (2006), deve ritenersi che, in difetto di espressa indicazione di retroattivita’ disposta per legge, la “nuova” qualifica attribuita all’immobile dal Decreto Ministeriale emanato nel 2007 non potra’ che operare “ex nunc”, vincolando la determinazione del prezzo da indicare nelle “nuove” offerte di vendita dell’ente pubblico relative ad appartamenti ubicati in quello stabile, ma non potra’, invece, interferire, ne’ tanto meno impedire la realizzazione della “causa solvendi” che deve riconoscersi alla stipula del contratto definitivo di compravendita in quanto attuativo di un preliminare valido ed efficace.

Ad analoga soluzione sono pervenute le Sezioni Unite di questa Corte nell’esaminare un caso analogo (cfr. Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 6023 del 25/03/2016) affermando che, perfezionatosi il contratto “al momento stesso dell’accettazione, perfettamente coincidente con la proposta” deve ritenersi irrilevante “qualsiasi successiva mutazione della qualifica dell’immobile. Irrilevanza anche ai fini della disposizione dell’articolo 1339 c.c., siccome il contratto s’era gia’ perfezionato al momento del subentro della nuova qualifica….”.

Le doglianze prospettate dal controricorrente, non proposte con ricorso incidentale, sono insuscettibili di esame da parte di questa Corte in quanto inammissibili.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

Le spese del giudizio di legittimita’, debbono porsi a carico del ricorrente soccombente e sono regolate come da dispositivo.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1 comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara improcedibile il ricorso. Dichiara inammissibili gli ulteriori motivi dedotti con controricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *