Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 7 febbraio 2018, n. 3015. La conservazione del tenore di vita matrimoniale, richiamato  a sostegno della richiesta di quantificazione dell’assegno in misura superiore a quella riconosciutale, non costituisce piu’ un parametro di riferimento utilizzabile

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Quest’ultimo parametro va apprezzato con la necessaria elasticita’ e l’opportuna considerazione dei bisogni del richiedente l’assegno, considerato come persona singola e non come ex coniuge, ma pur sempre inserita nel contesto sociale. Per determinare la soglia dell’indipendenza economica occorrera’ avere riguardo alle indicazioni provenienti, nel momento storico determinato, dalla coscienza collettiva e, dunque, ne’ bloccata alla soglia della pura sopravvivenza ne’ eccedente il livello della normalita’, quale, nei casi singoli, da questa coscienza configurata e di cui il giudice deve farsi interprete, ad essa rapportando, senza fughe, le proprie scelte valutative, in un ambito necessariamente duttile, ma non arbitrariamente dilatabile. E’ questa una valutazione di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione nei ristretti limiti in cui lo consente il novellato articolo 360 c.p.c., n. 5.

Con il quarto motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 2002, n. 115, poiche’ la sentenza aveva posto a carico di entrambe le parti soccombenti il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, mentre tale versamento non discende dal mero rigetto dell’impugnazione, ma dalla manifesta infondatezza della domanda e dalla mala fede della parte impugnante.

E’ inammissibile il motivo di ricorso per cassazione, come quello in esame, avverso le statuizioni della sentenza di appello che abbiano dato atto della sussistenza o insussistenza dei presupposti per l’erogazione, da parte del soccombente, di un importo pari a quello corrisposto per il contributo unificato, in quanto tale rilevamento, essendo un atto dovuto collegato al fatto oggettivo delle definizione del giudizio in senso sfavorevole all’impugnante, non ha un contenuto decisorio suscettibile di impugnazione, sicche’ l’eventuale erroneita’ dell’indicazione sul punto potra’ essere solo segnalata in sede di riscossione (Cass. n. 22867 del 2016).

In conclusione, il ricorso e’ rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alte spese, liquidate in Euro 2100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi.

Doppio contributo a carico della ricorrente come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi.

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