Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 24 gennaio 2018, n. 1748. Il provvedimento giurisdizionale che dapprima non esamini le prove richieste dalla parte, ne’ per accoglierle ne’ per rigettarle, e poi rigetti la domanda ritenendola indimostrata, viola il minimo costituzionale richiesto per la motivazione.

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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso e’, diversamente da quanto dedotto dalla societa’ controricorrente, ammissibile. Se e’ vero, infatti, che nell’ambito dell’esposizione sommaria dei fatti non viene dato rilievo alla motivazione della sentenza resa dalla corte d’appello, riportandone il dispositivo, e’ anche vero che tale modalita’ espositiva non pregiudica l’intelligibilita’ del significato e della portata delle censure che avverso la stessa sentenza vengono rivolte, ove si consideri che, sempre nell’ambito dell’esposizione sommaria dei fatti, e’ dato ampio spazio sia all’iter logico-argomentativo della sentenza di primo grado, sia ai motivi di gravame e alle conclusioni delle parti innanzi alla corte territoriale; onde e’ ben comprensibile quali siano state le argomentazioni addotte dai giudici di secondo grado. Solo per completezza, dunque, puo’ notarsi come – benche’ non siano destinate a integrare l’esposizione sommaria dei fatti – ampie parti della sentenza impugnata siano state riportate nell’ambito dei motivi pertinenti. Quanto alla riproduzione testuale di taluni atti processuali sempre nell’ambito dell’esposizione sommaria dei fatti, essa – in quanto concerne un numero limitato di atti facilmente enucleabili – non comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza (cfr. Cass. n. 18363 del 18/09/2015).
2. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, indicati:
– nella consegna degli immobili costruiti ai ricorrenti;
– nell’articolo 6 dell’atto di vendita a rogito notar (OMISSIS) del 22/01/2004;
– nella lettera raccomandata a.r. del 16/03/2004 dell’avv. (OMISSIS). Sostengono che, avendo la corte d’appello statuito che, in relazione alla qualificazione dell’azione ex articolo 1667 c.c., il termine per la denuncia dei vizi decorresse dall’immissione in possesso, la stessa corte abbia trascurato di individuare tale momento, invece ricostruibile in base ad atti che gli stessi ricorrenti avevano prodotto e discusso nella loro evidenza dimostrativa, il cui esame era stato trascurato, atteso che dal rogito risultava l’immissione in possesso in data 22/01/2004 e dalla lettera raccomandata risultava la denuncia in data 16/03/2004. Tali fatti sono dedotti come decisivi, in quanto idonei a invalidare il percorso argomentativo della corte d’appello. Inoltre, i ricorrenti indicano di aver articolato prova testimoniale atta a chiarire la tempistica della denuncia, non ammessa in primo grado in quanto ritenuta assorbita dalle evidenze della consulenza tecnica; istanze istruttorie che, in diversa ipotesi, avrebbero dovuto essere prese in esame dalla corte d’appello prima di poter denegare l’azione per ritenuta decadenza.
3. Con il secondo motivo la censura di omesso esame e’ reiterata con riferimento al fatto, ritenuto decisivo, della qualifica professionale del sig. (OMISSIS), indicata dalla corte d’appello come quella di geometra, mentre dal rogito per notar (OMISSIS) risulterebbe chiaramente – cio’ che sarebbe stato trascurato – che egli e’ un modesto artigiano, privo di competenze tecniche. Il fatto sarebbe decisivo in quanto, diversamente da quanto ritenuto dalla corte territoriale, cio’ condurrebbe alla conclusione che il termine per la scoperta dei vizi potrebbe solo decorrere dalla data del 13/04/2004 di redazione della relazione del tecnico di parte geom. (OMISSIS).
4. Con il terzo motivo la censura di omesso esame e’ reiterata con riferimento ai fatti della tempestiva denuncia dei vizi e difetti da parte di essi ricorrenti emergenti, oltre che dalla consegna degli immobili costruiti ai ricorrenti, dall’articolo 6 dell’atto di vendita a rogito notar (OMISSIS) del 22/01/2004 e dalla lettera raccomandata a.r. del 16/03/2004 dell’avv. (OMISSIS) (cfr. primo motivo), nonche’ dalle istanze istruttorie contenute nella memoria in data 20/10/2006 depositata nel procedimento di primo grado, tendenti all’emersione della tempestivita’ predetta, la cui ammissione era stata ritenuta superflua in primo grado in quanto superata da altro materiale probatorio, ma il cui esame non poteva essere omesso dalla corte d’appello, stante la decisivita’.
5. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’articolo 1362 c.c. e segg. e dei principi di ermeneutica contrattuale. Lamentano che la corte d’appello, facendo applicazione del principio della prevalenza del contratto definitivo sul preliminare, sia comunque venuta meno al suo obbligo di ricostruire l’effettiva volonta’ dei contraenti tenendo anche conto degli elementi di prova scritta contestuali al definitivo come richiesto dalla giurisprudenza in tema di rapporti tra contratto preliminare e definitivo, ricostruzione che invece la sentenza del Tribunale di Saluzzo aveva effettuato (in particolare, in riferimento alla scrittura contestuale al definitivo di assunzione di garanzia ex articolo 1669 c.c., anche estesa ai piani sotterranei, nonche’ nell’assunzione – all’articolo 2 del definitivo – dell’obbligo di esecuzione delle opere per assicurare l’abitabilita’ e l’agibilita’, oltre alla prova documentale della corresponsione del maggior prezzo indicato nel preliminare e a diversi altri elementi documentali relativi al completamento delle opere da parte della s.n.c.).

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