Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 8 febbraio 2018, n. 3095. Esclusa la condotta antisindacale da parte della Ulss che nega la sala per la riunione se l’assemblea è indetta da un solo componente della Rsu

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1. Con l’unico motivo di ricorso, articolato in piu’ punti, il ricorrente denuncia ex articolo 360 c.p.c., n. 3 “violazione e falsa applicazione della L. 20 maggio 1970 n. 300, articolo 28, in base al combinato disposto degli articoli 4 e 5 dell’accordo interconfederale 20/12/1993” nonche’, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, omessa insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia. Sostiene, in sintesi, il Nursind che la condotta tenuta dall’Azienda doveva essere qualificata antisindacale in quanto l’accordo interconfederale richiamato in rubrica estende ai componenti delle RSU le prerogative sindacali ed i poteri riconosciuti ai dirigenti delle RSA fra i quali rientra quello di indire anche singolarmente l’assemblea dei lavoratori ai sensi dell’articolo 20 dello Statuto. Aggiunge che anche la disciplina dettata dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 42, dall’articolo 5 dell’accordo collettivo quadro per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni, dall’articolo 2 del C.C.N.L. quadro del 7 agosto 1998 ed infine dall’articolo 8 del C.C.N.L. per il comparto sanita’ consente di pervenire alle medesime conclusioni perche’ equipara i componenti della rappresentanza unitaria ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali. Sostiene, infine, che la possibilita’ di procedere ad una convocazione disgiunta e’ stata posta a salvaguardia della effettivita’ del diritto, al fine di evitare che lo stesso potesse essere pregiudicato dall’eventuale inerzia delle altre rappresentanze.

2. Il ricorso e’ infondato.

Occorre premettere che il Decreto Legislativo n. 165 del 2001 detta agli articoli 42 e 43 disposizioni volte a disciplinare, in relazione ai rapporti di pubblico impiego contrattualizzato, sia l’esercizio dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro, sia la rappresentativita’ ai fini della contrattazione.

La normativa, che ricalca sostanzialmente quella gia’ dettata dal Decreto Legislativo n. 396 del 1997, e’ speciale rispetto al modello dello Statuto dei lavoratori, innanzitutto perche’ valorizza un concetto di rappresentativita’ che tiene conto sia del dato associativo sia della forza elettorale delle singole associazioni, ammesse a partecipare alla contrattazione collettiva nazionale a condizione che abbiano “nel comparto o nell’area una rappresentativita’ non inferiore al 5%, considerando a tal fine la media fra il dato associativo e il dato elettorale”.

L’articolo 42, inoltre, pur richiamando nell’incipit le tutele previste dalla L. n. 300 del 1970, obbliga le amministrazioni ad osservare “le disposizioni seguenti in materia di rappresentativita’ delle organizzazioni sindacali ai fini dell’attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell’esercizio della contrattazione collettiva”, disposizioni che regolano la materia in termini diversi rispetto al settore privato.

In particolare la norma, oltre a prevedere il potere delle organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione ex articolo 43 di costituire rappresentanze sindacali aziendali ai sensi della L. n. 300 del 1970, articolo 19 disciplina ai commi da 4 a 10 “l’organismo di rappresentanza unitaria del personale” e, pur demandando alla contrattazione collettiva nazionale la definizione delle modalita’ di costituzione e di funzionamento, detta principi generali che valgono come limiti esterni alla contrattazione, prevedendo un sistema elettivo basato sul criterio proporzionale puro (a differenza di quello previsto dall’accordo interconfederale del 20.12.1993 che riserva un terzo dei seggi alle organizzazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo) e stabilendo, inoltre, che alla competizione devono essere ammesse a partecipare anche le organizzazioni sindacali che non abbiano i requisiti di cui all’articolo 43, purche’ siano dotate di un proprio statuto ed abbiano aderito “agli accordi e ai contratti collettivi che disciplinano l’elezione e il funzionamento dell’organismo”.

Si tratta, quindi, di un sistema che garantisce una rappresentanza sindacale il piu’ possibile pluralista e che si differenzia, sotto diversi aspetti, dalla disciplina dettata dalla legge e dalle parti collettive per il settore privato.

2.1. Quanto alle prerogative sindacali il legislatore, dopo avere previsto in linea generale che “i componenti della rappresentanza unitaria del personale sono equiparati ai dirigenti delle rappresentanze sindacali ai fini della L. 20 maggio 1970, n. 300 e del presente decreto” affida anche in tal caso alla contrattazione collettiva il compito di stabilire “i criteri e le modalita’ con cui sono trasferite ai componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali”, e sempre alla contrattazione rinvia per la disciplina delle modalita’ “con le quali la rappresentanza unitaria del personale esercita in via esclusiva i diritti di informazione e di partecipazione riconosciuti alle rappresentanze sindacali aziendali dall’articolo 9 o da altre disposizioni della legge e della contrattazione collettiva”.

Nella vigenza del Decreto Legislativo n. 396 del 1997, il cui contenuto e’ stato poi trasfuso nel testo del richiamato articolo 42, sono, quindi, intervenuti l’Accordo quadro per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie del 7/8/1998 e il C.C.N. quadro di pari data sulle modalita’ di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi nonche’ delle altre prerogative sindacali, che dettano un’analitica disciplina dei compiti e delle funzioni delle RSU, dei rapporti fra associazioni sindacali ed RSU, delle modalita’ di esercizio dei diritti riconosciuti ai lavoratori, ai dirigenti sindacali ed alle organizzazioni.

Infine in detto quadro generale, delineato dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 42 e dagli accordi sopra richiamati, si innesta la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva dei singoli comparti.

Si tratta, quindi, di un sistema di fonti normative e contrattuali diverso da quello che regola la stessa materia per il lavoro privato, sicche’ non rileva nella fattispecie il principio di diritto recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13978 del 6/6/2017, che ha interpretato l’Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993, affermando che gli articoli 4 e 5 dello stesso riconoscono il diritto di indire l’assemblea, di cui alla L. n. 300 del 1970, articolo 20 non solo alla RSU considerata collegialmente ma anche a ciascun componente.

L’accordo in questione, infatti, non si applica, per quanto sopra evidenziato, all’impiego pubblico contrattualizzato, nel cui ambito anche la disciplina del diritto di assemblea e’ dettata dalla contrattazione collettiva.

3. Gli accordi quadro del 7 agosto 1998 sono gia’ stati oggetto di interpretazione diretta da parte di questa Corte che, con specifico riferimento al tema che qui viene in rilievo, ha affermato che “l’articolo 2, comma 2, del contratto collettivo nazionale quadro sulle modalita’ di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi, e delle altre prerogative sindacali, per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni stipulato il 7 agosto 1998, in relazione a quanto stabilito dall’articolo 10 dello stesso contratto e dagli articolo 5 e 8 dell’accordo collettivo quadro per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni e per la definizione del relativo regolamento elettorale stipulato in pari data, si interpreta nel senso che il diritto di indire assemblee dei dipendenti spetta alla RSU quale organismo elettivo unitariamente inteso e a struttura collegiale, che assume ogni decisione secondo il regolamento eventualmente adottato o, in mancanza, a maggioranza dei componenti, non ai singoli componenti della stessa RSU.” (Cass. 16.2.2005 n. 3072).

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