CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 19 aprile 2016, n. 7719

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo – Presidente
Dott. VENUTI Pietro – Consigliere
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5652-2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., P.I. (OMISSIS);
– intimata –
Nonche’ da:
(OMISSIS) S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1058/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/09/2012 r.g.n. 948/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/12/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso principale, rigetto dell’incidentale.
 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 
1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 13/6/2012, ha confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva riconosciuto la legittimita’ del licenziamento intimato da (OMISSIS) SpA a (OMISSIS), dipendente della societa’ licenziato con provvedimento del 14 luglio 2009 a seguito di contestazione in data 17 giugno 2009 di quattro addebiti disciplinari, con recidiva, riconoscendo la sussistenza di giustificato motivo soggettivo in luogo della giusta causa contestata. La Corte aveva condannato, altresi’, la societa’ al pagamento dell’indennita’ sostitutiva del preavviso, respinto nel resto il ricorso del lavoratore.
2. A fondamento del decisum la Corte territoriale rilevava che le prove testimoniali avevano confermato la sussistenza dei singoli episodi contestati, alcuni di particolare gravita’, connotati da comportamenti che trascendono le previsioni di sanzioni conservative; osservava che, tra l’altro, la contrattazione collettiva prevedeva il licenziamento per cumulo di sanzioni. Rilevava che la circostanza che non vi fosse stata una reazione immediata da parte datoriale consentiva di ritenere che non si trattasse di fatti tali da impedire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto, come richiesto dall’articolo 2119 c.c. Provvedeva, pertanto, alla conversione del titolo di licenziamento, sul rilievo che a detta conversione potesse provvedersi anche d’ufficio.
3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Piluso con unico motivo. Resiste (OMISSIS) S.p.A. con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..
 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 
Va preliminarmente disposta la (Ndr: testo originale non comprensibile) del ricorso principale e di quello incidentale ex articolo 335 c.p.c..
1. Con l’unico motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7, comma 6 in rapporto alla L. 15 luglio 1966, n. 604, articolo 1, all’articolo 2119 c.c. e all’articolo 55 del contratto collettivo. Osserva che i giudici del merito avevano valutato, in applicazione della recidiva di cui all’articolo 55 del CCNL del 2006, con cio’ violando anche la norma contrattuale, sette provvedimenti disciplinari pregressi impugnati e pacificamente sospesi, introducendo la distinzione tra non eseguibilita’ e valutazione delle sanzioni. Rileva che per tutte le sette sanzioni (OMISSIS) s.p.a. aveva rifiutato l’arbitrato, optando per la via giudiziaria, senza poi dar.
2. Il ricorso e’ privo di fondamento. Ed invero la Corte territoriale ha fondato la decisione su un duplice rilievo: da una parte, ha considerato la particolare gravita’ dei quattro episodi oggetto di contestazione (specie quello del 21 maggio 2009, allorche’ il lavoratore, mentre si trovava nella mensa aziendale, rivolse “frasi irriferibili all’indirizzo dei superiori gerarchici, in modo da essere sentito da tutti gli astanti”), dall’altra ha attribuito rilevanza anche ai comportamenti anteriori a quelli riportati nella contestazione. Ne consegue che la censura non investe la prima ragione fondante del ragionamento dei giudici del merito, e cio’ e’ sufficiente a determinare il rigetto del ricorso. Va rilevato, comunque, che la valutazione dei precedenti non e’ erronea, poiche’ la sospensione spiega effetti esclusivamente sull’applicazione della sanzione prevista per la singola mancanza, ma non preclude la possibilita’ di tenere conto della medesima, non piu’ considerata isolatamente, ma come concorrente a costituire, unitamente ad altre, il piu’ grave illecito disciplinare per il quale la normativa contrattuale prevede il licenziamento. In tal senso si e’ espressa la giurisprudenza di legittimita’, alla quale il Collegio intende dare continuita’ (cosi’ Cass. 172/2005: “Questa Corte (Cass., sez. lav., 27 aprile 1996, n. 3915) ha gia’ affermato – e qui ribadisce – che, con riguardo a contratto collettivo il quale preveda che alcune mancanze del lavoratore, di per se’ costituenti illeciti disciplinari e punite con specifica sanzione, siano valutabili, in caso di recidiva, come unico comportamento sanzionabile con il licenziamento, la richiesta del lavoratore di costituzione del collegio di conciliazione ed arbitrato, in relazione alle sanzioni irrogate per quelle mancanze non preclude al giudice di tener conto – in sede di verifica della legittimita’ del recesso del datore di lavoro – delle sanzioni predette, atteso che la sospensione prevista (come effetto della suindicata richiesta) dalla L. n. 300 del 1970, articolo 7, comma 60, agisce su misure disciplinari gia’ efficaci e si risolve in una mera temporanea ineseguibilita’ (per la parte non ancora sofferta dal lavoratore) che e’ limitata alle sanzioni relative alle infrazioni considerate singolarmente e non gia’ quali componenti del complesso e piu’ grave illecito disciplinare sanzionato con il licenziamento. Questo orientamento e’ peraltro conforme a Cass. 20 agosto 1991 n. 8973 che gia’ in precedenza aveva affermato che la richiesta del lavoratore di costituzione del collegio di conciliazione ed arbitrato, in relazione alle sanzioni irrogate per quelle mancanze, non preclude al giudice di tener conto – in sede di verifica, della legittimita’ del recesso del datore di lavoro – delle sanzioni predette. Quindi la mera impugnativa innanzi al collegio arbitrale non e’ preclusiva, ma il giudice deve fare una valutazione complessiva del merito (ossia della reiterazione del comportamento addebitato); ed e’ cio’ che in concreto ha fatto la Corte d’appello che in realta’ non si e’ limitata a tener conto del dato formale della recidiva, bensi’ ha apprezzato, con giudizio di fatto non censurabile in sede di legittimita’, quello sostanziale del comportamento reiterato”).
3. Con il ricorso incidentale (OMISSIS) S.p.A. deduce: articolo 360, n. 3 violazione o falsa applicazione dell’articolo 2119 c.c. e dell’articolo 55 CCNL Art. 360, n. 5 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto (la sussistenza di una giusta causa) controverso o decisivo per il giudizio. Rileva che il giudice di secondo grado ha ritenuto correttamente la gravita’ dei comportamenti del lavoratore, giudicandoli tali da giustificare la sanzione massima del licenziamento, contraddittoriamente escludendo la sussistenza della giusta causa sulla scorta della sola mancanza di reazione immediata da parte datoriale. In tal modo ha trascurato di considerare che il principio di immediatezza della contestazione deve essere inteso in senso relativo.
4. Il motivo e’ infondato, non solo perche’ non e’ specifico quanto all’indicazione dei dati concernenti la distanza temporale della contestazione, ma anche perche’, con censura non consentita in questa sede, investe una valutazione delle risultanze istruttorie effettuata dai giudici d’appello, sottoponendo alla Corte di legittimita’ questioni di mero fatto atte a indurre a un preteso nuovo giudizio di merito precluso in questa sede.
5. Il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale giustificano la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimita’.
 

P.Q.M.

 
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e quello incidentale.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e quello incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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