Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite

sentenza 19 aprile 2016, n. 7700

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Primo Presidente f.f.
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez.
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere
Dott. MATERA Lina – Consigliere
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10912-2009 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono, per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 505/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 17/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2015 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;
uditi gli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel marzo del 1995 (OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bologna la s.r.l. (OMISSIS) e, deducendo di avere acquistato dalla stessa un autoveicolo Opel Astra che presentava vizi di verniciatura sia nella parti interne che in quelle esterne, chiedeva dichiararsi risolto il relativo contratto di compravendita e condannarsi la convenuta alla restituzione del prezzo di acquisto maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria nonche’ al risarcimento del danno.
2. La convenuta si costituiva e contestava sotto vari profili la domanda, chiedendo ed ottenendo di chiamare in causa in garanzia la (OMISSIS) s.p.a. (divenuta poi (OMISSIS)) per essere sollevata e tenuta indenne dalle eventuali conseguenze sfavorevoli del giudizio.
La convenuta, in particolare, domandava che – previo accertamento che i vizi dell’autovettura esistevano gia’ al momento in cui la (OMISSIS) le aveva trasferito la proprieta’ della stessa e che, pertanto, sussisteva la sua responsabilita’ nei suoi confronti – la (OMISSIS) fosse dichiarata tenuta a garantire ed a tenere indenne la (OMISSIS) da ogni e qualsiasi conseguenza pregiudizievole comunque derivante dalla soccombenza, anche parziale, rispetto alle pretese dell’attrice e che, pertanto, fosse condannata a rimborsarle quanto fosse stata eventualmente condannata a pagare per qualsiasi titolo alla (OMISSIS).
3. La (OMISSIS) si costituiva e – per quello che si legge nella sentenza in questa sede impugnata – non contestava l’esistenza del dedotto rapporto di garanzia, ma contestava la fondatezza della domanda principale, evidenziando l’inesistenza di qualsivoglia rapporto fra essa ed il pubblico degli acquirenti delle autovetture di sua costruzione, la limitazione della garanzia alla riparazione e messa in efficienza della vettura nuova (a carico del commissionario o dell’officina Opel), il fatto che i difetti non erano gravi e che essa si era offerta di effettuare quanto necessario per eliminarli.
4. Istruita la causa con l’espletamento di prove per testi e di una c.t.u., il Tribunale, in persona di un G.O.A., con sentenza dell’ottobre del 2003, rigettava nel merito tutte le domande svolte dall’attrice, con compensazione delle spese di lite fra tutte le parti.
5. La sentenza veniva appellata dalla (OMISSIS) in via principale e dalla (OMISSIS) in via incidentale quanto alla disposta compensazione delle spese di lite.
5.1. La Corte d’Appello di Bologna, investita degli appelli, nella costituzione anche della (OMISSIS), con sentenza del 17 marzo 2008, ha respinto il primo motivo di appello principale, confermando il rigetto della domanda di risoluzione del contratto di vendita per inadempimento in quanto i vizi non erano stati tali da rendere la cosa inidonea all’uso cui era destinata, mentre – dopo avere rilevato che, in violazione dell’articolo 345 c.p.c., la relativa domanda era stata estesa in appello dalla (OMISSIS) anche contro la terza chiamata, onde di tale estensione si doveva dichiarare la novita’ e dunque l’inammissibilita’ – ha ritenuto fondato il secondo motivo e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha accolto la domanda della (OMISSIS) di risarcimento dei danni ex articolo 1494 c.c. per i vizi dell’autovettura e condannato la (OMISSIS) al pagamento, secondo la determinazione dei danni fatta dalla c.t.u. di primo grado, della somma di Euro 2.969,63 oltre accessori.
5.2. La Corte felsinea, con riferimento alla posizione della chiamata in causa, si e’ poi cosi’ espressa:
” (OMISSIS), in primo grado, ha chiamato in giudizio (OMISSIS) (cui e’ subentrata (OMISSIS)) esercitando nei suoi confronti un’azione di regresso cui l’attrice e’ rimasta estranea. La domanda attorea venne respinta in primo grado e l’attrice ha proposto appello chiedendo la condanna della (OMISSIS). Quest’ultima, costituendosi, ha fra l’altro chiesto di dichiarare ” (OMISSIS) S.p.A. obbligata a garantire e tenere sollevata ed indenne la (OMISSIS) S.r.l. da ogni e qualsiasi conseguenza pregiudizievole derivante dalla soccombenza, anche parziale, dinanzi alle pretese della signora (OMISSIS) e, conseguentemente, condannarsi la (OMISSIS) a rimborsare alla (OMISSIS) quanto quest’ultima fosse eventualmente condannata, nel presente giudizio, a pagare e comunque riconoscere a qualsiasi titolo alla sig. (OMISSIS).”. Ora, poiche’ la domanda attorea venne respinta e l’attrice propose appello avverso la decisione chiedendo la condanna della convenuta, quest’ultima, per ripropone la sua domanda di regresso nei confronti del garante nel caso che l’appello fosse in tutto o in parte accolto, doveva necessariamente proporre appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello principale (non essendo sufficiente la riproposizione della domanda ai sensi dell’articolo 346 c.p.c.), dal momento che tale richiesta non tende alla conferma della sentenza di primo grado, ma ne presuppone la riforma (Cass. n. 2992 del 1995; n. 19145 del 2004; n. 8854 del 2007). Essendo pacifico che (OMISSIS) non ha proposto appello incidentale condizionato sul punto, ma ha riproposto la domanda ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., la sua pretesa non puo’ essere accolta.”.
6. Avverso la sentenza della Corte bolognese (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione contro la (OMISSIS) e la s.r.l. (OMISSIS) sulla base di quattro motivi, i quali, in realta’, appaiono rivolti soltanto contro la societa’ intimata, afferendo all’impugnazione della statuizione resa sulla domanda di garanzia.
6.1. Al ricorso ha resistito con controricorso la s.r.l. (OMISSIS), mentre la (OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva.
Il ricorso veniva chiamato davanti alla Seconda Sezione Civile della Corte all’udienza del 13 novembre 2014, in vista della quale le parti costituite depositavano memorie.
All’esito della discussione, con ordinanza n. 2118 del 5 febbraio 2015 la Seconda Sezione, dopo aver scrutinato negativamente – evidentemente nel pur inespresso presupposto che fossero logicamente preliminari – il quarto, il terzo e il secondo motivo in questo ordine inverso, ha reputato che la decisione del primo motivo dipendesse dalla risoluzione di una questione di diritto sulla quale in seno alle Sezioni Semplici della Corte si configurerebbe un contrasto ed ha, consequenzialmente, rimesso il ricorso al Primo Presidente che ne ha disposto l’assegnazione alle Sezioni Unite.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 degli articoli 343 e 346 c.p.c.”, sostenendosi che, avendo la sentenza di primo grado rigettato le domande proposte dalla (OMISSIS) nei suoi riguardi, essa ricorrente non aveva da muovere, nemmeno condizionatamente, alcuna censura avverso detta sentenza all’uopo si invoca Cass. n. 6375 del 1988 e conseguentemente, era da escludere che la domanda di garanzia dovesse essere reiterata sotto forma di appello incidentale, sia pure condizionato all’accoglimento dell’impugnazione proposta dalla (OMISSIS) all’uopo si invoca Cass. n. 8973 del 2000.
Si sostiene, d’altro canto, che la diversa opinione patrocinata dalla Corte territoriale nel senso che l’appello incidentale sarebbe stato necessario, in quanto la postulazione dell’accoglimento della domanda di garanzia contro la terza chiamata implicava non gia’ la conferma della sentenza di primo grado, ma ne presupponeva la riforma, non sarebbe stata corretta anche al lume dell’orientamento di questa Corte secondo cui la parte totalmente vittoriosa in primo grado non ha bisogno di propone appello incidentale onde conseguire la conferma della statuizione di prime cure sulla scorta di una diversa soluzione delle questioni preliminari di giurisdizione o competenza proposte in primo grado vengono citate Cass. n. 18169 del 2004; n. 16768 del 2002 e n. 9523 del 2001.
L’illustrazione del motivo e’ conclusa dal seguente quesito di diritto: “Il convenuto vittorioso nel giudizio di primo grado, nel quale abbia proposto domanda di garanzia impropria nei confronti di un terzo, rimasta assorbita dal rigetto delle domande formulate dall’attore nei confronti del convenuto medesimo, deve necessariamente propone appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello principale per ripropone la domanda di regresso nei confronti del garante per il caso in cui l’appello sia in tutto o in parte accolto, oppure e’ sufficiente che riproponga la domanda ai sensi dell’articolo 346 c.p.c.-“.
1.1. Con un secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 degli articoli 102, 106, 331, 343 e 346 c.p.c.”. Vi si argomenta: a) che, qualora si reputasse fondato l’orientamento giurisprudenziale recepito dalla corte distrettuale in ogni caso, “nonostante la chiamata in garanzia impropria effettuata dalla (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) (…), non sarebbe, comunque, sostenibile, che la Sig.ra (OMISSIS) sia rimasta estranea alla domanda di garanzia”; b) che, invero, “in ipotesi di chiamata di garanzia impropria, cioe’ (…) fondata su un titolo distinto e indipendente da quello relativo alla domanda principale, la circostanza che il chiamato non si limiti a resistere alla domanda del chiamante, ma contesti anche l’esistenza e la validita’ dell’obbligazione di quest’ultimo verso l’attore, pone il chiamato nella posizione di parte accessoria della causa principale, con la conseguenza che (…) il chiamato e’ soggetto processuale nei cui confronti l’impugnazione stessa va proposta, sicche’ in difetto deve essere ordinata l’integrazione del contraddittorio a norma dell’articolo 331 c.p.c.”; c) che sarebbe “indubitabile che (…), tanto in primo quanto in secondo grado, la (OMISSIS) (…) ha contestato anche l’esistenza e la validita’ dell’obbligazione della (OMISSIS) nei confronti della Sig.ra (OMISSIS)”; d) che “bene ha fatto la Sig.ra (OMISSIS) a proporre appello anche nei confronti della (OMISSIS) (…) e che si e’ instaurato tra le parti un litisconsorzio necessario che esclude la scindibilita’ e, quindi, l’autonomia dei giudizi e determina la conseguente estensione alla (OMISSIS) della domanda formulata dalla Sig.ra (OMISSIS)”; e) che, d’altro canto, “nel giudizio di primo grado, la (OMISSIS) (…) ha chiaramente manifestato di ritenersi tenuta alla garanzia”; f) che, anche in tal guisa, “e’ (…) da considerarsi pacifica l’avvenuta estensione nei confronti della (OMISSIS) (…) della domanda formulata dalla Sig.ra (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS), con conseguente inesistenza di qualsivoglia estraneita’ della Sig.ra (OMISSIS) alla domanda formulata dalla (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) prima e della (OMISSIS) poi”; g) che “deriva da quanto sopra che, difettando nella fattispecie (…) qualsiasi autonomia del giudizio di garanzia, (…) la necessita’ di proposizione di un appello incidentale condizionato non sussisteva”.
1.2. Con il terzo motivo si deduce “omessa o comunque insufficiente motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5 su un punto controverso e decisivo della controversia.” (anche se, poi, si conclude l’illustrazione con una c.d. “chiara indicazione” che evoca un fatto controverso), adducendosi che la ricorrente aveva comunque proposto, nella propria comparsa di costituzione e risposta in appello, un appello incidentale condizionato nei confronti della (OMISSIS), contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello di Bologna e che quest’ultima non avrebbe in alcun modo motivato o, quanto meno, avrebbe motivato in maniera insufficiente la contraria affermazione, senza considerare l’intestazione ed il complessivo tenore della propria comparsa di costituzione e risposta in grado d’appello.
1.3. Con il quarto motivo, nella dichiarata eventualita’ che nella sentenza impugnata si rinvenga una motivazione quanto al precedente punto, si prospetta “violazione e falsa applicazione dell’articolo 343 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”, adducendosi che nell’escludere che nella comparsa di costituzione in appello fosse stato proposto l’appello incidentale teso a ribadire l’invocazione della garanzia, la Corte bolognese non avrebbe proceduto ad un apprezzamento del contenuto della comparsa sulla base del constante insegnamento di questa Corte di legittimita’ di cui vengono evocati precedenti, secondo cui per la proposizione dell’appello incidentale non occorrono formule sacramentali, essendo sufficiente che dal complesso delle deduzioni e dalle conclusioni formulate dall’appellato nella comparsa di costituzione e risposta risulti in modo univoco la sua volonta’ diretta ad ottenere la riforma della decisione di primo grado.
Sulla base di tale insegnamento si argomenta che nella specie una simile volonta’ si sarebbe potuta cogliere nella comparsa e che il relativo appello incidentale condizionato risultava anche tempestivo, “alla luce della normativa processuale allora vigente, in quanto proposto con la comparsa di costituzione e risposta alla prima udienza”.
2. In relazione ai motivi cosi’ articolati, la Seconda Sezione, nell’ordinanza n. 2118 del 2015, ha osservato che “la quaestio iuris che segnatamente il primo motivo dell’impugnazione de qua agitur involge, registra la pronuncia di divergenti dicta da parte di questo medesimo organo della nomofilachia” ed ha, quindi, aggiunto che la rimessione ai sensi dell’articolo 374 c.p.c., comma 2, “risultava al contempo ineludibile, giacche’ gli ulteriori (rispetto al primo) motivi di ricorso – la cui delibazione riveste evidentemente rilievo preliminare – non hanno – siccome di seguito si esplicitera’ – valenza concludente.”.
In coerenza con tale avviso la Seconda Sezione, prima di argomentare le ragioni della rimessione del ricorso al Primo Presidente sul primo motivo, ha proceduto ad una disamina degli altri tre motivi, concludendo con una valutazione di loro infondatezza.
3. In via preliminare si deve rilevare che l’iter che ha seguito dalla Seconda Sezione Civile, la’ dove essa ha sostanzialmente considerato il secondo, terzo e quarto motivo come se essi avessero priorita’ logica nell’ordine delle questioni proposte dal ricorso con il primo motivo, non vincola in alcun modo queste Sezioni Unite.
Meno che mai Esse sono vincolate alle valutazioni con cui l’ordinanza della Seconda Sezione ha sostanzialmente rilevato la loro infondatezza.
In proposto si deve, infatti, considerare che, allorquando la Sezione Semplice ritiene di rimettere a norma dell’articolo 374 c.p.c., comma 2 un ricorso al Primo Presidente ravvisando che esso prospetta una questione di particolare importanza o sulla quale si ravvisi l’esistenza di un contrasto in seno alle sezioni semplici rilevante (e non diversamente allorche’ ritenga di sottopone una questione alle Sezioni Unite a norma del terzo comma della stesa norma), sia le valutazioni compiute dalla Sezione semplice in ordine alla configurabilita’ e ai caratteri della questione, sia quelle compiute sulla sua effettiva decisivita’ ai fini della soluzione da dare al ricorso, sia ancora quelle compiute – come nella specie – circa il rapporto con eventuali altri motivi di ricorso la cui soluzione possa prescindere dalla risoluzione della questione che giustifica la rimessione alle Sezioni Unite, risultano espresse in modo del tutto interlocutorio e privo di decisorieta’ dalla Sezione Semplice, non essendo previsto da alcuna norma il contrario e venendo le Sezioni Unite, del resto, investite tendenzialmente della decisione di tutto il ricorso, siccome fa manifesto l’articolo 142 disp. att. c.p.c., salva la possibilita’ di declinare tale investitura riguardo ai motivi di ricorso che non sono oggetto della rimessione ai sensi del secondo o dell’articolo 374 c.p.c., comma 3.
Ne consegue che in questa sede le Sezioni Unite non sono vincolate all’ordine logico seguito dalla Seconda Sezione nell’esame dei motivi, che l’ha portata a ritenere decisivo in sostanza il primo perche’ il ricorso non potrebbe essere accolto quanto agli altri tre, ne’, a maggior ragione, alle considerazioni con cui quella Sezione li ha delibati negativamente.
3.1. Peraltro, rimanendo al caso di specie, in relazione alla motivazione della sentenza impugnata lo stabilire se l’appello incidentale era o no necessario si profila come questione che in questo giudizio di legittimita’ si dovrebbe, secondo l’ordine logico delle questioni, considerare logicamente prioritaria, atteso che le questioni poste con gli altri tre motivi rispettivamente suppongono, quella proposta con il secondo che la devoluzione al giudice d’appello della domanda di garanzia fosse avvenuta come necessaria implicazione della pretesa estensione della domanda dell’attrice principale anche nei riguardi della terza chiamata, e quelle proposte con il terzo e quarto che un appello incidentale fosse stato proposto.
Conseguentemente, la soluzione delle questioni proposte con il secondo, terzo e quarto motivo, in realta’, avrebbe potuto essere affrontata per decidere sul ricorso prima di quella del primo motivo soltanto alla stregua del c.d. criterio dell’eventuale questione “piu’ liquida”.
4. Puo’ passarsi ora all’esame della questione oggetto del rilevato contrasto di giurisprudenza.
L’ordinanza interlocutoria della Seconda Sezione ha rilevato che il contrasto di orientamenti in seno a questa Corte si registra riguardo alla questione relativa alle modalita’ con cui l’appellato totalmente vittorioso in primo grado deve investire il giudice d’appello della domanda di manleva da lui proposta nei confronti del terzo chiamato in garanzia c.d. impropria, allorquando su tale domanda non vi sia stata alcuna decisione da parte del primo giudice, per avere egli rigettato la domanda principale dell’attore contro il convenuto che aveva chiamato in causa il terzo garante.
Il contrasto e’ stato ravvisato fra due indirizzi.
Il primo di essi – che e’ quello seguito dalla sentenza impugnata, a favore del quale vengono citate: Cass. n. 15107 del 2013; n. 5249 del 2006; n. 19145 del 2004; n. 2061 del 2004; n. 2992 del 1995; n. 2671 del 1989 – reputa che in tal caso il convenuto-appellato, se intende devolvere al giudice d’appello la decisione sulla domanda di garanzia rimasta assorbita in primo grado, debba farlo con la proposizione di un appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello principale dell’originario attore, non essendo invece sufficiente, ai fini di tale devoluzione, la mera riproposizione della domanda assorbita a articolo 346 cod. proc. civ..
Il secondo indirizzo – ipotizzato come minoritario ed affermato da ultimo da Cass. n. 2051 del 2014 ed anteriormente da Cass. n. 8973 del 2000 – reputa invece che, in quanto non soccombente, il convenuto-appellato non abbia alcun motivo di dolersi della decisione gravata con un’impugnazione incidentale, potendo limitarsi, se non vuole che si verifichi la presunzione di rinuncia di cui all’articolo 346 cod. proc. civ., a riproporre la domanda di garanzia non esaminata dal primo giudice e dunque rimasta assorbita.
4.1. Il contrasto che le Sezioni Unite sono chiamate a risolvere riguarda, dunque, la questione sul se, al fine di ottenere la devoluzione in appello della domanda di manleva avanzata in primo grado nei confronti del terzo chiamato in garanzia c.d. impropria, il convenuto totalmente vittorioso in primo grado sulla domanda principale nei suoi confronti proposta per essere stata essa integralmente rigettata senza che vi sia stata in conseguenza necessita’ di esaminare la domanda di garanzia ed essendo rimasta essa assorbita, di fronte alla proposizione dell’appello in via principale da parte dell’attore soccombente sulla domanda principale, abbia l’onere di propone un appello incidentale, sebbene condizionato all’eventuale accoglimento dell’appello principale, ovvero possa limitarsi a meramente ripropone la domanda di garanzia, ai sensi dell’articolo 346 cod. proc. civ..
4.2. Il primo orientamento, peraltro, ha trovato espressione in numerose altre decisioni e precisamente nelle seguenti: Cass. n. 9535 del 2010; n. 12005 del 2004; n. 6633 del 1987; n. 2760 del 1979; n. 2792 del 1971.
Ad esse si puo’ aggiungere Cass. n. 3974 del 1968, la quale, pero’ nell’affermare il principio di diritto secondo cui “La parte vittoriosa in primo grado che, dopo di aver chiesto il rigetto dell’impugnazione, riproponga subordinatamente in appello nei confronti di un terzo, gia’ convenuto in prima istanza, domanda di rivalsa per quanto eventualmente venisse condannata a pagare all’appellante principale, e’ tenuto a propone appello incidentale, anche nell’ipotesi che il terzo sia stato evocato in giudizio dall’appellante a titolo prudenziale, ma non si sia costituito e cio’ per consentire ai giudici del gravame di riprendere in esame la domanda stessa in caso di accoglimento dell’appello” – scrutino’ la fattispecie ad essa devoluta ravvisando (sebbene con una certa larghezza di apprezzamento e senza dunque porsi a confronto con l’articolo 346 c.p.c.) l’esistenza in appello della proposizione dell’appello incidentale, riguardo al quale rilevo’, tuttavia, che non ne era stata fatta notificazione, di modo che il giudice d’appello aveva per tale ragione erroneamente statuito su di esso.
La decisione, dunque, non richiamata dall’orientamento di cui si discorre, esamino’ una situazione di asserita proposizione dell’appello incidentale e non indago’ sul se quell’appello fosse necessario. Anche se l’aver dato rilievo alla sua mancata notificazione supponeva certamente l’implicito convincimento della sua necessita’. Nella specie, peraltro, da quel che e’ dato evincere dalla motivazione, il primo giudice non aveva esaminato la domanda di garanzia, perche’ la prospettazione del preteso garantito nei confronti della domanda principale era stata accolta.
4.2.1. Mette conto di rilevare che l’orientamento in questione, peraltro, prende le mosse dalla successiva Cass. n. 2792 del 1971, nella cui motivazione il problema viene affrontato nella contemplazione dell’articolo 346 c.p.c. e si perviene ad esprimere il principio di diritto secondo cui: “Il principio, secondo cui la parte vittoriosa puo’ richiamare in appello le domande ed eccezioni prospettate in primo grado, e che risultino assorbite o respinte, senza onere di appello incidentale, e’ applicabile limitatamente a quelle domande od eccezioni con le quali l’appellato tenda a mantenere ferma la decisione a lui favorevole. (nell’ipotesi di chiamata in garanzia – impropria – proposta dal convenuto la domanda di quest’ultimo presuppone la soccombenza del garantito nella causa principale e pertanto nella ipotesi di rigetto della domanda principale, la riproposizione della domanda di garanzia deve essere fatta nelle forme dell’appello incidentale – condizionato – non presupponendo la conferma della sentenza impugnata, ma la sua riforma).”.
In questa decisione il principio da cui si parte e che viene ritenuto inapplicabile, chiaramente evocativo del precetto dell’articolo 346 c.p.c., viene riferito sia alle domande ed eccezioni assorbite, sia a quelle respinte e tale lettura della norma trova conferma nella motivazione.
Nella specie, un tribunale in primo grado aveva rigettato nei confronti del convenuto la domanda attrice perche’ infondata e nel contempo aveva rigettato la domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato. Proposto l’appello dalla parte attrice, l’appellato instava per il rigetto dell’impugnazione e la conferma della gravata sentenza, al contempo proponendo appello incidentale contro il capo di condanna relativo alle spese processuali. All’udienza di precisazione delle conclusioni, peraltro, l’appellato proponeva appello incidentale anche contro il terzo chiamato, relativamente alla domanda di manleva, ma il giudice d’appello dichiarava pero’ inammissibile detto appello perche’ tardivo. Proposto ricorso per cassazione da parte dell’appellato – sul rilievo che, in ordine alla dichiarata improponibilita’ della domanda di garanzia, alcun onere impugnatorio poteva su di lui gravare, atteso che da un lato non v’era alcuna necessita’ di impugnare la sentenza del tribunale, potendo avvalersi del disposto dell’articolo 346 (non essendovi soccombenza: ma in realta’ dalla lettura dello svolgimento processuale risultava il contrario) e dall’altro che con la proposizione dell’appello principale l’intera causa era stata devoluta alla cognizione del giudice di secondo grado, compresa la suddetta domanda di garanzia, questa Corte, con la sentenza in discorso, dopo aver richiamato il proprio orientamento circa la non necessita’, per la parte vittoriosa nel giudizio di primo grado, di propone appello incidentale sia per chiedere il riesame delle eccezioni dedotte e respinte o ritenute assorbite, sia quando il primo giudice abbia accolto la domanda per una causa petendi dedotta in via principale, ritenendo assorbita quella dedotta in subordine, sufficiente essendo la riproposizione ex articolo 346 cod. proc. civ., escluse che l’insegnamento potesse trovare applicazione nella specie e cio’ perche’ non era esatto affermare che l’appellato non fosse soccombente in primo grado, atteso che il tribunale lo aveva condannato alle spese in favore del terzo chiamato; ma soprattutto perche’ il principio desumibile dall’articolo 346 “e’ applicabile limitatamente a quelle domande ed eccezioni con le quali l’appellato tenda a mantenere ferma la decisione a lui favorevole. Nell’ipotesi di chiamata in garanzia (…), invece, la domanda del garantito diretta alla condanna del garante ha per presupposto la soccombenza del garantito rispetto alla causa principale, onde la riproposizione di essa in appello non tende a mantenere ferma la sentenza impugnata, ma ne presuppone la riforma. Talche’ la domanda stessa non e’ ammissibile se non nelle forme dell’appello incidentale”.
Nel fornire tale motivazione Cass. n. 2792 del 1971 richiamo’ un orientamento pregresso della Corte che riferi’ a Cass. n. 1344 del 1965 e a Cass. n. 1424 del 1955 ed evoco’ una dottrina processualcivilistica in tal senso schierata.
Peraltro, sia il richiamo alla sentenza del 1955 che a quella del 1965, risultava privo di giustificazione, giacche’ la decisione del 1955 riguardava un caso in cui in primo grado vi era stata decisione di rigetto sia della domanda principale che di quella del convenuto contro il garante, mentre quella del 1965 un processo a due sole parti.
Importa, comunque, rilevare che il fulcro dell’orientamento che esige l’appello incidentale anche quando sulla domanda di garanzia non vi sia stata pronuncia, per essere stata la domanda contro il (lato sensu) garantito rigettata e, dunque, per essere venuto meno l’interesse ad una decisione sulla domanda di garanzia, e’ basato sull’assunto che la postulazione della decisione su quest’ultima in appello da parte del convenuto vittorioso per il caso dell’accoglimento dell’appello dell’attore contro di lui, si risolve non gia’ nella richiesta di “mantenere ferma la sentenza impugnata”, bensi’ nella richiesta di un effetto che “ne presuppone la riforma”.
4.3. All’orientamento individuato come minoritario dall’ordinanza interlocutoria sono da ascrivere decisioni meno recenti di quelle da essa indicate, cioe’ Cass. n. 6375 del 1988, Cass. n. 2724 del 1977 e Cass. n. 2365 del 1961.
Quest’ultima, che a quel che consta e’ il precedente piu’ antico (anche se richiama Cass. n. 1811 del 1959), osservo’ in motivazione che l’appellato mandato assolto dalla domanda attrice in primo grado non ha l’onere di impugnare incidentalmente la sentenza onde ripropone la domanda di manleva ritenuta assorbita, difettandone la soccombenza e dovendo egli limitarsi a riproporla ai sensi dell’articolo 346 onde non incorrere nella presunzione di rinuncia, conformemente a quanto fino ad allora ritenuto dalla giurisprudenza per le domande assorbite tout court.
Cass. n. 2724 del 1977 affermo’ che: “Il convenuto assolto dalla domanda formulata nei suoi confronti, nell’ipotesi di appello contro tale decisione da parte dell’attore, non ha l’onere di proporre appello incidentale condizionato, nei confronti di colui che aveva chiamato in garanzia avanti al primo giudice, ma e’ sufficiente che rinnovi la domanda di rilievo in secondo grado, anche se l’integrazione del contraddittorio nei riguardi del garante sia stata disposta dal consigliere istruttore ed eseguita dall’appellante”.
Analogamente Cass. n. 6375 del 1988 in motivazione evidenzio’ come non occorra propone – in caso di rituale assorbimento della domanda di manleva – appello incidentale condizionato, sufficiente essendo la mera riproposizione ex articolo 346, giacche’ in siffatta ipotesi non puo’ configurarsi alcuna soccombenza, sicche’ il chiamante neppure puo’ ritenersi legittimato a proporre l’impugnazione.
Cass. n. 8973 del 2000 si segnala per un’affermazione esplicativa della ragione della negazione dell’appello incidentale: essa, infatti, fa discendere la conseguenza che la riproposizione della domanda di garanzia impropria assorbita, non rientrando nel regime processuale dell’appello incidentale, non comporta onere di notificare l’atto che la contiene al terzo garante, rimasto contumace in appello, dalla premessa che, in subiecta materia, per l’appellato totalmente vittorioso non sarebbe possibile muovere, neanche condizionatamente, alcuna censura alla decisione, in consapevole contrasto con l’orientamento opposto, la successiva, fa discendere.
Nella stessa direzione si e’ posta anche Cass. n. 2051 del 2014, la quale ha sottolineato che per l’impugnazione in appello occorre formulare doglianze che “si concretino in specifici motivi, con argomenti contrapposti a quelli della sentenza impugnata. Alla parte volitiva deve necessariamente accompagnarsi quella argomentativa, che e’ necessariamente legata ad una motivazione, che solo ove esistente puo’ essere censurata con l’appello incidentale.” e da tanto ha desunto che “Non vi e’ ragione di discostarsi da tali argomenti nell’ipotesi in cui la parte appellata, vittoriosa in primo grado, chieda l’accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia, per l’ipotesi in cui venga accolta la domanda principale originariamente proposta nei suoi confronti. Anche qui la parte vittoriosa non ha motivo di dolersi dell’impugnata sentenza ne’ dispone di elementi sui quali fondare le proprie censure. Non puo’ pertanto che limitarsi, per superare la presunzione di rinunzia, a riproporre la domanda di garanzia non esaminata, ancorche’ il rapporto dedotto in giudizio con l’appello principale sia diverso da quello concernente la domanda proposta nei confronti dei chiamati in causa (v. gia’ Cass. Sez. Un. 25 luglio 2002 n. 11202)”.”.
Il richiamo della sentenza delle Sezioni Unite concerne una decisione che non riguarda la fattispecie di cumulo che si esamina, bensi’ un’ipotesi di cumulo soggettivo passivo alternativo, cioe’ di proposizione della domanda da parte dell’attore contro due distinti convenuti, con la richiesta di accoglimento o nei confronti di uno nei confronti dell’altro e con la prospettazione di ciascuna alternativa come ad excludendum dell’altra.
5. Ritengono le Sezioni Unite che il contrasto di giurisprudenza oggi in decisione vada sciolto a favore dell’orientamento minoritario, che non reputa necessario l’appello incidentale.
5.1. Poiche’ il contrasto si esprime in un’opzione che riconduce la fattispecie all’istituto dell’appello incidentale di cui all’articolo 343 c.p.c. e in un’altra che la riconduce all’istituto della c.d. riproposizione ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., l’esposizione delle ragioni che inducono a preferire l’orientamento minoritario suppone in primo luogo una premessa che individui il discrimine fra gli ambiti di applicazione dei due istituti.
Anticipando la successiva conclusione si rileva che l’orientamento che postula la necessita’ dell’appello incidentale del convenuto che aveva svolto la domanda di garanzia rimasta non esaminata in ragione del rigetto della domanda principale riguardo alla quale era stata svolta la richiesta di garanzia non e’ condivisibile perche’ assegna all’appello incidentale una funzione del tutto ultronea rispetto a quella sua propria, cioe’ al suo scopo, e del tutto eccentrica rispetto al suo profilo strutturale, che l’ordinamento disegna in coerenza con lo scopo stesso.
Si tratta di un rilievo, si badi, che, sebbene appaia tanto piu’ giustificato in relazione alla struttura marcatamente di revisio prioris istantiae, che, con un crescendo esponenziale nella successione delle riforme del processo civile, il giudizio di appello ordinario ha riassunto a partire da quella di cui alla L. n. 353 del 1990 (dato che per molti versi essa rappresento’ una riesumazione della logica originaria dell’istituto nel Codice, che era stata posta nel nulla dalla c.d. riforma del 1950), lo sarebbe anche con riferimento ad una struttura dell’appello caratterizzantesi come novum judicium sulla domanda di primo grado (qual era, seppure entro certi limiti, il modello di appello nella vigenza della riforma del 1950).
5.2. Tanto premesso, in ordine al profilo generale dell’appello incidentale mette conto di osservare, con indifferenza rispetto alla successione di regimi che ha visto l’appello nella vigenza del Codice del 1940, quanto segue:
a) il profilo funzionale e contenutistico dell’appello incidentale doveva come deve necessariamente desumersi dall’articolo 342 c.p.c., atteso che l’uso da parte del legislatore del termine “appello” non poteva come non puo’ non evocare un atto destinato ad assolvere alla stessa funzione ed avente lo stesso profilo contenutistico di quello delineato dall’articolo 342 c.p.c.: immaginare che il legislatore abbia usato il termine appello nell’articolo 343 c.p.c. con un significato funzionale e contenutistico diverso da quello dell’articolo 342 c.p.c. e’ un fuor d’opera;
b) conseguentemente, poiche’ l’articolo 342 c.p.c., disciplinando la forma dell’appello e, dunque, la forma di un mezzo di impugnazione (come tale identificato dall’articolo 323 c.p.c.), regolava come regola un istituto che, sotto il profilo funzionale, si e’ sempre connotato e continua a connotarsi appunto come un’impugnazione, anche l’appello incidentale aveva come ha il medesimo profilo funzionale e, dunque, si connotava e si connota come impugnazione;
c) del resto, la notazione sub b) si giustificava come si giustifica – e’ notazione ovvia – anche perche’ la qualificazione stessa della figura regolata dall’articolo 343 c.p.c. come appello incidentale riconduceva come riconduce l’istituto al profilo funzionale dell’impugnazione incidentale in genere, disciplinato in generale dall’articolo 333 c.p.c. come species del genus impugnazione;
d) poiche’ al concetto di impugnazione in generale, cui l’appello incidentale deve ascriversi, e’ coessenziale la necessaria implicazione di mezzo con cui si rivolgono critiche (sulla base di motivi limitati oppure senza limitazione di motivi, a seconda della natura dello specifico mezzo di impugnazione) all’oggetto dell’impugnazione e, quindi, alla decisione, ne deriva che anche l’appello incidentale necessariamente doveva, come deve risolversi in una critica alla decisione impugnata.
5.2.1. La critica ad una decisione impugnabile con l’appello, principale o incidentale che sia, non puo’ che riguardare, come per ogni mezzo di impugnazione, il suo contenuto finale e deve riguardarlo evidentemente in relazione a cio’ che l’ha determinato e, dunque, all’attivita’ processuale dei vari soggetti del processo.
Il contenuto finale della decisione appellabile puo’ trovare giustificazione diretta nella motivazione e, dunque, nell’attivita’ assertiva da essa svolta nella decisione: la critica in tal caso attinge tale attivita’ in quanto si sia espressamente pronunciata sulla questione, sul punto, sull’eccezione, sulla domanda riguardo ai quali la decisione ha assunto un certo contenuto, oppure in quanto l’attivita’ assertiva, pur espressa su altra questione, punto, eccezione o domanda, necessariamente possa evidenziare una decisione implicita di un certo tenore su una diversa questione, su un diverso punto, su una diversa eccezione o domanda (motivazione c.d. implicita).
Il contenuto finale della decisione puo’ essere anche il risultato di una radicale mancanza della motivazione (figura cui equivalgano i casi di motivazione apparente o talmente contraddittoria da ridondare in una motivazione inesistente) sull’oggetto su cui essa si doveva esprimere nella sua interezza (articolo 132 c.p.c., n. 4).
Il contenuto finale puo’, pero’, essere il risultato di un’astensione del giudice dal dovere di pronunciare su parte dell’oggetto su cui doveva rendere la decisione e, quindi, apparire in negativo come un’omessa pronuncia: a) su una domanda che era proposta nel giudizio di primo grado ed in tale caso la mancata decisione sulla domanda assume il valore di denegazione del bene della vita con essa richiesto; b) oppure su un’eccezione, di merito o di rito, che doveva scrutinarsi ai fini della decisione sulla o sulle domande, ma sempre in quanto possa dirsi che il suo mancato esame abbia prodotto effetti sul contenuto della decisione riguardo alla domanda o alle domande cui l’eccezione si riferiva.
In tutte le ipotesi indicate assume naturalmente rilievo il fatto che la critica e, quindi, l’impugnazione nei diversi profili indicati sia determinata da un interesse ad ottenere una decisione di diverso contenuto.
L’oggetto della critica e, dunque, l’impugnazione con cui essa viene espressa, deve allora riguardare necessariamente la motivazione (espressa o implicita) o la mancanza di motivazione o l’omesso esame di una domanda o di un’eccezione in quanto risultino avere inciso sul contenuto della decisione.
Tanto ora e’ anche formalmente evidenziato dall’articolo 342 nel testo vigente, la’ dove parla di “parti del provvedimento”, cosi’ evocando il contenuto della decisione come oggetto della critica espressa con l’appello principale, e la’ dove, nel n. 2 del comma 2, evidenzia il carattere della decisivita’, con l’espressione “rilevanza a fini della decisione impugnata”.
Ma non e’ dubbio che il vecchio articolo 342 c.p.c., quanto parlava dei “motivi specifici dell’impugnazione”, lo comprendesse gia’.
E’ notazione condivisa che l’appello incidentale, proprio perche’ il suo profilo funzionale e contenutistico deve desumersi ad instar di quello dell’appello principale, e’ certamente soggetto alla norma dell’articolo 342 c.p.c., sotto il profilo del contenuto che deve assumere e, quindi, olim all’onere della specificazione dei motivi ed ora alla precisazione di esso di cui al testo vigente, nonche’, sotto il profilo delle attivita’ procedimentali necessarie all’onere di notificazione alla parte contumace e alle altre parti ai sensi degli articoli 331 e 332 c.p.c., all’onere di deposito della copia autentica della sentenza impugnata (salva la possibilita’ che la copia sia stata depositata dall’appellante principale), alla regola della improcedibilita’ ai sensi dell’articolo 348 c.p.c..
E’ altrettanto noto che l’appello incidentale puo’ venire in rilievo in primo luogo nel processo a due parti, allorquando ciascuna di esse puo’ in qualche modo dolersi della decisione, il che puo’ avvenire o perche’ la domanda e’ stata accolta in parte e, dunque, l’attore sia parzialmente vittorioso e nel contempo parzialmente soccombente e specularmente il convenuto si trovi nella stessa condizione, o perche’ l’attore abbia visto accolta la domanda o l’abbia vista rigettata totalmente con riferimento al bene della vita che ne era oggetto e, tuttavia, il percorso motivazionale di accoglimento o di rigetto sia risultante rispettivamente da un iter non del tutto coincidente con quello postulato dall’attore nel primo caso o con quello postulato dal convenuto nel secondo.
In secondo luogo l’appello incidentale puo’ configurarsi sempre nel processo a due parti, quando vi sia una pluralita’ di domande proposte dalla stessa parte contro l’altra ovvero vi sia pluralita’ di domane reciprocamente proposte, in dipendenza degli esiti decisori avutisi sulle varie domande, che possono fare emergere distinte posizioni vittoriose e distinte posizioni di soccombenza.
In fine, nel processo con pluralita’ di parti, il fenomeno si puo’ verificare in dipendenza sempre degli esiti decisori avutisi fra le varie parti.
Se appella una di esse in quanto soccombente, non solo nel rapporto con la parte contro cui l’impugnazione e’ diretta si possono riproporre le due situazioni in precedenza descritte, ma a prescindere da esse il fenomeno dell’incidentalita’ riguarda anche l’impugnazione possibile da una parte diversa da quella destinataria dell’impugnazione principale.
5.3. E’ tenendo conto della coincidenza fra i profili funzionale e contenutistici dell’appello incidentale con quelli dell’appello principale, che si deve procedere all’individuazione del discrimine dal diverso istituto della c.d. riproposizione quale regolato dall’articolo 346 c.p.c., di modo che l’interprete, nell’individuare la linea di demarcazione fra i due istituti e nell’individuare il profilo funzionale e di contenuto del secondo deve farlo assegnando al concetto di “riproposizione” un significato che deve necessariamente essere diverso e, dunque, residuale rispetto a quello dell’appello incidentale.
Ne segue che al concetto della riproposizione deve ritenersi estraneo ogni profilo di deduzione di una critica alla decisione impugnata nei sensi sopra indicati e, quindi, di cio’ che e’ connaturato al concetto di impugnazione.
Con la riproposizione il legislatore ha inteso alludere invece alla prospettazione al giudice di appello di domande ed eccezioni che, in quanto soltanto “riproposte”, cioe’ proposte come lo erano state al primo giudice, possono esserlo si’ perche’ sono state da quel giudice “non accolte”, ma senza che egli le abbia considerate espressamente o implicitamente nella sua motivazione e dunque senza che le valutazioni su di esse abbiano potuto determinare il contenuto della decisione e senza che l’omissione della decisione su di esse abbia giuocato un ruolo nella determinazione della decisione. E cio’ perche’ tutte queste ipotesi avrebbero richiesto l’argomentazione di una critica alla decisione impugnata e, dunque, di un appello incidentale.
La composizione del contrasto rimesso a queste Sezioni Unite deve avvenire sulla base di questo criterio esegetico (che, dunque, espunge – a differenza di quanto si leggeva in Cass. sez. un. n. 11202 del 2002 – dall’articolo 346 c.p.c. ogni ipotesi di domanda o eccezione respinta, cioe’ su cui il giudice di primo grado abbia espresso una decisione o sia incorso in un error in pocedendo).
Prima di procedere alla sua applicazione al caso che del contrasto e’ oggetto e’ opportuno verificare la conclusione raggiunta con riferimento alle varie ipotesi sopra indicate di possibile oggetto della critica rivolta alla decisione appellata.
5.4. Con riguardo alla motivazione resa dalla decisione di primo grado in modo espresso o implicito (ipotesi che si puo’ realizzare quando il tenore della motivazione espressa riveli la decisione della questione logicamente e giuridicamente preliminare) si possono svolgere le seguenti considerazioni.
5.4.1. Nel caso di rigetto espresso (o implicito) di una domanda per ridiscuterne sara’ di regola necessario l’appello, che potra’ assumere carattere principale oppure incidentale e non sara’ mai utilizzabile l’articolo 346 c.p.c..
Se l’attore aveva proposto un cumulo di domande in nesso di indipendenza fra loro e, dunque, aveva interesse ad una decisione su tutte (perche’ concernenti beni della vita distinti), il rigetto espresso (o implicito) di una di esse, tanto nel caso di accoglimento di tutte le altre, quanto nel caso di accoglimento di alcune soltanto di esse, lo onerera’, a seconda dei casi della proposizione di un appello in via principale o in via incidentale.
L’iniziativa potra’ assumersi in via principale dallo stesso attore a prescindere dall’impugnazione del convenuto sulla domande o sulle domande accolte nei suoi confronti, oppure potra’ e dovra’ assumersi dall’attore in via incidentale, se il convenuto impugni la decisione sfavorevole su di essa o su di esse.
Trattandosi di impugnare una decisione espressa (o implicita) di rigetto di una o di alcune domande e, dunque, di sottoporla a critica al riguardo, fermo l’ovvio rilievo che, se l’iniziativa parte dall’attore, il mezzo per esercitare la critica e’ naturaliter l’appello principale, se la critica deve esercitarsi dopo l’impugnazione del convenuto, il mezzo per esercitarla non puo’ essere la c.d. riproposizione, ma deve essere l’appello incidentale e cio’ perche’ non si tratta di chiedere al giudice d’appello di esaminare la domanda, ma di esaminarla in quanto rigettata in primo grado: l’attivita’ diretta a sottopone al giudice d’appello la domanda non puo’ ignorare la decisione di primo grado e, dunque, dovendola sottopone a critica si deve articolare con l’appello incidentale.
5.4.2. Nel caso di proposizione di domande da parte dell’attore con nesso di alternativita’ riguardo al loro accoglimento e, dunque, con indifferenza rispetto all’accoglimento dell’una o dell’altra, si deve distinguere a seconda che l’alternativita’ concerna una relazione fra le domande tale che, a livello di diritto sostanziale esistano o i fatti costitutivi dell’una o i fatti costitutivi dell’altra, e dunque, si configuri un’alternativita’ oggettiva per incompatibilita’ nello stesso diritto sostanziale, di modo che il giudice per ritenerne fondata una debba necessariamente reputare infondata l’altra, dal caso in cui l’alternativita’ non sia tale, potendo coesistere i fatti costitutivi di entrambe le domande ed essendo essa solo espressione dell’indifferenza dell’interesse della parte all’accoglimento di una di esse.
5.4.2.1. Nella prima ipotesi la decisione necessariamente deve avere pronunciato (anche esaminando implicitamente una di esse) su entrambe le domande e, poiche’ per l’attore era indifferente che fosse accolta l’una o l’altra, egli non solo non e’ in posizione di soccombenza pratica, essendo stato vittorioso, ma, a seguito dell’impugnazione del convenuto, che invece, e’ soccombente, pur avendo la sentenza nell’accogliere una domanda escluso la fondatezza dell’altra, non si trovera’ nella condizione ne’ di dover propone appello incidentale ne’ di dover riproporre l’altra domanda, qualora l’appellante convenuto proponga il suo appello censurando la sentenza di primo grado con una prospettazione che neghi la fondatezza di entrambe le domande, cioe’ sia di quella accolta, sia di quella esclusa solo perche’ incompatibile con quella accolta: in tal caso, la discussione su entrambe le domande e’ gia’ sollecitata dallo stesso appellante convenuto, il quale negando la fondatezza di entrambe le domande ha gia’ devoluto la cognizione di entrambe al giudice d’appello. Semmai per l’attore si porra’ un problema di devoluzione al giudice d’appello di eventuali questioni decise espressamente o implicitamente dalla sentenza di primo grado. L’appello incidentale sara’ configurabile in relazione a tali questioni e servira’ ad evitare che il giudice d’appello non le possa esaminare, come imporrebbe l’articolo 329 c.p.c., comma 1.
Viceversa, se il convenuto appelli la decisione di accoglimento di una domanda per ragioni solo ad essa intrinseche, che non comporterebbero la fondatezza di quella invece ritenuta infondata, l’attore, per ottenere che sia riesaminata la domanda reputata infondata, essendovi stata una decisione espressa (o implicita) riguardo ad essa, deve criticarla e, quindi, deve proporre appello incidentale quanto alla sua decisione.
5.4.3. Nella seconda delle ipotesi prima formulate, se il primo giudice abbia accolto una domanda e rigettato l’altra, la posizione di indifferenza dell’attore rispetto all’accoglimento dell’una o dell’altra, esclude che egli abbia interesse ad impugnare essendo la sua soccombenza non pratica ma solo teorica dal punto di vista dell’interesse che l’aveva spinto ad agire. Se il convenuto impugni, la sua impugnazione non potra’ che dirigersi che contro la domanda accolta e l’attore, a questo punto, vedra’ sorgere il suo interesse a rimettere in discussione il rigetto dell’altra domanda che aveva proposto in via alternativa e con nesso di indifferenza e senza interferenze oggettive di reciproca esclusione della fondatezza dell’una sulla fondatezza dell’altra. Tale interesse per potersi realizzare abbisogna dell’appello incidentale, dato che si impone una critica alla decisione impugnata e la critica ad una decisione dinanzi ad un giudice di impugnazione si deve articolare in appello con l’impugnazione incidentale, che assumera’ cosi’ carattere condizionato all’eventuale accoglimento dell’appello del convenuto sull’altra domanda.
La mera riproposizione ai sensi dell’articolo 346 c.p.c. non sara’, dunque, sufficiente.
5.5. Con riferimento ancora al cumulo di domande, resta da dire del caso della proposizione di domande in nesso di subordinazione fra loro.
Se viene accolta la domanda proposta in via principale, la domanda subordinata non sara’ stata esaminata.
Non essendovi stata decisione su di essa, qualora impugni il convenuto riguardo all’accoglimento della principale, l’attore, per ottenere che sia riesaminata la domanda subordinata per il caso di accoglimento dell’appello sulla principale, non ha bisogno di svolgere una critica, perche’ la sentenza di primo grado non ha pronunciato sulla domanda subordinata, che e’, come si suol dire, rimasta assorbita, cioe’ non e’ stata esaminata per carenza di interesse, cioe’ per non essersi concretato il nesso di subordinazione. Non dovendosi svolgere una critica perche’ manca il suo oggetto il mezzo per devolvere la decisione sulla subordinata, sebbene condizionatamente al caso di accoglimento dell’appello, l’attore potra’ valersi dell’articolo 346 c.p.c..
Puo’ darsi, poi, in presenza di due domande proposte in nesso di subordinazione, il caso in cui il primo giudice rigetti la principale e accolga quella subordinata.
In questo caso l’attore puo’ certamente impugnare la decisione quanto alla domanda principale ma potrebbe anche acquietarsi della decisione favorevole sulla subordinata. Se impugna il convenuto – naturalmente l’accoglimento della subordinata – l’attore, essendovi stata decisione espressa (o implicita) sul rigetto della principale, se ha interesse a devolvere al giudice d’appello la domanda principale, deve criticare la decisione di primo grado quanto al suo rigetto e, dunque, e’ tenuto a proporre appello incidentale e non puo’ limitarsi a riproporre la domanda principale ai sensi dell’articolo 346 c.p.c..
Puo’ darsi, poi, il caso che il primo giudice, senza rispettare il nesso di subordinazione, abbia omesso l’esame della domanda principale e, dunque, sia incorso in un’omessa pronuncia su di essa ed abbia invece esaminato, accogliendola, quella subordinata.
Se la subordinata concerneva un bene della vita di identico valore rispetto a quello oggetto della domanda principale ed il nesso di subordinazione non dipendeva da una differenza di valore evidenziatrice di un interesse oggettivo, si dovrebbe escludere che l’attore possa impugnare in via principale l’omessa pronuncia, atteso che, pur avendo egli proposto le domande in nesso di subordinazione, l’interesse che esse dovevano soddisfare non si differenziava.
Se impugna il convenuto quanto all’accoglimento della principale, l’interesse dell’attore risorge certamente e ci si deve domandare se egli sia tenuto ad impugnare in via incidentale l’omessa pronuncia sulla domanda principale. Essa e’ certamente frutto di un errore del primo giudice, che ha alterato l’ordine in cui le domande erano state proposte e, pertanto, se pure e’ vero che tale errore non ha determinato un danno per l’attore, perche’ egli ha visto soddisfatto l’interesse all’accoglimento della subordinata, tuttavia potrebbe dirsi che essendo la tutela del medesimo messa in discussione si configuri un interesse ad impugnare che, supponendo una critica al modo di procedere del giudice di primo grado, e’ da far valere con l’impugnazione incidentale e non con la riproposizione.
Nel caso in cui il nesso di subordinazione concerna invece una domanda principale intesa ad ottenere un bene di valore maggiore rispetto a quello oggetto della subordinata, sembrerebbe configurabile innanzitutto la possibilita’ di un’impugnazione in via principale dell’attore. E, correlativamente, qualora invece impugni il convenuto, l’attore deve propone impugnazione incidentale, essendo necessario criticare il modo di procedere della sentenza di primo grado.
5.6. Passando a considerare l’esercizio del potere di impugnazione con l’appello riguardo alla decisione sull’eccezione, anche rispetto ad essa occorre considerare se il convenuto, per difendersi dalla domanda ed ottenerne il rigetto l’aveva proposta insieme ad altra o ad altre senza esprimere la preferenza per il loro esame, cioe’ senza indicare un nesso di subordinazione per il loro esame.
L’assenza di una simile indicazione rende irrilevante dal punto di vista del convenuto l’eventuale priorita’ logico-giuridica di una eccezione rispetto all’altra, atteso che egli le ha proposte senza evocarla ed al solo fine comune di ottenere il rigetto della domanda. Poiche’ tale rigetto egli ha ottenuto sulla base di una di esse in assenza di una richiesta di esame delle eccezioni secondo un certo ordine (eventualmente anche quello logico-giuridico), esprimente un diverso interesse alla loro proposizione ed al loro esame, non e’ predicabile la lesione di alcun interesse per la scelta del giudice di rigettare la domanda esaminando l’una piuttosto che l’altra.
Nella descritta situazione, se il convenuto abbia ottenuto il rigetto della domanda, ma il primo giudice abbia rigettato espressamente una o piu’ eccezioni che egli aveva fatto valere per ottenere quel rigetto, ancorche’ l’articolo 346 c.p.c. parli di eccezioni “non accolte” con una formulazione che potrebbe comprendere pure le eccezioni espressamente rigettate, (ed il cui rigetto e’ rimasto irrilevante ai fini della c.d. soccombenza pratica) si deve ritenere che l’espressione non possa ricomprenderle ma debba essere riferita alla sola ipotesi in cui l’eccezione non sia stata esaminata dal giudice.
Induce a tale conclusione il necessario coordinamento fra la previsione dell’appello incidentale e quella della riproposizione nei termini che si sono in precedenza indicati: se l’appello incidentale sottende, come s’e’ visto, una critica alla decisione impugnata, con riferimento all’eccezione espressamente disattesa la critica esige l’impugnazione incidentale. La mera riproposizione, sottintendendo solo la devoluzione al giudice dell’appello dell’eccezione per come proposta nel primo grado (dato che “riproporre” significa “nuovamente propone” in funzione della nuova decisione, essa non puo’ implicare, come dovrebbe se si intendesse l’espressione “non accolte” come comprensiva delle “espressamente rigettate”) non e’ idonea a comprendere la necessaria attivita’ di critica che il convenuto deve rivolgere all’opinione con cui il primo giudice ha disatteso l’eccezione.
Occorrendo una critica, essa in sede di impugnazione esige l’impugnazione incidentale, cioe’ il rapportarsi alla decisione impugnata e, quindi, l’articolazione specifica ai sensi dell’articolo 342 c.p.c. di motivi di impugnazione.
5.6.1. Qualora il convenuto, nel difendersi contro la domanda proponga eccezioni indicando un nesso di gradata subordinazione fra di esse e il giudice abbia rigettato la domanda rispettando tale indicazione, risulteranno valide le stesse conclusioni.
5.6.2. L’articolo 346 c.p.c., viceversa, e’ destinato ad entrare in giuoco allorquando il giudice di primo grado, in presenza di deduzione senza preferenza di esame di varie eccezioni abbia rigettato la domanda contro il convenuto accogliendo una di esse senza esaminare le altre (e cio’ nemmeno implicitamente).
In tal caso si deve considerare che l’indifferenza della loro prospettazione, se non vale ad eliminare il dato dell’omissione di pronuncia ai sensi dell’articolo 112 c.p.c. sull’eccezione, emergente dal fatto che essa non e’ stata esaminata, rende irrilevante, tuttavia, l’omissione di pronuncia dal punto di vista dello stesso interesse del convenuto all’esame in quanto funzionale ad incidere sul tenore della decisione prima ancora che in concreto quanto al tenore della decisione, che comunque e’ stata di rigetto, cosi’ come le sarebbe stata se fosse stata esaminata ed accolta l’eccezione di cui si e’ omesso l’esame.
Poiche’ l’omissione di decisione da parte del giudice non e’ stata incidente sulla decisione e, dunque, la decisione non e’ stata il risultato della mancata considerazione dell’eccezione, sarebbe del tutto ultroneo esigere che, per devolvere al giudice d’appello la cognizione dell’eccezione non esaminata, sia necessaria una critica alla sentenza. E’ sufficiente la tecnica della riproposizione.
5.6.3. Viceversa, se il rigetto della domanda e’ avvenuto senza il rispetto della prospettazione del grado di subordinazione fra le eccezioni proposte dal convenuto, certamente l’interesse che egli aveva espresso indicando il nesso di subordinazione delle sue eccezioni e’ leso dall’inosservanza da parte del giudice del nesso stesso, onde si deve ritenere che, una volta impugnata la sentenza da parte dell’attore, il convenuto appellato, per ottenere che le eccezioni non esaminate in violazione del nesso siano valutate e, dunque, che esso sia rispettato, debba criticare la sentenza e, quindi, propone un appello incidentale relativo alla violazione del detto nesso.
5.6.4. L’appello incidentale, d’altro canto, sarebbe necessario a maggior ragione se la sentenza di primo grado avesse preso posizione espressa sul nesso di subordinazione e l’avesse negato expressis verbis: anche in tal caso varrebbero le medesime considerazioni.
6. Puo’ passarsi a questo punto all’esame della questione oggetto del contrasto, che si pone in una situazione processuale che vede coinvolte nel processo una pluralita’ di parti secondo lo schema della garanzia (su cui da ultimo Cass. sez. un. n. 24707 del 2015, che ha svalutato la rilevanza pratica della tradizionale distinzione fra garanzia propria ed impropria).
6.1. Va considerato (alla stregua dei principi indicati dalla decisione appena citata) che nella controversia di cui e’ processo la chiamata in garanzia effettuata dalla convenuta (OMISSIS) aveva innanzitutto determinato, come in ogni caso di chiamata in garanzia, l’estensione alla societa’ terza chiamata in causa dell’accertamento da svolgersi sulla domanda principale contro la (OMISSIS) proposta dalla (OMISSIS) e, dunque, un’estensione in senso soggettivo di detto accertamento, il quale ormai doveva avvenire nel contraddittorio della terza chiamata.
La chiamata aveva, pero’, anche introdotto una domanda della convenuta verso la terza intesa ad ottenere, per il caso di riconoscimento della responsabilita’ verso l’attrice, l’accertamento dell’esistenza del rapporto in base al quale la (OMISSIS) (poi (OMISSIS)) doveva prestare garanzia in relazione alla pretesa della (OMISSIS) e la condanna della stessa (OMISSIS) a rimborsare alla (OMISSIS) quanto quest’ultima avesse dovuto corrispondere all’attrice per effetto della soccombenza patita sulla domanda principale.
Tale domanda aveva assunto carattere necessariamente condizionato rispetto all’accoglimento della domanda principale, nel senso che l’onere del giudice di decidere su di essa sarebbe insorto solo se fosse divenuto effettivo e reale l’interesse della convenuta al suo esame per effetto dell’accoglimento contro di lei della domanda principale.
Costituendosi in giudizio, la terza non aveva, d’altro canto, contestato l’esistenza del rapporto di garanzia (e nemmeno aveva svolto domanda intesa ad accertarne un diverso modo di essere rispetto a quello postulato dalla (OMISSIS)). Neppure era stata sollevata contestazione circa l’inerenza della eventuale responsabilita’ della convenuta verso l’attrice, nei limiti in cui fosse stata riconosciuta, all’ambito della garanzia.
La terza chiamata aveva sollevato contestazioni solo sull’esistenza stessa della responsabilita’ della convenuta, cioe’ della garantita, nei confronti dell’attrice, e, quindi, sul modo di essere del rapporto oggetto della domanda principale.
La materia del contendere e, quindi, dell’accertamento da svolgersi da parte del primo giudice era rimasta dunque limitata all’accertamento della sussistenza della responsabilita’ della convenuta verso l’attrice e, dunque, sulla fondatezza, totale o parziale, della domanda principale, e solo l’esito positivo di tale accertamento avrebbe dovuto comportare l’esame della domanda condizionata di garanzia e giustificare il suo accoglimento. Mentre l’esito negativo avrebbe dovuto rendere inutile l’esame della domanda di garanzia e di condanna alla rivalsa, tenuto conto che, come si e’ detto, non vi era stata contestazione sull’esistenza del rapporto di garanzia e non era stata proposta domanda che, indipendentemente dalla sussistenza della rivalsa, dovesse accertare al di la’ di quanto ad essa funzionale, il rapporto di garanzia.
Nella specie il primo giudice riconobbe infondata la domanda principale e, quindi, la condizione perche’ provvedesse sulla garanzia e rivalsa non si verifico’ e nessuna decisione venne resa su di essa.
6.2. Nella descritta situazione, non essendosi avverata la condizione per l’esame della domanda di rivalsa e non essendo stato investito di alcuna domanda intesa ad ottenere un accertamento del rapporto di garanzia indipendentemente da quanto funzionale alla rivalsa, il tribunale si astenne da qualsiasi decisione sul rapporto di garanzia rispettando il condizionamento voluto dalle parti del rapporto di garanzia e, quindi, dando luogo ad un corretto modus procedendi.
L’impugnazione proposta dalla (OMISSIS), rimasta soccombente riguardo alla domanda principale, venne correttamente proposta dalla (OMISSIS) contro la (OMISSIS) e contro la terza chiamata, atteso che, a seguito della proposizione della chiamata in causa, l’accertamento del rapporto oggetto della domanda principale era divenuto – come s’e’ detto – un accertamento “a tre”, cioe’ soggettivamente esteso alla terza chiamata e considerato che l’unitarieta’ dell’accertamento permaneva in sede di impugnazione.
La (OMISSIS), non essendovi stata alcuna decisione sulla domanda di garanzia e di rivalsa in ragione del mancato avveramento della condizione per la decisione su di essa, rappresentata dal riconoscimento della fondatezza della domanda principale, aveva certamente interesse ad ottenere che, per l’ipotesi che nel giudizio di appello l’esito del giudizio di primo grado su quella domanda fosse rovesciato, al giudice d’appello fosse devoluta, condizionatamente a tale evenienza, la decisione sulla domanda di garanzia e di rivalsa.
Tale interesse, per concretizzarsi, non abbisognava dell’esercizio di un’impugnazione in via incidentale e, dunque, di un appello incidentale per la ragione che, non essendovi stata alcuna decisione a riguardo della domanda di garanzia e di rivalsa, nessuna critica vi era da rivolgere alla sentenza di primo grado e, dunque, difettava il presupposto necessario di un appello incidentale.
Esso, per quanto sopra in precedenza evidenziato, e’ sempre: a) la necessita’ – da parte di chi non sia soccombente in via pratica rispetto all’esito finale della lite, ma lo sia in via virtuale, cioe’ lo sia su una questione esaminata e risolta oppure erroneamente considerata in relazione al modo in cui doveva esserlo sotto il profilo processuale, per pervenire alla decisione finale pur favorevole – di ottenere che il giudice investito dall’appello principale, se ritenga esso fondato, riesamini quella questione e fornisca una diversa valutazione che possa giustificare sempre una decisione finale favorevole; b) la necessita’ di censurare la decisione impugnata con l’appello principale riguardo ad una domanda diversa da quella cui esso si riferisce, sulla quale vi sia stata e si lamenti una decisione sfavorevole oppure non si sia rispettato il modus procedendi conseguente all’ordine di proposizione delle domande.
Nella specie, poiche’ il condizionamento della domanda di garanzia e di rivalsa non era stato sciolto e superato e non lo era stato legittimamente (cioe’ in modo conforme a quanto richiesto), non era necessaria un’impugnazione incidentale della (OMISSIS), perche’ mancava l’oggetto dell’impugnazione: una decisione su detta domanda non solo non vi era stata, ma, inoltre, non vi era stata legittimamente, perche’, secondo il tenore della prospettazione della convenuta garantita e della garante, essa vi doveva essere solo per il caso di accoglimento della domanda principale.
Nessuna critica alla sentenza impugnata era non solo necessaria, ma ancor prima possibile per mancanza di oggetto, perche’ l’esame della domanda di garanzia e di rivalsa dovesse devolversi al giudice d’appello.
Ne’ puo’ pensarsi che la necessita’ della impugnazione si giustificasse perche’, sebbene condizionatamente all’accoglimento dell’impugnazione dell’attrice riguardo al rapporto principale, la decisione sulla domanda inerente il rapporto di garanzia che a questo punto doveva dare il giudice dell’appello in qualche modo sarebbe venuta a risolversi in una “riforma” della decisione di primo grado, come postula l’orientamento che qui si deve disattendere: invero non e’ dato comprendere come potrebbe parlarsi di “riforma” di una decisione che non vi era stata in ragione dell’assorbimento della domanda di garanzia e di rivalsa. In realta’, cio’ che doveva aver luogo era solo, dopo la riforma della decisione sulla domanda principale, la decisione sulla domanda di garanzia e di rivalsa per insorgenza dell’interesse alla decisione e, dunque, di un’evenienza che non si era verificata in primo grado e non per errore del primo giudice, sottoponibile come tale a critica, bensi’ per mancato avveramento oggettivo della stessa condizione cui la cognizione della domanda de qua era sottoposta.
In realta’, il detto orientamento evocava in modo suggestivo soltanto il risultato dello scioglimento del nesso di condizionamento della domanda di garanzia di rivalsa scaturito dal convincimento del giudice d’appello circa la fondatezza dell’appello principale sul rapporto principale.
Risultato che e’ il dovere quel giudice procedere all’esame della domanda di garanzia e di rivalsa, ma che non e’ un dovere di provvedere su una critica rivolta alla sentenza si primo grado, che non vi e’ stata perche’ non vi era stata decisione, bensi’ un dovere di provvedere che sorge solo quale conseguenza dell’accoglimento dell’appello principale e del riconoscimento della fondatezza della domanda principale.
La determinazione di tale dovere in capo al giudice d’appello, non supponendo una critica alla decisione di primo grado e, dunque, esorbitando dal profilo dell’impugnazione incidentale, deve allora intendersi affidata all’istituto della c.d. mera riproposizione della domanda di cui all’articolo 346 c.p.c., trattandosi solo della conferma dell’interesse ad ottenere la decisione sulla domanda di garanzia e di rivalsa sempre condizionatamente all’eventuale accoglimento dell’appello principale e, dunque, al riconoscimento della fondatezza della domanda principale, che gia’ in primo grado condizionava l’esame della domanda di garanzia e di rivalsa. Si tratta, quindi, solo di “riproporre” la situazione di primo grado.
La conferma di tale interesse e’ legittimamente affidata alla mera riproposizione perche’ si e’ nell’ambito della riproposizione della domanda “non accolta” sulla base di una legittima astensione dalla decisione su di essa e non si deve procedere ad una critica della sentenza impugnata, che, proprio in mancanza di una decisione, sarebbe priva di oggetto.
6.3. Solo allorquando l’accertamento sul rapporto di garanzia e’ stato chiesto senza condizionamento ed ha avuto luogo, aggiungendosi alla decisione di rigetto della domanda contro il garantito, una decisione riguardo al rapporto di garanzia, oppure allorquando ne e’ stata omessa la decisione (con omissione di pronuncia), di fronte all’impugnazione dell’attore principale, che deve impugnare la statuizione che gli ha rigettato la domanda principale tanto contro il garante che contro il garantito, occorrera’ invece che chi nel rapporto di garanzia e’ rimasto soccombente o per decisione sfavorevole o per omessa pronuncia, se vuole porlo in discussione, impugni in via incidentale, non bastando la sola riproposizione della domanda, dato che c’e’ una soccombenza da rimuovere ed essa, che non e’ stata posta in discussione dall’attore impugnante in via principale, che non era parte del rapporto di garanzia, puo’ esserlo solo dalla parte di esso che e’ soccombente e lo deve essere con una critica alla decisione impugnata, cioe’ con un appello incidentale.
7. Il principio di diritto che deve enunciarsi a composizione del contrasto e che giustifica l’accoglimento del primo motivo di ricorso e’ il seguente: “Nel caso di chiamata in garanzia, qualora il giudice di primo grado abbia rigettato la domanda principale e non abbia deciso sulla domanda di chiamata in garanzia e sulle sue implicazioni (rivalsa), in quanto la decisione su di essa era stata condizionata all’accoglimento della domanda principale e non era stata chiesta ne’ dal convenuto preteso garantito ne’ dal preteso garante indipendentemente dal tenore della decisione sulla domanda principale, ove l’attore appelli la decisione di rigetto della domanda principale (impugnazione da rivolgersi necessariamente contro il convenuto ed il terzo), ai fini della devoluzione al giudice d’appello della cognizione della domanda di garanzia per il caso di accoglimento dell’appello e di riconoscimento della fondatezza della domanda principale, non e’ necessaria la proposizione da parte del convenuto appellato di un appello incidentale, ma e’ sufficiente la mera riproposizione della domanda di garanzia ai sensi dell’articolo 346 c.p.c.”.
8. L’accoglimento del primo motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata limitatamente alla parte in cui la Corte territoriale ha dichiarato di non poter accogliere la domanda di garanzia e di rivalsa della (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) perche’ la prima aveva solo riproposto tale domanda ai sensi dell’articolo 346 c.p.c. anziche’ svolgere riguardo ad essa un appello incidentale.
9. Parte ricorrente nel ricorso, adducendo di avere pagato alla (OMISSIS) la somma oggetto della condanna a favore della medesima disposta dalla sentenza impugnata, aveva chiesto, evidenziando che la (OMISSIS) non aveva contestato di dover prestare garanzia (all’uopo richiamando le su difese), che, una volta accolto il ricorso, si decidesse nel merito sulla domanda di garanzie e rivalsa.
Nel suo controricorso la (OMISSIS) non ha svolto alcun rilievo sulla richiesta di decisione nel merito e sulle sussistenza delle condizioni per darvi corso nell’ipotesi di accoglimento del ricorso della (OMISSIS), essendosi limitata solo a contestare la fondatezza dei motivi di tale ricorso.
Anche nella memoria la resistente ha tenuto la stessa condotta difensiva.
Ne segue che possono, in ragione della mancanza di contestazione della loro sussistenza, reputarsi sussistenti le condizioni per la decisione nel merito sulla domanda di garanzia e rivalsa.
D’altro canto, l’esame del fascicolo d’ufficio della Corte d’Appello conferma che la terza chiamata incentro’ nella comparsa di costituzione di appello le sue contestazioni solo sulla domanda principale oggetto dell’appello principale della (OMISSIS) e, peraltro, solo nella conclusionale si occupo’ della richiesta della (OMISSIS) relativa alla rivalsa, adducendo, pero’, esclusivamente la necessita’ dell’appello incidentale e la non sufficienza della mera riposizione.
Pertanto, pronunciandosi sul merito della domanda di garanzia e rivalsa a seguito della parziale riforma della sentenza impugnata quanto alla decisione di rito su di essa data, la resistente dev’essere condanna al pagamento in favore della (OMISSIS) della somma corrisposta dalla medesima a favore della (OMISSIS) in forza della sentenza di appello, con gli interessi legali dalla data della notificazione del ricorso, cioe’ dal 30 aprile 2009 al saldo, dato che la richiesta formulata nelle conclusioni del ricorso non indica alcunche’ riguardo alla decorrenza degli interessi.
L’importo corrisposto e’ stato indicato e documentato dalla ricorrente (prod. n. 6 della medesima) in Euro 9.476,92 senza alcuna contestazione da parte della (OMISSIS).
Non puo’ riconoscersi la rivalutazione monetaria stante l’assoluta carenza di allegazioni giustificative.
Le spese dell’intero giudizio fra le parti qui costituite vanno compensate stante la giustificazione derivante dall’essere la decisione sul rapporto di garanzia dipesa dalla soluzione di un contrasto di giurisprudenza.
Non e’ luogo a provvedere con riferimento al rapporto processuale fra le parti costituite e l’intimata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla decisione resa sulla domanda di garanzia della (OMISSIS) s.r.l. contro la (OMISSIS) s.r.l. e dichiara assorbiti gli altri motivi di ricorso. Pronunciando nel merito sulla domanda di garanzia proposta dalla (OMISSIS) contro la (OMISSIS) condanna quest’ultima al pagamento in favore della (OMISSIS) della somma di Euro 9.476,92 oltre interessi legali dal 30 aprile 1009 al saldo. Compensa le spese di tutti i gradi di giudizio fra le parti costituite.

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