Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 10 dicembre 2014, n. 26059
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere
Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) Elettivamente domiciliata in Roma, piazza cavour nella Cancelleria della Corte di cassazione; rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al ricorso (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Avv. (OMISSIS) In proprio, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), nello studio dell’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, n 1536, depositata in data 24 novembre 2008;
Sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 5 giugno 2014 dal consigliere dott. Pietro Campanile;
Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto dott.ssa CERONI Francesca la quale ha concluso per l’inammissibilita’ o per il rigetto del ricorso.
1.1 – La corte territoriale ha rilevato che il consiglio dato dal professionista alla cliente di non avanzare pretese economiche contestualmente alla domanda di divorzio non era di per se’ incongruo, atteso che la necessita’ di accertamenti peritali (effettivamente eseguiti nel corso di quel giudizio) era ostativa a una separata ed immediata pronuncia sull'”an”, che costituiva il prioritario interesse della (OMISSIS). Il giudizio, infatti, si era concluso senza opposizione da parte del convenuto, mentre le questioni di natura economica – per altro proponibili autonomamente, con possibilita’ di ottenere la decorrenza dell’assegno dal momento della domanda – avrebbero di certo ritardato la pronuncia relativa allo “status”.
1.2 – E’ stata rimarcata l’irrilevanza dei profili concernenti la responsabilita’ del professionista per non aver evidenziato, nel primo giudizio, l’addebitabilita’ al marito del fallimento del matrimonio, ed e’ stata, infine, dichiarata l’inammissibilita’ dell’appello proposto in via incidentale dal (OMISSIS) in merito al regolamento delle spese processuali.
1.3 – Per la cassazione di tale decisione la (OMISSIS) propone ricorso, affidato a due motivi, cui l’avv. (OMISSIS) resiste con controricorso.
2.1 – Con la seconda censura, denunciandosi violazione dell’articolo 2236 cod. civ., si sostiene che la corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la responsabilita’ del professionista in relazione alla scelta sopra indicata, valorizzando le sollecitazioni – inidonee a tal fine – della stessa cliente.
3 – I motivi, per i quali sono stati indicati validi quesiti di diritto, vanno esaminati congiuntamente, in quanto intimamente correlati.
Essi risultano in parte inammissibili, ed in parte infondati.
3.1 – Deve in primo luogo constatarsi come l’attribuzione alla corte territoriale dell’affermazione dell’impossibilita’ giuridica di ottenere una sentenza non definitiva sullo “status” non trova riscontro nella motivazione della decisione impugnata, che ha posto in evidenza, da un lato, l’opportunita’ della scelta di non compromettere la celerita’ del procedimento, che costituiva il preminente interesse della cliente, introducendo temi di natura economica, comportanti attivita’ istruttoria non scindibile da quella inerente alla specifica ragione posta alla base del divorzio, dall’altro la possibilita’ (con richiamo alla decisione di questa Corte n. 1031 del 1998) di avanzare separatamente la domanda di assegno.
3.2 – La Corte di appello, quindi, non ha affermato che, ai sensi della Legge n. 898 del 1970, articolo 4 non fosse possibile ottenere una pronuncia non definitiva, ma ha semplicemente ritenuto che i relativi tempi non fossero compatibili con una pronuncia definitiva, certamente ottenibile in un giudizio non appesantito da temi di natura economica, che, per altro, avrebbero provocato una differente “reazione difensiva” da parte del (OMISSIS).
4 – Al di la’ della evidenziata inammissibilita’, precisato che manca qualsiasi riferimento, nel ricorso, a un eventuale mancato assolvimento degli oneri di natura informativa facenti capo al professionista, deve osservarsi che, alla luce dell’affermata – e non contestata – possibilita’ di proporre in via separata la domanda di assegno, non sussiste la dedotta responsabilita’ del professionista per aver scelto una strategia processuale ritenuta, secondo l’apprezzamento del giudice del merito sorretto da adeguata motivazione, e del resto non censurata, confacente agli interessi della stessa cliente.
5 – In considerazione della delicatezza del tema trattato, inerenti a scelte di natura discrezionale del difensore, va disposta la compensazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’.
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