cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 11 dicembre 2014, n. 26139

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BOGNANNI Salvatore – Presidente
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8184/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 103/65/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA del 14/06/2012, depositata il 20/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO.

FATTO E DIRITTO
rilevato che, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
“L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il Sig. (OMISSIS) per la cassazione della sentenza n. 103/65/12 con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, confermando la pronuncia di primo grado, ha annullato un avviso di accertamento IVA, IRPEF e IRAP per l’anno 2004 fondato sugli studi di settore.
Il giudice di secondo grado, premettendo che gli studi di settore rappresentano strumenti idonei a giustificare l’azione accertativa da parte dell’Amministrazione Finanziaria, ma inidonei a provare ex se la fondatezza dell’accertamento se non trovano riscontro in altri elementi – quantomeno indiziari – che tengano conto dell’effettiva realta’ aziendale del singolo contribuente, ha ritenuto che tali elementi ulteriori, nel caso di specie, non siano stati forniti dall’Amministrazione. In particolare, da un lato, ha valutato come non significativo ai fini dell’emersione di ricavi non dichiarati l’acquisto di un nuovo veicolo nell’esercizio successivo a quello oggetto dell’accertamento, non sapendosi se l’acquisto e’ sostitutivo o meno del mezzo precedentemente posseduto e non essendo comunque note le modalita’ di pagamento del nuovo bene (se con pagamento immediato oppure con finanziamento, pagamento dilazionato ecc.) dall’altro, ha reputato non potersi desumere l’antieconomicita’ dell’attivita’ “dal fatto di avere dichiarato nell’anno accertato una perdita di esercizio, potendo trattarsi di evento del tutto episodico; tra l’altro, il giudizio di antieconomicita’ deriva sempre dalla comparazione tra quanto dichiarato e le risultanze dello studio di settore, con la conseguenza che il rafforzamento dell’accertamento statistico deriverebbe pur sempre da se stesso e non da elementi diversi, come invece previsto alla luce delle argomentazioni precedentemente esposte”.
Ricorre l’Agenzia delle Entrate con unico motivo concernente violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d), del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54, del Decreto Legge n. 331 del 1993, articolo 62 sexies, conv. in Legge n. 427 del 1993, e della Legge n. 146 del 1998, articolo 10, in combinato disposto con l’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. La Commissione Regionale avrebbe disatteso i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ sul riparto dell’onere della prova in materia di accertamento mediante studi di settore. Secondo la difesa erariale, una volta instaurato il contraddittorio con il contribuente e vagliati gli elementi fattuali ricorrenti nel caso concreto, sorge un’inversione dell’onere della prova, nel senso che spetta al contribuente fornire la giustificazione delle gravi incongruenze nei ricavi rispetto a quelli risultanti dallo studio di settore.
Il contribuente non si e’ costituito in questa sede.
11 motivo appare fondato. Con la sentenza n. 26635/09 le Sezioni Unite hanno affermato il principio in forza del quale La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravita’, precisione e concordanza non e’ ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in se’ considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditivita’ – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullita’ dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realta’ dell’attivita’ economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non puo’ esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilita’ in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilita’ dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilita’ degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non e’ vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della piu’ ampia facolta’, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, pero’, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio puo’ motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilita’ di costituire il contraddittorio, con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice puo’ valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito.
Nella motivazione della sentenza gravata non si tiene conto del fatto – non menzionato dalla Commissione Tributaria Regionale ma che, tuttavia, risulta dalla motivazione dell’avviso di accertamento impugnato (trascritta in parte qua, in osservanza dell’onere di autosufficienza, a pag. 11 del ricorso per cassazione) – che l’emissione di detto avviso era stata preceduta dal contraddittorio endoprocedimentale e che le ragioni dedotte in quella sede dal contribuente erano state valutate e argomentatamente disattese dall’Ufficio nella motivazione dell’atto impositivo. Cio’, alla stregua del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, legittimava l’Ufficio all’emissione dell’avviso di accertamento sulla base del solo scostamento del reddito dichiarato da quello risultante dallo standard applicabili, senza necessita’, contrariamente a quanto affermato dal giudice di merito, di ulteriori riscontri; fermo rimanendo il potere del giudice di valutare, trattandosi di accertamento basato su presunzione semplice, la fondatezza della pretesa tributaria sulla base degli elementi probatori forniti in giudizio dall’Ufficio e dalla contribuente.
Si propone quindi al Collegio l’accoglimento del ricorso e il rinvio della causa alla Commissione Regionale perche’ si adegui al principio che, in materia di accertamento mediante studi di settore, l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente e la conseguente integrazione della motivazione dell’avviso di accertamento alla stregua degli elementi da quello in tal sede forniti solleva l’Ufficio dall’onere di supportare la propria pretesa con elementi indiziari ulteriori rispetto alla discordanza tra il reddito dichiarato dal contribuente e quello risultante dall’applicazione degli studi di settore; fermo restando il potere/dovere del giudice di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa erariale esaminando criticamente, alla luce delle prove acquisite al processo e dando conto delle controargomentazioni dell’Ufficio, le ragioni addotte dal contribuente (gia’ in sede endoprocedimentale o anche per la prima volta in sede processuale) per contrastare l’applicazione, nella fattispecie, degli standard emergenti dallo studio di settore o per giustificare lo scostamento da tale standard”.
che la parte intimata non si e’ costituita in questa sede;
che la relazione e’ stata notificata alla ricorrente;
che non sono state depositate memorie difensive;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide gli argomenti esposti nella relazione;
che, pertanto, si deve accogliere il ricorso e cassare con rinvio la sentenza gravata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che regolera’ anche le spese del presente giudizio.

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