Articolo

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 25 novembre 2015, n. 24074. Nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, regolato dall’art. 348-ter, terzo comma, cod. proc. civ., il termine perentorio breve di sessanta giorni decorre ordinariamente dalla comunicazione dell’ordinanza di dichiarazione di inammissibilità

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 25 novembre 2015, n. 24074 Svolgimento del processo 1. I genitori, in proprio e quali legali rappresentanti della figlia minore Y.C. , convennero in giudizio il Ministero dell’Istruzione e chiesero il risarcimento dei danni conseguenti ad un sinistro occorso nei locali della scuola materna. Il Tribunale, all’esito del...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 20 novembre 2015, n. 23784. La denuncia di un vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva l’accertamento dei fatti, all’esito della insindacabile selezione e valutazione della fonti dei proprio convincimento. Ne consegue che il vizio di motivazione deve emergere dall’esame del ragionamento svolto dai giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente dei mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione dei procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Non assume rilevanza, invece, la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice di merito agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti. In altri termini, il controllo di logicità dei giudizio di fatto – consentito al giudice di legittimità (dall’art 360 n. 5 c.p.c.) – non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice dei merito ad una determinata soluzione della questione esaminata. Una simile revisione si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione dei giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, estranea alla funzione attribuita dall’ordinamento al giudice di legittimità. In concreto il ricorrente, piuttosto che denunciare specificamente un vizio di motivazione nei termini indicati, si limita a prospettare una non consentita diversa ricostruzione dei medesimi fatti mediante la differente valutazione delle risultanze processuali

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 20 novembre 2015, n. 23784 Svolgimento del processo 1. La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza del 12/5/2009, confermava la sentenza del giudice di prime cure che, accogliendo la domanda avanzata da M.L. nei confronti di Poste Italiane S.p.a., aveva dichiarato che le lesioni (periartrite cronica scapolo omerale...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 21 settembre 2015, n. 38307. La persona danneggiata, pur costituita parte civile, che non sia anche persona offesa non è legittimata a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di non luogo a procedere, essendo tale impugnazione destinata alla tutela esclusiva degli interessi penalistici della persona offesa

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza  21 settembre 2015, n. 38307 Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata il Gip del Tribunale di Verona ha dichiarato ex art. 425 cod.proc.pen. non doversi procedere nei confronti di P.A. avuto riguardo al reato allo stesso ascritto, ricondotto all’egida di cui all’art. 373 cod.pen., concludendo per...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 5 agosto 2015, n. 16465. Il concetto di giusta causa di licenziamento, così come quello di giustificato motivo, costituisce una nozione ascrivibile alle cd. clausole generali dell’ordinamento

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 5 agosto 2015, n. 16465 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – rel. Presidente Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. DORONZO Adriana...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 24 luglio 2015, n. 15566. Deve ritenersi rituale la notifica dell’avviso di udienza effettuata presso la Cancelleria della Corte di cassazione nei confronti del difensore già cancellato dall’albo degli avvocati di appartenenza

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 24 luglio 2015, n. 15566 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RORDORF Renato – Presidente Dott. NAPPI Aniello – Consigliere Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere Dott....

Articolo

Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 23 luglio 2015, n. 32534. L’errata interpretazione da parte della Corte di cassazione della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (nella specie essendo intervenuta rivalutazione delle prove orali senza il riesame dei testi davanti alla Corte d’appello, che aveva affermato la colpevolezza dell’imputato), non rientra tra le ipotesi per le quali è esperibile il rimedio del c.d. ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 23 luglio 2015, n. 32534 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente Dott. CARCANO Domenico – Consigliere Dott. CITTERIO Carlo – rel. Consigliere Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere Dott. BASSI...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 24 agosto 2015, n. 17087. L’art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 ha introdotto e disciplinato un procedimento cautelare con funzione anticipatoria della pronuncia di merito, in particolare, rilevando che: a) i commi 3, 4 e 5, riproducono pedissequamente l’art. 669 sexies cpc, il comma 6 prevede il reclamo al giudice superiore contro i provvedimenti del giudice adito; il comma 8 richiama quoad poenam l’art. 3 88 c.p., comma 1, ma adotta la formulazione letterale di cui comma 2, relativo a chi elude 1 esecuzione di un provvedimento del giudice civile che prescriva misure cautelare; b) per effetto dell’introduzione (ad opera dell’art. 2, co 3, lett. e bis) nn. 2.3, del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella L. n. 80 del 2005) del comma 6 all’art. 669 octies cpc, il mancato inizio dell’azione di merito entro un termine perentorio non comporta l’inefficacia del provvedimento cautelare; e) la stabilizzazione dell’efficacia del provvedimento cautelare anticipatorio trova il suo limite nella possibilità, riconosciuta dal menzionato comma 6 dell’art. 669 octies cpca ciascuna parte di iniziare la causa di merito cosa, attenuandosi, ma non eliminandosi, il carattere strumentale dei provvedimento stesso, in conformità col principio secondo cui qualsiasi diritto, anche se oggetto di tutela sommaria o cautelare, può formare, oggetto di cognizione piena da parte di un giudice su iniziativa, non più obbligatoria, della parte; d) la possibilità per il giudice prevista dall’art. 44, co 7 del D.Lgs. n. 286 del 1998, di condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale, con la decisione che definisce il giudizio – disposizione sostanzialmente analoga a quella di cui all’art. 4, co 4, del lgs. n. 215 del 2003- “acquista significato solo se intesa come facoltà aggiuntiva del giudice cautelare di condannare la parte al risarcimento del danno patrimoniale, biologico e morale, così ottenendosi un rafforzamento ed anticipazione della tutela antidiscriminatoria, secondo l’intenzione dei legislatore”; previsione “sarebbe viceversa pleonastica se riferita alla sentenza che definisce il giudizio di merito, cui già appartiene tale potere”

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 24 agosto 2015, n. 17087 Svolgimento del processo Con atto notificato il 5.4.2007, l’Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani (UFTDU) propose azione di discriminazione collettiva, ex artt. 5 del d.lgs. n. 215 del 2003 e 44 del d.lgs. n. 286 del 1998, innanzi al Tribunale di...