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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 26 agosto 2015, n. 17153. Nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, non ha natura decadenziale il termine imposto al responsabile della struttura o al dirigente dall’art. 55-bis, comma 3, del D.lgs. n. 165/2001 per la trasmissione degli atti all’ufficio disciplinare

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 26 agosto 2015, n. 17153 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – rel. Presidente Dott. VENUTI Pietro – Consigliere Dott. MAISANO Giulio – Consigliere Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere Dott. MANNA Antonio...

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Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 4 novembre 2014, n. 5419. In mancanza di una definizione normativa, per mobbing si intende normalmente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo. A tal fine, la condotta di mobbing del datore di lavoro va esposta nei suoi elementi essenziali dal lavoratore, che non può limitarsi davanti al giudice a dolersi in maniera generica di esser vittima di un illecito, ovvero ad allegare l'esistenza di specifici atti illegittimi, dovendo quanto meno evidenziare qualche concreto elemento in base al quale il Giudice Amministrativo possa verificare la sussistenza nei suoi confronti di un più complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione. Non si ravvisano gli estremi del mobbing nell'accadimento di episodi che evidenziano screzi o conflitti interpersonali nell'ambiente di lavoro e che per loro stessa natura non sono caratterizzati da volontà persecutoria essendo in particolare collegati a fenomeni di rivalità, ambizione o antipatie reciproche. In particolare nel lavoro "pubblico", per configurarsi una condotta di mobbing, è necessario un disegno persecutorio tale da rendere tutti gli atti dell'amministrazione, compiuti in esecuzione di tale sovrastante disegno, non funzionali all'interesse generale a cui sono normalmente diretti

Consiglio di Stato sezione VI sentenza 4 novembre 2014, n. 5419 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6246 del 2012, proposto da: CO.EM., rappresentata e difesa dagli avv. Fr.Va. ed altri, con domicilio eletto...