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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 3 marzo 2016, n. 4211. L’adozione di circolari o direttive che regolamentano e sanzionano il divieto di fumo all’interno dell’azienda non sono sufficienti ad escluderne la responsabilità per il danno da fumo passivo subito dal dipendente ed accertato con Ctu medica

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 3 marzo 2016, n. 4211 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – Presidente Dott. VENUTI Pietro – Consigliere Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. DE GREGORIO Federico...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 febbraio 2016, n. 3422. Via libera al danno per dequalificazione professionale al dipendente della poste messo a fare lavori manuali come svuotare sacchi o trasportare carrelli mentre prima svolgeva un ruolo di natura tecnica. Il datore doveva fornire la prova dell’impossibilità di adibirlo a mansioni equivalenti

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 22 febbraio 2016, n. 3422 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MACIOCE Luigi – Presidente Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere Dott. AMENDOLA Fabrizio...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 gennaio 2016, n. 1188 . In tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva – non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale – non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, della natura e delle caratteristiche del pregiudizio medesimo. In tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi d’ inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio – dall’esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accettabile) provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento, ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale.

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza  22 gennaio 2016, n. 1188 Svolgimento del processo Con la sentenza n. 825 del 2010, la Corte d’appello di Venezia, in parziale accoglimento dell’appello proposto da A.G. avverso la sentenza del Tribunale di Verona che aveva rigettato la domanda da lei proposta nei confronti della “Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova” s.p.a....

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 dicembre 2015, n. 25780. Quando il lavoratore denuncia l’illegittimità dell’esercizio dello ius variandi a causa di demansionamento o dequalificazione, ha l’onere di allegare gli elementi di fatto significativi circa l’inesatto adempimento dell’obbligo di adibizione a mansioni corrispondenti alla categoria e qualifica di appartenenza o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte; al datore di lavoro incombe invece l’onere di provare l’esatto adempimento del suo obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto di qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero attraverso la prova che l’una o l’altro siano state giustificate dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari ovvero, in base al principio generale di cui all’art. 1218 cod. civ., comunque da una impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 22 dicembre 2015, n. 25780 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VENUTI Pietro – Presidente Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere Dott. TRICOMI Irene...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 23 novembre 2015, n. 23838. In tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva – non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale – non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo; mentre il risarcimento del danno biologico è subordinato all’esistenza di una lesione dell’integrità psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale – da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno – va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, conoscibilità all’interno ed all’esterno del luogo di lavoro dell’operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti l’avvenuta lesione dell’interesse relazionale, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto) – il cui artificioso isolamento si risolverebbe in una lacuna del procedimento logico – si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all’esistenza del danno, facendo ricorso, ai sensi dell’art. 115 cod. proc. civ., a quelle nozioni generali derivanti dall’esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 23 novembre 2015, n. 23838 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo – Presidente Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere Dott. MANNA Antonio – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere Dott. DORONZO Adriana...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 24 novembre 2015, n. 23945. Non costituisce demansionamento, ai sensi dell’art. 2103 cod. civ., la conservazione delle mansioni non dirigenziali proprie dell’addetto all’ufficio legale di una banca, con la sola perdita del potere di firma degli atti di gestione dei rapporti giuridici sostanziali, dovuta all’inserimento dell’azienda bancaria in altra di più ampie dimensioni

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 24 novembre 2015, n. 23945 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – Presidente Dott. VENUTI Pietro – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere Dott. DORONZO Adriana – Consigliere Dott. GHINOY Paola...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 23 novembre 2015, n. 23837. Alla condanna del datore di lavoro al risarcimento dei danni per mobbing (o demansionamento), non segue automaticamente anche quella per «danno esistenziale». Il dipendente è tenuto a provare l’effettivo cambiamento nelle abitudini di vita, che dunque non può presumersi proprio per il carattere «personale» della fattispecie di danno

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 23 novembre 2015, n. 23837 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo – Presidente Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere Dott. TRICOMI Irene...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 19 novembre 2015, n. 23698. In tema di rapporto di lavoro, il rispetto dei doveri di correttezza e buona fede non può spingersi sino ad imporre al datore di lavoro una scelta organizzativa tale da incidere, sia pure in maniera modesta, sulle decisioni organizzative del datore di lavoro medesimo le quali appartengono sempre alla sua sfera di libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost.

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 19 novembre 2015, n. 23698 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Presidente Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere Dott. DORONZO Adriana – Consigliere Dott. TRICOMI Irene – Consigliere Dott. DE MARINIS...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 5 novembre 2015, n. 22635. Riconosciuto il danno biologico con il solo demansionamento senza che debba esserci anche il mobbing

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 5 novembre 2015, n. 22635 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo – Presidente Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere Dott. MANNA Antonio – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. DORONZO Adriana –...