Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 27 gennaio 2015, n. 3786 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZECCA Gaetanino – Presidente Dott. ROMIS Vincenzo – Consigliere Dott. CIAMPI Francesco M. – Consigliere Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere Dott. DELL’UTRI...
Categoria: Sezioni Diritto
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 gennaio 2015, n. 3415. Quando il sequestro abbia ad oggetto beni dell'indagato di valore equivalente al profitto tratto dall'illecito per cui si procede, il valore di detti beni va calcolato tenendo conto delle indicazioni che fornisce il mercato ove gli stessi vengono scambiati; in particolare quando il sequestro abbia ad oggetto quote societarie, il valore delle stesse non deve essere quello nominale ma quello di mercato e il profilo temporale cui fare riferimento per il calcolo di tale valore è il momento in cui la misura viene eseguita
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 26 gennaio 2015, n. 3415 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere Dott. MENGONI...
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 27 gennaio 2015, n. 362. Poiché, dunque, il panorama costituisce un valore aggiunto ad un immobile, che ne incrementa la quotazione di mercato e che corrisponde ad un interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico, la sua lesione, derivante dalla sopraelevazione o costruzione illegittima di un fabbricato vicino, determina un danno ingiusto da risarcire: infatti "il pregiudizio consistente nella diminuzione o esclusione del panorama goduto da un appartamento e tutelato dalle norme urbanistiche, secondo determinati standard edilizi a norma dell'art. 872 c.c., costituisce un danno ingiusto, come tale risarcibile la cui prova va offerta in base al rapporto tra il pregio che al panorama goduto riconosce il mercato ed il deprezzamento commerciale dell'immobile susseguente al venir meno o al ridursi di tale requisito
Consiglio di Stato sezione IV sentenza 27 gennaio 2015, n. 362 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUARTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2436 del 2013, proposto da: Am.Ni.Ve., rappresentato e difeso dall’avv. An.Ab., con domicilio eletto presso An.Ab....
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 10 febbraio 2015, n. 6056. La condotta concussiva è pur sempre costituita, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita. La minaccia evocata dal concetto di costrizione è modalità della condotta tipica della concussione ed è estranea alla induzione indebita il criterio discretivo tra il concetto di costrizione e quello di induzione, più che essere affidato alla dicotomia male ingiusto-male giusto, la quale può creare, come si preciserà in seguito, qualche equivoco interpretativo, deve essere ricercato nella dicotomia minaccia-non minaccia, che è l'altro lato della medaglia rispetto alla dicotomia costrizione-induzione, evincibile dal dato normativo le modalità della condotta induttiva, pertanto, non possono che concretizzarsi nella persuasione, nella suggestione, nell'allusione, nel silenzio, nell'inganno anche variamente e opportunamente collegati e combinati tra di loro, purché tali atteggiamenti non si risolvano nella minaccia implicita, da parte del pubblico agente, di un danno antigiuridico, senza alcun vantaggio indebito per l'extraneus. Non v'è dubbio che l'elemento della costrizione sia ontologicamente insopprimibile quale fattore fondante della concussione. L'induzione indebita è reato a concorso necessario tra privato e pubblico ufficiale, ed è principio generale quello per il quale non può essere punito colui il quale abbia tenuto un comportamento sotto pressante minaccia di un male ingiusto. Non v'è induzione quando c'è minaccia. E se la sollecitazione di promesse o benefici indebiti non vale per sé a qualificare come minaccia la prospettazione di conseguenze sfavorevoli conformi a diritto, è chiaro che la conformità alle norme procedurali ed al diritto sostanziale del male minacciato costituisce un presupposto in mancanza del quale il male stesso deve considerarsi ingiusto, e si determina un rapporto concussivo
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 10 febbraio 2015, n. 6056 Ritenuto in fatto 1. È impugnata la sentenza in data 29/10/2012 della Corte d’appello di Torino, di parziale riforma, per quel che rileva nella sede presente, della sentenza pronunciata il 5/07/2011 dal Tribunale di Novara nei confronti di S.D. , riguardo ad una...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 10 febbraio 2015, n. 5966. La circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 9 c.p. trova il suo fondamento nell'esigenza di tutela del corretto svolgimento dell'attività, a rilevanza pubblica, svolta da determinati soggetti pubblici (pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio ai sensi, rispettivamente, degli artt. 357 e 358 c.p. Ai fini della configurabilità dell'aggravante in esame, occorre una connessione tra l'abuso e l'illecito ovvero un nesso funzionale tra qualifica posseduta e reato, nel senso che il soggetto agente deve avere deviato dal fine istituzionale il potere attribuitogli dalla legge o violato il dovere impostogli per realizzare il fatto criminoso. Nel caso in esame (l'imputato, Appuntato scelto dei Carabinieri in servizio, esplodeva con la propria pistola di ordinanza, in rapida successione e da breve distanza, undici colpi all'indirizzo della parte offesa, mentre si trovava seduto a bordo della propria autovettura. Il decesso si verifica quasi immediatamente a causa delle gravissime lesioni riportate in parti vitali del corpo, il movente del gesto veniva individuato nel risentimento e nella gelosia maturate dall'imputato nei confronti della vittima, un suo caro amico d'infanzia, che, dopo avere allacciato una relazione sentimentale con la moglie della parte offesa, era andato a vivere con lei) non sussiste la connessione tra l'abuso – inteso come uso dei poteri per finalità diverse da quelle per le quali gli stessi sono stan conferiti – e l'illecito, atteso che il delitto di omicidio volontario si colloca in una dimensione squisitamente privata e che l'imputato ha agito al di fuori dell'ambito delle sue funzioni. Non ricorre, neppure, un nesso funzionale tra qualità di pubblico ufficiale rivestita dall'imputato e il delitto di omicidio volontario, non sussistendo alcun nesso di strumentalità tra il potere conferito dalla legge al Carabiniere e la consumazione del reato.
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 10 febbraio 2015, n. 5966 Ritenuto in fatto 1. Il 20 agosto 2013 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Sanremo, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava S. C. colpevole del delitto di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, ed, esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 n. 9 c.p., riconosciute...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 6 febbraio 2015, n. 5676. L'accertamento dell'elemento psicologico in cui risiede il criterio distintivo tra l'omicidio volontario (in cui la volontà dell'agente è costituita dall'animus necandi, ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazioni del dolo diretto o eventuale) e l'omicidio preterintenzionale (in cui la volontà dell'agente è diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell'evento morte, che si determina per fattori esterni) si rimette alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta e si demanda al giudice di attenersi – al fine di valutare l'esistenza del dolo omicidiario e di verificare se l'evento sia stato escluso o sia stato visto dall'agente come possibile, come probabile o come certa conseguenza diretta della sua azione – a una indagine sintomatica, e cioè agli elementi fattuali indicativi all'esterno della direzione teleologica della volontà dell'agente verso la morte della vittima secondo le regole di esperienza e l'id quod plerumque accidit, quali, in via esemplificativa, il comportamento antecedente e susseguente al reato, la natura del mezzo usato, le parti del corpo della vittima attinte, la reiterazione dei colpi, e ancora la direzione e l'intensità dei colpi, la distanza del bersaglio, le situazioni di tempo e di luogo che favoriscono l'azione cruenta , e ulteriormente la micidialità del mezzo usato, la reiterazione delle lesività, la mancanza di motivazioni alternative dell'azione
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 6 febbraio 2015, n. 5676 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 18 giugno 2012, il G.u.p. del Tribunale per i minorenni di Milano, all’esito del giudizio abbreviato, ha dichiarato V.M.L.E. responsabile del reato di omicidio, aggravato dalla circostanza dei futili motivi, in danno di C.L. , commesso...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 29 gennaio 2015, n. 4349. Commette il reato di appropriazione indebita il liquidatore che distrae somme dalla società, ancorché l’atto presupposto di nomina è nullo, e per l’effetto di quell’atto ha acquisito la disponibilità dei beni sociali e ha di seguito trasferito le sostanze finanziarie secondo le rispettive quote sociali, atteso che sono il rapporto di fatto e la possibilità di incidere nella sfera della cosa oggetto di detenzione a fare il reato di appropriazione indebita ex art. 646 c.p., purché avvenuta l’interversione del possesso e l’integrazione di un comportamento uti dominus da parte dell’agente di reato
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V SENTENZA 29 gennaio 2015, n. 4349 Ritenuto in fatto 1. R.F. e M.R. , all’esito delle sentenze del Tribunale di Bologna del 10 gennaio 2012 e della Corte di Appello di Bologna del 22 maggio 2014, oggetto quest’ultima della odierna impugnazione, sono stati condannati per i reati di...
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 23 gennaio 2015, n. 1238. Il terzo titolare di diritto autonomo legittimato all'opposizione ordinaria ai sensi dell'articolo 404 del Cpc, comma 1°, non può, al fine di incidere sull'efficacia del titolo, proporre opposizione ex articolo 615 del Cpc neppure se sia detentore materiale del bene, ma può far valere la sua situazione per bloccare l'esecuzione (o esecutività del titolo) esclusivamente con l'opposizione ordinaria, nel cui ambito, ai sensi dell'articolo 407 del Cpc, potrà ottenere la sospensione dell'esecutività della sentenza
Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 23 gennaio 2015, n. 1238 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. Dott. ROSELLI Federico – Presidente di sez. Dott. RORDORF Renato – Presidente di sez. Dott....
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 29 gennaio 2015, n. 1726. Spetta al giudice il controllo di legalità della proposta di concordato preventivo in ogni fase del procedimento di omologazione e dunque anche l’accertamento della compatibilità delle sue modalità di attuazione con le norme giuridiche vigenti. La “fattibilità giuridica” costituisce pertanto imprescindibile condizione di ammissibilità del concordato, la cui mancanza, comportando l’impossibilità di dare esecuzione alla proposta, può e deve essere rilevata d’ufficio dal giudice indipendentemente dalle eventuali preclusioni già verificatesi a carico delle parti
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 29 gennaio 2015, n. 1726 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RORDORF Renato – Presidente Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere Dott. DIDONE Antonio – Consigliere Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 28 gennaio 2015, n. 1625. Perché la c.d. clausola marciana possa conseguire l'effetto di superare i profili di possibile illiceità del lease back
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 28 gennaio 2015, n. 1625 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RORDORF Renato – Presidente Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere Dott. DIDONE Antonio – Consigliere Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere Dott. NAZZICONE Loredana...