Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 giugno 2015, n. 25958 Premesso che con la decisione indicata in epigrafe il G.U.P. del Tribunale di Avellino ha disposto non doversi procedere nei confronti di A.G. in ordine al reato di tentata concussione perché il fatto non sussiste; che l’imputazione veniva contestata al G. con riferimento...
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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 giugno 2015, n. 24785. La confisca per equivalente assolve ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 11 giugno 2015, n. 24785 Fatto Con ordinanza del 07/01/2015, il Tribunale del Riesame di Monza – su ricorso proposto da STAN s.r.l., M.G. e G.F. avverso il decreto di sequestro per equivalente ordinato dal giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 05/12/2014 – rigettava...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19 giugno 2015, n. 12722. In caso di morte della vittima a seguito di sinistro stradale, la brevità del periodo di sopravvivenza alle lesioni, se esclude l’apprezzabilità ai fini risarcitori del deterioramento della qualità della vita in ragione del pregiudizio della salute, ostando alla configurabilità di un danno biologico risarcibile, non esclude viceversa che la medesima abbia potuto percepire le conseguenze catastrofiche delle lesioni subite e patire sofferenza, il diritto al cui risarcimento, sotto il profilo del danno morale, risulta pertanto già entrato a far parte del suo patrimonio al momento della morte, e può essere conseguentemente fatto valere “iure hereditatis”
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 19 giugno 2015, n. 12722 Ritenuto in fatto C.D. , C.E.C.E. e S.L.M.A.G. propongono ricorso per cassazione articolato in due motivi per la riforma della sentenza n. 2655 del 2011 emessa dalla Corte d’Appello di Venezia il 18 dicembre 2011, nei confronti di R.A.S. s.p.a., di P.E. e...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 18 giugno 2015, n. 12645. Nessun rendiconto è dovuto al marito che versa il mantenimento per la figlia minore anche se la madre, per non aver saldato le spese condominiali, lascia che la casa coniugale venga sottoposta ad azioni espropriative. L’assegno posto a carico del coniuge non affidatario quale concorso agli oneri è determinato in misura forfetaria ed è proporzionato alle sostanze dei genitori e, quindi, l’onerato non ha diritto ad un rendiconto delle spese effettivamente sostenute per il suddetto mantenimento
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I SENTENZA 18 giugno 2015, n. 12645 Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 156 cod. civ. nonché mancata ammissione di prova testimoniale su un fatto determinante per la quantificazione dell’assegno di mantenimento, nonché omesso esame di prova documentale decisiva. In particolare, il...
Stillicidio, lo scolo ed il diritto sulle acque esistenti nel fondo
Stillicidio, lo scolo ed il diritto sulle acque esistenti nel fondo Per una migliore lettura e comprensione del presente saggio si consiglia di scaricare il documento in pdf A) Lo stillicidio Istituto rientrante tra i rapporti di vicinato, i quali sono rapporti che regolano il godimento di fondi in relazione ai...
Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 3 giugno 2015, n. 2715. In tema di dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006, una giurisprudenza ormai consolidata ha assimilato, per le imprese operanti nell’ambito dell’igiene ambientale, la figura del responsabile tecnico di settore a quella del direttore tecnico delle imprese di lavori pubblici. A norma dell’art. 10, comma 4, del d.m. 28 aprile 1998, la prima figura è sostanzialmente analoga alla seconda, in quanto investita, con riguardo al complesso dei servizi da affidare, dei medesimi adempimenti di carattere tecnico-organizzativo necessari per l’esecuzione di lavori di cui all’art. 26 del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34
Consiglio di Stato sezione V sentenza 3 giugno 2015, n. 2715 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUINTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 521 del 2015, proposto dalla s.p.a. De., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso...
Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 18 giugno 2015, n. 3118. Se è vero infatti che la tutela dell’ambiente, lungi dal costituisce un autonomo settore di intervento dei pubblici poteri, assume il ruolo unificante e finalizzante di distinte tutele giuridiche predisposte a favore di diversi beni della vita che nell’ambiente si collocano (assumendo un carattere per così dire ‘trasversale’ rispetto alle ordinarie materie e competenze amministrative) e considerato che l’ambiente, inoltre, è un bene pubblico non suscettibile di appropriazione individuale, indivisibile, non attribuibile, unitario, multiforme (così che è problematica la sua tutela a fronte di un sistema giudiziario che non conosce, se non quale eccezione, l’azione popolare, fatte salve le ipotesi di legittimazione di aggregazioni di individui che si facciano portatori occasionali di interessi esistenti allo stato diffuso), deve pur tuttavia ammettersi, in attuazione dei generali principi costituzionali di cui agli articoli 24 e 113, che il singolo soggetto possa agire in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo esplicante effetti sull’ambiente in cui vive, individuando precisamente il bene della vita che dall’iniziativa dei pubblici poteri potrebbe essere pregiudicato (il paesaggio, l’acqua, l’aria, il suolo, il proprio terreno) e dimostrando che non si tratta di un bene che pervenga identicamente ed indivisibilmente ad una pluralità più o meno vasta di soggetti, nessuno dei quali ne ha però la totale ed esclusiva disponibilità (la quale costituisce invece il connotato essenziale dell’interesse legittimo), ma che rispetto ad esso egli si trova in posizione differenziata tale da legittimarlo ad agire uti singulus a sua difesa
Consiglio di Stato sezione V sentenza 18 giugno 2015, n. 3118 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUINTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7316 del 2005, proposto dalla signora Wa.Ir., rappresentato e difeso dall’avv. Ur.Ba., con domicilio eletto presso la...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 15 giugno 2015, n. 12337. La presentazione della richiesta del tentativo di conciliazione previsto ex art. 410 c.p.c., nel termine di 10 giorni dall’invito dell’ufficio del lavoro, di cui all’art. 7, comma 7, Statuto dei Lavoratori, è sufficiente a conservare la (pur sospesa) efficacia della sanzione disciplinare, non essendo necessario a tal fine il completamento del procedimento con la comunicazione dell’atto al lavoratore, nel termine degli stessi 10 giorni.
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 15 giugno 2015, n. 12337 Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. Con sentenza depositata il 20 maggio 2008 la Corte d’appello dell’Aquila accoglieva l’appello proposto da U.C. contro la sentenza resa dal Tribunale di Pescara e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta dalla Poste Italiane S.p.A....
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19 giugno 2015, n. 12705. In tema di risarcimento danni per overdose di un detenuto in favore dei familiari. L’uso consapevole della droga importa senza dubbio assunzione del rischio, ma tanto non produce totale neutralizzazione degli antecedenti causali con conseguente esclusione della responsabilità
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 19 giugno 2015, n. 12705 Ritenuto in fatto 1. – Il 24 aprile del 1999 G.P. detenuto presso la casa circondariale di Sassari, venne rinvenuto in stato di coma nella sua cella per abuso di sostanze stupefacenti (overdose da eroina) e, a seguito del ricovero in ospedale, decedette...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 18 giugno 2015, n. 12594. Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando, però, l’obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l’incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 18 giugno 2015, n. 12594 Svolgimento del processo m.a. , P.A. e M.A. convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Padova, L.A. , M.D. e la Universo Assicurazioni s.p.a. – quali, rispettivamente, proprietaria dell’autovettura Renault 5, conducente della stessa e compagnia assicuratrice – al fine di ottenere il...