Consiglio di Stato sezione VI sentenza 28 luglio 2015, n. 3727 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3256 del 2011, proposto da: Fu. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa...
Categoria: Sezioni Diritto
Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 20 agosto 2015, n. 3952. È legittima la decadenza dal concorso dell’unico candidato che non si è presentato a sostenere le prove scritte. Nel caso di specie la clausola del bando che prevedeva questa decadenza non è stata tempestivamente impugnata dall’interessato, e che essa in ogni caso garantiva la par condicio tra i concorrenti, e non poteva perciò essere disapplicata o derogata
Consiglio di Stato sezione V sentenza 20 agosto 2015, n. 3952 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUINTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3153 del 2006, proposto da: Na.Si., rappresentato e difeso dall’avv. Si.Na., con domicilio eletto presso Sa. in...
Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 26 agosto 2015, n. 3988. La pubblica amministrazione non può usucapire le aree che erano state illegittimamente occupate e trasformate in modo definitivo con l’opera pubblica realizzata. La sentenza ha precisato che in questo modo si impedirebbe al proprietario di chiedere l’applicazione dell’art. 42 bis del dpr 327/2001, che prevede l’indennizzo per il pregiudizio, patrimoniale e non patrimoniale
Consiglio di Stato sezione V sentenza 26 agosto 2015, n. 3988 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUARTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7608 del 2014, proposto da: Comune di Empoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso...
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 25 agosto 2015, n. 3985. È legittimo il bando per l’affidamento in concessione di 2000 diritti per l’esercizio di giochi pubblici, anche se la durata di questa concessione è minore (40 mesi rispetto a 12 e 9 anni), e ciò impedirebbe ai nuovi concessionari di ammortizzare i costi e gli investimenti. La sentenza ha anche affermato (con una motivazione che può sollevare delle perplessità) che “la politica espansiva delle scommesse, pur contraddicendo lo scopo sociale di limitare la propensione al gioco, è tuttavia coerente con quello di evitare, per quanto possibile, le infiltrazioni criminali in modo da canalizzarle in circuiti controllabili”
Consiglio di Stato sezione IV sentenza 25 agosto 2015, n. 3985 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUARTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2661 del 2013, proposto da: St., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli...
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 22 luglio 2015, n. 15352. Il termine triennale di decadenza per il conseguimento della prestazione indennitaria per epatite post-trasfusionale contratta in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge 25 luglio 1997, n. 238, decorre dal 28 luglio 1997, data di entrata in vigore della nuova disciplina, dovendosi ritenere, conformemente ai principi generali dell’ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa
Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 22 luglio 2015, n. 15352 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SANTACROCE Giorgio – Primo Presidente f.f. Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente Sezione Dott. RORDORF Renato – Presidente Sezione Dott. DI AMATO Sergio...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 agosto 2015, n. 17215. In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’onere per il conduttore, di specificare i gravi motivi contestualmente alla dichiarazione di recesso ai sensi dell’art. 27 della legge n. 392 del 1978, ancorché non espressamente previsto da detta norma, deve ritenersi conseguente alla logica dell’istituto, atteso che al conduttore é consentito di sciogliersi dal contratto solo se ricorrano gravi motivi e il locatore deve poter conoscere tali motivi già al momento in cui il recesso é esercitato, dovendo egli assumere le proprie determinazioni sulla base di un chiaro comportamento dell’altra parte del contratto, anche al fine di organizzare una precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso stesso . Pur non avendo il conduttore l’onere di spiegare le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui tale motivo è fondato, né di darne la prova perché queste attività devono essere svolte in caso di contestazione da parte del locatore – si tratta pur sempre di recesso “titolato”, per cui la comunicazione del conduttore non può prescindere dalla specificazione dei motivi, con la conseguenza che tale requisito inerisce al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo. La disposizione dell’art. 27 comma ultimo L. n. 392 del 1978, che consente al conduttore di recedere in qualsiasi momento dal contratto per gravi motivi, è applicabile anche ai contratti di locazione contemplati dall’art. 42 stessa legge, ivi inclusi quelli conclusi in qualità di conduttore da un ente pubblico territoriale. La scelta di recedere non può prescindere dall’apprezzamento dell’attività esercitata dal conduttore, quale indicata dall’art. 27, oppure contemplata direttamente o indirettamente nell’art. 42 citato, con la conseguenza che, ove la scelta di recedere sia operata da un ente pubblico, non può prescindersi dal profilo delle attività e dei compiti ad esso affidati – è altrettanto certo che la qualificazione pubblicistica del conduttore, una volta che lo stesso si sia avvalso dello strumento privatistico, non consente di ritenere che la legittimità del recesso sia apprezzata, dando rilievo esclusivamente alle determinazioni perseguite dal soggetto pubblico, seppure nell’adempimento delle sue funzioni
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 27 agosto 2015, n. 17215 Svolgimento del processo Con sentenza n.155 del 2010, il Tribunale di Tempio Pausania, sez. distaccata di Olbia – decidendo sulle opposizioni proposte dalla ASL n. X di Olbia avverso i decreti ingiuntivi n. 450 e 451/2008 di pagamento di canoni di locazione emessi...
Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 21 luglio 2015, n. 15272. In tema di separazione personale, in caso di revoca dell’assegnazione della casa coniugale, l’ammontare dell’assegno di mantenimento non dev’essere sempre e comunque proporzionale al canone di mercato dell’immobile che il coniuge deve lasciare, potendo ipotizzarsi una diversa sistemazione, in abitazione eventualmente più modesta, ancorché decorosa
Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 21 luglio 2015, n. 15272 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere Dott. DE CHIARA Carlo...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 31 agosto 2015, n. 17301. Il potere normativo secondario (o, secondo una possibile qualificazione alternativa, di emanazione di atti amministrativi precettivi collettivi) dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. h), si può concretare anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso l’integrazione del regolamento di servizio, di cui allo stesso art. 2, comma 37 possono in via riflessa integrare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei rapporti di utenza individuali pendenti anche in senso derogatorio di norme di legge, ma alla duplice condizione che queste ultime siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta dall’Autorità a tutela dell’interesse dell’utente o consumatore, restando, invece, esclusa -salvo che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta – non la consenta – la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di legge dispositive a sfavore dell’utente e consumatore”. Dopo di che, sempre con ampia motivazione alla quale nuovamente si rinvia, si è concluso che deve “escludersi che la prescrizione della Delib. A.E.E.G. n. 200 del 1999, art. 6, comma 4, abbia comportato la modifica o integrazione del regolamento di servizio del settore esistente all’epoca della sua adozione e, di riflesso, l’integrazione dei contratti di utenza ai sensi dell’art. 1339 c.c., di modo che l’azione di responsabilità per inadempimento contrattuale esercitata dalla parte attrice risulta priva di fondamento, perché basata su una clausola contrattuale inesistente, perché non risultava introdotta nei contratti di utenza
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 31 agosto 2015, n. 17301 I fatti 1. Il Tribunale di Crotone, con sentenza n. 938 del 26 novembre 2010, ha rigettato l’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Petilia Policastro, che aveva accolto la domanda di B.A. nonché degli altri intimati...
Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 21 luglio 2015, n. 15294. La disapplicazione, da parte del giudice, delle sanzioni per violazioni di norme tributarie, ai sensi degli artt. 8 del D.lgs. n. 546 del 1992, 6, comma 2, del D.lgs. n. 472 del 1997 e 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, qualora accerti che le stesse sono state commesse in presenza ed in connessione con una situazione di oggettiva incertezza nell’interpretazione normativa da riferire non al contribuente, né all’Ufficio, bensì al giudice stesso è possibile, anche in sede di legittimità, solo se domandata dal contribuente nei modi e nei termini processuali appropriati, cioè, secondo i principi generali in tema di processo tributario, sin dal ricorso introduttivo
Suprema Corte di Cassazione sezione tributaria sentenza 21 luglio 2015, n. 15294 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI IASI Camilla – Presidente Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere Dott. GRECO Antonio – Consigliere Dott. FEDERICO Guido – Consigliere Dott. IOFRIDA...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 1 settembre 2015, n. 17366. Le gravi violazioni dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, come quelle poste a base del licenziamento oggetto di causa, doveri che sorreggono la stessa esistenza del rapporto, quali sono quelli imposti dagli art. 2104 e 2105 cod. civ. e, specificamente, quelli derivanti dalle direttive aziendali – la cui vigenza equivale per un soggetto preposto ad una filiale di istituto di credito, quanto all’onere di conoscerle, alle norme di comune prudenza ed a quelle del codice penale – comportano che, ai fini della legittimità del provvedimento irrogativo di un licenziamento disciplinare, non è necessario indicarle nel codice disciplinare, così come è sufficiente la previa contestazione dei fatti che implichino la loro violazione, anche in difetto di un’esplicita specificazione delle norme violate. Il comportamento del lavoratore subordinato, consistente nella mancata effettuazione, anche parziale, della prestazione lavorativa è in contrasto con il principio della sinallagmaticità delle prestazioni, sicché assume rilievo sotto il profilo disciplinare senza necessità di espressa previsione nel relativo codice. In caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, dovendosi ritenere determinante, a tal fine, l’influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza. Spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una valutazione astratta del fatto addebitato, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad un’utile prosecuzione del rapporto di lavoro
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 1 settembre 2015, n. 17366 Svolgimento del processo Con sentenza del 15/5 – 8/6/2012 la Corte d’appello di Napoli – sezione lavoro, riformando la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Napoli che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato il 29/9/2005 dalla Unicredit s.p.a....