Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 28 luglio 2015, n. 3727

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE SESTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3256 del 2011, proposto da:

Fu. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma.Sc. e Ma.Ca., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via (…);

contro

Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Re.Gu., Ha.Si., Al.Pi., Fa.Ca. e Mi.Co., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via (…); Comune di Marebbe, non costituito in giudizio nel presente grado;

per la riforma

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, n. 18/2011, resa tra le parti e concernente: approvazione del piano paesaggistico rielaborato del Comune di Marebbe;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Bolzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 marzo 2015, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Ma.Ca. e Mi.Co.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, respingeva il ricorso n. 133 del 2008, proposto da Vo.No. – in qualità di comproprietaria della particella edilizia 369 e delle particelle fondiarie 2883/1 e 4199/2 in P.T. 25/II C.C. Marebbe, su cui insiste un vecchio maso denominato Ci.Ta. con relativa area pertinenziale, non soggetto a tutela monumentale, nelle cui vicinanze si trova l’edificio denominato Ci.Pl. tavolarmente identificato dalla p.ed. 370 in P.T. 136/II ed assoggettato a vincolo diretto di tutela monumentale – avverso le deliberazioni, provinciali e comunali, inerenti al procedimento di approvazione del piano paesaggistico rielaborato del Comune di Marebbe (segnatamente, avverso la deliberazione della I Commissione provinciale per la tutela del paesaggio n. 26/06 del 19 dicembre 2006, contenente la proposta di rielaborazione del menzionato piano, la deliberazione del Consiglio comunale di Marebbe n. 13/07 del 14 marzo 2007, di approvazione della proposta della I Commissione, e la deliberazione della Giunta provinciale n. 3906 del 19 novembre 2007, di approvazione definitiva del piano), nella parte in cui la zona di rispetto paesaggistica dei due viles Pinëi e Torpei, sovrastante il paese di San Vigilio di Marebbe, era stata ampliata sul confine inferiore (verso sud), con inserimento, nella zona di rispetto, della Ci.Ta. di comproprietà della ricorrente.

L’adìto Tribunale regionale di giustizia amministrativa, previo esame delle censure in fatto dedotte dalla ricorrente, fondava la statuizione reiettiva sul centrale rilievo che “la particolare protezione accordata al paesaggio, costituendo un interesse prevalente su qualsiasi altro interesse pubblico o privato (…), determina un’ampia discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione ai fini dell’imposizione di un vincolo di zona di rispetto; discrezionalità, che, se non viziata da irragionevolezza o arbitrarietà, errori o travisamento di fatto (vizi, nel caso, non riscontrabili, per quanto qui esposto), è sottratta al sindacato del Giudice amministrativo”.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello la Fu. s.r.l., nella qualità di successore a titolo particolare in corso di causa (in forza dei contratti di compravendita del 4 luglio 2007 e 6 dicembre 2010, intavolati il 29 dicembre 2010) nella proprietà degli immobili costituiti dalla p.ed. 369 e dalle pp.ff. 2883/1 e 4199/2 in P.T. 25/II C.C. Marebbe, deducendo un unico complesso motivo, rubricato “Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, c.p.c. con riferimento agli artt. 3 l.p. n. 16/1970, 7 l.p. n. 17/1993, 45 d.lgs. n. 4/2004 e 25 l.p. n. 13/1997. Omessa, insufficiente o comunque contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi della controversia. Eccesso di potere per travisamento, perplessità, contraddittorietà ed illogicità, per violazione del principio del giusto procedimento e per motivazione carente”.

L’appellante chiedeva pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

3. Si costituiva in giudizio l’appellata Amministrazione provinciale, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

4. All’udienza pubblica del 24 marzo 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Occorre premettere, in linea pregiudiziale di rito, che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 39, comma 1, Cod. proc. amm. e 111 Cod. proc. civ., in tema di successione a titolo particolare nel diritto controverso – ossia, nel giudizio amministrativo di tipo impugnatorio, nel titolo sottostante all’interesse legittimo fatto valere in giudizio –, qualora, in caso di soccombenza del dante causa e, di riflesso, del successore, l’impugnazione sia proposta dal successore a titolo particolare con notificazione dell’impugnazione alla sola controparte del dante causa, senza che la controparte sollevi obiezioni, deve ritenersi verificata l’estromissione del dante causa dal giudizio.

Tale conclusione s’impone sulla base delle seguenti considerazioni:

– l’atteggiamento del successore, che abbia impugnato la sentenza, senza proporre l’impugnazione anche nei confronti del suo dante causa, è inequivocabilmente espressivo del consenso all’estromissione;

– l’atteggiamento del dante causa, di mancato esercizio del diritto d’impugnazione nei confronti della sentenza una volta decorso il termine d’impugnazione, è apprezzabile come comportamento concludente univoco implicante il disinteresse per la gestione diretta delle sorti del processo e d’indifferenza per la sua eventuale gestione da parte del successore a titolo particolare e, quindi, è significativo della manifestazione della volontà di esserne estromesso;

– l’atteggiamento della controparte del dante causa, la quale riceva la notificazione dell’impugnazione non coinvolgente anche il secondo, si sia costituita nel giudizio d’appello e si sia astenuta dal manifestare la volontà di mantenimento del coinvolgimento del dante causa nel processo, non eccependo che il processo d’impugnazione deve svolgersi anche nei confronti di quest’ultimo e non rifiutando la prospettiva dello svolgimento del giudizio nel contraddittorio del solo successore, si presta ad essere apprezzato come consenso all’uscita del dante causa dal processo e, quindi, alla sua estromissione (v. in tal senso, per tutte, Cass. civ., Sez. III, 10 febbraio 2005, n. 2707).

Deve, pertanto, affermarsi la ritualità dell’instaurazione del presente giudizio d’appello su iniziativa del successore a titolo particolare dell’originaria ricorrente ed in assenza della chiamata di causa di quest’ultima, da ritenersi estromessa dal giudizio per le esposte ragioni.

6. Nel merito, l’appello è infondato.

Premesso che si verte in fattispecie non già di variante speciale al piano paesaggistico del Comune di Marebbe, bensì di rielaborazione del piano medesima nella sua generalità, con tutto ciò che ne consegue a livello di onere motivazionale, alquanto attenuato, richiesto per gli atti generali di pianificazione, si osserva che nel caso di specie il fulcro della motivazione dell’impugnato atto pianificatorio si rinviene nella relazione illustrativa facente parte integrante della proposta della I Commissione per la tutela del paesaggio n. 26/06 del 19 dicembre 2006, a sua volta recepita nella deliberazione della Giunta provinciale n. 3906 del 2007 – piuttosto che nelle motivazioni di rigetto delle osservazioni presentate dall’originaria ricorrente, che aveva chiesto di escludere la Ci.Ta. dalla zona di rispetto, di valenza secondaria –, del seguente tenore letterale:

“Infine, sopra il paese di S. Vigilio si trovano ancora due viles protette: Pinëi e Torpei. L’intatto pendio a prato, con numerosi boschetti e siepi situati tra il centro principale e le due viles, costituisce un elemento importante ed attraente nel panorama paesaggistico attorno a S. Vigilio. La zona di rispetto già individuata viene dunque recepita nel nuovo piano paesaggistico e viene ampliata con inclusione della vasta ed intatta terrazza prativa sopra le due viles. Un ulteriore ampliamento della zona di rispetto è previsto sul confine inferiore, dove viene inserito nella zona di tutela un maso di interesse storico culturale (Ci.Ta., raro esempio, per la Val Badia, di un edificio che riunisce casa e fienile). Con questo ampliamento vengono contemporaneamente tutelati i dintorni immediati della casa Pl., un edificio ristrutturato in maniera esemplare e protetto come bene culturale. In altri punti, dove la zona di rispetto giunge fino al margine del paese e dove si trovano edifici di interesse storico-culturale, la zona tutelata viene lievemente ridotta”.

La citata motivazione deve essere letta alla luce della disciplina paesaggistica provinciale, in ispecie dell’art. 1 l. prov. 25 luglio 1970, n. 16 (Tutela del paesaggio), che al comma 1 esordisce che “per tutela della bellezza e del carattere dei paesaggi e siti si intende la conservazione e, dove possibile, il restauro dell’aspetto dei paesaggi e siti, rurali ed urbani, che presentano un interesse culturale od estetico o costituiscono un ambiente naturale tipici”, ed al comma 2 prevede, per quanto qui interessa, che “a tale scopo possono essere individuati (…) b) le zone corografiche costituenti paesaggi naturali o trasformati ad opera dell’uomo, comprese le strutture insediative, che presentino singolarmente o come complesso, valore di testimonianza di civiltà”.

L’esigenza primaria di tutela perseguita dalla qui impugnata previsione del piano paesaggistico rielaborato si colloca nell’ambito della citata previsione legislativa (art. 1, comma 2, lett. b), l. prov. n. 16 del 1970), in quanto mira a salvaguardare un’area vasta del territorio comunale, valutata di particolare pregio paesaggistico. Sebbene il particolare pregio dell’area sottoposta a tutela ed oggetto di ampliamento sia, tra l’altro, motivato dalla presenza, al suo interno, anche del singolo bene costituito dalla Ci.Ta., indicata come “maso di interesse storico culturale”, e dalla vicinanza della Ci.Pl., soggetta a vincolo diretto di tutela monumentale (a cui riguardo l’ampliamento, in parte qua, della zona di rispetto è, altresì, stata considerata come forma di tutela indiretta, intesa in senso lato), tali motivazioni sono da interpretare come espressive di un’esigenza di tutela secondaria rispetto a quella primaria perseguita con la rideterminazione dei confini della zona di rispetto.

In altri termini, la scelta dell’Amministrazione appellata di ricorrere allo strumento di tutela della zona di rispetto, attraverso la rielaborazione del piano paesaggistico comunale e la rimodulazione dei confini di zona in relazione alla presenza di elementi di particolare pregio paesistico nell’insediamento abitativo del paese di S. Vigilio, confinante a valle con la zona di rispetto, la quale, al contempo, è stata ridotta in altri punti non ritenuti consustanziali alla zona corografica ritenuta meritevole di tutela ai sensi della citata previsione legislativa, è aderente alle funzioni proprie dell’adottato strumento di tutela.

L’appellata sentenza, lungi dal fornire una motivazione giudiziale postuma dell’impugnata previsione pianificatoria, si basa su una corretta interpretazione della previsione in esame e, a ragione, ha respinto le doglianze dell’originaria ricorrente, in particolare precisando, quanto alle osservazioni mosse in sede procedimentale avverso la censurata previsione di piano e respinte dalle Amministrazioni (comunale e provinciale), che:

– il denunciato stato di degrado della Ci.Ta. non impedisce l’esecuzione di correlative opere di conservazione;

– deve ritenersi logica e rispondente alla ratio dello strumento di tutela prescelto la previsione di una fascia di protezione per la Ci.Pl. (né, osserva questo Collegio, è ravvisabile il lamentato vizio di contraddittorietà e illogicità nella mancata inclusione, nella zona di rispetto, di due particelle adiacenti alla Ci.Pl., venendo nella specie in rilievo l’aspetto corografico della zona di rispetto nel suo complesso, e non già il vincolo specifico di tutela indiretta in senso tecnico);

– l’inclusione della Ci.Ta. nella zona di rispetto non si pone in contraddizione con il regime edificatorio cui l’edificio è assoggettato ai sensi dell’art. 2, lett. b), del piano paesaggistico del Comune di Marebbe – che, per le sedi di aziende agricole e per gli edifici residenziali esistenti, rinvia alle disposizioni della legge urbanistica provinciale, con la conseguenze che, essendo la Ci.Ta. ubicata in zona di verde agricolo, secondo l’art. 107, comma 13, l. urb. prov. sarebbe consentita sin’anche la sua demo-ricostruzione –, dovendo nel caso di specie l’eventuale demo-ricostruzione essere effettuata nel rigoroso rispetto della tipologia e di tutte le caratteristiche dell’edificio originario, in conformità all’art. 5 l. prov. n. 16 del 1970, secondo cui il vincolo paesaggistico “assoggetta i beni ai poteri dell’autorità secondo le norme della presente legge e comporta per i proprietari, possessori o detentori l’obbligo fondamentale di conservare i beni come tali e in riferimento all’ambiente, in modo da non alterare i caratteri per i quali sono stati sottoposti a tutela”, in ossequio al principio, puntualmente messo in rilievo nell’impugnata sentenza, della priorità/prevalenza assegnata dall’ordinamento alla protezione del paesaggio (arg. ex artt. 9 e 42 Cost.).

Ne consegue, altresì, che il dedotto mancato ricorso a strumenti di tutela specifici, quali quelli della tutela monumentale indiretta ex art. 45 d.lgs. n. 42 del 2004 o della tutela degli insiemi ex art. 25 l. urb. prov., costituisce inidoneo parametro di valutazione della legittimità della scelta pianificatoria che qui viene in rilievo, per le esposte ragioni da ritenersi conforme alle funzioni proprie assegnate allo strumento pianificatorio della zona di rispetto, rientrando, invero, nella scelta delle Amministrazioni preposte alla gestione dei vari strumenti di tutela paesaggistica, storico-culturale e ambientale far ricorso all’uno o all’altro degli istituti all’uopo delineati dal legislatore, purché – come nel caso sub iudice – le finalità perseguite siano conformi alle funzioni proprie dell’istituto applicato in concreto, con conseguente infondatezza anche dei correlativi profili di eccesso di potere (ri)proposti dall’odierna appellante.

Il Tribunale regionale ha, pertanto, correttamente dichiarato esente dai vizi denunziati l’esercizio del potere pianificatorio in esame, connotato da un elevato grado di discrezionalità tecnica ed amministrativa.

In conclusione, l’appello è da respingere, con assorbimento di ogni ulteriore questione, ormai irrilevante ai fini decisori.

7. Tenuto conto di tutte le circostanze connotanti la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 3256 del 2011), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2015, con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini – Presidente

Sergio De Felice – Consigliere

Roberto Giovagnoli – Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere

Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore

Depositata In Segreteria il 28 luglio 2015.

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