Dal riconoscimento dei vizi dell’opera da parte dell’appaltatore discende l’assunzione, da parte dell’appaltatore stesso, di una nuova obbligazione svincolata dai termini di decadenza e soggetta all’ordinario termine di prescrizione di dieci anni. Corte di Cassazione sezione II sentenza 22 ottobre 2015, n. 21525 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE...
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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 22 ottobre 2015, n. 21527. Deve essere consentito al promissario acquirente di provvedere alla produzione dei documenti attestanti la regolarità urbanistica dell’immobile al fine di ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 22 ottobre 2015, n. 21527 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere Dott. MATERA Lina – Consigliere Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere Dott. CORRENTI...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 26 ottobre 2015, n. 21709. Nella locazione di immobile per uso diverso da quello abitativo, il locatore è inadempiente ove non abbia ottenuto in presenza di un obbligo specifico – contrattualmente assunto – le autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio (e, in particolare, la sua abitabilità e la sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale), ovvero quando le carenze intrinseche o le caratteristiche proprie del bene locato ostino all’adozione di tali atti e all’esercizio dell’attività del conduttore in conformità all’uso pattuito
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 26 ottobre 2015, n. 21709 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente Dott. GIANCOLA M. Cristina – Consigliere Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 ottobre 2015, n. 21683. Il principio dell’accessione, posto dall’articolo 934 cod. civ., configura una fattispecie di acquisto a titolo originario della proprieta’ conseguente alla incorporazione di una cosa nel fondo altrui; tale acquisto opera ipso iure al momento in cui la piantagione, costruzione od opera si incorpora al suolo, sicche’ la pronuncia dell’accessione da parte del giudice ha natura meramente dichiarativa (a differenza di quanto avviene per la cosiddetta accessione invertita di cui all’articolo 938 cod. civ., la quale invece non opera mai automaticamente, ma – salvo l’effetto della volonta’ delle parti interessate – e’ sempre conseguente alla pronuncia del giudice, il quale, ove ne ricorrano i presupposti di legge, emette sul punto una sentenza di natura costitutiva)
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 23 ottobre 2015, n. 21683 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 4 novembre 2015, n. 44498. Lo stato c.d. di quasi flagranza sussiste anche nel caso in cui l’inseguimento non sia iniziato per una diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, bensì per le informazioni acquisite da terzi (inclusa la vittima), purchè non vi sia stata soluzione di continuità fra il fatto criminoso e la successiva reazione diretta ad arrestare il responsabile del reato. Tale interpretazione, peraltro, non contravviene al tenore testuale della norma, in quanto l’art.382 c.p. nel definire lo stato di flagranza afferma che “è in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose e tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”, e il termine “inseguire”, secondo la stessa definizione del Devoto-Oli, significa “tendere con tenacia al raggiungimento di qualcuno o di qualcosa nell’ambito di un’azione ostile o di una competizione” e, pertanto, già nella sua accezione semantico letterale non indica necessariamente e unicamente l’azione di chi “corre dietro a chi fugge”, bensì anche quella di chi “procede in una determinata direzione, secondo uno o più punti di riferimento al fine di raggiungere qualcuno o qualcosa”. Né in alcun modo la norma prevede che l’autore del reato debba essere stato visto dalla polizia giudiziaria, né che il reato sia avvenuto sotto la diretta percezione della polizia giudiziaria, limitandosi invece a stabilire che l’inseguimento deve avvenire “subito dopo il reato”, la qualcosa sarebbe stata del tutto superflua, ove il legislatore avesse limitato l’azione al mero “correre dietro a chi fugge”, azione che inevitabilmente è immediata rispetto alla commissione del reato
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 4 novembre 2015, n. 44498 Osserva In data 21.1.2015, il difensore di I.M. ricorre per Cassazione avverso il provvedimento del GIP del Tribunale di Catania, de 18.12.2014, con il quale è stato convalidato l’arresto del predetto per il reato di rapina in danno dell’ufficio postale privato “City Poste”...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 2 novembre 2015, n. 22316. L’assicuratore della responsabilità civile, il quale abbia pagato direttamente al danneggiato la somma che in base a sentenza di condanna avrebbe dovuto pagargli l’assicurato, può esercitare l’azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., nei confronti dell’ accipiens, qualora la sentenza di condanna sia riformata nel senso della non debenza (anche parziale) della somma, di tal che il pagamento rimanga privo di causa
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 2 novembre 2015, n. 22316 Fatto e diritto E.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi avverso la sentenza del 20.5.2013 della Corte d’Appello di Roma che – in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo azionato nei suoi confronti della Compagnia Tirrena di Assicurazioni spa...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 3 novembre 2015, n. 22396. Nel procedimento di correzione degli errori materiali di cui all’art. 287 cod. proc. civ. non è ammessa alcuna pronuncia sulle spese processuali, in quanto, trattandosi di procedimento in camera di consiglio (art. 742 bis cod. proc. civ.) in materia di giurisdizione volontaria, mancano i presupposti richiesti dall’art. 91 cod. proc. civ. per una siffatta pronuncia, ossia un provvedimento conclusivo di un procedimento contenzioso suscettibile di determinare una posizione di soccombenza
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 3 novembre 2015, n. 22396 Svolgimento del processo La Corte di Appello di Perugia con decreto n. 1966 del 2013, su istanza di Studio di Medicina Nucleare corrente in Roma, L.S., F.P., R.A., , condannava il Ministero della Giustizia al pagamento della somma complessiva di €. 1.000 per...
Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 4 novembre 2015, n. 22461. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 167, 1 comma e 115, 1 comma c.p.c., l’onere di contestazione specifica dei fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, si pone unicamente per il convenuto costituito e nell’ambito del solo giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definisce – irretrattabilmente – il thema decidendum (cioè i fatti pacifici) e il thema probandum (vale a dire i fatti controversi). Pertanto, il giudice d’appello nel decidere la causa deve aver riguardo ai suddetti temi così come si sono formati nel giudizio di primo grado, non rilevando a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti nel giudizio svoltosi innanzi a lui
Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 4 novembre 2015, n. 22461 Svolgimento del processo e motivi della decisione I. – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c.: “1. – B.A. conveniva in giudizio innanzi al giudice di pace...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 26 ottobre 2015, n. 43085. L’elemento soggettivo degli atti persecutori è integrato dal dolo generico, che consiste nella volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incrìminatrice, e che, avendo ad oggetto un reato abituale di evento, deve essere unitario, esprimendo un’intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica, anche se può realizzarsi in modo graduale, non essendo necessario che l’agente si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi. E’ pertanto irrilevante che l’occasione per la consumazione di qualcuno – o anche di tutti – gli atti della serie persecutoria sia stata meramente casuale. Ciò che conta infatti è solo la consapevolezza da parte dell’agente dell’abitualità della sua condotta. E’ dunque ovvio che l’acquisizione della prova della “premeditazione” di ogni singolo atto costituisca sintomo, sia sotto il profilo oggettivo che psicologico, di tale abitualità, ma ciò non significa che atti posti in essere dall’agente qualora “si presenti l’occasione” non possano parimenti integrare la fattispecie tipica sotto entrambi i profili.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V Sentenza 26 ottobre 2015, n. 43085 Ritenuto in fatto 1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Bari, in funzione di giudice dei riesame, ha annullato il provvedimento con cui era stata applicata ad A.M. la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di atti persecutori commesso ai...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 5 novembre 2015, n. 22664 . La risoluzione del contratto per inadempimento a seguito della pronuncia costitutiva del giudice priva di causa giustificativa le reciproche obbligazioni dei contraenti. Ne consegue che l’obbligo restitutorio relativo all’originaria prestazione pecuniaria, anche in favore della parte non inadempiente, ha natura di debito di valuta, come tale non soggetto a rivalutazione monetaria, se non nei termini del maggior danno – da provarsi dal creditore – rispetto a quello soddisfatto dagli interessi legali, ai sensi dell’art. 1224 cod. civ.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 5 novembre 2015, n. 22664 Ritenuto in fatto Con contratto preliminare del 2.10.1992, Ri.Gi. promise di vendere a T.S. un appartamento sito in Pozzuoli per il prezzo di lire 160 milioni, dei quali 48 vennero versati al preliminare e la restante parte avrebbe dovuto essere versata al definitivo,...