Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 23 ottobre 2015, n. 21683

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27483-2010 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SRL (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

PROVINCIA PERUGIA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– intimati –

Nonche’ da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

e contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– intimati –

avverso la sentenza n. 350/2010 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 26/08/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/07/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

uditi gli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), difensori dei ricorrenti che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso principale;

uditi gli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), difensori dei rispettivi resistenti che si riportano agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto che ha concluso per l’accoglimento 1 motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale; assorbiti i restanti motivi.

 

RITENUTO IN FATTO

 

1. – (OMISSIS) e altri condomini dell’edificio sito in (OMISSIS), convennero in giudizio, innanzi al locale Tribunale, (OMISSIS) e altri partecipanti al medesimo condominio, chiedendo che venisse dichiarato il loro acquisto per accessione di quella parte dell’edificio condominiale costruito sull’area di cui alla particella 855, originariamente di proprieta’ della Provincia di Perugia e poi divenuta di proprieta’ di essi attori per essere stata dai medesimi acquistata dal detto ente territoriale che lamentava l’occupazione del terreno di sua proprieta’; in subordine, chiesero la demolizione di quanto edificato sulla detta particella.

I convenuti resistettero alle domande attrici, chiedendone il rigetto e proponendo, in via subordinata, domanda di accessione invertita ai sensi dell’articolo 938 cod. civ., con l’attribuzione della proprieta’ del terreno occupato. Debitamente autorizzati, i convenuti convennero in giudizio in garanzia i loro danti causa: la societa’ la (OMISSIS) s.p.a. (oggi (OMISSIS) s.r.l.) e (OMISSIS). Nel costituirsi, la (OMISSIS) s.p.a. chiamo’ in giudizio l’impresa costruttrice dell’edificio ” (OMISSIS) s.p.a” e, per essa (nel frattempo dichiarata fallita), il curatore pro-tempore del relativo fallimento.

Venne disposta la riunione del giudizio a quello gia’ pendente promosso dalla Provincia di Perugia nei confronti della impresa costruttrice (OMISSIS) S.p.A. per l’occupazione della medesima area da parte del fabbricato ivi edificato.

Con sentenze non definitiva prima e definitiva poi, il Tribunale adito: dichiaro’ la cessazione della materia del contendere tra la Provincia di Perugia e la societa’ (OMISSIS) S.p.A.; accolse la domanda di accessione invertita proposta dai convenuti condomini, assegnando agli stessi la proprieta’ di una quota dell’area occupata proporzionale ai millesimi dell’immobile condominiale da ciascuno posseduti e condannando gli stessi in solido al pagamento in favore degli attori – a titolo di indennita’ dovuta ex articolo 938 cod. civ. – della somma di euro 39.751,40, con gli interessi legali dalla data al soddisfo; condanno’ infine la (OMISSIS) s.p.a (oggi (OMISSIS)s.r.l.) a tenere indenne i convenuti dal pagamento della detta somma in favore degli attori.

2. – Sul gravame proposto dagli attori (OMISSIS) ed altri in via principale e dai convenuti (OMISSIS) ed altri in via incidentale, la Corte di Appello di Perugia, con sentenza del 26.8.2010, in parziale riforma delle sentenze impugnate, qualifico’ l’azione esercitata dagli attori (OMISSIS) ed altri come promossa ai sensi degli articoli 1110 e 1134 cod. civ. ovvero, in subordine, come azione di arricchimento senza causa, rideterminando l’importo della somma dovuta dai convenuti agli attori; rigetto’ le domande proposte dai convenuti (OMISSIS) ed altri nei confronti della (OMISSIS) s.p.a (oggi (OMISSIS) s.r.l.) e le domande da quest’ultima proposte nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.p.A. e della Provincia di Perugia; dispose la compensazione integrale delle spese tra le parti.

3. – Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso, fondato su nove motivi, gli originali convenuti e loro aventi causa (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Resistono con controricorso gli attori (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Resistono con controricorso anche la (OMISSIS) s.r.l. e la Provincia di Perugia, ciascuna in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore.

Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. – Col ricorso principale, proposto dai convenuti (OMISSIS) ed altri, vengono formulate le seguenti censure:

1.1. – Col primo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 324, 345 e 455 cod. proc. civ. e articolo 2909 cod. civ., nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata. Si deduce, in particolare, che la domanda di accessione invertita proposta dagli attori con l’atto di appello sarebbe nuova e, percio’, inammissibile; che si sarebbe formato il giudicato sul rigetto delle domande attrici di accessione semplice e di demolizione dell’immobile; e che i giudici di merito avrebbero dovuto accogliere la sola domanda proposta da essi convenuti ricorrenti, con ogni conseguenza in ordine alle spese del giudizio.

1.2. – Col secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata. Si deduce, in particolare, la nullita’ della sentenza impugnata per ultrapetizione, in quanto la Corte territoriale non si sarebbe limitata a riqualificare giuridicamente le domande attrici, ma ne avrebbe sostituito il petitum e la causa petendi, ritenendo che gli attori avessero fatto valere una pretesa di carattere obbligatorio ai sensi dell’articolo 1134 cod. civ., quando essi avevano invece avanzato una pretesa di carattere reale ex articolo 936 cod. civ.

1.3. – Col terzo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1110, 1134 e 2697 cod. civ., nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata. Si lamenta, in particolare, che la Corte territoriale avrebbe condannato i convenuti a corrispondere agli attori un importo a titolo di rimborso di spese urgenti, senza che fosse stata provata l’urgenza e senza una motivazione esaustiva sul punto.

1.4. – Col quarto motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 2041, 2042 e 2697 cod. civ., nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata. Si deduce che la Corte di Appello avrebbe qualificato la domanda attrice come azione di arricchimento senza causa, in mancanza dei presupposti richiesti dalla fattispecie di cui agli articoli 2041 e 2042 cod. civ.

1.5. – Col quinto motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 cod. proc. civ., nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata. Si deduce che la Corte perugina, nel riqualificare giuridicamente la domanda attrice, avrebbe richiamato alternativamente l’applicazione di due istituti diversi (articoli 1134 e 2041 cod. civ.), senza neppure prendere posizione su quale delle due norme si dovesse applicare nella specie.

1.6. – Col sesto motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1476, 1478, 1479, 1480, 1484 e 1485 cod. civ., nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di Appello rigettato la domanda di garanzia per evizione e di manleva proposta da essi convenuti ricorrenti nei confronti della societa’ edile loro dante causa, nonostante che essi – in forza delle sentenze pronunciate nella presente controversia – avessero dovuto affrontare un esborso in favore degli attori in ragione della irregolarita’ amministrativa dell’immobile oggetto della compravendita.

1.7. – Col settimo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 100 cod. proc. civ., nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata. Si deduce, in particolare, che gli attori sarebbero stati sforniti di legittimazione attiva ad agire nei confronti di essi convenuti, avendo questi ultimi edificato in forza di concessione edilizia rilasciata dall’ente comunale, neppure impugnata dinanzi al giudice amministrativo.

1.8. – Con l’ottavo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 183 e 184 cod. proc. civ., con riferimento alle prove documentali prodotte tardivamente dagli attori.

1.9. – Col nono motivo, si deduce infine la violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 cod. proc. civ., per avere i giudici di merito compensato le spese della lite pur avendo accolto la domanda di essi convenuti e respinto le domande degli attori.

2. – A sua volta, il ricorso incidentale, proposto dagli attori (OMISSIS) ed altri, contiene le seguenti censure:

2.1. – Col primo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 324 cod. proc. civ., in relazione al mancato rilievo, da parte della Corte territoriale, del giudicato formatosi sulla statuizione della sentenza di primo grado con la quale e’ stato disposto l’acquisto per accessione invertita, da parte dei condomini convenuti, della proprieta’ di una quota dell’area occupata corrispondente ai millesimi dell’immobile condominiale da ciascuno posseduti.

2.2. – Col secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 938 cod. civ., per non avere i giudici di merito, dopo aver accolto la domanda di acquisto per accessione invertita, condannato i convenuti a versare agli attori il doppio del valore del suolo trasferito.

2.3. – Col terzo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 934 e 2697 cod. civ., nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata; si deduce, in particolare, che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che sul terreno di proprieta’ degli attori non vi fosse alcuna costruzione. A dire dei ricorrenti, sussisterebbero i presupposti per l’accessione sia perche’ il parcheggio ad uso pubblico realizzato sulla particella 855 sarebbe equiparabile ad una costruzione, sia perche’ e’ stata comunque utilizzata la capacita’ edificatoria volumetrica di quel terreno per edificare il fabbricato condominiale; insistono, pertanto, per l’accoglimento della domanda di accessione semplice nel caso di rigetto della domanda di accessione invertita.

3. – Il primo motivo del ricorso principale non e’ fondato, in quanto la domanda di accessione invertita e’ stata proposta dai convenuti – gli unici legittimati a proporla in quanto proprietari della costruzione asseritamente incidente su suolo altrui – e non dagli attori, essendosi questi ultimi limitati a non opporsi; e peraltro, avendo gli attori, con l’appello, insistito per l’accoglimento della loro domanda di accessione semplice per il caso in cui non fosse stata confermata la pronuncia di accessione invertita, non puo’ dirsi essersi formato il giudicato sulla statuizione di rigetto della detta domanda attrice.

Per analoghe ragioni risulta infondato anche il primo motivo del ricorso incidentale (col quale si lamenta il mancato rilievo, da parte della Corte territoriale, del giudicato formatosi sulla statuizione della sentenza di primo grado con la quale e’ stato disposto l’acquisto per accessione invertita del suolo da parte dei convenuti), in quanto i convenuti medesimi impugnarono la sentenza di primo grado per non aver tenuto conto che la domanda di accessione invertita era stata da essi proposta solo in subordine (per il caso in cui sussistessero le condizioni per l’accoglimento della domanda principale di accessione semplice proposta dagli attori) e non poteva dunque essere presa in esame dal giudice se non dopo la verifica delle condizioni per l’accoglimento della domanda principale.

4. – E’ fondato invece il secondo motivo del ricorso principale, col quale si deduce la violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ.

Com’e’ noto, il principio – dettato dall’articolo 112 cod. proc. civ. – della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (“ne eat index ultra petita partium”) costituisce corollario del principio della domanda (“nemo iudex sine actore”; “ne procedat index ex officio”) posto dall’articolo 99 cod. proc. civ., nel senso che la domanda della parte, oltre ad essere strumento di attuazione del potere monopolistico del privato – espressione della disponibilita’ del suo diritto – di chiedere la tutela giurisdizionale e di dare impulso al processo, determina anche i limiti della pronuncia giurisdizionale fissando il thema decidendum della causa, rispetto al quale al giudice non e’ consentita ne’ l’omissione (anche parziale) di pronuncia (che si verifica quando il giudice omette di pronunciare alcun provvedimento, positivo o negativo, sulla domanda o su una delle domande proposte) ne’ la pronuncia di una sentenza che riconosca alla parte un bene in misura maggiore di quella richiesta (c.d. ultrapetizione) ovvero un bene diverso da quello richiesto (c.d. extrapetizione).

Il potere monopolistico della parte – espressione del principio della domanda – attiene, tuttavia, all’allegazione dei fatti giuridicamente rilevanti posti a fondamento della pretesa giuridica (causa petendi) e al tipo di tutela giurisdizionale richiesta (petitum); non si estende, invece, alla qualificazione giuridica dei fatti.

Precisamente, se e’ vero che il “fatto” e’ sotto il dominio della parte, il “diritto” rimane affidato al dominio del giudice (“da mihifactum et Ubi dabo ius”), il quale – in forza del principio “iura novit curia” – ha il potere-dovere di procedere, anche d’ufficio, a qualificare giuridicamente la domanda, individuando e interpretando la norma giuridica nella quale sussumere i fatti costitutivi allegati dalla parte, senza essere condizionato dall’inquadramento giuridico e dall’interpretazione a lui proposti dai contendenti.

E’ ben consentito, percio’, al giudice di riqualificare giuridicamente la domanda rispetto alla originaria qualificazione giuridica ad essa data dalla parte; purche’ tuttavia tale riqualificazione giuridica si muova all’interno degli elementi costitutivi della domanda stessa siccome posti dalla parte (“personae”, “petitum” e “causa petendi”), trasmodando altrimenti essa nella violazione del principio della domanda e del correlato principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, oltre che nella violazione del principio del contraddittorio (articolo 101 cod. proc. civ.). In altre parole, il potere del giudice di riqualificare giuridicamente i fatti, anche ex officio, trova un limite invalicabile nell’osservanza delle allegazioni delle parti, quale espressione del loro potere dispositivo (cfr. Sez. U, Sentenza n. 27 del 21/02/2000, Rv. 534170).

Percio’, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, posto dall’articolo 112 cod. proc. civ., deve ritenersi violato tutte le volte in cui il giudice alteri alcuno degli elementi identificativi dell’azione (“personae”, “petitum” o “causa petendi”), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda. In particolare, dal principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato consegue che e’ inibito al giudice, con riferimento alla causa petendi, basare la decisione su fatti costitutivi diversi da quelli dedotti, ponendo a fondamento della domanda un titolo nuovo e difforme da quello indicato dalla parte (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 27727 del 16/12/2005, Rv. 585988; Sez. 2, Sentenza n. 11371 del 22/05/2014, Rv. 630664). La violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. – quale norma che disciplina l’estensione e i confini dell’attivita’ decisoria del giudice – da luogo alla nullita’ della sentenza per error in procedendo, censurabile in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4 (da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 7268 del 11/05/2012, Rv. 622422).

Orbene, premesso quanto sopra, va rilevato che, nella specie, la Corte territoriale, a fronte della ritenuta infondatezza della domanda con la quale gli attori (OMISSIS) ed altri avevano chiesto il riconoscimento dell’acquisto per accessione della parte dell’edificio condominiale costruito sulla particella 855, ha ritenuto di poter riqualificare l’azione esercitata dagli attori come azione diretta ad ottenere il rimborso delle spese ai sensi gli articoli 1110 e 1134 cod. civ. ovvero, in alternativa, come azione di arricchimento senza causa ai sensi dell’articolo 2041 cod. civ..

Cosi’ facendo, pero’, la Corte perugina ha violato il disposto dell’articolo 112 cod. proc. civ. e la pronuncia impugnata risulta viziata da extrapetizione, essendo risultati mutati sia la causa petendi che il petitum della domanda attrice.

Sul punto, e’ sufficiente osservare che il principio dell’accessione, posto dall’articolo 934 cod. civ., configura una fattispecie di acquisto a titolo originario della proprieta’ conseguente alla incorporazione di una cosa nel fondo altrui; tale acquisto opera ipso iure al momento in cui la piantagione, costruzione od opera si incorpora al suolo, sicche’ la pronuncia dell’accessione da parte del giudice ha natura meramente dichiarativa (a differenza di quanto avviene per la cosiddetta accessione invertita di cui all’articolo 938 cod. civ., la quale invece non opera mai automaticamente, ma – salvo l’effetto della volonta’ delle parti interessate – e’ sempre conseguente alla pronuncia del giudice, il quale, ove ne ricorrano i presupposti di legge, emette sul punto una sentenza di natura costitutiva) (sul punto, cfr. Sez. 2, Sentenza n. 3103 del 31/03/1987, Rv. 452198).

In coerenza con la fattispecie giuridica di cui all’articolo 936 cod. civ., gli attori, con la loro domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell’accessione, hanno allegato il fatto costitutivo dell’avvenuta costruzione da parte di un terzo sul loro fondo (causa petendi) e hanno chiesto al giudice una sentenza dichiarativa dell’avvenuto acquisto della proprieta’ di quella parte della costruzione incidente sul fondo medesimo (petitum).

Se questi sono stati la causa petendi e il petitum dedotti dagli attori, trattasi di elementi diversi e incompatibili con quelli presupposti dalle azioni esercitate dal comproprietario ai sensi degli articoli 1110 e 1134 cod. civ. ovvero, in alternativa, dall’azione di arricchimento senza causa ai sensi dell’articolo 2041 cod. civ..

Quanto alle azioni che spettato al comproprietario ai sensi degli articoli 1110 e 1134 cod. civ., va osservato che le fattispecie giuridiche da tali norme configurate prevedono, come fatti costitutivi del diritto al rimborso, l’aver effettuato spese “necessarie” alla conservazione della cosa comune in presenza di trascuranza degli altri condomini o dell’amministratore (articolo 1110 cod. civ.) o l’aver effettuato spese “urgenti” – senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea -in favore dell’edificio condominiale (articolo 1134 cod. civ.). Non esiste – in tali figure giuridiche – alcun riferimento alla occupazione di suolo altrui, ne’ si da luogo ad acquisto della proprieta’ di alcunche’, sorgendo dai fatti costitutivi ivi contemplati solo un rapporto obbligatorio in forza del quale il condomino che ha effettuato – in favore della cosa comune – talune spese connotate da certi caratteri ha diritto, ove ricorrano determinati presupposti, al rimborso di tali spese da parte degli altri condomini. Altri sono, dunque, il petitum e la causa petendi rispetto alla domanda di riconoscimento dell’acquisto della proprieta’ per accessione.

Parimenti, rispetto alla domanda di riconoscimento dell’acquisto della proprieta’ per accessione, sono diversi il petitum e la causa petendi della domanda di indennizzo da ingiustificato arricchimento (articolo 2041 cod. civ.), quale azione di carattere sussidiario che scaturisce da un’obbligazione nascente dalla legge – che trova il proprio fondamento nel principio “nemo locupletari potest cum aliena iactura” – in presenza di una serie di presupposti, costituiti dall’arricchimento di un soggetto, dalla proporzionale diminuzione patrimoniale in pregiudizio di altro soggetto, dal nesso di causalita’ tra i due eventi e dalla mancanza di causa giustificatrice dell’arricchimento del primo e della perdita del secondo (Sez. 1, Sentenza n. 751 del 27/03/1963, Rv. 261019).

E’ evidente, percio’, che la Corte territoriale non avrebbe potuto riqualificare l’azione esercitata da parte attrice nei termini di cui sopra, ravvisandovi – peraltro alternativamente – azioni di differente natura, connotate da petitum e causa petendi diversi da quelli che identificavano la domanda attrice.

In definitiva, percio’, la sentenza impugnata risulta aver accordato agli attori – in violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. – una cosa diversa rispetto a quella da essi richiesta. Essa e’, dunque, nulla per essere affetta dal vizio di extrapetizione.

Il ricorso principale va, pertanto, accolto sul punto, con conseguente assorbimento del terzo, del quarto e del quinto motivo del ricorso principale.

5. – A questo punto, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, rileva la Corte come sussistano i presupposti di cui all’articolo 384 cod. proc. civ. per decidere la causa nel merito.

La domanda da prendere in esame e’ quella di accessione semplice proposta da parte attrice ai sensi dell’articolo 936 cod. civ., essendo stata rinunziata la domanda di demolizione delle opere proposta dalla medesima parte attrice e avendo i convenuti proposto la domanda riconvenzionale di accessione invertita solo in via subordinata, condizionatamente alla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda principale.

Orbene, a parte il fatto che gli attori sono comproprietari – con i convenuti – della costruzione rispetto alla quale chiedono il riconoscimento dell’acquisto per accessione, va in ogni caso rilevato come i giudici di merito abbiano accertato che l’edificio condominiale non e’ stato realizzato, neppure parzialmente, sulla particella n. 855 di proprieta’ esclusiva di parte attrice. Manca, percio’, il fatto costitutivo tipico posto dalla legge a presupposto per l’acquisto della proprieta’ per accessione.

Ne’ – come si pretende col secondo motivo del ricorso incidentale – possono essere equiparati ad una costruzione la destinazione del terreno di cui alla particella n. 855 a parcheggio di uso pubblico (in forza di convenzione stipulata col comune di Perugia) o il fatto che, nella costruzione dell’edificio, sia stata utilizzata la volumetria propria del detto terreno.

E invero, ne’ la destinazione di un terreno a parcheggio (di uso pubblico o meno) – questione peraltro che non risulta essere stata tempestivamente dedotta dinanzi ai giudici di merito – ne’ l’utilizzo della potenzialita’ edificatoria (c.d. cubatura) dello stesso, ai fini della realizzazione di un edificio sul terreno contiguo, possono essere considerati “opere” rispetto alle quali e’ configurabile l’accessione del proprietario del suolo.

Alla stregua di quanto sopra, mancando i presupposti previsti dall’articolo 936 cod. civ., la domanda di accessione proposta dagli attori deve essere rigettata.

6. – Nel rigetto della domanda di accessione semplice risultano assorbite la domanda riconvenzionale di accessione invertita proposta in via subordinata dai convenuti, nonche’ le domande di garanzia proposte dai medesimi convenuti nei confronti della societa’ la (OMISSIS) s.p.a. (oggi (OMISSIS) s.r.l.), di (OMISSIS) e del Fallimento della societa’ ” (OMISSIS) s.p.a”. Nel detto rigetto della domanda principale, rimangono assorbiti anche il sesto, il settimo, l’ottavo e il nono motivo del ricorso principale e le restanti censure mosse col ricorso incidentale.

L’assorbimento delle domande di garanzia comporta altresi’ l’irrilevanza della questione circa l’integrita’ del contraddittorio nei confronti (OMISSIS), sollevata dai ricorrenti in via incidentale.

7. – In definitiva, va accolto il secondo motivo del ricorso principale; va rigettato il ricorso incidentale; e, decidendo la causa nel merito, vanno rigettate le domande di parte attrice, con conseguente assorbimento di quelle proposte dalle altre parti.

In ordine alle spese processuali, ritiene la Corte che – attesa la peculiarita’ della fattispecie in esame e considerato il fatto che gli attori hanno acquistato il terreno di cui alla particella n. 855 per risolvere una vertenza che coinvolgeva il condominio cui partecipano i convenuti – ricorrono “giusti motivi” (secondo il testo dell’articolo 92 cod. proc. civ. vigente ratione temporis) per compensare interamente tra tutte le parti le spese dell’intero giudizio.

 

P.Q.M.

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

accoglie per quanto di ragione il ricorso principale e rigetta l’incidentale; decidendo la causa nel merito, rigetta le domande di parte attrice; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

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